Legge 219/2017: consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento. Quando il tempo della comunicazione medico-paziente è legge, ma viene dimenticato

Massimo Romanò

RIASSUNTO: La legge 219/2017 sul “Consenso informato e disposizioni anticipate di trattamento” ha segnato un importante passo avanti nella ridefinizione del rapporto medico-paziente, sottolineando il principio di autonomia decisionale del malato nella scelta del percorso di cura. La legge è in larga misura inapplicata, mentre il mondo cardiologico ne ha sottovalutato l’importanza. In essa sono contenuti gli elementi principali necessari per acquisire, da parte del paziente, il maggior grado di informazione relativo al proprio stato di salute: fra questi il più importante è il tempo dedicato al rapporto con il malato, determinante per una corretta pianificazione condivisa delle cure. Nonostante il tema del tempo di comunicazione medico- paziente sia sottolineato espressamente nella legge, non vi sono state in seguito adeguate risposte organizzative e gestionali da parte delle Istituzioni regionali e nazionali. Tramite le disposizioni anticipate di trattamento (DAT) il paziente può esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto ad accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, affinché siano rispettate in caso di futura incapacità decisionale. A tal fine il paziente può nominare un suo fiduciario, autorizzato a discutere con il team sanitario a suo nome. Tuttavia, dopo 6 anni solo lo 0.4% dei cittadini italiani ha depositato le DAT, anche a causa di una mancata ed inadeguata informazione da parte delle Autorità governative, che non hanno supportato a sufficienza sul piano organizzativo la loro raccolta. Strettamente connessa alle DAT è, all’interno della legge, la pianificazione anticipata delle cure, strumento tramite il quale il malato è in grado di identificare i propri valori, di riflettere sui significati e le conseguenze degli scenari riguardanti malattie gravi, di definire obiettivi e preferenze circa futuri trattamenti e cure mediche e di discutere tutto ciò con la famiglia e i medici curanti. Questi processi decisionali possono a loro volta essere integrati in un più ampio processo decisionale condiviso, reale strumento dell’alleanza terapeutica medico-paziente. In questo lavoro vengono analizzati in dettaglio questi elementi, con particolare riferimento al malato cardiopatico, unitamente all’analisi dei ritardi culturali del cardiologo italiano, che potrebbero essere colmati con un’opera educazionale, di cui anche le Società Scientifiche dovrebbero farsi carico.