In questo numero

processo ai grandi trial




Yin e Yang: quando l’equilibrio è tutto
Diversi autori commentano i risultati di due trial multicentrici prospettici randomizzati e controllati, che hanno preso in considerazione la gestione farmacologica tesa a prevenire le complicanze cardiache in chirurgia non cardiaca. Alessandro Locatelli, Giuseppe Musumeci e Roberta Rossini si concentrano sul POISE-2 Aspirina e mettono in luce gli aspetti interessanti e quelli più controversi di mancata efficacia, se non di pericolosità, dell’esposizione perioperatoria a basse dosi di acido acetilsalicilico. Gli autori strizzano anche l’occhio alla realtà italiana, enfatizzando la sua capacità di fornire un percorso condiviso nelle diverse fasi perioperatorie e invitando ad attendere i documenti di consenso e i registri di prossima pubblicazione. Stefano Fumagalli, Marta Del Medico e Nicola Montano commentano invece il POISE-2 Clonidina, che ha dimostrato anch’esso l’assenza di protezione cardiaca di basse dosi di clonidina e addirittura un’aumentata incidenza di ipotensione e bradicardia clinicamente importanti e di arresto cardiaco non fatale. Gli autori forniscono spunti intriganti per spiegare come un intervento esterno teso a modificare l’equilibrio fisiopatologico del sistema nervoso autonomo abbia dimostrato effetti non voluti e margini di sicurezza ridotti. •

editoriali




Come districarsi nelle scelte che contano
È noto come nel 2014 le Task Force europee ed americane abbiano prodotto le nuove linee guida per il management dei pazienti candidati a chirurgia non cardiaca. Stefano Urbinati e Barbara Bordoni ripercorrono con senso critico alcuni punti, tra i quali i vari tipi di intervento, la scelta dell’approccio (tradizionale o mini-invasivo), il monitoraggio e il trattamento farmacologico, anche alla luce di recenti trial. Gli autori sottolineano inoltre di non dimenticare che anche il paziente cardiologico non coronaropatico ha la stessa necessità di essere valutato attentamente. È invece proprio il paziente coronaropatico su cui si concentrano Fabiana Rollini et al. Nel loro contributo vengono commentate le tempistiche di sospensione e di ripresa della duplice terapia antiaggregante piastrinica, in base anche le evidenze che la letteratura ci fornisce. •




Terapia ipocolesterolemizzante: la storia continua
Andrea Poli del Nutrition Foundation of Italy mette sotto la lente d’ingrandimento i risultati dello studio IMPROVE-IT (IMProved Reduction of Outcomes: Vytorin Efficacy), presentati nell’ambito dell’ultimo convegno dell’American Heart Association. Lo studio ha mostrato una riduzione significativa di morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico, riospedalizzazione per angina instabile, rivascolarizzazione coronarica e ictus nel gruppo trattato con simvastatina 40 mg/die + ezetimibe 10 mg/die, in confronto al gruppo di controllo trattato con la sola simvastatina 40 mg/die. I risultati hanno riaperto alcune questioni sui tanto discussi effetti pleiotropici delle statine, evidenziando l’importanza del raggiungimento dei valori target per le LDL, indipendentemente dal trattamento utilizzato. Sono presi in esame i fini meccanismi biochimici che sottendono alla regolazione del metabolismo lipidico, e le interconnessioni fra assorbimento intestinale ed epatico, anche per comprendere le ragioni dell’apparente aumento del rischio di diabete di tipo 2 indotto dal trattamento con statine. Particolarmente interessante sembra quindi il ruolo della proteina di trasporto NPC1L1 – la cui funzionalità è inibita da ezetimibe – come confermato anche dal recente studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, che ha dimostrato come i soggetti portatori di mutazione genica che ne determinano una ridotta efficacia, abbiano una significativa e notevole riduzione del rischio coronarico rispetto ai controlli. E come entrano in gioco, ad esempio, gli ossisteroli, ovvero i prodotti di ossidazione del colesterolo? C’è ancora molto da imparare e da capire nel complesso mondo del metabolismo lipidico.




Personaggi in cerca d’autore: operatori sanitari ma non solo
Il contributo di Diego Vanuzzo et al. riporta l’esperienza di un gruppo di operatori sanitari che ha operato nella progettazione ed attuazione dei Piani Regionali di Prevenzione della Regione Friuli Venezia Giulia. Gli autori ci propongono un modello innovativo di promozione della salute e di prevenzione delle malattie cardiovascolari che miri ad un coinvolgimento attivo della cittadinanza rispetto agli stili di vita salutari. Confrontandosi con modelli di organizzazione europei e non, ci guida attraverso un modello partecipativo per realizzare buone pratiche di promozione della salute nella comunità. •

al fondo del cuore




Mutazioni di
APOC3: genetica e trigliceridi
Sempre in tema di profilo lipidico, Angela Pirillo e Alberico Catapano ci parlano di mutazioni del gene APOC3 e di metabolismo dei trigliceridi. Sapevate che le apolipoproteine C, regolatori dell’attività della lipoproteina lipasi (LPL), sono tre e con effetti fra loro opposti? Il ruolo di apoC-III è particolarmente rilevante: questa proteina infatti è responsabile dell’inibizione dell’attività della LPL, che è l’enzima che idrolizza i trigliceridi. I livelli plasmatici di apoC-III predicono la progressione della malattia coronarica e in generale l’assenza di apoC-III sembra determinare un profilo lipidico favorevole, come dimostrato in soggetti portatori di mutazione del gene APOC3, che determina un dimezzamento dei livelli di apoC-III plasmatico. Gli autori ci illustrano poi in modo molto didattico come alcuni farmaci comunemente utilizzati nei nostri pazienti influiscano sui livelli di apoC-III, come le statine, che sono in grado di inibirne l’espressione, o gli omega-3. I fibrati che agiscono come attivatori dei peroxisome proliferator-activated receptors alpha (PPARα) sono pure in grado di ridurre significativamente i livelli di apoC-III, così come ISIS-APOCIIIRX, inibitore antisenso di apoC-III, tuttora in studio. Stiamo inesorabilmente svelando il ruolo fondamentale della genetica nella determinazione del profilo lipidico, con potenziali ricadute cliniche di enorme rilevanza. •

rassegna




Monitoraggio remoto di dispositivi impiantabili: realtà o fantascienza?
Negli ultimi anni è stato introdotto il concetto di monitoraggio remoto (RM), soprattutto legato alla gestione di dispositivi impiantabili come pacemaker e defibrillatori. Il RM si avvale di un network transtelefonico che consente di trasmettere automaticamente o manualmente i dati dal dispositivo ad un sito web protetto, al quale ha accesso lo staff clinico responsabile del paziente. Se ben impostato, questo sistema permette di ottimizzare l’organizzazione del lavoro e di migliorare sia la sorveglianza dei dispositivi che la gestione clinica del paziente. Renato Pietro Ricci et al. ce ne illustrano vantaggi e criticità. In particolare, in Italia è stato sviluppato dall’Associazione Italiana di Aritmologia e Cardiostimolazione (AIAC) un modello organizzativo specifico di monitoraggio remoto, il primary nurse model. Tramite questo modello è possibile identificare precocemente anomalie tecniche del dispositivo stesso, riconoscimenti errati di aritmie ventricolari in presenza di aritmie sopraventricolari, con riduzione del numero di pazienti che hanno ricevuto shock inappropriati. Si può effettuare un monitoraggio frequente della tensione della batteria, per ottimizzare la tempistica della sostituzione a fine vita; siamo in grado di effettuare un riconoscimento precoce della fibrillazione atriale con riduzione del numero di ictus. Inoltre vi è la possibilità di avvalersi di indicatori aggiuntivi, come la percentuale di resincronizzazione effettivamente erogata, la frequenza cardiaca diurna e notturna, la variabilità degli intervalli RR, l’attività fisica, e la misura dell’impedenza intratoracica per la stima della congestione polmonare nei pazienti con scompenso cardiaco. Da sottolineare è l’alto grado di accettazione e soddisfazione dei pazienti per il RM, confermato da diversi studi. Ovviamente vi sono problematiche di tipo medico-legale e problematiche legate ai costi e alla rimborsabilità, che sono approfondite nel testo, e che speriamo negli anni non limitino l’uso di questo strumento così promettente .

studio osservazionale
Articolo del mese




Cittadino e Servizio Sanitario Nazionale: gli altri siamo noi
Nel periodo compreso fra il 6 e il 15 ottobre 2013 è stata condotta un’indagine demoscopica dal titolo “Il cuore degli italiani”, sottoponendo agli intervistati un questionario specifico di 33 domande. L’indagine, commissionata dal Gruppo di Studio “Aterosclerosi, Trombosi & Biologia Vascolare”, aveva come obiettivo quello di valutare il grado di soddisfazione nei confronti del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) da parte dei cittadini, suddivisi in cardiopatici e non cardiopatici, questi ultimi ammontando al 25% della popolazione totale di studio, che comprende più di 2300 soggetti. Forse ci sorprenderà sapere che alla domanda «Quanto è soddisfatto della sanità pubblica?», i due terzi degli intervistati hanno risposto «Molto o abbastanza soddisfatto», con un più alto tasso di risposte positive nel sottogruppo dei cardiopatici, e con una riduzione della soddisfazione nelle regioni meridionali del Paese. E forse ci consolerà leggere che la ragione principale di soddisfazione nei confronti del SSN è costituita dalla percezione di un’elevata competenza del personale sanitario. Filippo Ottani et al., a nome del Gruppo di Studio Aterosclerosi, Trombosi & Biologia Vascolare, ci presentano questa grande ricchezza di informazioni, che non possono che farci riflettere e provare a metterci nei panni
dei nostri pazienti, cercando di
interpretare i loro disagi, le paure e le aspettative, nell’ottica di un dialogo fra le parti che già è in atto ma che può solo, e deve, migliorare. •

dal particolare al generale




A volte ritornano: quando le coronarie sono fonti di sorprese
Francesco Soriano et al. prendono spunto da una caso clinico nell’apparenza semplice ma dai risvolti “ripetutamente” imprevisti per analizzare la letteratura relativa a due rilevanti problematiche di natura interventistica e clinica: la perforazione coronarica durante angioplastica e la durata ottimale della duplice terapia antiaggregante piastrinica (DAPT) dopo impianto di stent medicato. Per il primo punto viene sottolineata l’importanza di avere le conoscenze tecniche, svariate, per poter gestire tale complicanza; per il secondo, gli autori enfatizzano come gli eventi al limite del periodo di sospensione della DAPT possano essere trombosi su una neoaterosclerosi e non sempre riconducibili ad un problema di incompleta riendotelizzazione. •




Cancro e cuore: le relazioni pericolose
Con l’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione è sempre più frequente la contemporanea presenza di patologia oncologica e cardiovascolare nei nostri pazienti, anche legata alla condivisione di alcuni dei principali fattori di rischio. La gestione di questi pazienti è particolarmente complessa e richiede un approccio ragionato e personalizzato. Paolo Vicinelli et al. ci presentano il caso clinico di un uomo di 73 anni con infarto miocardico acuto senza sopraslivellamento del tratto ST e malattia coronarica multivasale, e necessità di intervento di resezione colica per neoplasia del colon-retto. Vengono discusse la gestione del caso e le motivazioni che hanno guidato le scelte, soppesando con cura sia il rischio trombotico che quello emorragico. Come sempre nella risoluzione di casi complessi, la gestione multidisciplinare e condivisa non solo da parte del cardiologo e dell’oncologo, ma anche coinvolgendo direttamente l’anestesista e il chirurgo, risulta imprescindibile e l’unico approccio possibile per riuscire ad offrire ai pazienti tutti i vantaggi delle nostre terapie, minimizzandone i rischi. •

corrispondenza




Il cuore di Nicholas Green - perché il trapianto ci riguarda
Corrispondenza tra Reginald Green, presidente The Nicholas Green Foundation, e Maria Frigerio, Editor GIC, per riflettere sui valori, le implicazioni, e le nostre responsabilità relativamente alla donazione e al trapianto. •