Lo studio IMPROVE-IT non ha evidenziato alcun beneficio in endpoint clinicamente importanti e non manipolabili
All’Editor. Negli ultimi 20 anni, l’endpoint primario di trial randomizzati che studiavano gli effetti di farmaci ipolipemizzanti si è spostato dalla valutazione della mortalità totale a endpoint clinici combinati. L’uso di tali endpoint clinici combinati può portare a grossolane sovrastime di benefici1, assegnando la stessa importanza a disparati eventi clinici, come un piccolo infarto miocardico abortito o una rivascolarizzazione coronarica di elezione, e la mortalità cardiovascolare. Inoltre, la variazione dei valori di colesterolemia durante i trial può portare a perdita della cecità e influenzare i risultati.
Tali problematiche sono risultate particolarmente evidenti nello studio IMPROVE-IT2 che ha valutato, in prevenzione secondaria, gli effetti di una combinazione di simvastatina (40 mg) ed ezetimibe (10 mg) rispetto a simvastatina (40 mg) e placebo. Dopo 7 anni di follow-up, la combinazione simvastatina-ezetimibe in una popolazione ad alto rischio ha portato ad un lieve beneficio, marginalmente significativo, nella misura del 2% (32.7 vs 34.7%) nell’endpoint primario combinato di mortalità per cause cardiovascolari, combinazione di cosiddetti eventi coronarici maggiori (infarto miocardico non fatale, angina instabile richiedente l’ospedalizzazione e rivascolarizzazione coronarica) e ictus non fatale. Tali risultati hanno condotto ad un’esaltazione dell’efficacia di ezetimibe che ha portato alla redazione di ottimi e dotti editoriali, pubblicati addirittura precedentemente alla pubblicazione dei risultati dello studio 3! Tuttavia, questa differenza nel numero di eventi è stata essenzialmente il portato di una riduzione di rivascolarizzazioni coronariche (21.8 vs 23.4%) e di infarti miocardici non fatali (12.8 vs 14.4%). Inoltre, non è stato specificato quanti di questi infarti non fatali siano in realtà infarti periprocedurali. È indubbio, ed ampiamente documentato4, che tali eventi siano suscettibili di importanti parzialità. Nell’IMPROVE-IT, già dopo un anno i valori medi di colesterolo LDL sono passati da 93.8 mg/dl a 69.9 mg/dl nel braccio simvastatina-placebo e da 93.8 mg/dl a 53.2 mg/dl nel braccio simvastatina-ezetimibe. Pertanto, era facilmente prevedibile (già all’inizio dello studio) che tra i pazienti con valori di colesterolo LDL ben al di sotto del cosiddetto target di 70 mg/dl rientrassero con maggiore probabilità coloro randomizzati nel braccio simvastatina-ezetimibe. Nella valutazione di un paziente, già ricoverato per una sindrome coronarica acuta, che abbia un dolore toracico, rientra a pieno titolo una stima del rischio globale, ivi compresa la concentrazione ematica di colesterolo LDL. A seguito di tale valutazione può essere decisa l’effettuazione di uno studio coronarografico escludendo più facilmente da esso (in buona o cattiva fede) pazienti con valori di colesterolo LDL più basso, ovvero con maggiore probabilità i soggetti arruolati nel braccio simvastatina-ezetimibe. La superiore probabilità di eseguire una coronarografia può naturalmente portare ad una più elevata possibilità di effettuare una rivascolarizzazione coronarica, la quale a sua volta può indurre infarti periprocedurali, aumentando così artificialmente gli eventi nel braccio simvastatina-placebo, eventi di scarso impatto clinico. L’assenza di benefici dell’aggiunta di ezetimibe a simvastatina nei pazienti ad alto rischio arruolati nell’IMPROVE-IT in endpoint di grande rilevanza clinica e non manipolabili, come la mortalità totale (15.4 vs 15.3%), la mortalità per cause cardiovascolari (6.9 vs 6.8%) e la mortalità per malattia coronarica (5.7 vs 5.8%) è preoccupante e l’usuale spiegazione che lo studio non era stato né disegnato né ponderato per scoprire variazioni di mortalità è inaccettabile, vista la rilevante mortalità totale, ed irritante perché fa pensare che nel disegnare trial dai quali siano improbabili risposte positive vengano formulate esclusivamente domande compiacenti, con il risultato che un trial più che ad uno studio scientifico assomigli ad una prezzolata apologia di un farmaco. Purtroppo, e non sorprendentemente, è impossibile ottenere i dati dei singoli pazienti arruolati nei trial, in quanto risultano proprietà dello sponsor.
Nonostante l’accoglienza trionfale dell’IMPROVE-IT, ezetimibe purtroppo continua a mostrarsi un costoso placebo, di dubbia utilità clinica5, almeno nella popolazione generale. Inoltre, come già evidenziato per i valori di pressione arteriosa e di glicemia, anche per i valori di colesterolo LDL l’affermazione “più bassa è la colesterolemia LDL in qualsiasi modo indotta, meglio è” non dovrebbe considerarsi un dogma intangibile.
Luca Mascitelli1, Mark R. Goldstein2
1Comando Brigata Alpina “Julia”/Multinational Land Force, Udine
e-mail: lumasci@libero.it
2NCH Physician Group, Naples, FL, USA
e-mail: markrgoldstein@comcast.net
BIBLIOGRAFIA
1. Ferreira-González I, Busse JW, Heels-Ansdell D, et al. Problems with use of composite end points in cardiovascular trials: systematic review of randomised controlled trials. BMJ 2007;334:786.
2. Cannon CP, Blazing MA, Giugliano RP, et al.; IMPROVE-IT Investigators. Ezetimibe added to statin therapy after acute coronary syndromes. N Engl J Med 2015;372:2387-97.
3. Poli A. IMPROVE-IT: un risultato a sorpresa? G Ital Cardiol 2015;16:281-3.
4. Nguyen PV. Electronic health records may threaten blinding in statin trials. BMJ 2014;349:g5239.
5. Mascitelli L, Pezzetta F, Goldstein MR. Role of ezetimibe in the prevention of cardiovascular disease: absence of evidence. Arch Med Res 2010;41:649-50.


Risposta. Luca Mascitelli e Mark Goldstein non sembrano condividere il fatto, sottolineato peraltro anche da autorevoli editorialisti1, che il valore dello studio IMPROVE-IT – più che nella definizione di una specifica popolazione di pazienti da trattare – sta nell’aver prodotto una convincente prova di concetto della rilevanza della riduzione delle LDL nel controllo del rischio coronarico anche in soggetti con valori basali molto bassi della colesterolemia LDL stessa. Il concetto che esce indebolito da IMPROVE-IT è quello degli effetti pleiotropici delle statine, non certo, come ritengono i cortesi corrispondenti, “the lower, the better”, che i più hanno ritenuto invece rafforzato.
Sulla rilevanza dell’inibizione (farmacologica o non) di NPC1L1 osserverei solo che oltre al successo di IMPROVE-IT, la dimostrano con convincente chiarezza i dati di natura genetica già citati nel mio editoriale2; un recentissimo studio (uscito, a onor del vero dopo la spedizione della lettera di Mascitelli e Goldstein) ne riconferma il ruolo anche nell’influenzare favorevolmente la morfometria delle lesioni coronariche3. Che ezetimibe sia un costoso placebo (tra l’altro ormai prossimo a uscire dalla copertura brevettuale, e quindi soggetto a breve a rilevanti riduzioni del prezzo) rimane quindi una legittima, ma non provata, opinione di Mascitelli e Goldstein.
Ma l’aspetto su cui vorrei concentrare la mia attenzione, della lettera stessa, è la frase “in buona o cattiva fede”, a proposito degli endpoint coronarici, valutati in IMPROVE-IT, che gli autori considerano a rischio di “manipolazione”. Che una colesterolemia inferiore o superiore di pochi mg/dl al valore di 60 mg/dl possa influenzare l’iter diagnostico del paziente al punto di condizionarne l’esecuzione della coronarografia (il bias “in buona fede”), mi sembra francamente difficile; ma trovo inaccettabile la presunzione di un possibile dolo al proposito: e cioè che qualche ricercatore di IMPROVE-IT abbia deliberatamente scelto di non eseguire una coronarografia per non “caricare” di una procedura il gruppo di pazienti randomizzati a ezetimibe + simvastatina (il bias “in cattiva fede”). Sia perché tale affermazione è, in tutta evidenza, popperianamente “non falsificabile”, e quindi destinata in ogni caso a lasciare il tempo che trova, ma anche perché introduce nel dibattito scientifico una ruvidità che trovo inadeguata, e che mette a rischio la serenità di un confronto, che dovrebbe essere basato solo sulle “evidenze” e sulla forza delle idee.

Andrea Poli
Nutrition Foundation of Italy, Milano
e-mail: poli@nutrition-foundation.it
BIBLIOGRAFIA
1. Jarcho JA, Keaney JF Jr. Proof that lower is better - LDL cholesterol and IMPROVE-IT. N Engl J Med 2015;372:2448-50.
2. Stitziel NO, Won HH, Morrison AC, et al.; Myocardial Infarction Genetics Consortium Investigators. Inactivating mutations in NPC1L1 and protection from coronary heart disease. N Engl J Med 2014;371:2072-82.
3. Tsujita K, Sugiyama S, Sumida H, et al.; PRECISE–IVUS Investigators. Impact of dual lipid-lowering strategy with ezetimibe and atorvastatin on coronary plaque regression in patients with percutaneous coronary intervention: the multicenter randomized controlled PRECISE-IVUS trial. J Am Coll Cardiol 2015;66:495-507.