Il trattamento interventistico percutaneo può risolvere la disfunzione erettile vasculogenica

Giuseppe Sangiorgi1, Riccardo Colantonio2, Gabriele Antonini3, Antonio Savino4, Fabio De Luca5,
Massimiliano Sperandio6

1Università degli Studi “Tor Vergata”, Roma

2Laboratorio di Emodinamica, Ospedale San Pietro, Roma

3Dipartimento di Scienze Ginecologico-Ostetriche e Scienze Urologiche, Sapienza Università di Roma, Roma

4U.O.C. Urologia, Ospedale di Fidenza, Fidenza (PR)

5Dipartimento di Cardiochirurgia, Villa Maria Beatrice, Firenze

6Dipartimento di Radiologia, Università degli Studi “Tor Vergata”, Roma

Erectile dysfunction (ED) is defined as the inability to get and maintain a sufficient erection to ensure an acceptable sexual activity for the subject and the partner. Although ED does not represent per se a serious disease, it carries a notable and severe influence on quality of life, with significant implications on familiar and social relationship; DE may cause depression, shame, impairment of personal esteem and relational problems. Among many possible etiologies of ED, atherosclerotic disease of penile arteries represents one of the most frequent causes, so it should always be looked for in patients with multiple risk factors for cardiovascular disease or an established coronary or peripheral artery disease. Up to 75% of patients with ED have a stenosis of the iliac-pudendus-penile artery system, deputy to perfusion of male genital organ. Recently the potential treatment of this pathologic condition by percutaneous approach has emerged with valid angiographic results and with a significant improvement in symptoms and quality of life. This review focuses on the normal anatomy and physiology of erection, the pathophysiology of ED, the common points between ED and ischemic cardiomyopathy and, lastly, the new chance of endovascular intervention for ED, to give our cardiologist colleagues the opportunity to screen and adequately treat patients with vascular ED.

Key words. Erectile dysfunction; Percutaneous transluminal angioplasty.

INTRODUZIONE

L’erezione maschile è un complesso meccanismo che coinvolge risposte neuro-vasculo-tissutali. In particolare il meccanismo dell’erezione include sia una fase di dilatazione arteriosa, sia il rilassamento della muscolatura trabecolare delle cellule muscolari lisce a livello dei corpi cavernosi e, in ultimo, l’attivazione di un meccanismo veno-occlusivo a livello degli stessi1,2.

Normalmente, l’erezione è legata a stimoli visivi e tattili che comportano un aumento del flusso sanguigno a livello delle arterie che vanno a riempire il tessuto dei corpi cavernosi del pene. Nello stesso momento, l’espansione dei corpi cavernosi, legata all’aumento del flusso sanguigno, provoca uno schiacciamento delle vene che sono deputate a far defluire il sangue dal pene, garantendo in questo modo il mantenimento dell’erezione durante il rapporto. Se paragoniamo il meccanismo dell’erezione ad una gomma di automobile che viene gonfiata, per avere un’erezione naturale abbiamo quindi bisogno di: a) un sistema nervoso funzionante (qualcuno che attivi l’aria); b) un buon flusso arterioso (il tubo del compressore); c) dei corpi cavernosi sani (una buona camera d’aria); d) la capacità di bloccare la fuoriuscita venosa di sangue (che non vi sia perdita nella camera d’aria).

La disfunzione erettile (DE) è definita come “l’inabilità persistente ad avere e mantenere un’erezione sufficiente a garantire un’attività sessuale soddisfacente sia per il soggetto che per il suo partner”. Il termine DE è stato recentemente sostituito al termine “impotenza”, in quanto il desiderio sessuale e la capacità ad avere un orgasmo ed un’eiaculazione può essere assolutamente normale nonostante il paziente non sia in grado di avere o mantenere l’erezione. La DE non è di per sé una malattia “grave”, ma il suo impatto sulla qualità di vita risulta estremamente rilevante, andando ad incidere anche sulle relazioni familiari e interpersonali. Depressione, vergogna, riduzione dell’autostima e problematiche di coppia sono sintomi ed esperienze comunemente riferiti da chi è affetto da DE.

ANATOMIA E FISIOLOGIA DELL’EREZIONE

L’organo genitale maschile è formato da tre colonne erettili: un paio di corpi cavernosi ed un singolo corpo spongioso nel quale arterie, vene, nervi, cellule muscolari lisce e cellule endoteliali vanno a formare dei sinusoidi vascolari creando un tessuto erettivo. L’arteria iliaca interna, un ramo dell’arteria iliaca comune, provvede all’irrorazione del pene attraverso l’arteria pudenda interna ed i suoi sottorami rappresentati dall’arteria comune del pene che si divide nell’arteria bulbouretrale (che irrora il glande e la parte peniene dell’uretra), l’arteria dorsale del pene e le arterie cavernose (che entrano a livello della crus e decorrono lungo tutta la lunghezza del pene dando origine alle arterie di resistenza elicine (arterie circonflesse), fondamentali per mantenere la rigidità del membro durante l’erezione) (Figura 1). Il drenaggio profondo venoso avviene attraverso le vene crurali e le vene cavernose, che drenano a loro volta nelle vene emissarie della vena pudenda interna3.

Un bilanciamento complesso tra il sistema nervoso centrale e periferico e l’integrità della vascolarizzazione del pene determina la capacità di passare da uno stato flaccido all’erezione. La risposta del sistema nervoso centrale ad uno stimolo sessuale (tattile, visivo, olfattivo) è mediata dall’ipotalamo, attraverso la liberazione di dopamina, con produzione di impulsi attraverso il midollo spinale affinché venga stimolato il processo di erezione. Inoltre, la stessa può essere raggiunta attraverso una stimolazione tattile diretta del pene attraverso la produzione di stimoli erettivi al midollo sacrale da parte di neuroni sensitivi eccitatori a livello della regione S2-S44. Pertanto, neuroni efferenti emergono attraverso i forami neurali sacrali formando delle sinapsi con fibre post-gangliari non adrenergiche e non colinergiche (NANC) nel plesso ipogastrico. Queste fibre decorrono attraverso i nervi cavernosi a livello dei corpi cavernosi generando degli impulsi riflessi (a partenza centrale o locale) che provocano il rilascio di ossido nitrico (NO) a livello dei corpi cavernosi5,6. L’NO viene ulteriormente rilasciato dall’endotelio vascolare in risposta a stimoli parasimpatici e al rilascio di acetilcolina, legato ad un aumento di stress parietale dovuto all’aumento di afflusso sanguigno nei sinusoidi cavernosi. L’NO attiva a questo livello il rilascio di guanilato ciclasi dalle cellule muscolari lisce aumentando la conversione di guanosina trifosfato in guanosina ciclica monofosfato (cGMP). Attraverso una cascata mediata da proteinchinasi, iperpolarizzazione della membrana cellulare e sequestro intracellulare di calcio, avviene il rilascio delle cellule muscolari lisce dei corpi cavernosi con conseguente vasodilatazione arteriosa7. L’ingrossamento dei sinusoidi cavernosi provoca simultaneamente la compressione dei plessi venosi sotto la tunica albuginea, con conseguente occlusione all’efflusso venoso e mantenimento della fase erettiva. Le fosfodiesterasi-5 sono i mediatori del ritorno allo stato di flaccidità del pene attraverso l’idrolisi del cGMP. Il meccanismo pro-erettivo parasimpatico è controbilanciato da fibre simpatiche adrenergiche che decorrono nei nervi cavernosi. Il rilascio di noradrenalina da parte di neuroni simpatici stimola e mantiene la flaccidità attraverso il rilascio di una proteina alfa-1-G sui recettori delle cellule muscolari lisce dei sinusoidi cavernosi che attiva a sua volta un aumento di calcio intra-citoplasmatico e la contrazione delle cellule muscolari lisce stesse.




ASPETTI EPIDEMIOLOGICI DELLA DISFUNZIONE ERETTILE

Oltre 300 milioni di uomini nel mondo e 35 milioni in Europa sono affetti da DE. Purtroppo, nella maggior parte dei casi questi pazienti non ricercano in maniera esplicita un inquadramento medico e terapeutico, soprattutto per imbarazzo, paura o per mancata conoscenza delle possibilità terapeutiche.

Il primo, ampio studio di comunità sulla DE è stato il Massachusetts Male Aging Study (MMAS)8. In questo studio la prevalenza di DE nella popolazione dell’area di Boston è stata del 52% in uomini tra i 40 ed i 70 anni di età non ospedalizzati; la prevalenza specifica per una DE lieve, moderata o severa è stata rispettivamente del 17.2%, 25.2% e 9.6%. In uno studio epidemiologico tedesco eseguito nella città di Colonia tra uomini di età compresa tra i 30 e gli 80 anni, la prevalenza di DE è stata del 19.2%, con un aumento legato all’età che andava dal 2.3% al 53.4%9. L’incidenza di DE (nuovi casi/anno per 1000 maschi) era di 26 nello studio MMAS10, di 65.6 (follow-up medio di 2 anni) in uno studio brasiliano11 e di 19.2 (follow-up medio di 4.2 anni) in uno studio olandese12.

I dati sulla DE in Italia collocano il problema – in termini di prevalenza – tra quelli di più frequente riscontro, a fronte di una richiesta trascurabile di intervento da parte dei pazienti. Infatti, il 12.8% degli uomini intervistati nel corso di un’indagine epidemiologica in Italia riferisce di avere una qualche forma di DE e, di questi, il 30% la forma completa. La prevalenza aumenta con l’aumentare dell’età: dall’1.7% nella fascia di età dai 20 ai 39 anni fino al 48% nei soggetti sopra i 70 anni8. Inoltre si ritiene che la DE possa rappresentare la punta dell’iceberg di una malattia aterosclerotica coronarica e/o periferica. In particolare, il 46% dei soggetti affetti da cardiopatia ischemica risulta anche avere una DE, e di questi il 75% ha problemi ad avere un’erezione e il 67% a mantenerla13-15.

I dati degli studi epidemiologici hanno anche dimostrato una sicura associazione tra sintomi del basso tratto urinario/ipertrofia prostatica benigna e la DE in pazienti anziani, con effetto indipendente dell’età, altre comorbilità e stile di vita. La prevalenza di DE in questi soggetti è risultata del 49% con un 10% di DE completa nella Multinational Survey of the Aging Male (MSAM-7) effettuato negli Stati Uniti e 6 paesi europei tra cui l’Italia16.

Ma quali sono i pazienti affetti da DE? In linea generale, tra tutte le cause organiche, sono almeno cinque quelle maggiormente riscontrate: neurogeniche, ormonali, arteriogeniche, cavernoso/venogeniche e farmacologiche17-19 (Figura 2). Inoltre, basandosi sui dati forniti da studi angiografici, la maggior parte dei pazienti affetti da DE (~75%) presenta una stenosi del sistema ileo-pudendo-penieno20-22, che è quello deputato all’irrorazione dell’organo genitale maschile. Questa osservazione, insieme al fatto che la DE riconosce gli stessi fattori di rischio della cardiopatia ischemica – che spesso coesiste con una patologia aterosclerotica coronarica e/o periferica – e che essa stessa rappresenta un fattore di rischio indipendente per eventi cardiovascolari futuri14,15,17,18, suggerisce come la causa arteriogenica possa giocare un ruolo dominante nella patogenesi della DE. Alterazioni strutturali delle cellule muscolari lisce o dei sinusoidi dei corpi cavernosi o della tunica albuginea possono causare un’insufficienza venosa con incapacità ad avere un’erezione sufficientemente rigida o al mantenimento dell’erezione stessa durante il rapporto. Inoltre uno stato ipossiemico cronico è un fattore di rischio indipendente legato allo sviluppo di ED; ciò si verifica ad esempio nelle sindrome da apnea ostruttiva e nelle malattie polmonari croniche. L’ipossia, infatti, determina un aumento del tono vasomotore ed induce lo stimolo alla produzione di fattori di crescita vascolari, inibendo il rilasciamento endotelio-dipendente e favorendo una vasocostrizione a livello delle arteriole presente nei corpi cavernosi. L’ipercolesterolemia, l’ipertensione, il fumo di sigaretta e altri fattori di rischio cardiovascolare comuni, promuovono lo sviluppo di disfunzione endoteliale ed in ultimo di aterosclerosi17-20.

La maggior parte dei pazienti affetti da DE sono quindi proprio quelli che noi cardiologi vediamo quotidianamente per disturbi di angina pectoris o dopo un infarto, per ipertensione arteriosa, diabete mellito, scompenso cardiaco, insufficienza renale cronica, o patologie più rare quali la sclerosi multipla. In definitiva, la presenza di DE ha un valore predittivo simile o maggiore di eventi cardiovascolari futuri rispetto ai fattori di rischio tradizionali quali una familiarità per cardiopatia ischemica, fumo, diabete ed iperlipidemia20-22. La DE si accompagna comunemente ad una cardiopatia silente23-25 con un intervallo temporale medio tra la comparsa di DE e la cardiopatia ischemica dai 2 ai 5 anni (classe Ia)25,26. Nel 2003, Montorsi et al.27 hanno valutato l’incidenza di DE in 300 pazienti che si sono presentati in pronto soccorso per una sindrome coronarica acuta e che avevano patologia coronarica significativa alla coronarografia. Il 71% dei pazienti aveva sintomi di DE prima della comparsa di sintomatologia anginosa, ed una correlazione simile è stata dimostrata in pazienti diabetici asintomatici28. Un ampio studio prospettico su oltre 9000 pazienti di età >55 anni ha dimostrato che la DE è associata ad un rischio relativo di 1.45 (p<0.001) di sviluppare eventi cardiovascolari successivi ed una metanalisi di oltre 36 744 pazienti ha dimostrato che i pazienti affetti da DE hanno un rischio relativo aumentato di 1.48 volte di sviluppare un evento cardiovascolare, 1.46 per una sindrome coronarica acuta ed 1.35 per un evento cerebrovascolare. Peraltro l’intervallo temporale di comparsa di DE sembra correlare significativamente con la severità di presentazione della cardiopatia ischemica e con il numero di vasi affetti da patologia aterosclerotica stenosante all’angiografia coronarica14,29,30.

Inoltre, diverse evidenze suggeriscono che la DE sia predittiva di arteriopatia ostruttiva obliterante e di ictus31-34. In uno studio di popolazione in pazienti tra i 40 ed i 70 anni, l’aggiunta della DE al Framingham risk score in un modello statistico di analisi multivariata è risultato in una riclassificazione di 5 su 78 pazienti da basso rischio (rischio <5%) a rischio intermedio (rischio tra 5% e 10%)35. Quindi la DE può essere particolarmente utile nella stratificazione del rischio cardiovascolare nei pazienti in cui il rischio possa essere sottostimato rispetto ad una stratificazione basata sul solo Framingham36,37. Inoltre, la valutazione della DE deve includere il grado di severità in quanto una DE più severa è associata ad un rischio maggiore di eventi cardiovascolari, malattia coronarica, severità dell’aterosclerosi coronarica e rischio di malattia ostruttiva periferica (Tabella 1)38-48.




APPROCCIO AL PAZIENTE CON DISFUNZIONE ERETTILE

La DE riconosce diverse cause tra cui le principali sono di ordine psicologico, neurologico, ormonale, legate ad utilizzo di farmaci ed a particolari stili di vita. La raccolta della storia clinica è indispensabile per identificare i fattori di rischio per DE: malattie in atto, terapie farmacologiche, pregressi interventi chirurgici, fumo ed uso di sostanze voluttuarie.

L’esame clinico dovrebbe mirare a valutare i caratteri sessuali secondari, le dimensioni e la consistenza dei testicoli, la sensibilità perianale, il tono dello sfintere anale all’esplorazione rettale e il riflesso bulbo-cavernoso; la palpazione del pene è importante per rilevare l’eventuale presenza di placche peniene indicative di una induratio penis plastica (malattia di La Peyronie) e l’esplorazione rettale offre anche l’opportunità di effettuare un esame prostatico.

L’esame dell’apparato cardiovascolare dovrebbe comprendere, oltre alla misurazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca, anche la valutazione dei polsi arteriosi periferici. È stato dimostrato che una buona raccolta anamnestica ed un corretto esame clinico hanno una sensibilità del 95% (ma specificità molto minore: 50% circa) per una diagnosi di DE di origine organica.

Per questo motivo una diagnosi definitiva necessita anche di un approfondimento diagnostico-strumentale e di laboratorio. Gli esami di laboratorio di primo livello dovrebbero prevedere un esame delle urine completo, un esame emocromocitometrico, i livelli di azotemia e creatinina, l’assetto lipidico, il dosaggio della glicemia e del testosterone. Qualora i livelli di testosterone risultino bassi si dovrebbe procedere al dosaggio della sua frazione libera, della prolattina e dell’ormone luteinizzante.

Inoltre, la DE viene valutata durante la visita del paziente attraverso la compilazione di un semplice questionario (IIEF-5, Indice Internazionale di Funzione Erettile) costruito per essere compilato dallo stesso paziente al fine di esplorare tutte le fasi della funzione sessuale (erezione, soddisfazione nel rapporto sessuale, funzione orgasmica, desiderio sessuale e soddisfazione in generale) e che si rileva uno strumento estremamente utile come parametro di riferimento basale da confrontare nei controlli successivi dopo che il paziente è stato sottoposto ad opportuna terapia.

La DE viene inoltre obbiettivamente documentata mediante esami diagnostici non invasivi quali l’ecografia dell’apparato urogenitale e l’eco(color) Doppler penieno, sia a riposo (test basale) sia dopo iniezione farmacologica (test dinamico) di prostaglandine E1 (alprostadil), attraverso la tuminescenza e rigidità notturna peniena con Rigiscanâ (oggi meno utilizzato rispetto al passato), ed in ultimo, se il Doppler risulta positivo per una DE di natura vascolare, mediante angio-tomografia computerizzata (TC) con mezzo di contrasto delle arterie peniene. Utilizzando quest’ultima metodica è possibile individuare cinque zone principali dove si sviluppa un’ostruzione aterosclerotica dell’asse iliaco-penieno49. Peraltro, in virtù della possibilità di rotazione sui tre assi dei piani di ricostruzione, è molto utile avere informazioni dettagliate circa l’anatomia della regione e l’origine dei diversi rami prima dell’effettuazione di un’eventuale angiografia.

IL TRATTAMENTO INTERVENTISTICO DELLA DISFUNZIONE ERETTILE

Un’angiografia selettiva delle arterie pudende è stata eseguita per la prima volta nel 1976 da Ginestie and Romieu50. Successivamente, Valji e Bookstein51 hanno identificato un’eziologia vascolare della DE in 57 su 132 pazienti sottoposti ad angiografia dell’arterie pudende, dimostrando che il segmento interessato più comunemente dalla patologia era la porzione distale della stessa e la porzione prossimale dell’arteria peniena. Inoltre, Bahren et al.52 effettuando un’arteriografia selettiva bilaterale in 126 pazienti affetti da DE cronica (età media 46 anni), hanno dimostrato come 34 di questi presentassero una stenosi critica dell’arteria pudenda interna. Recentemente, Wang et al.49 hanno eseguito uno studio angio-TC della regione pelvica identificando e proponendo una classificazione ad 8 segmenti in cui si può trovare una patologia aterosclerotica legata ad una DE di natura vascolare. Su 921 lesioni analizzate, il 12% era presente sull’arteria pudenda prossimale, il 29% era presente sull’arteria pudenda distale e il 30% sull’arteria comune del pene, mentre il rimanente era distribuito in zone prossimali o distali a queste.

Agli inizi del 2000, la rivascolarizzazione chirurgica del pene, in cui l’arteria epigastrica viene anastomizzata o con l’arteria dorsale profonda (anastomosi termino-terminale oppure termino-laterale, procedura di Michal II) o con la vena dorsale profonda associando la legatura prossimale e distale venosa (procedura di Virag/Furlow-Knoll), o con la vena dorsale profonda e con l’arteria cavernosa (procedura di Hauri), era l’unica opzione terapeutica possibile nei pazienti affetti da DE di natura vasculogenica. Nonostante una percentuale di successo procedurale tra il 50% e il 70%, complicanze comuni quali una fibrosi cavernosa, leakage venosi e lo sviluppo di una malattia aterosclerotica distale al bypass sono state riportate durante il follow-up a distanza dei pazienti trattati53.

Solo ultimamente sono stati pubblicati diversi studi sul trattamento percutaneo della DE mediante semplice angioplastica tradizionale con catetere a palloncino (plain old balloon angioplasty, POBA), angioplastica con catetere a palloncino a rilascio di farmaco antiproliferativo, generalmente paclitaxel, oppure angioplastica con impianto di stent a rilascio di farmaco antiproliferativo (DES). Il primo di questi studi47, di cui il Dr. Rogers è stato l’investigator principale, è stato il trial ZEN, prospettico, multicentrico, a singolo braccio, per la valutazione di sicurezza ed efficacia. Gli autori hanno effettuato l’impianto di DES a rilascio di zotarolimus in lesioni focali dell’arteria pudenda interna in pazienti affetti da DE con risposta subottimale all’assunzione di inibitori delle fosfodiesterasi-5. In questo studio sono stati valutati 383 soggetti, utilizzando criteri clinici, eco-Doppler ed angiografici. Degli 89 pazienti rimasti dopo esclusione legata a criteri stringenti di screening e sottoposti ad angiografia dei vasi pelvici, 60 (67%) presentavano una stenosi critica dell’arteria pudenda interna ma di questi solo il 33.7% (n=30) aveva caratteristiche anatomiche idonee per effettuare un intervento di angioplastica. La localizzazione della stenosi nell’arteria pudenda interna era nel 53.3% dei casi distale e nel 24.4% dei casi prossimale od ostiale, con una lunghezza media del segmento interessato dalla patologia ateromasica di 17.6 ± 99 mm; 45 lesioni sono state trattate con stent con un successo procedurale del 100% e senza complicanze a 30 giorni (endpoint primario dello studio). La percentuale di stenosi angiograficamente significative pre-procedura risultava del 63.3% e questa si riduceva al 23.3% dopo la procedura (acute gain 1.13 ± 0.54), per ritornare al 41.4% a 6 mesi (late loss 0.56 ± 0.57), con un’incidenza di restenosi del 34.4% (n=11). Inoltre è stato osservato un incremento non significativo della velocità di picco sistolico al Doppler penieno a 6 mesi (da 14.4 ± 10.7 a 22.5 ± 23.7 cm/s). Nonostante il moderato incremento di velocità di flusso e la significativa incidenza di restenosi, nell’analisi intention-to-treat, l’endpoint di efficacia primario (miglioramento della funzione erettile pre- vs post-procedurale valutato con un punteggio all’IIEF-5 ≥4 nel 50% dei soggetti) a 3 e 6 mesi è stato raggiunto nel 59.3% dei pazienti (intervallo di confidenza del 95% 38.8-77.6).

Successivamente, il gruppo di Taiwan diretto dal Dr. Wang48 ha riportato i risultati a 12 mesi dell’utilizzo di POBA in 20 pazienti (23 lesioni) affetti da stenosi isolata dell’arteria pudenda interna (studio PERFECT-1) (Figura 3), valutati mediante angio-TC (150 pazienti arruolati, 121 con stenosi dell’asse iliaco-penieno, 34 con stenosi dell’arteria pudenda interna; 9 esclusi per criteri Doppler, 5 per criteri angiografici). Tre pazienti presentavano una stenosi bilaterale. Tutte le stenosi sono state trattate con successo con un palloncino di grandezza media di 1.6 mm (range 1.0-2.25 mm). Il successo procedurale è stato del 100% con un successo clinico ad 1 mese (definito come una variazione del punteggio IIEF-5 >4 tra pre- e post-procedura o normalizzazione dello stesso ≥22) del 75%, a 3 mesi del 65% ed a 6 mesi del 60%. L’IIEF-5 migliorava da un valore di 10.0 ± 5.2 al momento dell’arruolamento ad un valore di 15.2 ± 6.7 (p<0.001) ad 1 mese, ed a 15.2 ± 6.3 (p<0.001) a 6 mesi. Questo studio ha dimostrato per la prima volta che l’angioplastica semplice dell’arteria pudenda interna in pazienti affetti da stenosi isolate è sicura ed efficace. Lo studio PERFECT-2 (Wang T.D., dati non pubblicati), a singolo braccio, monocentrico, ha arruolato tra dicembre 2012 e gennaio 2014, 45 paziente affetti da DE e stenosi isolata dell’arteria pudenda trattati con POBA. In questo studio di conferma con follow-up esteso a 12 mesi rispetto allo studio PERFECT-1, 17 pazienti sono stati esclusi (8 per aver rifiutato la terapia interventistica e 9 per criteri di esclusione angiografica) e nei rimanenti 28 è stata eseguita un’angio-TC di controllo al termine del periodo di osservazione. Venti pazienti su 22 sono stati trattati con palloni di 1.5 mm. La severità media di stenosi pre-procedurale è risultata del 77% e post-procedurale del 9.5%. L’endpoint primario è stato la restenosi angiografica all’angio-TC a 12 mesi con un endpoint clinico di un punteggio ≥5 dell’IIEF-5 al follow-up rispetto al basale. La late loss in questo studio è stata di 0.32 ± 0.60 ed una restenosi binaria si è verificata in 14 delle 34 lesioni trattate (41%). Vi è però da notare che molti pazienti presentavano più di una lesione e l’incidenza di restenosi per paziente è stata del 59%. Gli stessi autori hanno recentemente presentato al TransCatheter Therapy Meeting (TCT 2015, San Francisco, CA, USA) uno studio prospettico randomizzato (il PERFECT-3) in cui sono stati arruolati 52 pazienti trattati con pallone medicato (n=20), DES (n=12) o POBA (n=20) che presentavano stenosi focale dell’arteria pudenda interna (Figura 4). L’endpoint primario era rappresentato dalla percentuale di restenosi binaria nel segmento trattato valutato all’angiografia o alla TC di controllo, mentre l’endpoint secondario è stato la percentuale di stenosi ad 8 mesi associata al successo clinico (definito come una variazione del punteggio IIEF-5 >4 tra pre- e post-procedura o normalizzazione dello stesso ≥22 a 6 mesi). È importante notare come in questo studio l’arruolamento nel gruppo DES sia stato prematuramente interrotto per un alto tasso di restenosi a distanza, risultato questo che insieme a quello del trial ZEN suggerisce che questo tipo di trattamento non sia efficace in questo distretto. Questa nozione è probabilmente da riferire ad una diversa risposta tissutale dei vasi penieni all’impianto di stent metallico oppure ad una grandezza dei vasi trattati significativamente minore rispetto a quelli del distretto coronarico (cosa che comporta di per sé un più alto tasso di restenosi). Viceversa, l’utilizzo del pallone medicato è risultato estremamente favorevole con un successo clinico dell’85% nei pazienti che presentavano DE vasculogenica legata ad una stenosi dell’arteria pudenda interna.

La nostra esperienza personale rispecchia i risultati dello studio PERFECT-3 (Tabella 2). Abbiamo valutato 112 pazienti che si sono presentati per DE ed a tutti effettuato il questionario IIEF-5 ed un Doppler basale e dinamico dopo iniezione di prostaglandine. Quest’ultimo è risultato positivo in 64 pazienti (velocità di picco sistolica ≤22 cm/s). Di questi, 28 presentavano un flusso demodulato bilateralmente. I pazienti sono stati sottoposti quindi ad angio-TC del distretto iliaco-penieno per evidenziare il punto di ostruzione e sottoposti ad angiografia selettiva seguita da angioplastica percutanea con pallone medicato (Figura 5). Il numero di lesioni per paziente è stato di 1.8 e la maggior parte delle 82 lesioni trattate era localizzato nel segmento distale dell’arteria pudenda interna (56%). La lunghezza media delle lesioni è stata di 12.42 ± 2.9 mm con un diametro vasale di riferimento di 2.2 ± 0.3 mm. Il successo procedurale è stato del 96% e il successo clinico ad 8 mesi dell’89%. In questa nostra esperienza preliminare, ci sembra importante rilevare che esiste una considerevole variabilità di origine dell’arteria pudenda interna che può nascere circa nel 10% dei casi come vaso accessorio collegato direttamente con l’arteria dorsale del pene54-56. È quindi fondamentale sottoporre i pazienti ad angio-TC basale del distretto iliaco-pelvico in quanto questa modalità di percorso diagnostico è quella che consente una chiara visualizzazione dell’origine dei vasi e fornisce la migliore proiezione per valutare al meglio le lesioni segmentarie, facilitando quindi in maniera significativa il successivo compito del cardiologo interventista e facendo risparmiare una notevole quantità di contrasto al paziente durante la procedura.
















CONCLUSIONI

La patologia aterosclerotica delle arterie peniene può essere causa di DE in soggetti con fattori di rischio cardiovascolare e questa dovrebbe essere quindi sempre ricercata nei pazienti che presentano un profilo di rischio cardiovascolare elevato (diabete non controllato, fumo di sigaretta, ipertensione non controllata, dislipidemia) o che sono affetti da cardiopatia ischemica. Nei pazienti che riferiscono problemi di impotenza, un’attenta raccolta anamnestica con effettuazione di un semplice test di screening come l’IIEF-5 e l’esecuzione di un Doppler dinamico penieno può quindi smascherare una patologia del circolo iliaco-penieno e dovrebbe far parte dello screening di controllo routinario nei pazienti che afferiscono agli ambulatori di cardiologia. Nei casi di positività all’eco-Doppler penieno dinamico di una riduzione del flusso, l’esecuzione di un’angio-TC peniena può fornire una chiara identificazione dei segmenti interessati dalla patologia ateromasica e guidare il cardiologo interventista durante l’esecuzione di un’angioplastica con pallone medicato. Riteniamo sia assolutamente raccomandabile ed auspicabile in un prossimo futuro che vengano creati dei gruppi multidisciplinari composti da urologi, andrologi, radiologi e cardiologi, per fornire ai pazienti un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico per questa patologia.

RIASSUNTO

La disfunzione erettile (DE) è “l’inabilità persistente ad avere e mantenere un’erezione sufficiente a garantire un’attività sessuale soddisfacente sia per il soggetto che per il suo partner”. Sebbene la DE non rappresenti di per sé una condizione patologica grave, essa presenta un notevole e severo impatto sulla qualità di vita, con rilevanti ricadute sulle relazioni familiari e interpersonali; essa può causare depressione, vergogna, riduzione dell’autostima e problematiche di coppia. Tra le molteplici cause della DE, la patologia aterosclerotica delle arterie peniene rappresenta una tra le più frequenti e pertanto dovrebbe essere quindi sempre ricercata nei pazienti che presentano molteplici fattori di rischio cardiovascolare ed anamnesi positiva per cardiopatia ischemica o malattia aterosclerotica periferica. Fino al 75% dei pazienti affetti da DE presenta una stenosi del sistema ileo-pudendo-penieno, deputato all’irrorazione dell’organo genitale maschile. Negli ultimi anni è emersa la possibilità di trattare tale patologia per via percutanea con validi risultati angiografici e rilevante miglioramento sintomatico e della qualità di vita. Questa breve rassegna si focalizzerà sulla normale anatomia e fisiologia del meccanismo dell’erezione, sulla fisiopatologia della DE, sugli aspetti comuni tra DE e cardiopatia ischemica, ed in ultimo sulle recenti possibilità di trattamento interventistico per questa patologia, per dare ai colleghi cardiologhi la possibilità di inquadrare e trattare adeguatamente i pazienti affetti da DE di natura vasculogenica.

Parole chiave. Angioplastica percutanea; Disfunzione erettile.

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