Scaffold bioriassorbibile:
l’esperienza clinica della Regione Emilia-Romagna

Alberto Menozzi1, Gianluca Calogero Campo2, Vincenzo Guiducci3, Gianni Dall’Ara4, Andrea Santarelli5,
Paolo Sbarzaglia6, Marco Balducelli7, Paolo Magnavacchi8, Fabio Sgura9, Luciano Losi10, Luigi Vignali1,
Gianni Casella11, Luigi Steffanon12, Fabio Tarantino4, Francesco Saia13

1U.O. Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma

2U.O. Cardiologia, Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara

3U.O. Cardiologia Interventistica, IRCCS S. Maria Nuova, Reggio Emilia

4U.O. Cardiologia, Ospedale Morgagni-Pierantoni, Forlì

5U.O. Cardiologia, Ospedale degli Infermi, Rimini

6Laboratorio di Cardio-Angiologia Diagnostica ed Interventistica, Maria Cecilia Hospital - GVM Care & Research, Cotignola (RA)

7U.O. Cardiologia, Ospedale Santa Maria delle Croci, Ravenna

8U.O. Cardiologia, Ospedale di Baggiovara, Modena

9U.O. Cardiologia, Azienda Policlinico, Modena

10U.O. Cardiologia, Ospedale Guglielmo da Saliceto, Piacenza

11U.O. Cardiologia, Ospedale Maggiore, Bologna

12U.O. Cardiologia, Hesperia Hospital, Modena

13U.O. Cardiologia, Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Background. The bioresorbable vascular scaffold (BRS) technology constitutes the new revolution of the coronary artery disease interventional treatment. Currently, three distinct types of BRSs are available but only one, the Absorb BVS, was on the market in 2013 when the Regional Commission for Medical Devices and the Cardiology and Cardiac Surgery Commission of the Emilia-Romagna Region drew up a technical and scientific essay to provide guidance for the introduction of BRS in public and affiliated health facilities. Five preferential indications were given for use: long coronary lesions (>28 mm), ostial lesions (left main stem excluded), complete revascularization in patients aged <50 years, diffuse disease (>40 mm) or involving the mid/distal left anterior descending (LAD) branch in patients <70 years, spontaneous coronary artery dissection.

Methods. This survey analyzed data from all the catheterization laboratories in the Emilia-Romagna Region, merged in a unified database.

Results. In a 3-year study period, 546 BRS were implanted in 328 patients, corresponding to 1.5% of the drug-eluting stents (DES) used, with a trend towards a progressive increase over time. Initial indications were followed in 200/328 (61.0%) patients (about one third fitting more indications), mainly for treatment of long lesions in vessels >2.5 mm (67%), young patients (31.5%) and mid/distal LAD (28%). In 22.6% of cases the clinical scenario was a ST-segment elevation myocardial infarction, in 39.3% a non-ST-segment elevation acute coronary syndrome. Intracoronary imaging was infrequently used (intravascular ultrasound in 24.7% of cases). In 85 patients (25.9%) a hybrid procedure (BVS/DES) was performed.

Conclusions. BRS use has resulted lower than expected, with discrete variability among centers, but according to the initial indications of the Emilia-Romagna Region in the majority of cases. The underuse might have been due to operators’ caution in their initial experience. However, the increasing trend may reveal a greater confidence in the implantation technique and the whole amount of safety and efficacy data.

Key words. Bioresorbable vascular scaffold; Myocardial revascularization.

IL RAZIONALE PER L’IMPIEGO DI UNO SCAFFOLD BIORIASSORBIBILE

L’angioplastica coronarica (PCI) costituisce una consolidata metodica di trattamento della patologia aterotrombotica coronarica. La sua prima esecuzione nel 1977 da parte di Andreas Gruentzig con utilizzo di solo pallone ha determinato una prima rivoluzione nel trattamento percutaneo della patologia coronarica1. Successivamente, l’introduzione degli stent metallici (BMS) e più tardi degli stent medicati con farmaco antiproliferativo (DES), hanno costituito rispettivamente la seconda e la terza rivoluzione in cardiologia interventistica, in quanto i primi forniscono un supporto (scaffold) alla parete vasale tale da eliminare virtualmente il rischio di occlusione coronarica acuta dovuta a recoil elastico del vaso, e i DES, a loro volta, hanno permesso di ridurre in maniera significativa l’incidenza di restenosi intrastent secondaria a eccessiva proliferazione neointimale, vero “tallone d’Achille” dei BMS, e di conseguenza la necessità di un nuovo trattamento delle medesime lesioni2,3. L’evoluzione continua dei DES di nuova generazione ha portato a dispositivi tecnicamente molto performanti e con risultati clinici eccellenti sia in termini di efficacia sia di sicurezza, con una progressiva riduzione del rischio di restenosi e di trombosi dello stent (ST) rispetto ai dispositivi di prima generazione4-7. Tuttavia, la struttura metallica dei DES ne condiziona la persistenza sine die nel sito vascolare di impianto, con il rischio di potenziali limitazioni ed eventi avversi a ciò correlata.

L’introduzione degli stent (o meglio scaffold) coronarici bioriassorbibili (BRS) risponde appunto all’esigenza di ottenere un adeguato supporto meccanico nella fase acuta e subacuta post-impianto, di veicolare il farmaco antiproliferativo, e successivamente di evitare la presenza di una struttura metallica permanente e quindi di consentire il ripristino della fisiologica funzione vascolare.

In particolare le principali limitazioni legate alla persistenza di uno stent metallico paiono essere:

1. flogosi cronica e/o ipersensibilità con il potenziale rischio di neo-aterosclerosi, restenosi oppure ST tardiva e molto tardiva8,9;

2. perdita della normale vasomotilità e disfunzione endoteliale10;

3. alterazione dello shear stress e della normale angolazione/curvatura del vaso coronarico tali da favorire lo sviluppo di neo-aterosclerosi11,12;

4. malapposizione tardiva acquisita dello stent legata ad un rimodellamento positivo della patologia coronarica che può condurre a ST tardiva e molto tardiva13;

5. frattura a distanza di tempo degli strut dello stent, che può rimanere clinicamente silente oppure determinare restenosi di stent, formazione di aneurismi o ST14;

6. importante limitazione all’uso di tecniche di imaging coronarico non invasivo, come risonanza magnetica (RM) o tomografia computerizzata (TC) per la valutazione della restenosi15;

7. limitazioni tecniche nell’eseguire una anastomosi chirurgica a livello dei segmenti vasali in precedenza sottoposti a stenting, in caso di necessità di confezionare un bypass aortocoronarico.

I BRS possono essere pertanto considerati la quarta rivoluzione in interventistica coronarica. Sono dispositivi costituiti da un materiale in grado di essere riassorbito completamente in un tempo variabile tra 1 e 3-4 anni a seconda della natura chimica del composto. I materiali più frequentemente impiegati nella struttura dei numerosi BRS studiati (e di questi solo pochi detengono il marchio CE al momento) sono l’acido poli-L-lattico (PLLA) e il magnesio. I BRS sono stati progettati con la finalità di superare le limitazioni dei DES in quanto consentono di ripristinare la fisiologica struttura anatomica della vaso coronarico, non alterano le caratteristiche intrinseche di pulsatilità e vasomotilità della parete arteriosa, hanno il potenziale di non favorire la progressione della neo-aterosclerosi grazie ad un rimodellamento espansivo alla parete coronarica e permettono infine di conservare la funzione endoteliale di parete così come di portare a normalizzazione dello shear stress parietale16.

Fasi di azione degli scaffold bioriassorbibili

Il periodo di azione dei BRS dal momento dell’impianto può essere suddiviso in tre fasi principali: revascularization, restoration e resorption. Ogni fase è caratterizzata da differenti proprietà meccaniche e da correlate modifiche nella struttura chimica del dispositivo fino al completo riassorbimento.

La revascularization concerne il momento dell’impianto dello scaffold. Tale breve fase ha come obiettivo quello di ottenere il guadagno ottimale in termini di diametro luminale e di fornire la forza radiale necessaria per impedire un recoil precoce del vaso e quindi dello scaffold stesso. Gli studi hanno evidenziato come il supporto meccanico necessario per prevenire il recoil precoce possa essere limitato solo ai primi 3 mesi post-impianto17. Questo periodo appartiene alla seconda fase dell’attività dei BRS che viene definita restoration. Durante i primi 3 mesi il PLLA rimane sostanzialmente integro nella sua struttura polimerica e questo permette di mantenere inalterate le caratteristiche meccaniche di forza radiale, mentre successivamente si cominciano a verificare alterazioni chimiche nella struttura del polimero che cominciano a ridurne l’integrità e la forza radiale. In particolare una reazione d’idrolisi di alcune catene amorfe di legame danno inizio ad un processo di riduzione del peso molecolare del polimero e poi, in una seconda fase, quando numerose sono le catene di legame ad essere clivate, si viene a ridurre anche il supporto meccanico del polimero. La terza fase di azione dei BRS viene definita resorption e ha come finalità quella di determinare un riassorbimento completo del dispositivo, lasciando il segmento coronarico trattato integro e pervio a distanza di tempo. Chimicamente questa fase si traduce in una frammentazione idrolitica anche della frazione cristallina del PLLA che determina la creazione di oligomeri e monomeri lattici sufficientemente piccoli da poter sfuggire alla matrice e poter essere riassorbiti a livello tissutale tramite il ciclo di Krebs o, in minor parte, tramite infiltrazione macrofagica. La durata complessiva del processo è mediamente di 24-36 mesi.

Le tre fasi descritte si verificano anche nel metabolismo dei BRS composti da magnesio anche se tali BRS presentano un meccanismo di degradazione chimica definita di corrosione. Il processo di riassorbimento totale appare sensibilmente più rapido, rispetto ai BRS costituiti di PLLA, in quanto le tre fasi avvengono generalmente in 12 mesi18.

SCAFFOLD BIORIASSORBIBILI: STATO DELL’ARTE

Attualmente sono disponibili sul mercato tre tipologie distinte di scaffold riassorbibili: 1) Absorb (scaffold bioriassorbibile a rilascio di everolimus, Abbott Vascular, Santa Clara, CA, USA); 2) DESolve (scaffold a rilascio di novolimus, ElixirMedical, Sunnyvale, CA, USA); 3) Magmaris (scaffold a rilascio di sirolimus, Biotronik, Bulach, Svizzera) (Tabella 1). La letteratura scientifica disponibile è pressoché dominata dall’Absorb, in quanto è stato il primo BRS a essere introdotto sul mercato.




Principali trial clinici randomizzati

Il primo studio randomizzato (con un numero consistente di pazienti) disponibile con gli scaffold è l’ABSORB II19. In questo trial i pazienti sono stati randomizzati a BRS Absorb vs DES a rilascio di everolimus Xience (Abbott Vascular). Lo studio prevedeva due endpoint co-primari (perdita tardiva del lume e vasomotilità) a 3 anni dall’impianto. Nei dati di follow-up a 1 e 2 anni non è emersa alcuna differenza significativa nell’incidenza di eventi avversi maggiori. Chevalier et al.20 hanno riportato una incidenza di ST definita/probabile pari a 1.5% nel gruppo Absorb vs 0% nel gruppo Xience (p=0.17). Recentemente sono stati presentati i dati relativi a 3 anni di follow-up nei quali sono emersi una sostanziale uguaglianza nelle proprietà vasomotorie della coronaria trattata con impianto di BRS o di BMS ed una maggiore perdita tardiva del lume nel gruppo Absorb. Gli investigatori hanno poi osservato, in modo inatteso, un’incidenza di eventi avversi correlati al BRS più alta, in particolare infarto miocardico nel vaso indice e infarto periprocedurale21. Un dato rilevante deriva dai 6 casi di trombosi definita di BRS (2%) che sono stati registrati dopo 365 giorni di follow-up, rispetto a nessun caso in chi ha ricevuto lo stent Xience. In senso opposto, la mortalità complessiva è stata del 2% nel gruppo BRS e 4% nel gruppo DES. Tuttavia, bisogna ricordare che il trial non presentava la potenza statistica per valutare endpoint clinici.

Per comprendere le ragioni di questi risultati sono state eseguite ulteriori analisi. Prendendo in considerazione esclusivamente la ST tardiva (dopo 365 giorni) nei tre studi principali riguardanti Absorb BVS vs lo stent Xience (ABSORB II da 1-3 anni, ABSORB Japan e ABSORB China da 1-2 anni di follow-up) la performance del DES è stata ottimale (0 casi) mentre lo scaffold ha registrato percentuali, rispettivamente, pari a 1.8%, 1.6% e 0.4% (per un totale di 11 casi)22 (e Gao R., dati non pubblicati). Una analisi esplorativa ha inoltre coinvolto i tre studi precedenti più l’ABSORB EXTEND ed ha suddiviso i casi di ST a seconda che la tecnica di impianto avesse previsto o meno tutti i tre passaggi normalmente raccomandati (pre-dilatation, sizing, post-dilatation) e da essa è emersa una netta differenza nell’incidenza di eventi a sfavore del gruppo dove l’impianto non era stato eseguito con tecnica ottimale (Stone GW., dati non pubblicati).

Altri trial randomizzati attualmente in corso o già conclusi sono riassunti nella Tabella 221,23-27. Il principale tra questi è sicuramente lo studio ABSORB III, che possiede potenza statistica per indagare endpoint clinici25. In questo trial sono stati arruolati e randomizzati 2008 pazienti con cardiopatia ischemica stabile o instabile, randomizzati a BRS Absorb vs DES Xience. Rispetto agli studi precedenti in questo trial sono state trattate lesioni più complesse (fino al 68.7% delle lesioni erano di tipo B2 o C). Anche in questo studio l’endpoint primario (target lesion failure) non differiva tra i due gruppi confermando la non inferiorità ad 1 anno dello scaffold rispetto al DES. Questi dati preliminari dovranno essere confermati a lungo termine. Particolarmente interessanti saranno i dati a 3 e 5 anni di distanza dall’impianto. Infatti è ben noto che anche i DES convenzionali sono associati a una costante incidenza di eventi avversi che, per quanto modesta (ST molto tardiva pari a 0.5-0.6% per anno di follow-up)28, si mantiene sostanzialmente invariata negli anni. Proprio sul confronto riguardante gli eventi tardivi vi è maggiore attesa. Ad oggi, i dati disponibili sono stati anche analizzati in metanalisi. La principale è stata pubblicata nel 2016 e raccoglie i dati provenienti da 6 trial randomizzati29. In questa metanalisi lo scaffold aveva una performance assolutamente paragonabile a quella dello stent in lega di cromo-cobalto Xience in tutti gli endpoint “hard”. Emergeva tuttavia una differenza significativa nella percentuale di trombosi di scaffold, a sfavore dei BRS, soprattutto tra 31 giorni dopo l’impianto e ad 1 anno (ST tardiva). Come descritto di seguito, tale differenza è stata imputata alla tecnica d’impianto che non prevedeva una sistematica post-dilatazione con pallone non-compliante, attualmente raccomandata.




Principali dati dei registri “real world”

Come accade per ogni nuovo dispositivo, è stata rapidamente prodotta una serie numerosa di dati provenienti da registri real world. Le principali caratteristiche di tali registri erano la significativa numerosità dei pazienti inclusi e l’alta complessità delle lesioni trattate. Meritano una particolare citazione i seguenti registri: a) il registro europeo retrospettivo multicentrico GHOST-EU; b) il registro prospettico monocentrico dell’Academic Medical Center (AMC) di Amsterdam; c) il registro prospettico multicentrico italiano RAI; d) il registro prospettico monocentrico BVS Expand. Il GHOST-EU dispone del maggiore numero di pazienti arruolati30. Tale registro aveva segnalato inizialmente un significativo incremento del rischio di trombosi dello scaffold, un dato che ha portato a sottolineare l’importanza sia di eseguire un corretto sizing dello scaffold al momento dell’impianto sia della successiva post-dilatazione. Tali accorgimenti hanno permesso, anche in scenari mediamente complessi, di non avere differenze significative tra Xience e BRS nell’incidenza di trombosi dello scaffold. Informazioni assolutamente similari sono state fornite sia dal registro AMC sia da quello RAI, registri che peraltro sono tuttora in corso31,32. Infine, il recente BVS Expand Registry: in uno scenario di pazienti a media complessità l’incidenza di eventi avversi dopo impianto di scaffold si è confermata accettabile anche a distanza di 18 mesi, con un tasso complessivo di trombosi dello scaffold dell’1.9%33.

Impianto di scaffold in scenari clinici particolari

Infarto miocardico acuto con sopraslivellamento persistente del tratto ST

L’infarto miocardico acuto con sopraslivellamento persistente del tratto ST (STEMI) ha dimostrato fin dal principio di essere uno dei campi di applicazione dei BRS di maggiore interesse. I pazienti tendono a essere mediamente più giovani, le lesioni presentano spesso poche calcificazioni, le placche spesso sono meno stenosanti e più “soft” (core più ricco di lipidi e rivestimento sottile, con meno calcificazioni). Inoltre le maglie più “larghe” e “spesse” dello scaffold potrebbero potenzialmente anche minimizzare fenomeni di embolizzazione distale del materiale trombotico. Dati interessanti di sicurezza sono emersi da registri monocentrici e multicentrici e ulteriori conferme sono arrivate dal trial randomizzato ABSORB TROFI II34. Quest’ultimo studio in particolare ha dimostrato che lo scaffold ha un rapido processo di endotelizzazione, paragonabile a quello dello Xience con un solo evento di trombosi nei primi 6 mesi. Attualmente è in corso un registro italiano multicentrico che in un campione di oltre 500 pazienti sancirà in modo definitivo la sicurezza degli scaffold e la tecnica di impianto ottimale35.

Lesioni lunghe che richiedono l’impianto di scaffold in “overlap”

Sicuramente l’impianto in overlap è uno degli scenari più interessanti, anche per evitare il ricorso a impianto di DES per lunghi tratti coronarici, il cosiddetto “full metal jacket”, che si è dimostrato essere associato ad un aumentato rischio di eventi avversi. Report preliminari avevano evidenziato come l’overlap di più scaffold fosse in grado di generare un importante ingombro dovuto allo spessore non trascurabile degli strut (150 μm vs circa 80 μm di un DES di seconda generazione). Tale ingombro era associato a iniziali fenomeni di ritardo di endotelizzazione (maggiore rischio di trombosi) e successivamente a maggiore proliferazione neointimale (maggiore rischio di restenosi). Per tale motivo molti studi si sono focalizzati su come ottimizzare la tecnica di impianto e minimizzare l’overlap tra scaffold. Ad esempio l’uso sistematico di sistemi di enhanced stent visualization (es. ClearStent, StentBoost, ecc.) permettono, magnificando i marker ai bordi distali degli scaffold, di ridurre significativamente l’entità dell’overlap36. A prescindere da ciò, dati da un registro multicentrico hanno comunque evidenziato come l’impianto di scaffold in overlap sia sicuro e associato a un basso rischio di eventi avversi con una incidenza inferiore al 6% a oltre 1 anno dall’impianto e con un tasso di trombosi dello scaffold dell’1.2%37. Ad oggi, questo studio rappresenta senza alcun dubbio la casistica più complessa di pazienti in cui sono stati impiantati scaffold (tutte lesioni di tipo C con una percentuale non trascurabile di pazienti ammessi in ospedale per sindrome coronarica acuta) e i dati di sicurezza sono senza dubbio incoraggianti (hazard ratio 0.79, intervallo di confidenza 95% 0.37-3.55, p=0.6 vs una popolazione con caratteristiche sovrapponibili di pazienti che avevano ricevuto l’impianto di Xience).

FOLLOW-UP DEGLI SCAFFOLD

Aspetti clinici

Rispetto ai DES convenzionali, l’impianto di uno scaffold non determina particolari indicazioni strumentali nel follow-up a breve e a lungo termine e pertanto la necessità di ripetere o meno uno studio coronarografico va formulata in base al quadro clinico e ai risultati degli esami diagnostici non invasivi utilizzati nella comune pratica clinica38. Le caratteristiche dello scaffold Absorb BVS, radiotrasparente eccetto i due marker di platino alle estremità, possono offrire però la possibilità di effettuare una valutazione mediante TC della pervietà del segmento coronarico trattato. Al contrario, questa possibilità è fortemente limitata dai BMS e al momento risulta appropriata solo nei pazienti trattati con PCI del tronco comune della coronaria sinistra, che in media ha un diametro >3 mm. I pochi dati di letteratura fin qui disponibili sono promettenti. Nello studio in vitro gli scaffold riassorbibili non determinano significativi ostacoli nelle misurazioni del lume effettuate con TC e RM39. In vivo, la possibilità di utilizzare la TC per la valutazione della pervietà degli scaffold è stata valutata fin dai primi studi clinici. Nella coorte A del trial ABSORB, 30 pazienti sono stati trattati con impianto di scaffold su singole lesione de novo. In 3 dei 4 centri partecipanti allo studio, 25 pazienti sono stati sottoposti dopo 18 mesi dall’impianto ad angio-TC. Le immagini sono state ottenute con apparecchi a 64 strati con singolo o duplice detettore. Il lume coronarico all’interno dello scaffold è stato misurato su intervalli longitudinali di 0.3 mm. Gli scaffold così valutati risultavano tutti pervi e le misurazioni del lume coronarico si correlavano a quelle successivamente effettuate sulle angiografie coronariche a 2 anni16. A 5 anni dall’impianto, 18 pazienti sono stati nuovamente sottoposti a TC: tutti gli scaffold esaminati risultavano pervi con un’area luminale minima di 3.25 mm2 (range interquartile 2.20-4.30); in 13 pazienti è stato possibile effettuare un’analisi con riserva frazionale di flusso non invasiva con una misura media distale di 0.86 (range interquartile 0.82-0.94)23. Pertanto, considerata la continua evoluzione degli apparecchi radio-TC, con una significativa riduzione della dose di radiazioni ed una migliore qualità delle immagini, l’utilizzo dei BRS apre nuove possibilità nel follow-up dei pazienti sottoposti a PCI ed in particolare quella di evitare un esame invasivo per indagare la pervietà dei segmenti coronarici trattati.

Terapia antiaggregante

La prescrizione di farmaci antipiastrinici dopo impianto di BRS ha fin dall’inizio seguito i principi utilizzati per i DES di seconda generazione. In particolare, in riferimento alla doppia terapia antiaggregante (DAPT) la durata della prescrizione è stata variabile negli studi clinici randomizzati e nei registri real world, riflettendo la medesima tendenza osservata dopo impianto di DES. Infatti, la durata ottimale della DAPT non è stata ancora universalmente individuata ed è al contrario dipendente da un insieme di variabili cliniche (coronaropatia stabile vs sindrome coronarica acuta, rischio trombotico vs emorragico) anatomiche (es. tronco comune, biforcazioni, lesioni lunghe) e procedurali (es. adeguata espansione del dispositivo, overlap, risultato finale sia angiografico sia con imaging intracoronarico) da tenere in considerazione affinché la prescrizione sia adatta al singolo paziente. L’argomento è estremamente interessante poiché i dati di letteratura dimostrano un rischio leggermente aumentato di ST per BRS rispetto ai DES di seconda generazione, per quanto non sempre statisticamente significativo21,40.

Nella maggior parte dei casi la prescrizione della DAPT è stata di 12 mesi, con occasionali oscillazioni tra i 6 mesi ed una durata superiore derivante dalle caratteristiche dei singoli pazienti. Non è stata dimostrata una correlazione esclusiva tra gli episodi di trombosi del dispositivo riportati con la sospensione della DAPT. Sembra infatti che la terapia antiaggregante da un lato, ma anche fattori secondari al risultato procedurale (es. l’inadeguata apposizione alla parete del vaso o la protrusione luminale degli strut, ecc.) possano essere compartecipi nel rischio di eventi ischemici relati ai BRS, sia nel medio sia nel lungo periodo di follow-up22. Appare opportuno proseguire nell’indicazione generale di una prescrizione di 12 mesi di DAPT, mentre risulta ragionevole considerare un prolungamento (18-24 mesi) in quei pazienti a basso rischio emorragico e medio-elevato rischio ischemico derivato da caratteristiche procedurali o cliniche. Al contrario, in caso di episodi emorragici intercorrenti un periodo inferiore a 12 mesi può essere occasionalmente considerato, ma non raccomandato in partenza, senza tuttavia scendere sotto i 6 mesi data la mancanza di dati di sicurezza sia clinici sia di imaging (endotelizzazione degli strut)41. In questa direzione, i dati del registro GHOST-EU dimostrano che circa il 70% degli episodi di ST si sono verificati nel primo mese (ST precoce) dall’impianto e tale trend temporale suggerisce una correlazione con l’esito tecnico-procedurale dell’impianto più che con la DAPT per la quale, tuttavia, è in generale raccomandabile una durata non inferiore ai 12 mesi42.

Si può inoltre sottolineare come, nell’ambito della DAPT che prevede l’utilizzo di aspirina più un farmaco inibitore del recettore P2Y12, l’impianto di un BRS non debba influenzare la scelta tra clopidogrel o i più potenti antiaggreganti piastrinici ticagrelor e prasugrel, essendo questa secondaria esclusivamente all’indicazione clinica della procedura di rivascolarizzazione.

LA PROPOSTA DI INDICAZIONI DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA E L’EFFETTIVO UTILIZZO DEGLI SCAFFOLD BIORIASSORBIBILI

Il documento della Regione Emilia-Romagna sugli scaffold bioriassorbibili

In seguito alla disponibilità sul mercato del nuovo stent a scaffold riassorbibile, la Commissione Regionale Dispositivi Medici e la Commissione Cardiologica e Cardiochirurgica della Regione Emilia-Romagna nel novembre 2013 hanno redatto una valutazione tecnico-scientifica del dispositivo medico stent coronarico riassorbibile eluente everolimus (Absorb® BRS, Abbott Vascular) che era al momento l’unico disponibile sul mercato43. Il documento era finalizzato a fornire indicazioni per l’introduzione del BRS nelle Strutture Sanitarie pubbliche e convenzionate della Regione. Ricalcando in parte una metodologia già impiegata anni prima per l’introduzione dei DES, la Regione Emilia-Romagna intendeva così “governare” l’introduzione di questo nuovo dispositivo in accordo con i professionisti. La filosofia generale era quella di individuare, nell’attesa del consolidamento dei dati di sicurezza ed efficacia del dispositivo, una popolazione di pazienti che potesse maggiormente trarne beneficio, al contempo limitando l’uso di una tecnologia con costi superiori rispetto all’alternativa “tradizionale”, rappresentata dai DES.

Nel documento si ponevano alcune raccomandazioni all’utilizzo del dispositivo, volte a privilegiare l’impianto in pazienti giovani, al fine di evitare la persistenza di materiale metallico nelle coronarie per molti anni, riducendo i potenziali svantaggi (jailing permanente dei rami collaterali, protrusioni, ST tardiva, fratture, disfunzione endoteliale, ecc.) e mirare ad una restitutio ad integrum del segmento vascolare trattato. In aggiunta, veniva consigliato l’impianto dello scaffold in lesioni potenzialmente sede di futura rivascolarizzazione chirurgica, onde salvaguardare tale opzione terapeutica.

Nello specifico, sono state individuate 5 indicazioni preferenziali:

1. lesioni coronariche lunghe (>28 mm),

2. pazienti con lesioni ostiali (escluso il tronco comune),

3. rivascolarizzazione completa in pazienti di età <50 anni,

4. patologia diffusa (>40 mm) o coinvolgente il tratto medio-distale del ramo discendente anteriore in pazienti con età <70 anni,

5. dissezione coronarica spontanea.

Naturalmente tutto ciò nel rispetto delle indicazioni (e controindicazioni) d’uso del BRS, in primis diametro di riferimento >2.5 mm o <4 mm e assenza di calcificazioni severe.

Nel complesso, era stato stimato un fabbisogno di BRS di circa il 5% rispetto al numero totale dei DES impiegati ogni anno nei laboratori di emodinamica della Regione Emilia-Romagna.

Utilizzo degli scaffold bioriassorbibili in Emilia-Romagna

Nel periodo da maggio 2013 a maggio 2016, 328 pazienti sono stati trattati con 546 BRS nella Regione Emilia-Romagna. L’impiego per Centro è rappresentato in Figura 1. Questo configura una percentuale d’impiego rispetto ai DES utilizzati nello stesso periodo dell’1.5% ma con distribuzione decisamente diversa nei 3 anni: 0.3% nel primo, 0.9% nel secondo, 3.2% nel terzo anno di utilizzo. La percentuale di utilizzo nel corso degli ultimi 12 mesi analizzati non si discosta peraltro dalla media nazionale di impiego dei BRS rispetto ai DES, pari al 2.6% nel 2014 e al 2.9% nel 2015.

Complessivamente, le indicazioni regionali sono state rispettate nel 61.0% dei casi (200/328). La distribuzione percentuale delle indicazioni del documento è rappresentata in Figura 2A. La principale indicazione è stata individuata nel trattamento di lesioni lunghe in vasi di calibro >2.5 mm (67%), seguita dal trattamento di pazienti molto giovani (31.5%) o del tratto medio-distale del ramo discendente anteriore (28%). Dei 128 pazienti per i quali i BVS sono stati impiegati con altre indicazioni (Figura 2B), in 77 (60.2%) si trattava di pazienti “giovani” (età <70 anni), in 24 protocolli di ricerca (18.8%), in 21 (16.4%) scelta dell’operatore, in 6 (4.7%) trattamento del ramo discendente anteriore al tratto medio. La Figura 3 rappresenta l’aderenza alle linee d’indirizzo regionale per Centro.

I pazienti trattati avevano in media 57.4 ± 10.5 anni. Le indicazioni cliniche sono state: STEMI in 74 pazienti (22.6%), sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento del tratto ST in 129 (39.3%), coronaropatia stabile in 94 (28.7%), altro in 31 (9.5%). Le procedure di impianto sono state guidate dall’imaging con ecografia intravascolare in 81 pazienti (24.7%), con notevole variabilità tra i Centri (range 0-58.3%; 4 Centri 50-60%, 4 Centri 10-15%, 3 Centri 0%). In 85 pazienti (25.9%) è stata eseguita una PCI ibrida BVS/DES: nello stesso vaso in 32 (37.6%), con DES su altro vaso in 39 (45.9%), con entrambi (DES/BVS sullo stesso vaso e DES in altro vaso) in 7 (8.2%), non specificata in 21 (24.7%).







Considerazioni sull’uso degli scaffold bioriassorbibili in Emilia-Romagna

La disamina dell’esperienza iniziale dei laboratori di emodinamica dell’Emilia-Romagna con i BRS fornisce alcuni spunti di riflessione.

L’utilizzo dei BRS nel triennio esaminato è stato inferiore alle previsioni, anche se va notato che il trend è in deciso aumento. Il basso utilizzo potrebbe rispecchiare una iniziale diffidenza degli operatori legata a diversi fattori, tra i quali: a) mancanza di dati clinici di superiorità rispetto ai DES; b) maggiore difficoltà tecnica di impianto; c) percezione di un maggior rischio trombotico periprocedurale. Nel corso di questo triennio, si sono accumulati dati clinici di sicurezza ed efficacia del dispositivo19,25-27 e nel recente passato i dati della letteratura hanno fornito importanti indicazioni sulle tecniche di impianto e sui fattori di rischio per trombosi che hanno reso l’utilizzo dei BRS più sicuro44,45. È verosimile quindi prevedere un ulteriore incremento dell’impiego dei BRS negli anni a venire.

C’è stata una discreta variabilità di utilizzo nei vari Centri dell’Emilia-Romagna. Questo può essere legato alla maggior o minore confidenza degli operatori nell’utilizzo del dispositivo. Occorre tuttavia anche tener presente una certa difficoltà di approvvigionamento del materiale, soprattutto nei primi mesi e per alcuni Centri.

I Centri dell’Emilia-Romagna hanno, in buona percentuale, rispettato le linee di indirizzo del governo clinico, con una buona omogeneità tra i Centri. In particolare si nota come sia stata recepita l’utilità del BRS in lesioni lunghe su rami con calibro >2.5 mm, in pazienti molto giovani (età <50 anni) e in lesioni al tratto medio-distale del ramo discendente anteriore. Sono invece rarissimi i casi di utilizzo del dispositivo nelle dissezioni coronariche spontanee, sicuramente perché la patologia è di per sé poco frequente. Da notare invece come non sia stato quasi per nulla utilizzato il BRS in lesioni ostiali. Il presupposto di evitare una protrusione permanente di maglie dello stent, spesso necessaria per garantire una buona copertura dell’ostio, è infatti superato dalla consapevolezza della necessità di maggiore forza radiale, maggiore eccentricità di placca (e conseguentemente maggiori difficoltà nel sizing corretto), relativa frequenza di calcificazioni. Inoltre, dati recenti sottolineano un maggior rischio trombotico nel trattamento di lesioni ostiali40. Va comunque sottolineato il fatto che, anche laddove non siano state seguite strettamente le indicazioni del documento regionale, gli operatori hanno comunque utilizzato dei criteri condivisibili ed ispirati sempre alla giovane età o al coinvolgimento del tratto medio del ramo discendente anteriore. I pazienti, in questo secondo gruppo che non rispecchiava le indicazioni regionali, erano per ben il 60% di età <70 anni (Figura 2B). Questo dato significa che veniva condiviso il criterio dell’età giovanile ma a volte era allargato ad una fascia di età che può considerarsi comunque “non anziana” (Figura 4).




L’utilizzo dell’ecografia intravascolare risulta abbastanza ridotto (un quarto della popolazione) soprattutto se si tiene conto della forte indicazione ad associare imaging coronarico nelle prime fasi dell’esperienza di impianto del BRS (indicazione della casa produttrice Abbott Vascular). Anche su questo aspetto vi è stata una grande variabilità tra i Centri, che meriterebbe ulteriore approfondimento.

Complessivamente, l’esperienza della Regione Emilia-Romagna dimostra come i Centri di emodinamica abbiano usato molta prudenza nell’introdurre l’utilizzo dei BRS: i numeri sono stati sotto le aspettative, seppur in progressiva crescita. Questa attesa ha tuttavia permesso di raccogliere ulteriori dati in letteratura che hanno suggerito nuove tecniche di impianto e reso pertanto il dispositivo più sicuro. L’esperienza dei Centri della Regione Emilia-Romagna suggerisce una tendenza ad espandere l’indicazione a pazienti giovani adulti di età <70 anni, sempre evitando lesioni calcifiche e vasi di piccolo calibro. Nel trattamento delle lesioni ostiali il nostro registro si allinea con altri registri più ampi come il GABI-R o il registro italiano RAI46,47. In questo contesto il BRS è stato utilizzato solo in casi isolati. Interessante appare invece l’impiego nelle sindromi coronariche acute, compresi i casi di STEMI, che non sembrano essere state percepite come un deterrente.

In conclusione, gli autori auspicano una maggiore liberalizzazione dell’uso dei BRS in Emilia-Romagna, in linea con le indicazioni individuate nel documento di consenso nazionale SICI-GISE48, se necessario anche attraverso la revisione critica delle linee di indirizzo regionale.

CONCLUSIONI

L’utilizzo dei BRS nella Regione Emilia-Romagna nel periodo 2013-2016 è stato al di sotto delle previsioni riflettendo un approccio ponderato all’utilizzo di questi nuovi dispositivi. Alcuni dati di letteratura hanno posto alcuni dubbi circa la sicurezza dei BRS rispetto ai DES, ma l’unico elemento certo emerso ad oggi dai principali studi riguarda la necessità che gli operatori siano molto attenti e meticolosi nella tecnica di impianto di questi dispositivi. Dunque, è ragionevole ipotizzare una maggiore confidenza degli operatori ed un possibile futuro incremento nel loro utilizzo anche con il crescere dei dati disponibili relativi alla tecnica di impianto e alla sicurezza ed efficacia dei BRS a medio e lungo termine. Infatti, il razionale alla base del loro sviluppo, fondato sul concetto della “vessel restoration therapy”, rimane una valida ed attraente prospettiva terapeutica in particolare nei pazienti più giovani e in presenza di peculiari contesti clinici ed anatomici che si stanno progressivamente delineando.

RIASSUNTO

Razionale. Gli scaffold vascolari bioriassorbibili (BRS) rappresentano l’ultima evoluzione del trattamento interventistico della malattia aterosclerotica coronarica. Nel novembre del 2013, quando dei tre BRS attualmente presenti sul mercato solo il dispositivo Absorb BVS era disponibile, la Commissione Regionale Dispositivi Medici e la Commissione Cardiologica e Cardiochirurgica della Regione Emilia-Romagna hanno redatto una valutazione tecnico-scientifica. Il documento era finalizzato a fornire indicazioni per l’introduzione dei BVS nella pratica clinica. Sono state individuate 5 indicazioni preferenziali: lesioni coronariche lunghe (>28 mm), pazienti con lesioni ostiali (escluso tronco comune), rivascolarizzazione completa in pazienti di età <50 anni, patologia diffusa (>40 mm) o coinvolgente il tratto medio-distale del ramo discendente anteriore in pazienti con età <70 anni, dissezione coronarica spontanea.

Materiali e metodi. L’analisi raccoglie i dati sull’utilizzo dei BRS provenienti dai laboratori di emodinamica della Regione Emilia-Romagna.

Risultati. In un periodo di 3 anni sono stati impiantati 546 BRS in 328 pazienti, che corrispondono all’1.5% del totale degli stent medicati (DES) utilizzati, con un trend in progressiva crescita (0.3% nel 2013, 0.9% nel 2014, 3.2% nel 2015). Le indicazioni inizialmente promosse sono state seguite in 200/328 (61.0% dei pazienti, di cui un terzo ne possedeva più d’una) tra le quali principalmente: trattamento di lesioni lunghe in rami di calibro >2.5 mm (67%), pazienti giovani (31.5%), tratto medio-distale del ramo discendente anteriore (28%). Le indicazioni cliniche sono state: infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST in 74 pazienti (22.6%), sindrome coronarica acuta senza sopraslivellamento del tratto ST in 129 (39.3%), coronaropatia stabile in 94 (28.7%). L’imaging intracoronarico (ecografia intravascolare) è stato utilizzato nel 24.7% dei casi. In 85 procedure (25.9%) è stata eseguita una rivascolarizzazione ibrida con utilizzo combinato di BRS e DES.

Conclusioni. L’impiego dei BRS è stato inferiore alle aspettative, con discreta variabilità tra i Centri e seguendo le indicazioni regionali nella maggioranza dei casi. Il basso utilizzo potrebbe essere dovuto alla prudenza degli operatori nella loro iniziale esperienza. Il progressivo aumento nell’impiego dei BRS sembra rivelare una maggiore confidenza nella tecnica di impianto e fiducia nell’interezza dei dati pubblicati circa la sicurezza ed efficacia del dispositivo.

Parole chiave. Rivascolarizzazione miocardica; Scaffold bioriassorbibile.

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