Stenting di multiple stenosi di rami polmonari
periferici con tecnica coronarica in adulto
con sindrome tipo Eisenmenger

Andrea Amaducci1, Patrizio Vitulo2

1Divisione di Cardiologia, ASST Valcamonica, Ospedale di Esine (BS)

2Unità di Pneumologia, Istituto Mediterraneo per i Trapianti e le Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT), Palermo

Peripheral pulmonary artery stenosis is a quite rare condition that can lead to misdiagnosis, particularly in adults. We describe the case of a 48-year-old woman with multiple stenoses, challenging anatomy and Eisenmenger-like presentation, who was treated percutaneously with a coronary technique.

Key words. Cyanosis; Drug-eluting stents; Pulmonary circulation; Pulmonary hypertension.

INTRODUZIONE

La stenosi dell’arteria polmonare e dei suoi rami può esistere come lesione isolata o in associazione a cardiopatie congenite, come la tetralogia di Fallot, o come manifestazione di un’arteriopatia sistemica (sindrome di Williams, sindrome da tortuosità arteriosa, sindrome di Alagille) oppure può essere una sequela di un precedente intervento chirurgico sull’arteria polmonare1-5. L’effetto emodinamico è quello di un’ostruzione all’efflusso del ventricolo destro, con conseguente ipertrofia, dilatazione e più tardivamente disfunzione ventricolare destra. Clinicamente, è presente congestione venosa, ridotta tolleranza allo sforzo e, in alcuni casi, cianosi da shunt destro-sinistro attraverso difetti settali o da ipoperfusione polmonare.

Si classifica anatomicamente, a seconda del tratto dell’albero polmonare interessato, in centrale (tronco polmonare e sue due diramazioni principali) e periferica6. Esiste da tempo anche una più dettagliata classificazione articolata in quattro classi7 che recentemente è stata implementata e modificata da Al-khaldi e Tamimi8. Partendo dalla loro esperienza chirurgica nel trattamento delle stenosi periferiche polmonari, anche nei tratti intraparenchimali, in neonati e bambini, essi hanno definito cinque classi8:

• tipo 1, stenosi che interessano il tronco polmonare;

• tipo 2, se sono coinvolte le branche polmonari ma non gli osti delle arterie lobari;

• tipo 3, se c’è interessamento delle arterie lobari ma non degli osti delle segmentali;

• tipo 4, se la stenosi comprende le arterie segmentali ma non gli osti delle sub-segmentali;

• tipo 5, quando sono coinvolte le arterie sub-segmentali o tratti a valle di queste.

L’ipertensione polmonare (PH) secondaria a stenosi periferica dei rami polmonari è stata inserita da poco nella classificazione clinica della PH: durante il simposio di Nizza del 2013 venne aggiunta nel gruppo 5 (PH con meccanismi multifattoriali non chiari) la voce “segmental PH”9, ma è nell’ultima revisione dell’agosto 2015 che la stenosi periferica polmonare viene chiaramente identificata con l’inserimento di “congenital pulmonary artery stenosis” nel gruppo 4 (PH cronica tromboembolica o da altre ostruzioni dei vasi polmonari)10.

La diagnosi di stenosi polmonare periferica avviene solitamente in età pediatrica, ma vi è comunque evidenza nella popolazione adulta di riscontri tardivi11 e di casi che hanno portato ad un’errata diagnosi di PH post-embolica12,13.

DESCRIZIONE DEL CASO

Il caso clinico da noi descritto riguarda una donna di 48 anni riferita all’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e le Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT) quale candidata al trapianto polmonare. All’età di 18 anni le era stata diagnosticata, mediante cateterismo cardiaco destro, una stenosi periferica dei rami polmonari: non veniva posta indicazione interventistica. Obiettivamente, all’atto della visita, presentava cianosi a riposo, con una saturazione arteriosa di ossigeno (SaO2) in area ambiente del 65%; risultava severamente sintomatica per dispnea (classe NYHA IV).

All’ecocardiografia transtoracica presentava situs solitus, destrocardia, ventricolo destro dilatato ed ipocinetico (TAPSE 15 mm), evidenza di difetto interatriale ostium secundum con shunt destro-sinistro. All’angio-tomografia toracica si evidenziava, oltre ad una voluminosa ernia diaframmatica posteriore sinistra congenita, ipoplasia dei rami polmonari prossimali, con stenosi multiple ma discreta arborizzazione distale e tortuosità e stenosi multiple dei rami polmonari di destra, con diffusa troncatura della vascolatura distale.

Eseguiva pertanto un cateterismo cardiaco destro che evidenziava una pressione arteriosa a livello del tronco dell’arteria polmonare (max/min/media) di 65/38/46 mmHg, di 65/36/45 mmHg a livello dell’arteria polmonare destra a monte della stenosi e di 57/23/36 mmHg a valle, di 65/36/46 mmHg a livello dell’arteria polmonare sinistra a monte della stenosi e di 24/12/16 mmHg a valle; all’arteriografia polmonare si evidenziava a destra tortuosità vascolare, con stenosi moderate a livello dei rami segmentali e scarsa arborizzazione distale ed a sinistra ipoplasia del ramo lobare superiore, stenosi ostiale critica dei rami segmentali apicale posteriore ed anteriore (con origine unica), ectasia del ramo lingulare, ipoplasia del tratto basale per il lobo inferiore e stenosi del ramo anteriore basale del lobo inferiore (Figura 1A). Gli osti dei rami segmentali apparivano di fatto contigui. La malattia quindi interessava tratti intraparenchimali, con caratteristiche tipo 3 e 4 della classificazione di Al-Khaldi e Tamimi8. Si procedeva pertanto a discussione collegiale del caso, con valutazione positiva dell’indicazione al trapianto polmonare nonostante l’anatomia poco favorevole (destrocardia ed ernia diaframmatica); tuttavia la paziente rifiutava qualsiasi tipo di opzione chirurgica.

Quindi, vista la presenza a sinistra di un gradiente pressorio post-stenotico significativo, che escludeva la presenza di una vera sindrome di Eisenmenger, si procedeva ad angioplastica percutanea (PTA), con dilatazione degli osti dei rami segmentali apicale posteriore ed apicale anteriore con accettabile risultato; la dilatazione del tratto basale e del ramo anteriore basale del lobo inferiore provocava la chiusura del ramo apicale posteriore (Figura 1B) per cui venivano eseguite dilatazioni sequenziali con tecnica “kissing balloon” ottenendo una dilatazione accettabile di tutti i vasi (Figura 2A). La SaO2 risaliva a 88%, con scomparsa della cianosi a riposo. La paziente veniva dimessa in sesta giornata in classe NYHA II.

Dopo 1 mese, si osservava ricomparsa di cianosi con diminuzione della saturazione ed ipotensione sistemica (SaO2 65% e pressione arteriosa sistemica 90/55 mmHg). Si eseguiva quindi una nuova angiografia che mostrava “recoil” dei vasi trattati (Figura 2B). Veniva quindi intrapresa una nuova procedura e si decideva, nonostante l’anatomia poco favorevole, di eseguire l’impianto di stent. Veniva posizionato sull’ostio del ramo apicale posteriore stent coronarico Cre8 4.5 x 20 mm (Polymer-free Amphilimus-Eluting Stent System, Alvimedica) e sul ramo apicale anteriore stent Cre8 3.5 x 16 mm con tecnica T e protrusione (TAP) con ricostruzione della biforcazione (Figura 3), PTA semplice con pallone 6.0 x 20 mm sul tratto basale e ramo anteriore basale del lobo inferiore, con compressione dello stent apico-anteriore che rendeva necessarie dilatazioni multiple sequenziali con tecnica “kissing balloon” per mantenere un buon risultato sui vasi trattati (Figura 4). A fine procedura si registrava una SaO2 del 92% e una pressione arteriosa sistemica di 110/70 mmHg. La paziente veniva dimessa in quarta giornata in classe NYHA II; a 6 mesi di follow-up la situazione clinica era invariata e gli stent angiograficamente pervi.







DISCUSSIONE

La stenosi periferica dei rami polmonari non è una patologia di frequente riscontro nei pazienti adulti11. Sono tuttavia segnalati in letteratura casi in cui pazienti ritenuti portatori di PH primitiva o post-embolica presentavano, in realtà, stenosi polmonari periferiche isolate o multiple12,13. I casi pubblicati evidenziavano stenosi o dei tratti prossimali (stenosi di tipo 1-2) o di quelli più distali (tipo 4) senza coinvolgimenti ostiali. La paziente da noi trattata presentava una più complessa anatomia che coinvolgeva i rami lobari, ipoplasici, e l’ostio dei rami segmentali (stenosi di tipo 3 + 4) che si staccavano molto ravvicinati fra loro. Per quanto assai di recente siano stati eseguiti interventi di allargamento chirurgico con patch, con buon risultato, in età pediatrica8, non risulta al momento pubblicato alcun caso di correzione chirurgica dei tratti intraparenchimali in pazienti adulti. Nel nostro caso quindi, una volta escluso, per volontà della paziente, il trapianto, la scelta della PTA era obbligata.

L’opzione di utilizzare stent di piccolo diametro si è resa necessaria per l’anatomia sfavorevole, con osti contigui ed ipoplasia dei rami lobari: l’utilizzo della tecnica TAP ha permesso di ricostruire la biforcazione evitando l’occlusione della branca contigua e limitando, grazie all’embricazione degli stent, il rischio di migrazione degli stessi.

La tecnica TAP fa parte delle varie metodiche utilizzate per trattare le biforcazioni coronariche; in breve prevede il rilascio di un primo stent sul vaso considerato principale, con copertura dell’origine del vaso considerato secondario, quindi “re-wiring” del ramo secondario ed inserzione e rilascio di un nuovo stent facendolo protrudere nello stent principale, in modo da coprire completamente l’ostio del ramo secondario; in ultimo, post-dilatazione simultanea con pallone di entrambi gli stent con tecnica “kissing balloon” (Figura 2B) con modellamento di una neo-carena14.

La scelta dello stent medicato è stata motivata per limitare la possibilità di restenosi, più elevata in vasi piccoli e lesioni ostiali15. Non vi sono in letteratura casi pubblicati di utilizzo di stent medicati nei rami polmonari. Al momento il nostro follow-up angiografico è di 6 mesi, quello clinico di 9.

Per i pazienti trattati con angioplastica dei vasi polmonari, la proliferazione intimale e la restenosi intrastent rappresentano un problema non trascurabile, variando dal 2-4% annuo fino a percentuali maggiori del 20% in particolari contesti quali vasi piccoli, osti, “overlapping”16, rendendo spesso necessarie successive re-dilatazioni17.

L’entità del problema è tale che nel 2015 il gruppo del Boston Children’s Hospital ha intrapreso una sperimentazione che prevede il trattamento per via sistemica con derivati della rapamicina in pazienti portatori di stent polmonari, nel tentativo di rallentare la proliferazione intimale con buoni risultati preliminari: tali dati sono ancora in corso di acquisizione18.

La possibilità di avere sul mercato stent medicati di dimensioni adeguate potrebbe quindi ampliare le possibilità di trattamento delle stenosi dell’albero polmonare (analogamente a quanto è successo nei campi dell’interventistica coronarica e vascolare periferica) diminuendo il numero di reinterventi, dato che potrebbe diventare numericamente interessante se si considera il costante aumento della popolazione adulta affetta da cardiopatia congenita dovuta all’aumentata sopravvivenza di questi pazienti19.

RIASSUNTO

La stenosi periferica dei rami polmonari è una condizione piuttosto rara che può portare, specialmente in pazienti adulti, ad errori diagnostici. Descriviamo il caso di una donna di 48 anni con stenosi multiple, anatomia complessa e presentazione clinica tipo sindrome di Eisenmenger, trattata per via percutanea con tecnica coronarica.

Parole chiave. Cianosi; Circolazione polmonare; Ipertensione polmonare; Stent medicati.

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