in memoriam

IN RICORDO DI PAUL PUECH

Il 13 gennaio scorso all’età di 93 anni cessava di vivere il cardiologo Paul Puech, dopo una vita di medico, di ricercatore e di organizzatore nella sua specialità, ricca di impegni, di successi e di giusti riconoscimenti. I cardiologi più giovani forse non lo ricordano perché il suo nome non è di quelli che si attaccano a una scoperta, come Holter per il monitoraggio dell’ECG o Brugada per la sua sindrome, ma è legato a tanti significativi contributi in cardiologia, soprattutto nell’aritmologia degli ultimi 60 anni. Egli, francese della Camargue, fece parte con gli italiani Federico Marsico e Sergio Dalla Volta, con il brasiliano Joao Tranchesi e il peruviano Dante Penaloza, di quel gruppo che negli anni ’50 si recarono nell’Istituto di Cardiologia di Città del Messico. Attratti da quella realizzazione divenuta in breve tempo famosa per essere stata la prima a far convergere in un unicum tutto lo scibile medico per lo studio di una specialità, la Cardiologia, che stava avendo proprio in quel periodo il maggior progresso in conoscenze e tecnologie.

Erano gli anni ’50 e non era trascorso nemmeno un decennio dall’inaugurazione di quell’Istituto quando tutto quel gruppo di stranieri e in seguito molti altri da ogni parte del mondo, vi si formeranno e, dopo quell’esperienza, diventeranno a loro volta promotori di moderna cardiologia al rientro nel loro paese. Non è facile spiegare, oltre alla qualità delle conoscenze, il fascino di quei ricercatori e clinici che il dottor Ignacio Chavez era riuscito a radunare, prelevandoli tra i cervelli immigrati per ragioni politiche o mandandoli a formarsi negli Stati Uniti. Pareva che tutti loro si fossero trasmessi l’un l’altro un modo affatto nuovo di elaborare e divulgare il sapere, mediante un entusiasmo, un’empatia e un libero pensiero, tali da far ricordare l’agorà dei filosofi nella Grecia antica.

Paul Puech, interessato soprattutto ai problemi aritmologici, aveva realizzato in quell’Istituto lo studio sperimentale dell’attivazione degli atri, dimostrando che in essi la conduzione non era così ben coordinata come nei ventricoli, dove il sistema hisiano è una specie di autostrada, ma da residui di tessuto specifico e quindi più fragile. Fu la sua base per capire meglio l’elettrofisiologia delle aritmie sopraventricolari, alle quali si dedicherà negli anni a venire. Ma egli aveva soprattutto imparato da quei maestri messicani la capacità di comunicare con gioia ciò che sapeva e che voleva implementare, divenendo a sua volta un maestro.

Lo conobbi in Messico nel ’59 e molti anni dopo ci rivedemmo nel Veneto, dove venne a presentarci l’utilità della registrazione del fascio di His per la valutazione dei disturbi di conduzione e di certe aritmie. Concordammo di ritrovarci di lì a poco nel suo reparto a Montpellier per apprendere la tecnica. Fu un’esperienza che arricchì il mio impegno e ci legò in amicizia. La sua carriera sarà un crescendo di notorietà nell’apportare molti contributi alla conoscenza del flutter e della fibrillazione atriale, nonché di altre aritmie sopraventricolari, pubblicate in riviste e testi nazionali e internazionali di cardiologia. Anche in campo organizzativo dimostrò grandi doti, proprio perché quel suo modo di porgersi e di offrire collaborazione dava le migliori garanzie. Fu Presidente della Società Francese di Cardiologia e poi anche di quella Mondiale e della World Heart Federation.




Devo molto all’amico Paul per quanto mi ha insegnato e per la generosa disponibilità con me e con i miei collaboratori. Mi piace infine ricordare un episodio durante il mio soggiorno a Montpellier, quando egli mi informò, con garbo e quasi ritenendolo un privilegio, la presenza nel suo piccolo cimitero dell’ultima Regina d’Italia, Elena del Montenegro nei Savoia. Non lo sapevo e prima del rientro vi andai per una preghiera su quella tomba, confinata lungo il muro di cinta, dove la maggioranza degli italiani pensava di aver esiliato anche le proprie responsabilità. Oggi, strana coincidenza, negli stessi giorni in cui il Professor Paul Puech vi entra, la Regina Elena di Savoia, “riabilitata”, ne esce per ritornare in patria.

Eligio Piccolo

Mestre (VE)

e-mail: eligiopiccolo799@gmail.com

IN RICORDO DI RALPH LAZZARA

Un grande Cardiologo ed un uomo di grande correttezza e lealtà ci ha lasciati all’inizio di questo 2018.

Ralph Lazzara aveva da tempo superato il limite lavorativo, che in Italia chiameremo età pensionistica, ma come succede negli Stati Uniti ed in altri paesi avanzati, il superamento di quella età non gli aveva impedito di continuare a mettere a frutto il suo sapere e di trasmettere la sua sete di conoscenza, proseguendo sia la sua attività di ricerca scientifica che l’insegnamento ai più giovani.

Quattro anni fa al Congresso Internazionale di Bologna da me organizzato su Atrial Fibrillation and Heart Failure, Ralph – all’età di 80 anni – aveva tenuto un’apprezzata lettura sul tema dell’influenza del sistema neurovegetativo sulla genesi e il mantenimento delle aritmie.

Ralph si era dedicato fin da giovane allo studio delle aritmie cardiache e molte delle sue numerose pubblicazioni scientifiche, scritte assieme al collega ed amico Scherlag, sono state la base dell’attuale conoscenza dei meccanismi delle aritmie ventricolari – conoscenze che ora utilizziamo nella pratica clinica per diagnosticare e interrompere le tachicardie, entrando nei loro circuiti –; frutto dei suoi studi e delle sue intuizioni sono anche i meccanismi elettrofisiologici dei postpotenziali alla base delle aritmie nelle malattie dei canali. Se oggi conosciamo i potenziali tardivi lo dobbiamo anche a Ralph Lazzara.

Il Prof. Lazzara era prima di tutto un clinico, che aveva a cuore la salute delle persone, oltre che un intuitivo e raffinato ricercatore – costantemente sostenuto dal desiderio di ampliare le sue conoscenze e di fare il bene del suo prossimo. Questa combinazione di interessi, di esperienza e di conoscenze è molto rara e faceva di lui una persona, un medico, un cardiologo speciale.

Nel 1987 ebbi la fortuna di incontrare Ralph durante un mio stage ad Oklahoma – luogo ove lavorava proveniente da Miami e che in pochi anni aveva portato a punto di riferimento mondiale per lo studio e la cura delle aritmie cardiache. Avevo chiesto di frequentare il suo Istituto per studiare il substrato delle aritmie con la tecnica dell’averaging dei segnali elettrici. Ralph prima mi volle conoscere e ci incontrammo durante un suo viaggio in Italia e poi mi invitò a dimorare nella sua accogliente casa per tutto il periodo della mia permanenza in America. Così potei conoscere la sua famiglia e godere e condividere l’armonia che sempre si creava nei momenti di pausa lavorativa, grazie anche alla squisita accoglienza e simpatia della bella moglie Barbara: erano coppia davvero straordinaria! Nei giorni lavorativi ci si alzava molto presto al mattino, preparavo il caffè e subito si andava in ospedale dove il primo meeting iniziava alle 7.00; poi round in reparto, programma di ricerca in laboratorio, eventuale partecipazione agli studi elettrofisiologici che effettuava un allora giovane Warren Jackman; poi meeting di mezzogiorno e alla sera Ralph spesso si fermava per compilare applications per ottenere fondi per il suo Istituto. Almeno una o due volte alla settimana vi era la visita ai pazienti meno abbienti e meno fortunati ricoverati nell’adiacente Veteran Hospital.

Ralph era un uomo di poche parole, ma sempre cortese e pronto ad ascoltare e a rispondere a qualunque richiesta; sempre supportivo e mai pretenzioso; sempre umile ed attento alle esigenze degli altri; pur nella sua posizione apicale mai era arrogante.

La perdita della cara e dolce moglie Barbara, la compagna della sua vita – avvenuta qualche mese fa, deve essere stato un duro colpo per lui, al punto da volerla raggiungere in tempi rapidi.

Gli studi pubblicati da Ralph Lazzara, che hanno modificato le nostre conoscenze di elettrofisiologia, sono sotto gli occhi di tutti e facilmente rintracciabili su Internet; quello che non si potrà mai più trovare se non attraverso la testimonianza dei molti Cardiologi anche italiani che hanno avuto la vera fortuna di incontrarlo, sono le sue doti di persona onesta con se stesso e con gli altri, che ha dedicato tutta la sua vita al servizio della nostra meravigliosa ed unica professione.

Grazie Ralph a nome mio e di tutti i Cardiologi ed Elettrofisiologi italiani per quanto ci hai insegnato, non solo dal punto di vista tecnico ma anche umano; da umili tuoi allievi cercheremo a nostra volta di trasmettere agli altri la tua testimonianza, così come avresti certamente desiderato.

Alessandro Capucci

Clinica di Cardiologia

Università Politecnica delle Marche, Ancona

e-mail: a.capucci@univpm.it