In questo numero

editoriale




Una doccia fredda sull’aspirina in prevenzione primaria

L’aspirina è un trattamento chiave nella prevenzione degli eventi cardiovascolari che ha solide evidenze di efficacia in prevenzione secondaria, ma non altrettanto in prevenzione primaria, dove la sua indicazione si è basata finora solo sui risultati di metanalisi. In questo numero Stefano Urbinati analizza criticamente i tre studi randomizzati recentemente pubblicati, ARRIVE, ASCEND e ASPREE, che hanno arruolato globalmente più di 45 000 soggetti in un contesto di prevenzione primaria e che hanno messo in seria discussione il ruolo dell’aspirina rispettivamente in pazienti ad alto rischio, diabetici e anziani. Tutti e tre gli studi infatti non sono riusciti a dimostrare un vantaggio dell’aspirina nei confronti del gruppo di controllo, o perché l’efficacia è risultata sovrapponibile o perché, come nel caso dei soggetti diabetici, il vantaggio era controbilanciato da un eccesso di emorragie. •

dieci quesiti in tema di...




Brand o bioequivalente?

Giulia Russo e Claudio Bilato fanno il punto sui farmaci generici, meglio chiamati equivalenti o bioequivalenti. Da anni in Italia vengono commercializzati i medicinali a brevetto scaduto sotto forma di altri medicinali con lo stesso principio attivo ed eccipienti differenti (farmaci equivalenti) o con la stessa forma farmaceutica e la medesima composizione quali- e quantitativa (farmaci bioequivalenti). Purtroppo, nonostante la significativa riduzione della spesa sanitaria che comporterebbe il loro uso sistematico, rimangono sottoutilizzati e ancora più clamorosamente è stato reso noto che circa il 70% della spesa dei farmaci a brevetto scaduto viene assorbita da farmaci brand (o di marca), seppure con notevoli differenze regionali. Gli autori, rispondendo a 10 quesiti, illustrano l’efficacia e la sicurezza dei farmaci equivalenti e bioequivalenti, in particolare in ambito cardiovascolare, sottolineando che gli effetti collaterali sono correlati agli eccipienti e che in quanto tali possono verificarsi con qualsiasi tipo di medicinale. Sebbene tutti i farmaci, brand o generici, vengano prodotti e controllati da aziende certificate, il medico prescrittore nella scelta del medicinale dovrebbe scegliere produttori che garantiscano un controllo di qualità severo, permanente e puntuale in assenza di contaminazioni. Cautela deve invece essere mantenuta in caso di trattamenti con stretta finestra terapeutica o le cui fluttuazioni delle concentrazioni plasmatiche possono avere risvolti clinici importanti (antiaritmici, immunosoppressori, antiepilettici, antidepressivi triciclici, anticoagulanti, antipiastrinici e antineoplastici). •

rassegne




Forame ovale pervio: c’entra o non c’entra?

La prevalenza della pervietà del forame ovale nella popolazione generale è decisamente alta (25-30%), ma molto meno frequentemente è causa di ictus criptogenico e con un rischio di recidiva relativamente basso (1-2%/anno). Fino ad oggi non era stato dimostrato un vantaggio significativo della chiusura transcatetere del forame ovale pervio (PFO) rispetto alla sola terapia medica, ma recenti studi randomizzati hanno mostrato una maggior efficacia dell’associazione chiusura PFO e terapia antiaggregante, al prezzo di una maggiore incidenza di fibrillazione atriale parossistica dopo la procedura interventistica. Andrea Donti et al. raccontano che, tra tante incertezze, il meccanismo eziopatogenetico più accreditato per spiegare l’associazione tra ictus ischemico e PFO è quello dell’embolia paradossa a partenza da una trombosi venosa profonda con passaggio di materiale trombotico attraverso il forame ovale nella circolazione sistemica, sebbene sia difficilmente dimostrabile. Pertanto, nella gestione del singolo paziente l’aspetto più complesso e controverso riguarda la possibilità di stabilire con ragionevole certezza se la presenza del PFO possa avere avuto un ruolo causale nella genesi dell’evento ischemico o se non sia esclusivamente un reperto incidentale e quindi privo di rilevanza clinica. Il processo di selezione dei soggetti da avviare a chiusura del PFO, con particolare riferimento alle caratteristiche anatomiche e funzionali del PFO (presenza di aneurisma del setto interatriale o di valvola di Eustachio ridondante ed entità dello shunt destro-sinistro) e del paziente (preferibilmente maschio di età <60 anni e con un basso profilo di rischio cardiovascolare), deve essere ancora definito come pure la durata del trattamento antiaggregante dopo la chiusura del PFO. Rimane che il trattamento di prima scelta suggerito da tutte le linee guida al primo episodio ischemico è quello antiaggregante, riservando l’anticoagulante ai casi di recidiva ischemica. •




Il dilemma della tricuspide

Un aspetto sicuramente controverso della correzione delle valvulopatie riguarda la valvola tricuspide: la patologia tricuspidalica, sia essa primaria o secondaria, viene molto spesso rilevata in una fase avanzata per cui il rischio operatorio del paziente risulta proibitivo. Per tale motivo sono state sviluppate diverse opzioni di trattamento percutaneo rivolte a pazienti non candidabili a chirurgia. In questa rassegna, Eustachio Agricola et al. illustrano in modo chiaro ed approfondito le tecniche transcatetere che sono state sviluppate per il trattamento della patologia tricuspidalica, passando dai dispositivi che agiscono sull’anello, a quelli che incrementano la coaptazione per arrivare al vero e proprio impianto transcatetere di una protesi valvolare. Nonostante la vasta gamma di opzioni terapeutiche, risulta di fondamentale importanza la selezione del paziente, lo studio anatomico e funzionale della valvola e la curva di apprendimento degli operatori. In quest’ottica, è necessario focalizzarsi sulla standardizzazione della valutazione preprocedurale e sull’analisi dell’outcome a lungo termine. •




Trattamento dell’insufficienza mitralica funzionale: dubbi e certezze

L’insufficienza mitralica secondaria su base ischemica (comunemente detta funzionale) può complicare il decorso di una cardiopatia ischemica postinfartuale e rappresenta un elemento prognostico sfavorevole sia per quanto riguarda i sintomi che la prognosi quoad vitam. La terapia di prima linea è ovviamente il trattamento farmacologico ma, nei pazienti nei quali la risposta è inefficace o comunque non soddisfacente, sia il trattamento chirurgico che, in alternativa, quello percutaneo rappresentano strategie potenzialmente efficaci. Tuttavia, come discusso da Donato Mele et al., le metodiche invasive, sia chirurgiche che percutanee, presentano numerosi aspetti controversi e i dati di letteratura sono tutt’altro che univoci in termini di risultati clinici. La terapia chirurgica dell’insufficienza mitralica funzionale, che prevede la riparazione ovvero la sostituzione valvolare (quest’ultima con o senza conservazione dell’apparato sottovalvolare), mostra evidenze controverse in termini di beneficio prognostico. Ciò dipende verosimilmente dalla selezione del paziente e anche dalle capacità dell’operatore. Nella rassegna si affrontano i differenti aspetti della chirurgia sulla mitrale, quali valutazioni possano indirizzare verso una o l’altra tecnica ed in che modo si possa prevedere un risultato favorevole. In pazienti selezionati, la riparazione mediante clip mitralica può rappresentare una soluzione efficace e a basso rischio ma anche per questa metodica gli studi clinici disponibili mostrano risultati non univoci. •




La mitrale tra i principali indiziati dell’ostruzione all’efflusso

È noto da tempo che la valvola mitrale giochi un ruolo nell’ostruzione all’efflusso nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica; che il suo contributo sia tra i principali in questa condizione patologica e che esso derivi dall’intero apparato valvolare rende la valvola mitrale uno dei principali fattori da valutare con attenzione nei pazienti con cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva da sottoporre a chirurgia. In questa rassegna, Giuseppe Raffa et al. riportano la propria esperienza in termini di miectomia settale che risulta essere la tecnica chirurgica maggiormente utilizzata per questi pazienti; inoltre, gli autori analizzano i meccanismi determinanti il movimento sistolico anteriore del lembo mitralico anteriore stesso e il suo fondamentale contributo nell’ostruzione all’efflusso. Tali meccanismi risultano indotti da alterazioni strutturali dei lembi mitralici, dei muscoli papillari, delle corde tendinee e dalla presenza di eventuali trabecole muscolari. Alla luce di questi dati appare importante considerare di associare alla miectomia anche la correzione chirurgica della valvola. In questi termini la valutazione multidisciplinare con cardiochirurghi e cardiologi risulta di fondamentale importanza. •

caso clinico




Lo strano caso del mixoma frammentato

I mixomi cardiaci sono dei rari tumori primitivi, localizzati per lo più nell’atrio sinistro ed assai più raramente nel ventricolo sinistro. L’embolizzazione di frammenti del mixoma è frequente, avvenendo per lo più nel circolo cerebrale ed assai più di rado nel circolo coronarico. Non sempre però gli eventi si succedono così. Nel caso descritto da Luca Gaido et al., la frammentazione di un voluminoso mixoma localizzato nel ventricolo sinistro determina embolizzazione nel ramo circonflesso della coronaria sinistra con associato infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST che viene trattato efficacemente con tromboaspirazione. •