Vincenzo Masini (1919-2009)

Vincenzo Masini, subito dopo la laurea in Medicina frequenta la Clinica Medica del Policlinico Umberto I di Roma ove inizia ad interessarsi immediatamente di Malattie dell’Apparato Cardiovascolare e delle tecnologie diagnostiche con esso connesse.

Era il periodo in cui nasceva l’elettrocardiografia che era, a quei tempi, l’unico esame strumentale specificamente dedicato al cuore e la cui interpretazione era allora piuttosto difficile e appannaggio di pochi esperti del settore. Masini approfondisce la materia e scrive il suo primo libro “Compendio di Elettrocardiografia” edito da Il Pensiero Scientifico Editore, il quale esaurisce velocemente la tiratura. Molti medici italiani che si affacciavano, in quel periodo, alla Cardiologia ne hanno tratto notevole beneficio culturale e professionale. Dall’Università Masini entra poi nel mondo della Cardiologia Ospedaliera Romana.

Diviene infatti Aiuto Cardiologo all’Ospedale San Camillo de Lellis di Roma sotto la direzione di Vincenzo Puddu e successivamente Primario del Servizio di Cardiologia dell’Ospedale San Giacomo. In questo periodo si dedica particolarmente all’Elettrocardiografia e all’Epidemiologia delle Malattie Cardiovascolari che sarà poi l’argomento del suo secondo libro. Si occupa inoltre dell’Ordinamento del personale sanitario ospedaliero scrivendo un manuale sull’argomento edito da Minerva Medica.

Dal San Giacomo diviene poi Primario di una delle due Divisioni di Cardiologia dell’Ospedale San Camillo di Roma insieme a Vittorio Puddu che dirigeva l’altra.

Sono gli anni a cavallo tra il ’60 e il ’70 che vedono l’esplosione della nuova Cardiologia che si autonomizza definitivamente dalla Medicina Interna ed acquisisce la dignità di disciplina autonoma, Masini si muove con entusiasmo tra tutte le innovazioni tecnologiche diagnostiche e terapeutiche che vengono utilizzate al San Camillo tra i primi ospedali in Italia.

In quegli anni (1970) feci il mio ingresso nella Cardiologia del San Camillo, intimorito da un lato per l’importanza della struttura (un intero istituto di 4 piani con due divisioni di Cardiologia per adulti ed uno di Cardiologia Pediatrica, l’Unità Coronarica, la Divisione di Cardiochirurgia diretta da Guido Chidichimo ed una quantità infinita di servizi) e dall’altro orgoglioso di appartenere ad un team cosi prestigioso.

Allora iniziava, nel mondo, lo studio dell’aritmologia non invasiva ed invasiva della quale io mi occupai fin dall’inizio insieme a Paolo Dini.

Masini con la sua lungimiranza ne comprese immediatamente l’importanza e ci incoraggiò fin da subito ad approfondire la ricerca e la pratica clinica aritmologica. Ricordo ancora la sua ammirazione e interesse quando gli mostrammo la prima registrazione endocavitaria dell’elettrogramma del fascio di His e successivamente quando eseguii le prime “folgorazioni” intracavitarie (non esisteva l’ablazione a radiofrequenza) per interrompere il circuito di rientro.

Masini era un vero studioso, amava aggiornarsi in continuazione sulle ultime novità diagnostiche e terapeutiche. Tutti i giorni lo trovavi nella sua stanza a leggere, di prima mattina, gli ultimi articoli su Circulation o American Heart Journal, che ci avrebbe poi descritto un’ora dopo, durante le visite in corsia. Amava insegnare ed era dotato di una grande capacità educativa. Rendeva semplice la comprensione di concetti anche particolarmente difficili da assimilare.




Fare la visita con lui era veramente un piacere perché ogni giorno ne uscivi più arricchito sia sul piano culturale che clinico. Masini infatti, venendo da un lungo periodo trascorso in Clinica Medica, era di gran lunga più esperto di medicina generale di tutti noi e quindi di continuo insegnamento. Ricordo un giorno in cui, mentre dibattevamo in corsia con gli aiuti anziani (Milazzotto e Iacovella) su uno strano caso clinico, arrivò Masini, diede una fugace occhiata al paziente e alla cartella clinica e disse: “questo paziente ha il tifo…”. Il tifo! Nessuno di noi lo aveva mai visto e lui lo aveva diagnosticato in pochi minuti.

Masini era clinicamente curioso ed era un grande amante della ricerca. Ti incitava continuamente ad elaborare casistiche cliniche e a produrre lavori scientifici da pubblicare su riviste nazionali ed internazionali.

La sua produzione scientifica scorreva su 50 anni di carriera senza mai un rallentamento.

Aveva creato un team di ricercatori ai quali aveva infuso il virus dell’investigazione scientifica. Le numerosissime pubblicazioni scientifiche date alla stampa in quel periodo interessavano tutti i campi della Cardiologia, dalla Cardiopatia Ischemica alla Cardiochirurgia, dall’Emodinamica all’Elettrofisiologia.

In questo ambito esisteva una sana ma robusta competizione tra noi del San Camillo e i colleghi del Niguarda di Milano (coordinati da Fausto Rovelli), altrettanto agguerriti in ambito scientifico. Masini ne aveva una grande considerazione ed altrettanto può dirsi di loro nei nostri riguardi.

Questo grande entusiasmo clinico, scientifico, educativo di Masini venne, almeno in parte, turbato dall’arrivo delle USL e conseguente politicizzazione della gestione della Sanità.

Masini passò dal Pio Istituto di Santo Spirito che dal 1600 aveva gestito con successo molteplici ospedali romani, nella consapevolezza dell’importanza del ruolo del medico (e quindi nel suo rispetto) e della centralità del paziente, a quella delle Unità Sanitarie Locali (spartite tra le varie componenti politiche dell’epoca) con non poca sofferenza.

Gran parte delle cose nelle quali aveva creduto e alle quali aveva improntato la sua azione assistenziale e gestionale venivano progressivamente a mancare, prima fra tutte la considerazione del ruolo del sanitario ospedaliero ed il conseguente rispetto e considerazione a lui dovute.




Andò in pensione, credo senza rimpianti nella consapevolezza di aver creato una vera e propria scuola di Cardiologia Ospedaliera Romana, di aver speso molte energie a favore dei suoi malati, dell’Ospedale che lo aveva visto grande protagonista e della sua città che amava moltissimo.

I suoi principali collaboratori, più o meno grandi, più o meno importanti lo ricordano con affetto e sono ancora oggi orgogliosi di aver partecipato a quello che fu il periodo d’oro della Cardiologia Ospedaliera Romana.

Massimo Santini

Aurelia Hospital

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