La malattia di Fabry (o Anderson-Fabry) è una rara tesaurismosi dovuta a un deficit dell’attività dell’enzima lisosomiale alfa-galattosidasi A, necessario al catabolismo fisiologico dei globotriasilceramidi (GL3). Le manifestazioni cardiache della malattia di Fabry sono molteplici: ipertrofia concentrica del ventricolo sinistro senza dilatazione ventricolare e grave perdita della funzione sistolica, valvulopatia mitralica e aortica, alterazioni della conduzione atrioventricolare o della ripolarizzazione, compromissione della funzione diastolica. Differenziare una cardiopatia di Fabry da altre condizioni simili è spesso agevole: l’amiloidosi cardiaca, per esempio, è spesso associata a ridotti voltaggi elettrocardiografici, mentre l’emocromatosi e la sarcoidosi si associano a sintomi sistemici. Tuttavia, possono essere talora necessarie indagini di secondo livello o invasive, che possono arrivare alla biopsia endomiocardica. Taluni aspetti morfologici riscontrati con tecniche per immagini sono stati descritti come diagnostici ma la loro specificità è al momento insufficiente. L’ecocardiografia con Doppler tissutale e/o l’analisi dello strain rate possono permettere la diagnosi di cardiopatia di Fabry anche prima che divenga evidente l’ipertrofia del ventricolo sinistro.
Il lavoro illustra le tecniche di valutazione del coinvolgimento e del danno cardiaco nella malattia di Fabry e l’approccio clinico e strumentale di follow-up a lungo termine dei pazienti Fabry con o senza coinvolgimento cardiaco. Un attento monitoraggio cardiaco è soprattutto importante nelle donne anziane portatrici, che sviluppano spesso alterazioni renali e/o ipertrofia ventricolare sinistra. La malattia di Fabry è stata diagnosticata nel 12% delle donne con cardiomiopatia ipertrofica a esordio tardivo. Il lavoro discute anche i problemi e gli outcome cardiologici della terapia enzimatica sostitutiva, associata o non associata ad altre terapie cardiologiche.