La trombosi dello stent (ST) costituisce una complicanza non frequente, ma potenzialmente catastrofica dell’angioplastica coronarica in quanto può associarsi ad infarto miocardico acuto ed a morte in un’elevata percentuale di casi. L’introduzione degli stent medicati (DES) ha sollevato preoccupazione a causa delle ripetute segnalazioni di ST, insorte anche molto tardivamente rispetto alla procedura.
Numerosi dati presenti in letteratura sembrano suggerire una maggiore incidenza di ST nei pazienti trattati con DES, rispetto agli stent tradizionali, che si evidenzierebbe solo dopo il primo anno (trombosi molto tardiva dello stent). La ricorrenza del fenomeno è tuttavia modesta in valore assoluto (compresa tra lo 0.35% e lo 0.6% all’anno) e non comporterebbe una incidenza complessivamente peggiore di morte e infarto nei pazienti trattati con DES.
Sul piano patogenetico la ST è l’espressione di un processo multifattoriale, legato a molteplici concause ciascuna delle quali assume un ruolo differente a seconda della fase (precoce, tardiva, molto tardiva) nella quale si sviluppa la ST. Nel determinismo della ST precoce prevalgono fattori procedurali, farmacologici, fattori legati alla complessità del paziente o della lesione; per la ST tardiva e, soprattutto, molto tardiva, prevalgono i fattori intrinseci del paziente e il tipo di risposta biologica locale nella sede di impianto (ritardata endotelizzazione e reazione infiammatoria).
Oggi la prevenzione della ST si basa soprattutto su un’adeguata selezione dei pazienti da sottoporre ad impianto di DES, su un’accurata tecnica di impianto e sull’educazione del paziente alla corretta assunzione della terapia antitrombotica; per il prossimo futuro nuovi contributi potranno derivare dallo sviluppo di farmaci antipiastrinici più potenti, di stent e di polimeri di nuova generazione e con profilo di sicurezza maggiore.