La storia naturale della coronaropatia stabile è un “target” elusivo, giacché riflette la naturale progressione della malattia, modulata dall’effetto dell’intervento terapeutico. Nessuna relazione è stata dimostrata in pazienti con sindrome ischemica stabile tra la severità della stenosi coronarica e il rischio di rapida evoluzione occlusiva responsabile di eventi coronarici acuti: non sorprende allora che il trattamento di stenosi coronariche anche severe non affranchi il paziente stabile da successivi eventi sfavorevoli, ma al più lo liberi per un certo periodo di tempo dai sintomi.
La maggioranza di soggetti con angina stabile è a basso rischio (mortalità cardiovascolare annua <1%) e negli ultimi anni non si è mai concretizzata l’evidenza della supremazia delle strategie interventistiche sull’approccio terapeutico selettivamente invasivo; secondo le conclusioni del recente trial COURAGE, un trattamento inizialmente conservativo in pazienti stabili potrebbe essere strategicamente vantaggioso. È allora cruciale stabilire in quali pazienti stabili la rivascolarizzazione, oltre ad offrire vantaggi in termini di controllo dei sintomi, può avere un effetto prognostico favorevole e in quali la rivascolarizzazione sarà solo rimandata di qualche tempo, stante comunque l’oggettiva inadeguatezza della terapia medica ottimale.
Non esistono studi di randomizzazione tra iter diagnostico sistematicamente o selettivamente invasivo nel paziente con cardiopatia ischemica stabile, ed in assenza di solidi indizi scientifici che possano giustificare un utilizzo preventivo della coronarografia ed eventualmente della rivascolarizzazione nel paziente stabile, le attuali linee guida internazionali riconoscono una indicazione di classe I alla coronarografia solo nei pazienti persistentemente sintomatici nonostante la piena terapia medica e in quelli giudicati ad alto rischio di eventi al follow-up. Nella già ben definita categoria di pazienti ad alto rischio per la presenza di disfunzione ventricolare sinistra, valvulopatia e/o test ergometrico fortemente positivo, crediamo possano essere inclusi i pazienti con dimostrazione di estesa area di miocardio ischemizzabile, sintomatico e non, o con persistente ischemia dopo terapia ottimale, medica o meccanica.