Razionale. Vari studi randomizzati hanno dimostrato l’efficacia degli stent medicati con sirolimus (SES) nel ridurre la restenosi del vaso trattato e la necessità di nuove rivascolarizzazioni. Questi risultati su casistiche selezionate sono però difficilmente applicabili alla complessità del mondo reale. Il RESTEM è un registro multicentrico che ha raccolto tutta l’interventistica coronarica elettiva o d’urgenza del Gruppo Villa Maria per valutare l’outcome dei pazienti trattati con questi stent in confronto ai pazienti trattati con stent convenzionali (BMS).
Materiali e metodi. Il RESTEM, in 20 mesi, ha raccolto 5524 pazienti consecutivi trattati con BMS (72%), SES (15%) e BMS+SES (4%) o altre tecniche (9%), per decisione autonoma dell’operatore e ne ha monitorato il follow-up fino a 2 anni. Come endpoint primario si è scelto un cumulativo di morte, infarto, ricoveri per angina instabile e successive rivascolarizzazioni interventistiche o chirurgiche.
Risultati. I risultati immediati e a 30 giorni non hanno dimostrato differenze tra le diverse tecniche. Quelli del follow-up, aggiustati con analisi multivariata, hanno evidenziato a 2 anni un chiaro vantaggio dei SES sui BMS nella rivascolarizzazione del vaso trattato (8.3 vs 13.7%, odds ratio 0.66) e nelle rivascolarizzazioni totali (18.3 vs 25.6%, odds ratio 0.76), senza differenze sull’endpoint primario, sulla mortalità e sugli altri eventi clinici principali. Analizzando separatamente gli eventi dei 4 semestri di follow-up, si è osservato che i risultati sono a netto favore dei SES nel primo semestre, mentre a partire dal secondo e fino al termine dell’osservazione l’incidenza di eventi è indipendente dalla tecnica utilizzata.
Conclusioni. Il RESTEM ha confermato che i SES riducono la necessità di nuove rivascolarizzazioni del vaso trattato, senza beneficio sugli eventi clinici e sull’outcome complessivo del paziente (endpoint primario); ha dimostrato che questo vantaggio è limitato al primo semestre dopo procedure interventistiche coronariche; non ha confermato invece l’ipotesi, avanzata da recenti metanalisi, di un’insicurezza tardiva di questi stent.