Gli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-inibitori) e gli antagonisti recettoriali AT1, essendo entrambi attivi sul sistema renina-angiotensina-aldosterone, sono stati a lungo considerati come due classi di farmaci con effetti simili nelle patologie cardiovascolari. I risultati di ampi trial clinici di intervento, che non hanno mostrato alcuna differenza significativa tra i benefici apportati da queste due classi di farmaci in pazienti con ipertensione essenziale, infarto miocardico acuto e scompenso cardiaco, hanno rafforzato questo concetto. La recente osservazione che una terapia di associazione ACE-inibitori + antagonisti recettoriali AT1 migliora la prognosi di questi soggetti rispetto alla monoterapia alle dosi più elevate ha posto l’attenzione sulle differenze dei loro meccanismi d’azione.
I risultati di studi fisiopatologici hanno suggerito che nel cuore, come nel rene, gli antagonisti recettoriali AT1 agiscono nella fase più precoce di malattia, migliorando la disfunzione ventricolare sinistra negli ipertesi e prevenendo la microalbuminuria negli animali diabetici.
Sembra condivisibile l’ipotesi che gli antagonisti recettoriali AT1 debbano essere preferiti agli ACE-inibitori per una prevenzione precoce delle patologie cardiovascolari e renali. I nuovi inibitori della renina potrebbero costituire un ulteriore aiuto, bloccando gli effetti negativi mediati dall’escape dell’angiotensina II e dall’esagerata stimolazione dei recettori della renina/prorenina.