Una significativa associazione tra ipertensione arteriosa ed obesità è stata evidenziata in numerosi studi epidemiologici. In particolare, esiste un incremento lineare e sostanzialmente sovrapponibile nei due sessi nella prevalenza di ipertensione arteriosa con il progressivo aumento dell’indice di massa corporea a partire dalla condizione di normopeso. Tale relazione è sicuramente indipendente dall’età e dal sesso, e probabilmente anche dall’appartenenza etnica. È stato anche visto che l’obesità può precedere e predire una condizione di ipertensione arteriosa. Anche in soggetti con pressione arteriosa normale o addirittura ottimale, la presenza di obesità si associa ad un più frequente successivo sviluppo di ipertensione arteriosa. Potrebbe essere vero anche il contrario, che cioè l’ipertensione arteriosa venga a precedere una condizione di obesità, probabilmente attraverso un’iperattività simpatica iniziale, con successiva down-regulation dei recettori beta-adrenergici e conseguente ridotta dissipazione calorica. L’obesità viscerale sembra essere più importante di quella parietale ai fini dell’induzione di ipertensione arteriosa. Infine, in aggiunta al ben noto impatto esercitato dal peso alla nascita sulla successiva comparsa di ipertensione arteriosa, successivi incrementi del peso corporeo e degli altri indici di obesità in qualsiasi momento nel corso della vita possono tradursi in aumenti della pressione arteriosa. L’obesità può associarsi ad ipertensione attraverso l’aumento del tono simpatico, con annessa insulino-resistenza ed espansione del volume plasmatico tipici dell’obeso. Esistono inoltre modelli sperimentali animali che associano le due condizioni. La riduzione di ossido nitrico, riducendo la produzione di energia, determina senso di astenia e favorisce l’accumulo di tessuto adiposo. D’altra parte, la resistenza alla leptina attenua l’effetto antianoressico di questo ormone suggerendo un’erronea sensazione della necessità di assumere cibo. Da un punto di vista terapeutico, è noto che la riduzione del peso corporeo si accompagna ad un importante effetto antipertensivo sia negli obesi ipertesi che negli obesi normotesi. Studi recenti hanno dimostrato che il calo ponderale deve essere persistente per accompagnarsi ad un importante effetto antipertensivo. Purtroppo, molti soggetti non mantengono il calo ponderale iniziale nel lungo termine, riguadagnando così peso corporeo ed elevati livelli pressori.