Numerose evidenze epidemiologiche dimostrano che una frequenza cardiaca elevata si associa ad un aumento della mortalità globale e cardiovascolare sia nella popolazione generale, che in soggetti con specifiche patologie cardiovascolari.
È particolarmente rilevante il ruolo della frequenza cardiaca nei pazienti con angina stabile, condizione clinica che interessa circa 30 000-40 000 persone per milione di abitanti, la cui terapia è prevalentemente focalizzata al miglioramento della sintomatologia soggettiva più che alle modificazioni di sopravvivenza
I betabloccanti, farmaci capaci di ridurre la frequenza cardiaca, sono il trattamento di base di questa condizione clinica. Dai dati dei registri esistenti risulta però che circa un terzo dei pazienti con angina stabile non ricevono i betabloccanti, presumibilmente per specifiche controindicazioni o per scarsa tollerabilità al trattamento. Per questi pazienti potrebbero aprirsi nuove prospettive terapeutiche con l’utilizzo di farmaci che, inibendo selettivamente i canali della corrente If, determinano un’azione specifica di riduzione della frequenza cardiaca, senza interferire con altri meccanismi fisiopatologici.