La stratificazione prognostica è uno strumento essenziale per garantire una corretta assistenza alle sindromi coronariche acute (SCA). La prognosi dei sottogruppi è fortemente differenziata e facilmente determinabile in tutto lo spettro delle SCA. Lo shock complicante l’infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) identifica ad esempio un piccolo sottogruppo di pazienti che racchiude più del 50% della mortalità. Analogamente lo scompenso rappresenta sia nello STEMI sia nelle SCA senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTE) una variabile clinica con una forte valenza prognostica: nel registro GRACE solo il 15% dei pazienti manifestava scompenso ed aveva una mortalità del 12% contro quella del solo 1% di tutto il resto dei pazienti senza scompenso. Questa ampia differenza era evidente sia nello STEMI sia nelle SCA-NSTE.
L’età è un’altra variabile con forte significato prognostico, insieme alle variabili indicative di instabilità emodinamica, come la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa sistolica.
È importante sottolineare come il vantaggio derivante dall’impiego delle risorse per trattamenti complessi, come la rivascolarizzazione meccanica, aumenti con il crescere del livello di rischio individuale. Questo è stato evidenziato per l’angioplastica primaria in registri nazionali dello STEMI e per la strategia invasiva precoce nelle SCA-NSTE in una serie di trial; di converso l’uso di strategie aggressive in popolazioni di SCA a basso rischio è spesso privo di risultati.
Il nostro sistema sanitario ha risorse limitate ed inoltre ha una struttura fortemente disomogenea sul territorio nazionale: in questa condizione la regionalizzazione dell’assistenza alle SCA e la strategia di rete integrata per l’emergenza coronarica rappresentano la risposta più efficiente. Le Società Scientifiche nazionali hanno ridefinito i criteri di rischio allo scopo di assicurare la priorità nell’accesso a trattamenti complessi ai sottogruppi a rischio più alto.