Razionale. Il peso prognostico dei fattori di rischio convenzionali (ipertensione, dislipidemia, diabete e fumo) per la malattia aterosclerotica cardiovascolare (ACVD) rappresenta una nozione consolidata in medicina. L’infermiere professionale (IP) ha una competenza chiave nell’educazione del soggetto/paziente alla correzione di tali fattori di rischio. Comportamenti ed abitudini di vita dell’IP (come peraltro del medico) sono rilevanti per la sua “credibilità” come educatore e modello.
Materiali e metodi. Mediante un’intervista a questionario abbiamo voluto indagare la consapevolezza dei fattori di rischio per l’ACVD, le convinzioni personali e le abitudini di vita di: una coorte di 98 studenti dell’ultimo anno del Corso di Laurea in Infermieristica; una coorte di 84 IP del Dipartimento Cardiovascolare dell’Azienda Ospedaliera S. Croce e Carle di Cuneo.
Risultati. In generale, IP e studenti attribuivano maggiore “ereditabilità” all’ipertensione che a qualsiasi altro elemento. Appena il 36% realizzava il peso in tal senso della morte improvvisa e dell’infarto miocardico precoce. La quota di soggetti fumatori era significativamente più elevata tra gli studenti che tra gli IP (40 vs 25%). Circa il 15 e 30% dei fumatori avevano una concezione errata di scarsa dannosità rispettivamente del fumo di sigarette “leggere” o di “solo 5-10 sigarette al giorno”. Le conoscenze degli IP e dei studenti sui valori massimi accettabili di pressione arteriosa, colesterolemia e trigliceridemia nei soggetti normali risultavano imprecise.
Conclusioni. Conoscenza e consapevolezza dei fattori di rischio e dei comportamenti sfavorevoli per l’ACVD da parte di studenti ed IP devono e possono essere migliorati rinforzando il messaggio che viene trasmesso durante il Corso di Laurea e nei corsi di aggiornamento post-impiego. Questo è particolarmente importante per l’abitudine al fumo. Globalmente, comunque, i nostri risultati suggeriscono che la maggioranza dei soggetti intervistati, soprattutto tra gli IP, hanno stile ed abitudini di vita che fanno di loro un “modello proponibile e credibile” per i pazienti.