Negli ultimi anni l’industria ha creato ecocardiografi portatili (hand-held echocardiography-HHE), di dimensioni sempre più contenute, disponibili per un crescente numero di operatori. Dopo le prime esperienze degli anni ’70, questi apparecchi stanno guadagnando interessanti campi commerciali. La loro trasportabilità consente l’esecuzione di esami al di fuori dei laboratori e fornisce informazioni diagnostiche nei posti più eterogenei, come unità di terapia intensiva e pronto soccorso, reparti di degenza, ambulatori, autoambulanze. Gli HHE possono essere adoperati per la diagnosi di svariate patologie, come aneurismi dell’aorta addominale ed ipertrofia ventricolare, e per il riconoscimento di anomalie della cinesi parietale e versamenti pericardici. Attualmente, sono disponibili quattro varietà di apparecchi portatili: una prima costituita da ecografi completi ma miniaturizzati, di costo elevato ed equipaggiati con strumentazioni proprie dell’ecocardiografia standard e persino di nuove tecnologie quali Doppler tissutale ed ecocontrastografia miocardica; un secondo tipo di apparecchi di alto livello ma non miniaturizzati; un terzo tipo ed un quarto tipo, di livello rispettivamente intermedio (costo basso) e “basic” (costo molto basso), inclusive dei cosiddetti “cardioscopi” corrispondenti allo stetoscopio ultrasonoro ed atti al completamento dell’esame clinico. L’esistenza degli HHE apre controversie riguardanti la loro accuratezza diagnostica, l’opportunità di stabilire in quale scenario clinico debbano essere utilizzati e il tentativo di identificare i potenziali utilizzatori e il livello di competenza richiesto. Esperienze preliminari evidenziano la possibilità di migliorare ed anticipare la diagnosi di numerose patologie cardiache ma anche la necessità di pianificare percorsi di formazione ultrasonora, al fine di evitare un uso inappropriato di tali strumentazioni.