La maggior parte dei progressi terapeutici nella terapia della cardiopatia ischemica acuta è stata provata da sperimentazioni cliniche controllate e validata da formali linee guida. Questo approccio sistematico e rigoroso ha portato ad una significativa riduzione di mortalità e morbilità attraverso tutto lo spettro delle sindromi coronariche acute (SCA). Tuttavia, i recenti registri sulle SCA organizzati dalla comunità cardiologica italiana (ANMCO, GISE e gruppi regionali), analogamente ad altri condotti in altre regioni d’Europa e d’America, hanno dimostrato una limitata adesione alla generale indicazione di trattare i pazienti ad alto rischio tramite un approccio precocemente invasivo protetto dal trattamento con anti-glicoproteina IIb/IIIa. Questo parziale fallimento nel processo di miglioramento terapeutico delle SCA può essere attribuito a varie cause, che possono andare dal sospetto di conflitti di interesse nella generazione delle linee guida, a dubbi sull’applicabilità dei risultati dei trial clinici al mondo reale, aspettative irrealistiche sull’entità del beneficio terapeutico, fino al riconoscimento di ostacoli logistici ed economici che comprendono la disponibilità dei laboratori di cardiologia interventistica e il costo elevato degli anti-glicoproteina IIb/IIIa. Se da un lato le linee guida possono fornire un supporto culturale per trasferire i risultati delle sperimentazioni cliniche alla pratica quotidiana, e le associazioni cardiologiche nazionali e locali possono essere di aiuto nell’aumentare la consapevolezza del reale potenziale terapeutico di un approccio precocemente aggressivo nei pazienti ad alto rischio, spetta ai gestori della salute rimuovere gli ostacoli burocratici e riallocare le risorse da trattamenti di efficacia non provata a quelli che hanno chiaramente dimostrato di ridurre il rischio di morte e reinfarto nei pazienti con SCA.