Razionale. La rivascolarizzazione miocardica mediante l’impiego di entrambe le arterie mammarie interne (AMI) è un’eccellente procedura in elezione, ma il suo ruolo in urgenza/emergenza è ancora oggetto di valutazione. Questo studio retrospettivo valuta la fattibilità dell’impiego di entrambe le AMI scheletrizzate in pazienti con angina instabile (AI) sottoposti a rivascolarizzazione in urgenza/emergenza e l’influenza sul decorso postoperatorio immediato ed a lungo termine.
Materiali e metodi. Da gennaio 1997 a maggio 2004, 824 pazienti (491 maschi, 333 femmine, età media 64 ± 12 anni) sono stati rivascolarizzati in urgenza per AI. In 346 (42%) pazienti (gruppo B) sono state utilizzate entrambe le AMI, nei rimanenti 478 (58%) (gruppo M), è stata utilizzata l’AMI sinistra e/o vena grande safena. Non sono state riscontrate differenze tra i fattori di rischio preoperatori fra i due gruppi (valore medio dell’EuroSCORE).
Risultati. Il decorso postoperatorio è stato privo di complicanze nell’87% dei pazienti del gruppo B e nel 91% del gruppo M. Mortalità ospedaliera (gruppo B 5.9%, gruppo M 5.3%, p = NS), incidenza di infarto miocardico perioperatorio (gruppo B 2.2%, gruppo M 1.96%, p = NS), tempo di degenza in unità di terapia intensiva postoperatoria e tempo di ospedalizzazione totale sono risultati analoghi nei due gruppi. La sopravvivenza attuariale a 1, 3, 5 e 7 anni è risultata del 98.7, 97.5, 96.9 e 96.1% nel gruppo B e del 99, 94.3, 92.1 e 88.4% nel gruppo M (p < 0.05). A 6.6 ± 1.4 anni di follow-up medio la sopravvivenza libera da eventi (p = 0.021) e la sopravvivenza libera da reintervento (p = 0.003) sono risultate migliori nel gruppo B. L’analisi multivariata (modello di Cox) rivela che: età > 65 anni (p = 0.01), insufficienza cardiaca congestizia (p < 0.001), frazione di eiezione ventricolare sinistra < 35% (p = 0.03), > 1 area di ischemia irreversibile (p = 0.02), sono fattori predittivi che influenzano negativamente la sopravvivenza globale libera da reinterventi. L’impiego dell’AMI sinistra (p = 0.006) e di entrambe le AMI (p = 0.001) costituiscono fattori predittivi positivi per sopravvivenza e necessità di reinterventi.
Conclusioni. Dai risultati emersi dal nostro studio si deduce che l’utilizzo della doppia AMI scheletrizzata si associa ad un accettabile rischio operatorio e ad una minore incidenza di complicanze postoperatorie in soggetti affetti da AI, migliorando i risultati a lungo termine anche in questo gruppo di pazienti.