Sebbene la riperfusione precoce del miocardio ischemico sia considerata il solo intervento in grado di ripristinare le varie funzioni cellulari alterate dall’ischemia e prevenire la progressione verso la morte cellulare per necrosi cellulare od apoptosi, la riperfusione determina una serie di eventi che vanno sotto il nome di danno da riperfusione. Il recupero funzionale non è immediato ma di solito si verifica un periodo più o meno lungo di disfunzione contrattile (stunning miocardico). I meccanismi cellulari alla base del danno da riperfusione sono rappresentati dal sovraccarico di calcio, il danno da radicali liberi dell’ossigeno, l’acidosi cellulare, la reazione infiammatoria e il danno microcircolatorio. Numerosi agenti farmacologici sono stati utilizzati negli ultimi anni al fine di limitare il danno da riperfusione e conseguentemente limitare lo stunning miocardico e microvascolare nonché le aritmie da riperfusione. Svariati studi sperimentali e clinici hanno dimostrato gli effetti benefici della trimetazidina, un farmaco in grado di inibire l’enzima mitocondriale 3-chetoacil coenzima A tiolasi, determinando un blocco dell’ossidazione degli acidi grassi a catena lunga e un’esaltazione dell’ossidazione del glucosio. Questa ottimizzazione del metabolismo cardiaco si traduce in un effetto antischemico diretto, limitando l’accumulo di calcio, l’acidosi cellulare, i processi infiammatori tessutali, la produzione di radicali liberi dell’ossigeno e migliorando la microcircolazione coronarica. Questo farmaco appare particolarmente promettente nel trattamento del danno da riperfusione in situazioni cliniche quali la fase acuta dell’ischemia o l’infarto miocardico o nella riduzione del fenomeno del rimodellamento ventricolare sinistro in pazienti con cardiopatia ischemica cronica o disfunzione ventricolare sinistra.