L’endocardite infettiva è una malattia rara ma grave. L’incidenza nei paesi occidentali è di 1.7-6.2 casi/100 000/ anno. La mortalità a tutt’oggi è del 20-40%.
L’ecocardiografia è stata inclusa tra i criteri maggiori della Duke University per diagnosi di endocardite. Nel sospetto di endocardite, l’ecocardiografia ha il ruolo insostituibile di: 1) identificare ed analizzare le vegetazioni endocarditiche; 2) analizzare le complicanze della malattia; 3) seguire il paziente nel follow-up. La sensibilità per vegetazioni in endocardite su valvole native è < 65% con ecocardiografia transtoracica e 82-100% con ecocardiografia transesofagea; in endocardite su protesi valvolari è, rispettivamente, 16-36 e 82-96%. L’ecocardiografia ha avuto il merito di dimostrare che vegetazioni molto mobili e con diametro > 10 mm sono a maggior rischio per complicanze (embolismo, scompenso cardiaco, necessità di chirurgia, morte). L’altro grande vantaggio offerto dall’ecocardiografia consiste nel poter analizzare accuratamente le complicanze intracardiache dell’endocardite: insufficienza valvolare, perforazione di valvola, ascessi perivalvolari, distacchi protesici, rottura della continuità mitroaortica, ascessi settali, pioemopericardio, infarto miocardico. La sensibilità per ascesso perivalvolare è 28% con ecocardiografia transtoracica e 87% con ecocardiografia transesofagea.
Infine, nei casi di endocardite severamente complicata, l’ecocardiografia ha un ruolo cruciale nel valutare indicazioni e strategie chirurgiche.