Razionale. Nonostante i risultati sulla sopravvivenza, alcuni studi hanno messo in evidenza come i pazienti, dopo trapianto cardiaco, manifestino strategie comportamentali inadeguate per una corretta gestione della propria salute e uno stile di vita ricco di fattori di rischio. Ciò risulta rilevante anche sulla qualità di vita di questi pazienti che possono presentare numerose problematiche cliniche, psicologiche, occupazionali e di interazione sociale.
Materiali e metodi. A 141 cardiotrapiantati da almeno 6 mesi sono stati inviati a domicilio: 1) un questionario descrittivo dello stile di vita e dell’aderenza ai trattamenti; 2) la General Self-Efficacy Scale per la valutazione del costrutto psicologico di autoefficacia. Hanno risposto 107 pazienti, pari al 76% del campione (88% maschi, 12% femmine, età media 55.3 ± 10.9 anni, tempo medio dal trapianto 44.2 mesi, range 6-132 mesi).
Risultati. I dati più indicativi riguardano la ripresa delle abitudini comportamentali di rischio: il 18.4% non mantiene il regime alimentare consigliato, il 13.2% non svolge attività fisica e il 36.7% dei fumatori riprende a fumare dopo il trapianto. Sono ancora presenti percezioni di disagio emozionale che i pazienti attribuiscono all’ansia (10.3%) e alla depressione (13.1%). Il 27.1% riferisce disfunzioni nell’area sessuale e solo il 27% dei pazienti ha ripreso l’attività lavorativa. Il costrutto di autoefficacia sembra essere una variabile predittiva del livello di qualità di vita percepito dal paziente dopo trapianto cardiaco: maggiore il punteggio di autoefficacia migliore la qualità di vita.
Conclusioni. Questi dati sono indicativi di come, nel post-trapianto cardiaco, vi siano ancora aree problematiche che devono essere attentamente valutate nell’implementare i programmi di preparazione e di riabilitazione post-intervento. Primi fra tutti adeguati programmi di educazione alla salute capaci di incidere significativamente sulla modificazione dei fattori di rischio comportamentali.