Numerose prove sperimentali e cliniche hanno permesso di chiarire il ruolo centrale delle piastrine nella fisiopatologia dell’infarto miocardico acuto e di comprendere i limiti della terapia fibrinolitica. La fibrinolisi agisce solo sulla componente fibrinica del trombo mentre non è efficace sulle restanti componenti quali piastrine ed eritrociti.
Gli inibitori del recettore delle glicoproteine (GP) IIb/IIIa bloccano la via finale dell’aggregazione piastrinica prevenendo la formazione del trombo bianco ed esercitano anche un’azione disaggregante. L’associazione dei fibrinolitici con gli inibitori GP produce quindi un effetto sinergico nel ripristinare il flusso coronarico.
Studi clinici di fase II hanno infatti dimostrato che il trattamento combinato aumenta l’incidenza, la velocità e la durata della riperfusione del vaso epicardico e inoltre migliora la perfusione tissutale e facilita l’esecuzione di una rivascolarizzazione meccanica.
Il GUSTO V (studio di fase III) ha confermato il razionale biologico della combinazione di fibrinolitici a basso dosaggio con gli inibitori GP IIb/IIIa come strategia riperfusiva alternativa. Sono tuttavia necessarie ulteriori analisi, in particolare riguardo alla valutazione della mortalità ad 1 anno, per identificare eventuali sottogruppi di pazienti nei quali la nuova strategia farmacologica sia di sicuro vantaggio.