Il costante miglioramento tecnologico del materiale unito alla maggiore esperienza e confidenza degli operatori ha fatto sì che le procedure di interventistica coronarica vengano sempre più frequentemente utilizzate per il trattamento di pazienti con malattia multivascolare. Studi randomizzati di confronto fra angioplastica e bypass aortocoronarico nei pazienti con malattia bi e trivascolare non hanno trovato differenze significative nella mortalità precoce e in quella tardiva fra le due strategie di rivascolarizzazione. Il BARI (Bypass Angioplasty Revascularization Investigation) ha dimostrato però che nel sottogruppo dei pazienti diabetici la chirurgia offre risultati nettamente migliori in termini di sopravvivenza a 5 anni (mortalità 19% con il bypass, 35% con l’angioplastica). I reinterventi di rivascolarizzazione sono più frequenti dopo angioplastica.
Allo stato attuale sembra di poter affermare che il bypass aortocoronarico, a fronte di una procedura operatoria “più pesante”, sia in grado di garantire una maggiore completezza della rivascolarizzazione e che l’angioplastica coronarica abbia nella maggiore incidenza di ristenosi a breve termine il limite riconosciuto.
È possibile che nei prossimi anni gli stent e gli inibitori dei recettori piastrinici IIb/IIIa nell’angioplastica e le tecniche mininvasive e la rivascolarizzazione esclusivamente con condotti arteriosi nella chirurgia, possano modificare lo scenario delle indicazioni e del trattamento dei pazienti con coronaropatia multivascolare.