Nella complessa gestione del trapianto cardiaco l’ecocardiografia riveste un ruolo importante; il suo utilizzo richiede la conoscenza degli aspetti morfo-funzionali legati alla tecnica di trapianto cardiaco utilizzata e secondari alle alterazioni determinate dalle principali complicanze cardiache.
Nel decorso postoperatorio l’adattamento a condizioni emodinamiche diverse da quelle del donatore e i problemi legati alle fasi di espianto-impianto possono essere responsabili del riscontro di ipertrofia parietale, di disfunzione ventricolare sistolica e diastolica che tendono a regredire dopo le prime settimane.
Il rigetto acuto e la vasculopatia coronarica sono i principali fattori determinanti la sopravvivenza a breve e lungo termine dopo trapianto cardiaco. Attualmente la diagnosi di queste complicanze si basa su controlli seriati invasivi, la biopsia endomiocardica per il rigetto acuto e la coronarografia per la coronaropatia.
Nello screening non invasivo del rigetto l’ecocardiografia riveste un ruolo molto importante, infatti le alterazioni istologiche legate a rigetti significativi possono determinare diverse modificazioni morfofunzionali: aumento dello spessore parietale, modificazioni delle proprietà acustiche del miocardio, versamento pericardico, disfunzione sistolica e diastolica. La monitorizzazione ecocardiografica può pertanto fornire informazioni aggiuntive sulla severità del rigetto e indicazioni sulla tempistica della biopsia endomiocardica. Sono però necessari controlli seriati in quanto non i valori assoluti dei singoli parametri, ma le variazioni nel singolo paziente possono essere indicativi di rigetto.
La coronarografia, anche se con dei limiti, rappresenta la metodica di riferimento per la diagnosi di coronaropatia, mentre i test non invasivi generalmente utilizzati nella cardiopatia ischemica sono considerati poco sensibili. L’eco-dobutamina sembra avere una buona accuratezza diagnostica e prognostica, ma l’esperienza è limitata a pochi centri.
L’ecocardiografia basale è scarsamente sensibile, ma la presenza di alterazioni della cinesi e di disfunzione sistolica indicano comunque la presenza di una coronaropatia significativa e una prognosi peggiore.
Attualmente nel paziente stabile con coronarie normali al precedente controllo, la negatività dell’ecocardiogramma basale e dopo dobutamina può permettere di distanziare i controlli coronarografici, escludendo in maniera affidabile la presenza di una coronaropatia significativa.