Dopo lo studio ISCHEMIA e le nuove linee guida ha ancora senso ricercare l’ischemia miocardica? Quando dovrebbe essere rivascolarizzato un paziente con sindrome coronarica cronica?

Stefano Urbinati

Riassunto. Lo studio ISCHEMIA ha arruolato pazienti con sindrome coronarica cronica, ischemia miocardica moderato-severa e stenosi coronariche critiche dimostrando che la rivascolarizzazione coronarica non è superiore alla terapia medica ottimizzata in una popolazione con ottimo controllo dei fattori di rischio e valori di colesterolemia LDL <70 mg/dl in entrambi i gruppi di trattamento. Malgrado i suoi bias, l’ISCHEMIA ha avuto il pregio di dimostrare i limiti di una strategia basata sulla rivascolarizzazione coronarica in questo contesto clinico. A 5 anni dalla sua pubblicazione, e dopo che anche gli studi basati sull’anatomia coronarica hanno fallito nell’identificazione dei pazienti da avviare a rivascolarizzazione, questa rimane la prima scelta nell’angina instabile o ingravescente, nei soggetti con malattia del tronco comune, malattia trivasale complessa e bivasale con coinvolgimento del ramo interventricolare anteriore prossimale, oppure nei soggetti in cui l’obiettivo sia quello di controllare la sintomatologia anginosa, in tutti gli altri casi invece dovrebbe essere preferita una terapia medica finalizzata alla stabilizzazione delle lesioni. I tempi sono maturi per avviare una riflessione critica sulla pratica clinica, ancora dominante, di effettuare la rivascolarizzazione coronarica direttamente durante la coronarografia solo sulla base di considerazioni anatomiche.