In questo numero





processo ai grandi trial

Lo studio PALLAS: la caduta di una dea
Tra gli studi dedicati al dronedarone, tutti ispirati alla Grecia Antica, il PALLAS ha valutato l’ipotesi di un beneficio del farmaco in pazienti con fibrillazione atriale permanente ed altri fattori di rischio per mortalità totale ed eventi cardiovascolari (ictus, infarto, embolia sistemica), in termini di riduzione degli stessi. Nonostante favorevoli caratteristiche farmacodinamiche e promettenti evidenze post hoc di precedenti trial, lo studio è stato interrotto precocemente per un incremento di mortalità totale ed ictus nel braccio attivo. Con sfumature diverse, i commenti di Marcello Disertori e Fiorenzo Gaita appaiono sostanzialmente concordi nell’analisi del trial. Si individuano in una popolazione più anziana e compromessa e nella frequente associazione con la digitale le possibili cause dello sfavorevole effetto del farmaco rispetto ai precedenti studi. Anche nelle conclusioni gli autori concordano nel ritenere il dronedarone, dopo il PALLAS, controindicato in presenza di fibrillazione atriale permanente. La scalata all’Olimpo dei trial positivi, coronata da successo per ATHENA, ha avuto per PALLAS esito ben diverso ... proprio come nella mitologia.  •





rassegne

Almanacco 2011: Aritmie cardiache
e cardiostimolazione

Prosegue la serie di rassegne pubblicate su tutti i giornali delle società cardiologiche nazionali; in questo numero di prevalente contenuto aritmologico quella sulle aritmie trova uno spazio consono. Si tratta di una sintesi degli studi, in gran parte trial clinici, pubblicati nel 2011 e che a giudizio di Reginald Liew hanno il potenziale di incidere in maniera significativa sulle conoscenze e sulla pratica clinica in campo aritmologico. Il focus è sulla fibrillazione atriale (con enfasi su dronedarone, antitrombotici ed ablazione), sulla resincronizzazione cardiaca (in particolare sui suoi benefici nello scompenso cardiaco non avanzato), sulla prevenzione della morte improvvisa (specie sulla stratificazione del rischio nel postinfarto e sulle patologie dei canali). Un’ottima occasione per un aggiornamento aritmologico orientato da un esperto internazionale della materia.  •





Dronedarone: in prima linea contro
la fibrillazione atriale o nelle retrovie dei piani terapeutici?

Lo studio PALLAS è, insieme ai molti trial che hanno preceduto l’ingresso del dronedarone nell’arena clinica, citato in questa rassegna di Alessandro Capucci et al. che tratta del posizionamento della molecola nel paziente con fibrillazione atriale. Il ruolo di farmaco di prima scelta che le linee guida assegnano al dronedarone viene di fatto disconosciuto dai documenti rilasciati, e dalle procedure imposte (piano terapeutico e controlli mensili dei marker di danno epatico), da parte di alcune agenzie regolatorie. Gli autori dopo un’attenta disamina si schierano sostanzialmente contro tali procedure (esclusive per la molecola e quindi discriminatorie), sostenendo la pari dignità del dronedarone rispetto agli altri antiaritmici nel trattamento della fibrillazione atriale intermittente. Vengono valorizzate le evidenze dello studio ATHENA ed il potenziale del farmaco di ridurre ospedalizzazione e mortalità in una selezionata ma ampia platea di pazienti (quelli in buona classe funzionale). L’interessante editoriale di accompagnamento, a cura di Farmacologi attenti alla clinica, puntualizza alcuni elementi a favore della scelta delle agenzie regolatorie, non solo italiane, nel limitare l’impiego del nuovo farmaco, tra cui l’enfasi sulla sicurezza in una fase precoce post-marketing e l’attenzione alla epatotossicità. Gli editorialisti propongono inoltre una riflessione più ampia sull’introduzione di terapie innovative, accennando tra l’altro alle problematiche di conflitto di interesse a carico degli estensori delle linee guida e alle implicazione “etiche” dei nuovi farmaci, che insieme agli aspetti clinici ed economici, dovrebbero condizionarne l’adozione. Si potrebbe dire che la rassegna di Capucci et al. e l’editoriale di Fabrizio De Ponti e Alessandro Mugelli rappresentino un’ulteriore udienza del “processo” di questo numero del GIC. •





Sindromi aortiche acute:
pensarci sempre, pensarci subito

Per un cardiologo è impossibile ricordare tutti i pazienti incontrati con infarto miocardico acuto, ma non quelli con sindrome aortica acuta (tipicamente con dissezione aortica) che per relativa rarità, difficoltà diagnostica, evolutività e spesso drammaticità del quadro clinico lasciano non infrequentemente ricordi indelebili. La rassegna di Pier Luigi Stefàno et al. sull’argomento è notevole in quanto unisce un rigoroso inquadramento nosologico e spunti di interesse fisiopatologico ad aspetti clinici con messaggi molto concreti, che si possono sintetizzare nella necessità di mantenere un elevato grado di sospetto diagnostico anche di fronte a manifestazioni atipiche; di trasferire immediatamente in cardiochirurgia il paziente con diagnosi anche solo presunta di patologia acuta dell’aorta ascendente; di eseguire in questi casi l’esame ecocardiografico transesofageo in sala operatoria. Il tutto per minimizzare il ritardo dell’atto chirurgico, l’unico in grado di dare migliori chance di sopravvivenza. •





Aorta toracica, aneurismi,
tubi e proboscidi:
l’ibrido è sempre più di moda

La rassegna di Marco Di Eusanio et al. è complementare a quella sulle sindromi aortiche acute e riguarda le tecniche interventistiche per il trattamento delle patologie, acute e non, dell’arco aortico. Si tratta di un argomento complesso, in cui la varietà di approcci chirurgici (tra cui quello denominato “elephant trunk”), endovascolari ed ibridi, insieme alle strategie di protezione cerebrale, rischiano di ingenerare confusione nei non addetti ai lavori. Questa rassegna, anche grazie a schemi e ad immagini intraoperatorie, ha il pregio della chiarezza e dell’obiettività. I risultati ottenibili con le diverse metodiche vengono messi a confronto in tabelle comparative puntuali. Un valido strumento anche di consultazione per consentire al cardiologo clinico di orientarsi nei meandri di questo difficile settore, tortuoso e ramificato, proprio come l’arco aortico malato. Un messaggio di fondo: l’unione (tra chirurgia e interventistica endovascolare) fa la forza! •





Può una puntatrice aggiustare il cuore scompensato?

Le tecniche di correzione percutanea delle valvulopatie rappresentano indubbiamente uno dei più significativi progressi della recente cardiologia. Gian Paolo Ussia et al. presentano uno stato dell’arte sul trattamento non toracotomico del rigurgito mitralico mediante MitraClip, l’unica tra queste metodiche attualmente autorizzate per l’impiego clinico. Il principio, ispirato alla tecnica “edge-to-edge” di Ottavio Alfieri, è quello di applicare una “clip” per unire tra loro i margini dei lembi mitralici, trasformando la mitrale in una valvola a doppio orifizio, riducendo l’area rigurgitante. Vengono descritti i criteri per un’adeguata selezione dei pazienti e la tecnica di impianto, in modo chiaro e iconograficamente ricco, anche con immagini tridimensionali. Di grande interesse è la sezione che riguarda i risultati ottenuti, anche comparativamente con la chirurgia mitralica, sia nei trial clinici che nelle casistiche dei registri, i quali più fedelmente rispecchiano la tipologia dei pazienti che incontriamo nelle nostra pratica giornaliera. Il focus della rassegna è sui pazienti più difficili: quelli con scompenso cardiaco. I dati di letteratura presentati, anche personali, indicano un significativo miglioramento della classe NYHA specie in presenza di rigurgito funzionale.
L’interessante editoriale di Michele Senni partendo da un caso clinico reale, peraltro comune, contestualizza l’opzione percutanea rispetto a quella chirurgica e alla sola terapia medica, evidenziando le problematiche di stratificazione del rischio correlato allo scompenso e alla chirurgia, i limiti attuali della metodica percutanea dettati dall’anatomia valvolare, e la necessità di trial clinici randomizzati, anche versus terapia medica, che possano meglio definire il ruolo di questa promettente innovazione.  •





studio osservazionale

CRT: classica, casual
o non convenzionale?

La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) mediante pacing biventricolare è da oltre un decennio entrata a pieno titolo ed in modo estensivo tra le modalità di trattamento dello scompenso cardiaco. Come per ogni terapia vi è la possibilità che questa venga applicata non solo alle tipologie di pazienti studiate nei trial positivi e riconosciuti dalle linee guida come indicazioni di classe I, ma anche ad altri con indicazione meno forte o anche a categorie prive di indicazione formale. Lo studio osservazionale di Vittorio Palmieri et al. presenta una casistica monocentrica di pazienti trattati mediante defibrillatore automatico-CRT, e seguiti per un triennio, in cui vengono confrontati tre sottogruppi in base alla classe di indicazione, che potremmo definire mediando dal mondo della moda “classica” (classe I), “casual” (classe IIa, pazienti con fibrillazione atriale) e “non convenzionale” (non prevista dalle linee guida; specificamente QRS stretto con dissincronia elettromeccanica). In maniera piuttosto inattesa, nel follow-up non sono state osservate differenze in termini di mortalità, ospedalizzazione per scompenso cardiaco, variazione della classe NYHA, a suggerire un pari beneficio della CRT nei tre gruppi. È arduo trarre conclusioni definitive da uno studio osservazionale ma, in ogni caso, il lavoro rappresenta uno spaccato di un centro italiano che opera nel settore della CRT e offre spunti di riflessione sull’applicazione, nel mondo reale, di questa terapia.  •





caso clinico

Un insolito cortocircuito tra la rete elettrica e l’impianto idraulico
In questo caso clinico viene descritto l’insolito e tardivo rilievo di una fistola coronaro-ventricolare in corrispondenza della punta di un elettrocatetere impiantato 7 anni prima. Gli autori discutono il verosimile meccanismo patogenetico, nel contesto delle penetrazioni miocardiche di cateteri stimolatori e la possibile relazione con la sintomatologia algica, sensibile al betablocco. •