Trattamento transcatetere
della stenosi valvolare aortica
in Italia
Sergio Berti
U.O. Cardiologia, Fondazione Gabriele Monasterio CNR-Regione Toscana, Ospedale del Cuore, Massa

L’impianto transcatetere di valvola aortica (TAVI) è ormai una realtà della nostra pratica clinica quotidiana. Quei pazienti con stenosi valvolare aortica ad elevato rischio chirurgico, che fino a 10 anni fa avremmo gestito con i farmaci o destinato alla semplice valvuloplastica aortica, lasciando che la malattia seguisse di fatto il suo decorso naturale, attualmente hanno la chance di una terapia mirata all’eliminazione della stenosi aortica stessa ma con un rischio periprocedurale accettabile. Gli studi PARTNER 1,2 hanno infatti chiarito, rispettivamente, che la TAVI conferisce un significativo miglioramento della prognosi nei pazienti non candidabili a chirurgia tradizionale e che la mortalità a 2 anni nei pazienti ad elevato rischio chirurgico ­(Euro­SCORE logistico >20%) non differisce rispetto a quella della sostituzione valvolare aortica per via chirurgica.
L’Italia non è rimasta indietro di fronte all’opportunità che la spinta propulsiva della cardiologia interventistica strutturale ci ha offerto. Lo studio OBSERVANT3,4, nello specifico, ci offre uno spaccato della realtà italiana nel mondo della TAVI, fornendo da un lato una fotografia di come nel nostro Paese ci rapportiamo ai pazienti con stenosi valvolare aortica e dall’altro, fornendo spunti interessanti su ulteriori potenziali espansioni aldilà di quanto suggerito dalle linee guida. Lo studio infatti confronta l’outcome a 30 giorni di poco meno di 2000 TAVI impiantate nell’arco di 18 mesi (dicembre 2010-giugno 2012), in confronto a poco meno di 6000 procedure di sostituzione valvolare aortica per via chirurgica nello stesso periodo.
Alcune premesse sono necessarie al fine di ponderare adeguatamente il messaggio dello studio. Sebbene l’OBSERVANT abbia un arruolamento prospettico, si tratta di uno studio osservazionale. I dati non possono perciò che essere interpretati come “generanti ipotesi”, da confermare successivamente in studi prospettici e randomizzati. La prognosi a 30 giorni dei pazienti sottoposti a chirurgia tradizionale è in linea con quella presente in letteratura, il che conferisce qualità ai dati generati dallo studio stesso. Mancano però i dati sulla necessità di impianto di pacemaker definitivo e sullo stato neurologico pre- e post-intervento, così come quello sulle ri­ospedalizzazioni, sebbene per quest’ultimo parametro sarà necessario il follow-up ad almeno 12 mesi.
Aldilà di questi limiti, lo studio ci dà diverse informazioni importanti: 1) la TAVI in Italia viene proposta, in linea generale e in accordo con le posizioni nazionali e internazionali, a pazienti più anziani e con un maggior numero di comorbilità rispetto a quelli trattati convenzionalmente per via chirurgica; 2) la chirurgia tradizionale si associa in un terzo dei casi a rivascolarizzazione coronarica, mentre nei pazienti TAVI la rivascolarizzazione percutanea si applica solo ad un 3-4% dei pazienti; 3) in Italia il numero di interventi eseguiti con Medtronic CoreValve o Edwards SAPIEN XT è simile; 4) confrontando i sottogruppi a diverso rischio chirurgico, la superiorità dell’approccio chirurgico si osservava solo nei pazienti a rischio molto basso (EuroSCORE logistico <5%), mentre per tutte le altre categorie di rischio non si osservavano differenze di outcome.
Nella discussione dello studio già vengono trattati i punti sopraelencati, ma due di essi meritano sicuramente un’ulteriore riflessione. Come mai la rivascolarizzazione coronarica è molto più frequente nel gruppo chirurgico? Da un lato questo dato potrebbe implicare una maggiore incidenza di patologia coronarica nei pazienti inviati a chirurgia tradizionale, dall’altro potrebbe suggerire un eccesso di rivascolarizzazioni che necessariamente con la tecnica chirurgica devono essere eseguite “one shot”. Il minor numero di rivascolarizzazioni coronariche nell’approccio TAVI potrebbe essere interpretato come elemento a favore della tecnica percutanea, dove l’operatore tende a limitare l’intervento al vaso responsabile di ischemia, riservandosi se necessario la possibilità di completare la rivascolarizzazione successivamente. Sicuramente i dati dello studio suggeriscono la necessità di ulteriori analisi per chiarire questo dato.
Non c’è dubbio che tutti siamo affascinati dall’idea che la TAVI possa ulteriormente espandersi, andando a trattare “conservativamente” molti di quei pazienti al momento riservati alla chirurgia. Premesso che per rispondere a questa domanda non basteranno nemmeno i dati a lungo termine dell’OBSERVANT, lo studio evidenzia che nella nostra pratica clinica, in Italia, già stiamo andando oltre quanto suggerito dagli studi PARTNER e dalle linee guida stesse, espandendo l’indicazione alla TAVI al di sotto del cut-off di EuroSCORE 20%. Questo atteggiamento si osserva sia nei centri dove l’intervento viene eseguito da un team di cardiochirurghi che in quelli dove è eseguito da un team di cardiologi interventisti. Stiamo spingendo troppo sull’acceleratore? A giudicare dai dati a 30 giorni non sembrerebbe, ma non c’è dubbio che questo rappresenti la nuova sfida della TAVI.
bibliografia
1. Smith CR, Leon MB, Mack M, et al.; PARTNER Trial Investigators. Transcatheter versus surgical aortic-valve replacement in high-risk patients. N Engl J Med 2011;364:2187-98.
2. Leon MB, Smith CR, Mack M, et al.; PARTNER Trial Investigators. Transcatheter aortic-valve implantation for aortic stenosis in patients who cannot undergo surgery. N Engl J Med 2010;363:1597-607.
3. D’Errigo P, Fusco D, et al.; Gruppo di Lavoro Tecnico dello Studio OBSERVANT. OBSERVANT: studio osservazionale per la valutazione, efficienza ed efficacia delle procedure AVR-TAVI nel trattamento della stenosi aortica sintomatica severa. Protocollo di studio. G Ital Cardiol 2010;11:897-909.
4. D’Errigo P, Barbanti M, Santini F, et al.; Gruppo di Lavoro dello Studio OBSERVANT. Risultati dello studio OBSERVANT: caratteristiche cliniche ed esiti a breve termine della popolazione arruolata sottoposta a sostituzione valvolare aortica (transcatetere versus chirurgica). G Ital Cardiol 2014;15:177-84.