In questo numero

processo ai grandi trial




Angioplastica preventiva nello STEMI: ne vale la pena? Lo studio PRAMI
Trattare tutto e subito o decidere in un secondo tempo? Le attuali linee guida sulla gestione dei pazienti con infarto miocardico acuto con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) supportano il solo trattamento del vaso colpevole in corso di angioplastica (PCI) primaria, pur sapendo che almeno la metà dei pazienti è portatore di una coronaropatia multivasale; la PCI differita deve essere poi preferibilmente guidata da un test di ischemia. Se, ma soprattutto quando trattare, è argomento molto controverso a cui lo studio PRAMI (Preventive Angioplasty in Acute Myocardial Infarction) ha cercato di dare una risposta, determinando se l’esecuzione di PCI preventiva immediata in corso di PCI primaria per STEMI fosse in grado di ridurre nel follow-up l’incidenza dell’endpoint primario (morte per cause cardiache, infarto miocardico non fatale o angina refrattaria). Giuseppe Tarantini et al. discutono i punti salienti dello studio che si è dimostrato fortemente a favore della PCI preventiva; gli autori ricordano poi che una survey dell’American College of Cardiology ha dimostrato che, negli Stati Uniti, la PCI differita dei vasi non colpevoli è la strategia di scelta nel 98% dei casi. Il risultato dello studio PRAMI influenzerebbe quindi non solo le future raccomandazioni ufficiali, ma anche un comportamento assolutamente radicato nella comunità degli interventisti. Per tale motivo gli autori, ripercorrendo la storia dei registri o degli studi antecedenti con evidenze a favore o contrarie al PRAMI, hanno identificato numerosi punti critici di questo trial; tra questi, il peso della decisione dell’operatore sull’eleggibilità del paziente, il tempo di comparsa degli eventi e la conoscenza da parte del paziente del trattamento a lui assegnato.  •




Lo studio TASTE: tromboaspirazione manuale durante angioplastica primaria

Le più recenti linee guida suggeriscono (classe IIa con livello di evidenza B) l’utilizzo “routinario” della tromboaspirazione manuale durante angioplastica primaria per ridurre il rischio di embolizzazione distale. Tale raccomandazione è supportata dai potenziali vantaggi dell’utilizzo della tromboaspirazione che consistono nella riduzione dell’embolizzazione distale, nel miglioramento della perfusione del microcircolo e nell’aumento della quota di “miocardio salvato”. Lo studio TASTE (Thrombus Aspiration in ST-Elevation myocardial infarction in Scandinavia) ha tuttavia recentemente concluso che la trombectomia routinaria durante angioplastica primaria non riduce l’incidenza di morte per tutte le cause a 30 giorni. Gennaro Sardella et al. ci propongono numerosi punti di discussione in merito all’interpretazione di questi risultati: da una non ottimale pianificazione dello studio (in aperto) che potrebbe inficiare la bontà nell’accertamento degli eventi e nel monitoraggio dei dati, alla mancanza di dati procedurali ed elettrocardiografici di efficacia della riperfusione miocardica. È su quest’ultimo parametro che i sistemi di tromboaspirazione dovrebbero essere sistematicamente valutati dato che, fortunatamente, la mortalità dell’infarto sottoposto ad angioplastica primaria è già molto bassa, addirittura inferiore al 3%.  •

editoriali




Quando fare una coronarografia in un paziente con angina stabile

La recente pubblicazione (2013) delle linee guida europee sulla valutazione e trattamento del paziente con angina stabile ha suscitato numerose riflessioni nella comunità cardiologica. Roberta Rossini et al. ci propongono il percorso adottato in tre pazienti “tipo” per sottolineare proprio luci e ombre che ancora sono presenti nella gestione del paziente anginoso. Gli autori pongono l’accento su numerosi fattori che devono essere tenuti a mente in questo contesto. Per esempio, la linea di demarcazione tra angina stabile e instabile non è sempre ben definita; nella valutazione della probabilità pre-test non viene contemplata la presenza di importanti fattori di rischio, tra cui il diabete; l’anatomia coronarica stessa condiziona la prognosi in modo significativo ed andrebbe conosciuta nei pazienti ad alto rischio. Da ultimo gli autori esaminano aspetti ancora controversi in merito a terapia medica o strategia invasiva. •




Novità in elettrofisiologia: linee guida europee 2013

Eraldo Occhetta e Giovanni Battista Perego ripercorrono conferme e novità che sono emerse dalla lettura delle nuove linee guida 2013 della Società Europea di Cardiologia sul pacing cardiaco e sulla terapia di resincronizzazione cardiaca. Vengono indicati in modo dettagliato gli elementi di guida per una corretta diagnosi e classificazione delle bradiaritmie che possono avere indicazione al pacing cardiaco e soprattutto le indicazioni in merito al più corretto “tipo di pacing” da applicare in un paziente con bradicardia persistente o intermittente o in caso di bradicardia “sospetta”. Per quanto riguarda la terapia di resincronizzazione, gli autori riportano indicazioni per precise tipologie di pazienti: in ritmo sinusale; in fibrillazione atriale; con indicazione convenzionale all’elettrostimolazione; con indicazione al back-up con defibrillatore. Lo specialista elettrofisiologo deve poi confrontarsi con aspetti riguardanti le modalità di impianto, la programmazione e il follow-up che, insieme alla scelta dei candidati, condizionano alla fine la risposta alla terapia. •

guardare oltre




Dimmi da dove vieni e ti dirò come curarti?
Disegnare un trial clinico non è per nulla facile. Al giorno d’oggi ci si deve fortunatamente confrontare con un rischio di eventi clinici hard molto basso. Per questo motivo si è reso necessario il coinvolgimento negli studi clinici controllati di un elevato numero di paesi. Aldo Pietro Maggioni ci invita a riflettere sui reali benefici e rischi di una partecipazione multinazionale: da una parte abbiamo la verifica sul campo della “generalizzabilità” dei risultati, che tuttavia si scontra talvolta con una non uniforme rappresentatività dei sottogruppi in termini di etnicità, genetica e ambiente, dall’altra un trattamento non ottimizzato della patologia di base tenderebbe ad amplificare l’efficacia di ulteriori interventi, mentre la presenza o meno di adeguate strutture territoriali influenzerebbe l’incidenza di ricoveri per riacutizzazione della patologia. L’autore analizza poi sotto questo aspetto i risultati di quattro grandi studi: EVEREST, PLATO, MERIT-HF e TOPCAT.  •

studi osservazionali
Articolo del mese




Italia vs resto del mondo: dati dal registro CLARIFY

Massimo Pozzoli e Luigi Tavazzi ci presentano i dati di un registro internazionale, prospettico, osservazionale e longitudinale che raccoglie oltre 33 000 pazienti ambulatoriali con coronaropatia stabile da 45 nazioni in Europa, Asia, Medio Oriente, Africa, Australia, Nord-Centro e Sud America. La loro analisi ha confrontato le caratteristiche dei pazienti reclutati in Italia con quelle dei pazienti reclutati negli altri paesi dell’Europa occidentale e nel resto del mondo. Sono emersi interessanti risultati in termini di abitudini di vita, fattori di rischio, ricorso a indagini e tipologie di farmaci assunti; gli autori ci offrono poi numerosi spunti per l’interpretazione dei risultati. Questa fotografia ha il pregio di fornire importanti informazioni per i medici e le autorità sanitarie che si occupano di migliorare la prevenzione e la cura dei pazienti. L’articolo è offerto alla discussione attraverso la piccola posta ( piccolaposta@giornaledicardiologia.it) fino alla fine del mese di maggio. •




Make or Buy?
Due cath-lab rispondono
La sostenibilità economica di ciò che facciamo è un argomento molto caldo ed è qualcosa con cui dobbiamo necessariamente confrontarci. Nell’ambito delle procedure di interventistica coronarica questo tema viene affrontato da Ferdinando Varbella et al. Nel loro studio osservazionale viene analizzato l’impatto economico (e clinico) di due distinti tipi di modalità gestionale del servizio di emodinamica: tipologia Buy, cioè esternalizzare il servizio di emodinamica (installazione e manutenzione degli strumenti tecnologici e il personale del laboratorio), e tipologia Make, cioè farsi carico dell’installazione, manutenzione e acquisto di ogni singolo componente del laboratorio. I risultati si riferiscono a procedure eseguite nei primi 6 mesi del 2010 in due ospedali dell’area metropolitana di Torino ad elevato volume di procedure. Dalla loro analisi gli autori concludono che la soluzione Buy, se adattata ai bisogni specifici locali, può fornire una tecnologia sofisticata e più economica senza peggiorare la qualità dei servizi. •

dal particolare al generale




Dosi ridotte, sicurezza ed efficacia. Partiamo da un caso clinico
Marco Mele et al. ci espongono il caso di un uomo anziano affetto da embolia polmonare massiva associata ad elevato rischio emorragico, a cui hanno somministrato una dose dimezzata di attivatore tissutale del plasminogeno ricombinante (rTPA) per via endovenosa con rapido miglioramento clinico. Prendendo spunto da questo caso, gli autori analizzano precedenti esperienze in letteratura che supportino l’uso di una safe dose di trombolitico sulla base di considerazioni farmacocinetiche e concludono che nella loro esperienza tale strategia, pur rapida ed economica, non implica un dimezzamento di efficacia.

position paper




Slow Medicine: fare di più non significa fare meglio
Utilizzare in modo appropriato e senza sprechi le risorse disponibili: questo è lo scopo delle proposte fatte da un gruppo di lavoro dell’ANMCO e riportate in questo lavoro da Marco Bobbio et al. Ottimizzare le risorse, evitare procedure cardiovascolari non necessarie e implementare modelli di cura più efficienti significa contrastare l’iperprescrizione, l’inappropriatezza e, da ultimo, la medicina difensiva. Questo gruppo di lavoro ha preparato una lista ampiamente condivisa di 5 procedure cardiologiche, il cui uso routinario sembra inappropriato nel nostro Paese. Sono state individuate raccomandazioni sull’ecocardiografia nelle valvulopatie, sulla prova da sforzo dopo rivascolarizzazione, sull’ECG secondo Holter nei pazienti con dolore toracico, sui test di imaging nella valutazione di una sospetta cardiopatia ischemica e sul test ergometrico come screening per la cardiopatia ischemica.  •




Notizie dall’Area Prevenzione Cardiovascolare ANMCO
Antonella Cherubini et al. ci propongono una revisione della letteratura volta ad identificare le indagini diagnostiche, pur non invasive, che in prevenzione cardiovascolare non apportano nessun contributo alla gestione del paziente, determinando quindi un uso non corretto delle risorse disponibili. Le indagini prese in considerazione in diverse situazioni cliniche (prevenzione primaria, secondaria e terziaria) sono il dosaggio della proteina C-reattiva e dell’omocisteina, lo studio di polimorfismi genetici, l’ecografia dei tronchi sovra-aortici, l’ecocardiografia a riposo, il test da sforzo, lo stress imaging, l’ECG secondo Holter e l’angio-tomografia coronarica. •