Il paziente adulto dopo correzione chirurgica
di tetralogia di Fallot:
la storia infinita

Massimo Padalino, Vladimiro Vida, Giovanni Stellin
U.O.C. Cardiochirurgia Pediatrica e Cardiopatie Congenite, Azienda Ospedaliera e Università degli Studi, Padova
Tetralogy of Fallot is a common complex congenital heart disease, nowadays amenable to safe surgical repair with good early and long-term outcomes. Notwithstanding this, surgical repair is not a definite treatment, and the heart of patients with tetralogy of Fallot remains anatomically, physiologically and electrically abnormal. Indeed, long-term survival of patients with repaired tetralogy of Fallot differs from that of the general population. Major long-term complications include supraventricular and ventricular arrhythmias, with risk of sudden cardiac death, and chronic pulmonary regurgitation, which gradually leads to right ventricular dilation and dysfunction. Thus, the primary aims of clinical follow-up for adult patients with repaired tetralogy of Fallot should be to assess ventricular morphology and function, to stratify the arrhythmic risk and to define the optimal surgical or interventional timing.
Key words. Adult age; Cardiac surgery; Follow-up; Tetralogy of Fallot.


CHIAVE DI LETTURA

Ragionevoli certezze. La correzione chirurgica per la tetralogia di Fallot presenta oggigiorno ottimi risultati a breve e lungo termine. Nonostante ciò, la chirurgia non cura la malattia e il cuore dei pazienti con tetralogia di Fallot operata rimane anatomicamente, fisiologicamente ed elettricamente anormale.
Aspetti controversi. Benché la sostituzione valvolare polmonare sia efficace, le indicazioni e il timing di impianto di valvola polmonare non sono ancora univoci. Inoltre, non vi sono ancora evidenze inequivocabili che dimostrino la superiorità di una procedura di correzione chirurgica sullaltra (es. approccio transventricolare vs transatriale).
Prospettive. Le moderne tecniche chirurgiche di preservazione della valvola polmonare al momento della correzione primaria potrebbero modificare positivamente la prognosi a distanza dei pazienti con tetralogia di Fallot dopo correzione.
INTRODUZIONE
La tetralogia di Fallot (TF) è una cardiopatia congenita cianogena frequente (circa 0.3-0.5% dei nati vivi, 8-10% delle cardiopatie congenite)1. La prima descrizione anatomica fu fatta nel 1672 dal danese Niels Stensen2. Nel 1888, Arthur Fallot3 correlò le manifestazioni cliniche ed i reperti anatomo-patologici, coniando il termine “maladie bleue”, che contraddistingueva la presenza di ostruzione del tratto di efflusso del ventricolo destro (VD), difetto interventricolare (DIV) da malallineamento, aorta a cavaliere e ipertrofia del VD. Nel 1924 Maude Abbott4 coniò l’eponimo “tetralogia di Fallot” nel suo primo Atlante delle Cardiopatie Congenite.
La chirurgia riparativa della TF attualmente presenta ottimi risultati nell’outcome sia a breve5 che a lungo termine6, anche in pazienti operati in epoca neonatale o infantile7. Dagli albori della chirurgia riparativa intracardiaca, i risultati chirurgici hanno presentato un continuo miglioramento dovuto all’evoluzione delle tecniche chirurgiche e del timing della correzione, nonché della gestione postoperatoria8-11. Con il progressivo aumento dei sopravvissuti fino all’età adulta, sono emerse nuove problematiche legate sia al progredire della storia naturale, sia agli esiti della chirurgia, quali le aritmie, l’insufficienza polmonare (IP) cronica, la dilatazione ventricolare. E la storia continua.
LA RIPARAZIONE CHIRURGICA DELLA TETRALOGIA DI FALLOT
Procedure palliative
L’obiettivo della palliazione per la TF era aumentare il flusso polmonare anterogrado per migliorare l’ossigenazione sistemica e favorire la crescita delle arterie polmonari. Nel 1944, il cosiddetto shunt di Blalock-Taussig nacque dall’intuizione del cardiologo (Helen Taussig) e dalla tecnica del chirurgo (Alfred Blalock): l’arteria succlavia veniva anastomizzata termino-lateralmente con l’arteria polmonare12. Per ovviare alla possibile ipoperfusione d’arto, de Leval et al.13 idearono una modifica, tuttora utilizzata, in cui si anastomizzava un tubo protesico tra l’arteria succlavia e l’arteria polmonare, con i vantaggi evidenti di conservare l’integrità dell’arteria succlavia e la continuità tra i rami polmonari. Lo shunt centrale invece consiste in una comunicazione tra l’aorta ascendente e l’arteria polmonare: gli shunt di Potts (1946)14 e Waterston (1962)15 sono due tipologie di shunt centrale che consistono nell’anastomosi dell’arteria polmonare sinistra con l’aorta discendente, o dell’arteria polmonare destra con l’aorta ascendente, rispettivamente. Contrariamente allo shunt di Blalock-Taussig, questi tipi di shunt sono stati abbandonati a causa della tendenza all’iperafflusso polmonare, alla difficoltà della loro demolizione al momento della correzione e all’inevitabile distorsione dell’albero polmonare.
Correzione radicale
Approccio transventricolare
Nell’approccio transventricolare classico, descritto da Lillehei et al.16 nel 1955, il corpo del VD viene inciso longitudinalmente, anche fino all’infundibulo e attraverso l’anulus polmonare. Quindi si procede alla chiusura del DIV con un patch protesico o in pericardio autologo attraverso la ventricolotomia (Figura 1).



Approccio transatriale
L’approccio transatriale (Figura 2), descritto da Hudspeth et al.17 nel 1963, è l’alternativa alla tecnica transventricolare per preservare l’integrità anatomica del VD. Si effettua l’incisione della parete atriale destra, parallelamente al solco atrioventricolare (Figura 2A), con esposizione della cavità atriale, e attraverso la valvola tricuspide, con retrazione o eventuale distacco dall’anulus tricuspidale del lembo settale, si visualizza il DIV ed il tratto di efflusso del VD18. L’allargamento dell’efflusso ostruttivo viene effettuato mediante resezione del tessuto muscolare ostruente (Figura 2B). Quindi, si chiude il DIV con un patch protesico (Figura 2C). La valvulotomia polmonare, l’interposizione del patch transanulare con cuspide o senza, l’interposizione di un condotto valvolato, la dilatazione della valvola polmonare con ricostruzione e plastica della stessa (Figura 3) sono alternative chirurgiche utilizzate a discrezione del chirurgo, che si basano sulla valutazione intraoperatoria della valvola polmonare e dei rami polmonari 19,20. L’orientamento attuale è quello di preservare per quanto possibile la continenza della valvola polmonare, con tecniche di dilatazione e ricostruzione della valvola polmonare19-21.







Correzione radicale precoce
Negli anni ’60, la maggior parte dei pazienti veniva sottoposta a chirurgia riparativa in età scolare, a causa della elevata mortalità chirurgica nell’età infantile, previa iniziale palliazione per quei pazienti che sviluppassero precocemente una cianosi severa22-24. Il primo intervento correttivo per un paziente di età <1 anno fu eseguito con successo nel 1962 a Londra25, ma per lungo tempo la chirurgia correttiva della TF nell’infanzia fu un evento sporadico. Con l’introduzione dell’arresto di circolo ipotermico da parte di Brian Barratt-Boyes26 in Nuova Zelanda nel 1972 per la chirurgia neonatale delle cardiopatie congenite, la correzione precoce della TF divenne una realtà. Dal 1972, Aldo Castaneda a Boston rivoluzionò l’approccio chirurgico alla correzione della TF proponendo la correzione precoce in tutti i pazienti anche se asintomatici27-29.
In generale, la correzione precoce della TF evita i problemi correlati alla palliazione (reintervento e distorsione dei rami polmonari), promuove il flusso anterogrado nei rami polmonari stimolandone la crescita e risolve la cianosi cronica, favorendo quindi il normale sviluppo multiorgano. Inoltre, riportando il VD ai normali valori pressori, ne riduce la risposta ipertrofica, diminuendo paradossalmente l’entità della miotomia al momento della correzione, minimizzando il danno miocardico al VD 18,27.
LA STORIA INNATURALE DELLA TETRALOGIA DI FALLOT, OVVERO LA FISIOPATOLOGIA POSTCHIRURGICA
Dallo sviluppo dello shunt di Blalock-Taussig, la storia naturale dei bambini affetti da TF è stata rivoluzionata drasticamente. La percentuale di sopravvivenza dopo correzione chirurgica di TF è attualmente superiore al 95-97%5-8,30, con risultati di sopravvivenza a distanza di 20 anni superiori al 90%31,32. Il decorso postoperatorio è complicato in pochi pazienti, in genere da sindrome da bassa portata postoperatoria, molto spesso legata all’insorgenza di aritmie ipercinetiche postoperatorie tipo tachicardia giunzionale ad alta frequenza18 o al “ventricolo destro restrittivo”, cioè caratterizzato da ipertrofia del VD che riduce la compliance diastolica con deficit di pompa che inficia il precarico ventricolare sinistro, causando la bassa portata33. L’occorrenza di tale fenomeno è in genere transitoria ed è correlata all’entità del danno miocardico pre- e postoperatorio. Al giorno d’oggi, più del 90% dei sopravvissuti all’intervento cardiochirurgico sono vivi a 25 anni dall’intervento31,32. Durante l’infanzia, circa il 5% richiede un reintervento chirurgico e un ulteriore 6% viene sottoposto ad una procedura interventistica31,32. Il follow-up a lungo termine indica un rischio annuo pari allo 0.8% di necessità di sostituzione valvolare polmonare (SVP), con una maggiore incidenza nei pazienti con TF e atresia polmonare o aplasia polmonare33. I risultati in termini di sensazione di benessere e capacità funzionale sono considerati buoni o addirittura eccellenti dalla maggior parte dei pazienti operati32-36.
Questa importante alterazione della storia naturale della TF implica che vi sia oggigiorno un’ampia e crescente coorte di adulti con TF operata. Attualmente, si stima che negli Stati Uniti vi siano circa 800 000 adulti affetti da TF operata36, e quindi tale popolazione richiede un continuo controllo a distanza. L’attenzione è ormai focalizzata sugli esiti a distanza e sulla qualità di vita di questi pazienti, più che sulla mortalità peri­operatoria.
Nonostante la storia naturale della malattia sia stata modificata radicalmente5-8,31,32, la chirurgia non cura la malattia, e il cuore dei pazienti con TF operata rimane anatomicamente, fisiologicamente ed elettricamente anormale. La sopravvivenza a distanza di tali pazienti differisce da quella della popolazione generale35. Si stima che per un adulto di circa 30 anni con TF operata vi sia un rischio di morte annuo pari allo 0.5% (3 volte superiore rispetto alla norma per un maschio, 8 volte superiore se femmina)37. Inoltre, tale rischio aumenta con l’avanzare dell’età34-36: il rischio annuale di mortalità per i pazienti affetti da TF operata aumenta dello 0.1% ogni decade35. La ragione di questo peggioramento della sopravvivenza a distanza è da ascrivere alla lenta evoluzione della fisiopatologia postoperatoria che, benché ancora non completamente chiarita, va delineandosi con l’aumentare dell’esperienza (Figura 4).
Le complicazioni a lungo termine (Tabella 1) più frequenti nel paziente con TF operata36 includono:
– aritmie sopraventricolari e ventricolari, e rischio di morte improvvisa;
– IP cronica che conduce a dilatazione ventricolare destra e insufficienza tricuspidale;
– anomalie della cinetica della parete ventricolare destra con progressiva disfunzione del VD;
– ostruzione residua o aneurismi dell’efflusso ventricolare destro, o DIV residuo.



La più frequente anomalia fisiopatologica residua è l’IP, mentre l’insorgenza di aritmie (atriali o ventricolari) è comune dopo la correzione di TF, e rimane la problematica più seria. Queste anomalie residue contribuiscono alla crescente morbilità e mortalità a partire dalla terza decade di vita. Nollert et al.37, analizzando i fattori di rischio per la sopravvivenza a distanza dopo correzione chirurgica, hanno confermato gli eccellenti risultati in termini di sopravvivenza a distanza, ma anche la presenza di un significativo “attrition rate” a partire da circa 25 anni dopo l’intervento. Inoltre, la morte improvvisa rimane la maggior causa di morte in questi pazienti adulti, con un rischio stimato di morte improvvisa pari a 0.27% annuo per i primi 25 anni, con un successivo aumento a 0.97%. Hickey et al.35 hanno confermato il basso rischio di morte a distanza, anche se soggetto ad un incremento con l’avanzare dell’età, e che tale valore non diminuiva nonostante il miglioramento della mortalità operatoria, così come l’incidenza di reintervento sulla valvola polmonare. Dopo questi iniziali studi di follow-up, Gatzoulis et al.38 identificarono la durata del QRS ≥180 ms come un significativo indice predittivo di morte improvvisa aritmica nei pazienti con TF operata. Molti altri studi clinici hanno identificato altri fattori prognostici negativi sull’outcome a distanza dall’intervento correttivo per TF: storia clinica del paziente (es. l’età avanzata al momento della correzione); alterazioni elettrofisiologiche, quali il QRS >180 ms; dilatazione e dis­funzione ventricolare risultante dall’IP cronica38-42.
Grazie alla recente utilizzazione della risonanza magnetica cardiaca, è stato possibile in maniera non invasiva effettuare misurazioni accurate della funzione e volumetria del VD, unitamente allo studio della funzione valvolare polmonare39,40. Molti studi clinici hanno indicato come la severa dilatazione e disfunzione del VD siano i più importanti fattori di rischio per eventi avversi a distanza42,43. Valente et al.44 hanno arruolato un’ampia coorte di adulti operati di TF in uno studio internazionale multicentrico (INDICATOR). Dall’ampia casistica emerge che la dis­funzione sistolica del VD e del ventricolo sinistro (VS) e l’insorgenza di tachiaritmie atriali siano significativi fattori di rischio per morte improvvisa e tachicardia ventricolare sostenuta nei giovani pazienti affetti da TF operata. Inoltre, l’ipertensione e l’ipertrofia ventricolare destra sono fattori prognostici negativi indipendenti di morte e tachicardia ventricolare sostenuta a distanza. Infine, si ipotizza che l’ipertrofia del VD dopo correzione della TF sia in realtà dovuta non solo all’incremento del volume dei miociti, ma anche all’aumento della fibrosi e della concentrazione di collagene, quale risultato di un processo di maladattamento in risposta ad un prolungato sovraccarico di volume o pressione, che conduce gradualmente ad un patologico incremento del rapporto tra collagene e fibroblasti da una parte, e miociti dall’altra, similmente a quanto accade per le patologie del VS.



Aritmie sopraventricolari, ventricolari e morte improvvisa
È noto che nel follow-up dopo chirurgia della TF, l’insorgenza di aritmie è rilevante sia per la prevalenza che per l’outcome a distanza44,45. Negli adulti con TF circa il 34% presenta insorgenza di tachiaritmie atriali o sopraventricolari sintomatiche, mentre circa l’8.5% sviluppa tachicardia ventricolare sostenuta. Un crescente numero di pazienti richiede l’impianto di defibrillatore, a causa del rischio stimato di morte improvvisa pari al 2% per decade46,47. L’origine aritmica può essere sia ventricolare che atriale: nelle prime, in particolare nelle tachicardie ventricolari sostenute, vi è correlazione con una maggior incidenza di eventi avversi (sincope, morte improvvisa), mentre non vi è un chiaro nesso causale tra questi e le aritmie atriali48. Nella quasi totalità dei pazienti dopo chirurgia per TF, si osserva il blocco di branca destro49, dovuto ad una lesione diretta della branca destra durante la procedura di chiusura del DIV18, e all’interruzione del sistema di conduzione periferico a livello del VD49, o per una lesione delle fibre del Purkinje, distalmente alla banda moderatrice50, secondario all’incisione sulla parete del VD o dell’infundibolo. Infine, la progressiva dilatazione del VD, in seguito al sovraccarico di volume dovuto all’IP, o a un deficit della funzione di pompa, può condurre ad un rallentamento della conduzione elettrica. Nonostante l’introduzione della tecnica transatriale nella riparazione del TF, molti pazienti continuano a presentare questo rallentamento di conduzione ventricolare, mettendo in evidenza come l’insorgenza del blocco di branca destro sia un processo multifattoriale. Oltre a questo substrato di conduzione rallentata, il problema delle aritmie ventricolari è causato da meccanismi di macrorientro 51: infatti, i rallentamenti nella via di conduzione dell’impulso sono dovuti sia al blocco di branca destro, sia ad aree in cui vi è un intrinseco ritardo di conduzione, in particolare nelle aree di afflusso e di efflusso del VD, come dimostrato da studi di mappaggio elettrico del VD52. Inoltre, la cicatrice post-ventricolotomica, il patch di chiusura del DIV e il patch infundibolare rappresentano i principali meccanismi di blocco dell’impulso, responsabili dell’instaurarsi del meccanismo di rientro. Sebbene i pazienti con tachicardia ventricolare sostenuta siano relativamente poco frequenti, con una prevalenza del 14.2%53, molti pazienti possono presentare altre aritmie ventricolari (battiti prematuri ventricolari, tachicardia ventricolare non sostenuta), raggiungendo una prevalenza tra il 64% e il 94%53-55. La maggior parte di questi pazienti è clinicamente asintomatica, e non è chiaro il significato prognostico delle aritmie quali le extrasistoli ventricolari.
Riguardo alle aritmie atriali, è stata osservata una prevalenza complessiva di circa il 20%53, e le più frequenti sono l’aritmia da rientro interatriale e la fibrillazione atriale. La prima è un disturbo di conduzione prevalentemente nel lato destro del cuore, spesso correlata a dilatazione dell’atrio destro. Al contrario, la fibrillazione atriale è stata correlata maggiormente con la dis­funzione del VS, con diminuita frazione di eiezione, o con la dilatazione atriale sinistra. Anche nei pazienti con TF, inoltre, è stata osservata una correlazione tra età e prevalenza, la cui causa è da ricercare nei cambiamenti cellulari elettrofisiologici legati all’invecchiamento, tra cui un potenziale d’azione ridotto, una diminuita capacità di adattamento del potenziale alla frequenza cardiaca, e un’aumentata variabilità spaziale nella ripolarizzazione54. Differentemente dalla popolazione generale, però, nei pazienti con TF si è osservata un’insorgenza di fibrillazione atriale più precoce, a partire dai 45 anni, con una differenza percentuale tra le due popolazioni che raggiunge il 30% a 55 anni54.
La morte improvvisa, con una incidenza annua dello 0.4%, è la più frequente causa di decesso postchirurgico nella TF operata56,57, causata per lo più da tachicardia o fibrillazione ventricolare, mentre l’asistolia e il blocco completo sono piuttosto rari. L’instabilità elettrica ventricolare può essere il risultato di alterazioni strutturali conseguenti alla prolungata cianosi pre-correzione, o alle aree di fibrosi attorno al patch protesico o diffuse sulle pareti dei ventricoli. La durata del QRS >180 ms (che è correlata anche alla dilatazione del VD) e una dispersione del QT >80 ms sono fattori altamente predittivi di tachicardia ventricolare sostenuta e quindi di morte improvvisa 58,59. L’impianto del defibrillatore è solitamente riservato a pazienti che abbiano sofferto di almeno un episodio sincopale o di un episodio di tachicardia o fibrillazione ventricolare che abbia necessitato di rianimazione cardiopolmonare57.
L’insufficienza polmonare, la fisiopatologia del ventricolo destro e la sostituzione della valvola polmonare
La risoluzione chirurgica dell’ostruzione della zona di efflusso del VD comporta l’insorgenza di IP nella maggior parte dei pazienti, a causa della perdita dell’integrità della valvola polmonare. Oggigiorno, l’IP è riconosciuta come uno dei fattori principali di dilatazione e disfunzione del VD36-38,40-42. Analizzando il problema da un punto di vista fisiopatologico, il grado di IP è determinato da 5 fattori: l’area dell’orifizio di rigurgito (ROA), la compliance del VD, la capacitanza delle arterie polmonari, la differenza di pressione diastolica tra il tronco polmonare e il VD (P2-P1) e la durata della diastole (Dt). Questi fattori intervengono nella determinazione di IP secondo il principio di Torricelli60:
Volume rigurgitante = ROA *C*Dt*(P2-P1)*0.5
dove C=costante. Essendo il gradiente pressorio tra tronco polmonare e VD ridotto, se confrontato con quello dell’insufficienza aortica, i principali determinanti dell’IP risultano essere la ROA, la capacitanza delle arterie polmonari e la Dt (e di conseguenza la frequenza cardiaca). Nell’immediato periodo postoperatorio, il VD risulta essere ipertrofico e la sua compliance bassa. Inoltre, i diametri delle arterie polmonari sono generalmente ipoplasici o ai limiti inferiori di norma, con capacitanza ridotta. Infine, la frequenza cardiaca è relativamente alta, il che porta a una Dt ridotta. La combinazione di questi fattori giustifica quindi un impatto del rigurgito polmonare ridotto dopo l’intervento, nonostante la ROA possa essere ampia. Con il passare del tempo, però, il sovraccarico di volume del VD porta a un progressivo aumento dei diametri e della capacitanza delle arterie polmonari, così come alla dilatazione del VD. Inoltre, la Dt aumenta, come conseguenza della diminuzione fisiologica della frequenza cardiaca con l’età, e quindi l’IP aumenta. Ne consegue l’aumento del volume telediastolico del VD, la cui risposta in termini di rimodellamento ventricolare è simile a quella del VS nell’insufficienza aortica 61,62, e può essere suddivisa in 4 fasi:
1. fase di compenso clinico (che può durare anni o decadi), con un graduale incremento del volume telediastolico ventricolare ed una combinazione tra ipertrofia concentrica ed eccentrica (con dilatazione ventricolare caratterizzata da allungamento delle miocellule, iperplasia delle miocellule e decremento del contenuto in collagene), con un mantenimento del normale rapporto massa/volume (ipertrofia compensatoria), normale stress telesistolico delle miocellule e normale funzione sistolica, con paziente asintomatico;
2. fase di fallimento dei meccanismi fisiopatologici compensatori, con dilatazione del VD con ridotto rapporto massa/volume e aumentato postcarico ventricolare, con ridotta funzione sistolica;
3. fase di ridotta contrattilità miocardica reversibile;
4. fase di danno miocardico irreversibile associata a fibrosi massiva e incremento del collagene interstiziale; a questo stadio, la SVP può essere tollerata con un discreto beneficio clinico, ma la disfunzione miocardica persiste cronicamente.
Nel follow-up clinico del paziente adulto con cardiopatia congenita, la SVP è la più comune procedura effettuata35-37,63,64, con un rischio operatorio pari a circa 1% nella maggior parte delle esperienze cliniche65-69. Attualmente, l’impianto della valvola polmonare può essere effettuato anche per via percutanea, in pazienti selezionati63. L’impianto per via chirurgica o percutanea (sostituzione valvolare transcatetere) è un’evenienza tutt’altro che rara nel follow-up dei pazienti con TF operata. Sebbene ad oggi vi siano pareri contrastanti su quale sia il timing più adeguato, questa opzione viene generalmente consigliata in pazienti con sintomi attribuibili all’IP, con sovraccarico di volume moderato o severo a livello del VD e con aritmie imputabili all’allargamento o alla disfunzione ventricolare secondaria all’IP 65-67. In particolare, è stato osservato che una severa dilatazione del VD rappresenta una situazione virtualmente irreversibile, poiché anche dopo SVP non vengono raggiunti i normali valori volumetrici ventricolari. Da queste osservazioni sono stati sviluppati dei valori di cut-off di 160-170 ml/m2 di volume telediastolico e di 80-85 ml/m2 di volume telesistolico66-69. Nel 2010, la Società Europea di Cardiologia poneva le seguenti indicazioni a SVP70:
1. pazienti sintomatici con rigurgito polmonare severo e/o stenosi (pressione sistolica del VD >60 mmHg, velocità di rigurgito tricuspidale >3.5 m/s): classe IC;
2. pazienti asintomatici con rigurgito polmonare severo e/o stenosi con almeno uno tra i seguenti criteri (classe IIaC):
a. diminuzione oggettiva della capacità di esercizio,
b. progressiva dilatazione del VD,
c. progressiva disfunzione sistolica del VD,
d. progressiva insufficienza tricuspidale almeno moderata,
e. ostruzione al tratto di efflusso (pressione sistolica del VD >80 mmHg, velocità di rigurgito tricuspidale >4.3 m/s),
f. aritmie atriali/ventricolari sostenute.
L’impianto di protesi valvolare polmonare elimina l’IP, migliora i sintomi e riduce il volume telediastolico e telesistolico del VD71. Tuttavia, non influenza in maniera significativa la funzione sistolica ventricolare quando questa sia ormai irreversibilmente compromessa (fase 4). È dunque necessario che il timing sia adeguato e che un’analisi rischio-beneficio sia effettuata prima di porre indicazione alla SVP67,68,72. Le indicazioni alla SVP sono cambiate nel tempo, e presumibilmente andranno incontro ad ulteriore evoluzione in base alle nuove informazioni cliniche e al costante progresso della tecnologia della SVP. Di recente, Tal Geva41 ha proposto ulteriori indicazioni alla SVP (Tabella 2) dopo TF operata con IP significativa (frazione di rigurgito >25% alla risonanza magnetica cardiaca). Esiste una correlazione tra il grado di IP e le dimensioni telediastoliche del VD e la gittata sistolica; quando i meccanismi compensatori del VD non sono più sufficienti, il rapporto massa/volume si riduce, i volumi telediastolici aumentano e la frazione di eiezione si riduce. Inoltre, altri fattori che influenzano la meccanica del VD sono l’estensione dell’area discinetica del patch di allargamento dell’efflusso destro, la fibrosi miocardica, la ridotta compliance diastolica del VD, la disfunzione del VS, il ritardo di conduzione intraventricolare e la dissincronia del VD (Figura 4).



La fisiopatologia del ventricolo sinistro nel paziente con tetralogia di Fallot operata
Nello studio della fisiopatologia dei pazienti con TF operata, l’attenzione è sempre stata focalizzata sul rimodellamento ventricolare patologico del VD. Questo concetto è stato modificato nel 2002 da Ghai et al.48, che riconobbero nella dis­funzione del VS un significativo fattore di rischio per morte improvvisa ed un fattore predittivo negativo sull’outcome a distanza nel paziente con TF operata. Attualmente, è ben noto che vi sia interdipendenza tra VS e VD, e così come le alterazioni di volume e cinetica del VS influenzino negativamente la funzione del VD (“Bernheim effect”)73. Lo stesso si può dire degli effetti negativi di un VD anormale sul volume e cinetica del VS (“reverse Bernheim effect”)74. Infatti, il VD è anatomicamente integrato con il VS attraverso le bande miocardiche subepicardiche che decorrono dalla parete anteriore del VD alla parete libera del VS. Inoltre, i ventricoli condividono il setto interventricolare e il flusso coronarico nella stessa cavità pericardica. Quindi, l’interazione tra i due ventricoli risulta in alterazioni della funzione sia sistolica che diastolica: infatti, il lavoro di contrazione meccanica del VD è parzialmente generato dalla contrazione del VS, mentre la dilatazione del VD contrasta la funzione sistolica del VS. Pertanto, questa correlazione tra le frazioni di eiezione di VS e VD esiste anche nel paziente adulto dopo correzione per TF, e anche se la funzione del VD influenza il VS, tuttavia la disfunzione del VS ha un maggiore impatto sul VD dato che si calcola che il 63% dell’incremento pressorio del VD sia causato dalla contrazione del VS. Il preciso meccanismo di questa interazione non è chiaro, ma può essere correlato alla desincronizzazione contrattile tra VD e VS, dovuta al frequente riscontro di ritardo di conduzione intraventricolare destro nei pazienti dopo correzione di TF.
La radice aortica nel paziente con tetralogia di Fallot operata
Anche se il diametro dell’aorta di neonati con TF in epoca fetale è normale per età gestazionale al momento della diagnosi, in realtà misurazioni seriate del diametro aortico fetale sembrano dimostrare un aumento durante gli ultimi mesi di gestazione, cosicché alla nascita il diametro aortico è superiore alla norma75. Questa dilatazione dell’aorta ascendente sembra essere il risultato dell’aumentato flusso di sangue dai due ventricoli nell’aorta in fase di sviluppo, flusso ematico che risulta maggiore rispetto al normale a causa dell’ostruzione al tratto di efflusso del VD. Nonostante la correzione precoce possa potenzialmente rallentare il processo di dilatazione aortica, sono documentate alterazioni istologiche di parete e anomalie dell’elastina nella TF 76, che possono influenzare la prognosi a distanza. Benché raro come problema in età infantile, la dilatazione della radice aortica con insufficienza aortica può verificarsi in età adulta, con una prevalenza riportata d insufficienza aortica lieve-moderata in circa il 6.6% dei pazienti operati di TF ad almeno 15 anni dalla correzione76. La necessità di sostituzione valvolare aortica non è frequente, mentre estremamente rara è la dissezione aortica.
La tolleranza allo sforzo nel paziente con tetralogia di Fallot operata
La maggior parte dei pazienti riporta una buona tolleranza allo sforzo dopo riparazione completa, e qualità della vita soddisfacente77, anche se il test da sforzo cardiopolmonare spesso identifica anomalie significative. In una rassegna condotta da Wessel e Paul78, il consumo massimo di ossigeno era l’81% del normale e la capacità di lavoro era l’85% del normale, valori che diminuivano all’aumentare della durata del follow-up.
Generalmente, i pazienti con stenosi delle arterie polmonari, IP significativa o disfunzione ventricolare destra hanno minore tolleranza allo sforzo e più spesso presentano aritmie da sforzo. La severità dell’IP è un fattore prognostico indipendente della tolleranza di questi pazienti allo sforzo78.
Il monitoraggio continuo del paziente con tetralogia di Fallot operata
La presenza di queste complicanze, come conseguenza del progredire della storia naturale del paziente cardiopatico congenito corretto chirurgicamente, ha messo in luce la necessità di istituire un follow-up dedicato per garantire non solo la sopravvivenza, ma anche un’adeguata qualità di vita a questi pazienti. A tale scopo le attuali linee guida della Società Europea di Cardiologia70 raccomandano un follow-up cardiologico, in centri specializzati, da effettuarsi ogni anno per la maggior parte dei pazienti, e solo per pazienti con forme lievi di TF e con emodinamica stabile è invece raccomandato un follow-up meno frequente. Tutti i pazienti si devono sottoporre a: 1) visita cardiologica, con particolare attenzione ad età alla correzione, lunghezza del follow-up, presenza di pregresse sincopi, classe NYHA; 2) ecocardiografia; 3) elettrocardiogramma. Altre indagini che possono essere richieste sono: risonanza magnetica cardiaca, monitoraggio Holter, test ergometrico, angio-tomografia, cateterismo cardiaco e studio elettrofisiologico. Obiettivi del follow-up sono pertanto il monitoraggio della funzione ventricolare, particolarmente quella del VD, e l’identificazione dei pazienti a rischio di morte improvvisa, nonché stabilire il timing adeguato delle procedure chirurgiche o interventistiche necessarie.
I reinterventi nella tetralogia di Fallot operata
L’intervento cardiochirurgico correttivo nella TF ha due scopi principali: la chiusura del DIV e la rimozione della stenosi sottovalvolare polmonare. Per far ciò, il chirurgo deve ricorrere ad una serie di procedure e manovre chirurgiche che possono essere all’origine delle sequele sopraelencate:
ventricolotomia e resezione sottopolmonare: la correzione classica della TF prevede un’ampia ventricolotomia che permette oltre all’ampliamento dell’efflusso destro con aggiuntiva miotomia e miectomia, anche la visualizzazione del DIV da chiudere. Allo scopo di evitare la ventricolotomia del VD è stata introdotta la correzione transatriale, in cui l’incisione ventricolare viene limitata (se necessaria) alla porzione distale dell’infundibulo del VD, che è la porzione che meno contribuisce alla contrazione ventricolare 79. Tuttavia, questa soluzione non sembra aver modificato sostanzialmente le caratteristiche volumetriche e contrattili del VD dopo correzione di TF80. Infatti, anche nella correzione per via transatriale, l’ampliamento del tratto di efflusso stenotico del VD richiede necessariamente una resezione intramuscolare più o meno importante a seconda della severità della TF, e non annulla le manovre necessarie per l’ampliamento dell’anulus polmonare. D’altronde, la superiorità dell’una o dell’altra tecnica non è ancora stata sufficientemente comprovata81. È indubbio che l’intervento cardiochirurgico per la correzione della TF comporta necessariamente un’aggressione del miocardio ventricolare destro, sia direttamente (per sezione del ventricolo o resezione delle bande muscolari ostruttive) che indirettamente (per le lesioni delle arterie coronarie che attraversano il miocardio);
chiusura del DIV: tale manovra si effettua con l’utilizzo di un patch protesico. Non è raro assistere ad una persistenza di shunt residuo periprotesico, che se emodinamicamente non significativo può essere tollerato cronicamente e può chiudersi spontaneamente come processo di cicatrizzazione; al contrario, se emodinamicamente significativo, e se si verifica una deiscenza del patch, il reintervento per chiusura (anche percutanea al giorno d’oggi) è d’obbligo. Un’altra complicanza legata alla chiusura del DIV è la possibile lesione del tessuto di conduzione, che determina un blocco atrioventricolare completo. Questo diventa indicazione a posizionamento di un pacemaker, con i conseguenti successivi reinterventi per riposizionamento di elettrodi intracavitari, o di generatori quando esauriti;
trattamento della stenosi polmonare valvolare: come già sottolineato, la valvola polmonare nella TF è spesso dis­plasica e ipoplasica, e pertanto alla correzione, l’approccio classico richiede l’incisione dell’anulus polmonare, con conseguente perdita dell’integrità polmonare, e inevitabile IP residua, con l’evoluzione già ampliamente discussa. Alla luce delle attuali informazioni sul follow-up di tali pazienti, è emersa la necessità di preservare quanto più possibile la valvola polmonare. Di recente, il nostro gruppo ha riportato risultati a medio termine molto incoraggianti sull’applicazione intraoperatoria di tecniche di dilatazione con catetere a palloncino dell’anulus polmonare (Figura 3), associate a ricostruzione dei lembi valvolari polmonari 19,20;
ampliamento del tratto di efflusso del VD: come succitato, nelle forme più anatomicamente sfavorevoli (con Z score dell’anulus polmonare inferiori a -4), l’incisione dell’anulus polmonare e l’infundibulotomia rimangono necessarie per poter effettuare la correzione adeguata (definita quando la pressione del VD sia ≤60% della pressione sistemica). A questo possono seguire sequele a vari livelli: a livello del VD, in quanto il patch è una zona acinetica, o discinetica, la cui presenza altera la funzione ventricolare; a livello dell’efflusso ventricolare, in quanto possono residuare immediatamente o con manifestazione più tardiva, uno o più ostacoli residui, oppure perché si formano degli aneurismi più o meno voluminosi per dilatazione del tessuto protesico o per distensione del miocardio a cui è stato fissato il patch stesso;
le anomalie dei rami polmonari: nella TF i rami sono spesso ipoplasici e possono richiedere spesso procedure interventistiche di dilatazione con catetere a palloncino, o più raramente reintervento per distorsione dei rami da shunt31,32.
CONCLUSIONI
La TF è una cardiopatia congenita complessa frequente, la cui correzione chirurgica viene eseguita oggigiorno con ottimi risultati a breve e lungo termine. Nonostante ciò, la chirurgia non cura la malattia e il cuore dei pazienti con TF operata rimane anatomicamente, fisiologicamente ed elettricamente anormale. Infatti, la sopravvivenza a distanza dei pazienti con TF operata non è uguale a quella della popolazione generale. Nonostante la sensazione soggettiva di benessere riferita dalla maggioranza dei pazienti con TF operata, la valutazione oggettiva strumentale dimostra che la maggior parte dei pazienti post-chirurgici presenta esiti più o meno significativi dal punto di vista elettrico o emodinamico. Pertanto, il follow-up clinico dei pazienti con TF operata deve definire le caratteristiche morfo-funzionali delle cavità ventricolari e deve permettere la stratificazione del rischio aritmico.
riassunto
La tetralogia di Fallot è una cardiopatia congenita complessa frequente, la cui correzione chirurgica presenta oggigiorno ottimi risultati sia a breve che a lungo termine. Nonostante ciò, la chirurgia non cura la malattia e il cuore dei pazienti con tetralogia di Fallot operata rimane anatomicamente, fisiologicamente ed elettricamente anormale. È noto che la sopravvivenza a lungo termine dei pazienti con tetralogia di Fallot operata non è uguale a quella della popolazione generale. Le principali complicanze a lungo termine sono le aritmie sopraventricolari e ventricolari, con rischio di morte improvvisa, e l’insufficienza polmonare cronica che conduce a dilatazione e disfunzione ventricolare destra. Pertanto, il follow-up clinico dei pazienti con tetralogia di Fallot operata deve definire le caratteristiche morfo-funzionali delle cavità ventricolari, deve permettere la stratificazione del rischio aritmico e definire un adeguato timing chirurgico o interventistico.
Parole chiave. Cardiochirurgia; Età adulta; Follow-up; Tetralogia di Fallot.
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