L’impiego di ezetimibe nella pratica clinica:
dal laboratorio all’IMPROVE-IT
Claudio Borghi1, Pasquale Perrone Filardi2
1Cattedra di Medicina Interna, Università degli Studi, Bologna
2Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi “Federico II”, Napoli
The impact of low density lipoprotein (LDL) cholesterol levels on cardiovascular risk has been extensively studied. Statins have been demonstrated to significantly reduce LDL cholesterol levels, contributing to cardiovascular risk reduction particularly in patients with high cardiovascular risk. However, low adherence to statin therapy, often due to adverse effects, has raised the need for new pharmacological approaches to combine with statin therapy in order to reach the target levels of LDL cholesterol. Ezetimibe is a selective inhibitor of Niemann-Pick C1-like 1 (NPC1L1) protein that regulates the cholesterol uptake from the small intestine into the enterocytes. Ezetimibe has been demonstrated to significantly reduce LDL cholesterol levels in combination with statins and recent trials support its role in reducing the risk of cardiovascular events.
Key words. Cardiovascular risk; Ezetimibe; LDL cholesterol; Statins.

INTRODUZIONE
Il problema del trattamento delle dislipidemie coinvolge il mondo cardiovascolare a partire dalla dimostrazione, ormai lontana nei tempi, che i livelli plasmatici di colesterolemia totale e di colesterolo a lipoproteine a bassa densità (LDL) risultano direttamente correlati con l’incidenza e la mortalità per malattie coronariche e cerebrovascolari.
L’avvento delle statine sulla scena della terapia farmacologica dei disturbi del metabolismo lipidico ha rappresentato una rivoluzione positiva che ha permesso di incrementare le nostre conoscenze circa i rapporti tra lipidi e malattie cardiovascolari ed ha salvato un considerevole numero di vite umane altrimenti destinate a vedere il proprio sistema cardiovascolare irrimediabilmente compromesso. La diffusione progressiva della terapia con statine e l’incremento delle conoscenze in merito ai meccanismi che presiedono alla colesterolemia plasmatica e alla sua modulazione, hanno tuttavia fatto emergere realtà cliniche più complesse e solo parzialmente modificabili con un intervento mirato alla modulazione della 3-idrossi-3-metil-glutaril coenzima A (HMG-CoA) reduttasi. Tale situazione ha promosso la ricerca di meccanismi di intervento farmacologico alternativi e potenzialmente “sinergici” alla statine e rappresentati da soluzioni di successo limitato ed imprevedibile (es. fibrati, niacina, resine, ecc.) e da interventi di potenzialità risolutiva (es. ezetimibe, inibitori di PCSK9, ecc.) che hanno allargato in maniera sensibile le potenzialità di un controllo sullo sviluppo e progressione delle malattie cardiovascolari associate alla presenza di dislipidemia. L’interazione con i meccanismi di assorbimento intestinale del colesterolo appartiene alla compagine degli interventi di successo terapeutico sia nella popolazione generale, dove la soluzione più praticabile sembra essere l’impiego di fitosteroli, sia nei pazienti con un grado quantificabile e correggibile di rischio cardiovascolare nei quali il trattamento di scelta è rappresentato, senza dubbio, dall’impiego di ezetimibe. Numerosi e compositi sono infatti gli elementi che ne sostengono l’impiego in clinica nei pazienti dislipidemici e tutti obbediscono ad una logica sequenziale che integra il razionale della suscettibilità genetica con l’adeguatezza del meccanismo d’azione e la sua integrazione farmacologica con le altre strategie terapeutiche dominanti, confermando le aspettative in termini di un evidente vantaggio terapeutico nei confronti del profilo lipidico e della prevenzione degli eventi cardiovascolari.
FARMACOLOGIA
Nella specie umana i livelli di colesterolemia derivano primitivamente da due fonti: la produzione endogena da parte del fegato e l’assorbimento di colesterolo dietetico e biliare (ricircolo entero-epatico) da parte dell’intestino1.
L’assorbimento intestinale del colesterolo avviene primariamente nel duodeno e nel digiuno prossimale, essendo per circa un quarto di derivazione dietetica e per tre quarti di derivazione biliare2. In realtà non tutto il colesterolo che entra negli enterociti raggiunge i vasi linfatici e quindi il circolo sistemico. Infatti l’assorbimento del colesterolo è un processo complesso che coinvolge l’incorporazione del colesterolo libero (per lo più di origine biliare) in micelle assorbite tramite trasportatori specifici collocati sulla membrana enterocitaria3. Una volta nell’enterocita, il colesterolo libero può essere incluso in pre-beta HDL oppure esterificato dall’enzima acil-coenzima A acil-transferasi (ACAT) e quindi incorporato nei chilomicroni, oppure riespulso nell’intestino tramite trasportatori ATP-binding cassette transporter (ABC) G5 e G8. Mutazioni in questi trasportatori comportano sitosterolemia, che è associata ad accumulo di fistosteroli e aumentato assorbimento del colesterolo intestinale associato a grave patologia ateromasica precoce4.
La comprensione del meccanismo d’azione di ezetimibe nasce dall’approfondimento delle conoscenze riguardanti i meccanismi che regolano l’assorbimento del colesterolo a livello intestinale. In particolare, la capacità di ezetimibe di ridurre la colesterolemia deriva dalla sua capacità di inibire selettivamente il funzionamento della proteina prodotta dal gene Niemann-Pick C1-like 1 (NPC1L1), scoperta da Altmann et al.5 nel 2004. La proteina NPC1L1, espressa nell’intestino tenue (versante luminale degli enterociti) e nel fegato (versante biliare), funziona come trasportatore del colesterolo dietetico dal lume intestinale negli enterociti6,7. Questa molecola ha un dominio specifico per il legame con gli steroli che consiste in una regione di circa 180 aminoacidi. La proteina NPC1L1 lavora con il complesso AP2 (adaptor protein 2) e la clatrina per facilitare l’internalizzazione delle molecole di colesterolo libero nelle cellule8. Ezetimibe [1-(4-fluorofenil)-(3R)-[3-{4-fluorofenil}-{3S}-idrossipropil]-(4S)-(4-idrossifenil)-(2-azetidi­none)] blocca selettivamente la funzione della proteina NPC1L1, probabilmente interferendo con il suo legame con AP2 e clatrina, riducendo in questo modo l’assorbimento degli steroli intestinali di circa il 50%9 ed è quindi in grado di ridurre la colesterolemia LDL in monoterapia mediamente del 15-20%, con risposta variabile in funzione della predisposizione genetica del singolo individuo a normo-assorbire o iper-assorbire il colesterolo intestinale10.
Questo meccanismo d’azione è di particolare interesse perché l’efficace riduzione della sintesi di colesterolo per inibizione della HMG-CoA reduttasi ottenuta con le statine è associata da un lato ad un up-regulation dei recettori epatici del colesterolo (con conseguente aumento del colesterolo espulso nel lume intestinale e quindi disponibile per essere riassorbito) e dall’altro ad un aumento compensatorio dell’assorbimento del colesterolo intestinale in parte legato ad induzione dell’espressione genica della proteina NPC1L1, quindi neutralizzando in parte l’effetto delle statine stesse 11. In questo contesto quindi l’inibizione selettiva della proteina NPC1L1 acquisisce una particolare utilità.
Gli effetti di ezetimibe sui parametri lipidici sono riassunti in Tabella 1: ezetimibe migliora in modo additivo l’effetto delle statine sull’intero pattern lipidico ma anche sui livelli plasmatici di proteina C-reattiva ad alta sensibilità12,13.



GENETICA
Lo studio di varianti naturalmente presenti nella sequenza del DNA umano che possano modificare l’attività di una o più proteine target può essere usato per stimare la potenziale efficacia e tossicità di target terapeutici come le proteine14,15. Gli studi di associazione genome-wide hanno identificato varianti comuni nelle sequenze di DNA codificanti per NPC1L1 associate a modeste alterazioni nei livelli di colesterolemia LDL16. Tuttavia gli studi di associazione genome-wide non sono particolarmente specifici per identificare varianti genetiche ed alterazioni di attività del gene coinvolto.
Al contrario, alcune mutazioni del DNA che intervengono nella sequenza codificante la proteina possono inattivare completamente un gene. Le mutazioni inattivanti possono essere modificazioni di singole basi che introducono codoni stop e che portano alla prematura troncatura della proteina (mutazioni non-sense), inserzioni o delezioni del DNA che interferiscono con lo scorrimento della proteina oltre il sito variante (mutazioni frameshift) o mutazioni puntiformi nel sito di modificazione del trascritto dell’RNA pre-messaggero nascente che altera il processo di splicing (mutazioni del sito di splice)17. Poiché queste mutazioni – che sono diversamente definite come proteina-disruptive, proteine-inattivanti, perdita di funzione o nulle – interagiscono fortemente con la funzione delle proteine, sono tipicamente molto rare nella popolazione generale per effetto della selezione naturale.
In uno studio recente le regioni codificanti la proteina NPC1L1 sono state sequenziate in 22 092 volontari e sono state identificate 15 mutazioni rare che alterano la funzione della proteina. Poi lo stesso gruppo di studio ha genotipizzato la più frequente fra queste mutazioni inattivanti (p.Arg406X) in ulteriori 91 002 soggetti. I portatori di mutazioni inattivanti NPC1L1 presentavano una riduzione media della colesterolemia LDL di 12 mg/dl rispetto ai non portatori, associata ad un rischio di patologia coronarica inferiore del 53%18. In un altro studio, Lauridsen et al.19 hanno investigato su una popolazione di 67 385 soggetti, di cui 5255 e 3886 hanno poi sviluppato rispettivamente coronaropatia e calcolosi biliare dal 1977 al 2013, calcolando uno score basato sulle più comuni varianti genetiche di NPC1L1 associate a ridotti livelli di colesterolo LDL. All’aumento dello score, i valori di colesterolo LDL si riducevano fino al 3.5% (0.12 mmol/l) e il colesterolo totale fino al 1.9% (0.11 mmol/l) dei valori basali. Inoltre l’incidenza di coronaropatia diminuiva all’aumentare dello score, insieme ad un parallelo aumento di calcolosi biliare sintomatica. Risultati simili sono stato ottenuti applicando modelli di randomizzazione mendeliana ad altre ampie casistiche da Ference et al. 20 (Figura 1).



Questi risultati non sono direttamente interpretabili come un effetto protettivo di ezetimibe, in quanto inibitore della proteina NPC1L1, ma sono un supporto all’interpretazione di risultati positivi osservati nello studio IMPROVE-IT (Improved Reduction of Outcomes: Vytorin Efficacy International Trial)21. Infatti, la minima riduzione della colesterolemia LDL geneticamente indotta determina una protezione che parte dall’infanzia e si protrae per tutta la durata di vita, mentre il farmaco è un elemento di intervento che nella maggior parte dei soggetti comincia la sua azione protettiva dopo decenni di esposizione al fattore di rischio colesterolo e quindi ad un danno (per quanto minimo) già consolidato. Peraltro una simile protezione rispetto agli eventi coronarici è stata osservata anche per altre mutazioni loss-of-function in altri geni correlati al metabolismo lipidico22. Tuttavia, le mutazioni loss-of-function del gene NPC1L1, oltre che a ridotto assorbimento di colesterolo sono anche associate ad una riduzione dell’assorbimento di steroli vegetali, fortemente aterogeni23,24. Infatti i livelli di steroli vegetali sono marcatamente elevati nei pazienti affetti da sitosterolemia autosomica recessiva, una malattia associata a lesioni vascolari ateromasiche a rapida evoluzione anche in pazienti con colesterolemia LDL relativamente normale25.
EFFETTI DELLA TERAPIA CON EZETIMIBE SUL PROFILO LIPIDICO
Il favorevole impatto dell’utilizzo di ezetimibe sulla riduzione dei livelli di colesterolo LDL è stato ampiamente dimostrato. Arimura et al.26 hanno riportato in 44 pazienti con angina stabile, trattati con angioplastica coronarica ed impianto di stent medicato e successivamente randomizzati ad atorvastatina in monoterapia o in combinazione con ezetimibe, una riduzione significativa dei livelli di colesterolo LDL, accompagnata ad una diminuzione dei livelli di proteina C-reattiva ad alta sensibilità e dell’entità della restenosi intrastent (espressa in diametro percentuale, valutata con coronarografia al follow-up) nei pazienti arruolati ad ezetimibe dopo 6-9 mesi di follow-up. Analogamente, Bays et al. 27 hanno dimostrato in 1547 pazienti ipercolesterolemici ad alto rischio cardiovascolare, con livelli di colesterolo LDL compresi tra 100 e 160 mg/dl già in trattamento con atorvastatina 10 mg/die, che l’aggiunta di ezetimibe 10 mg all’atorvastatina 10 mg riduceva significativamente i livelli di colesterolo LDL rispetto ad atorvastatina 20 mg o rosuvastatina 10 mg (22.2% vs 9.5% vs 13.0%, rispettivamente, p<0.001). Lo studio prevedeva anche una seconda fase in cui i pazienti che precedentemente avevano assunto atorvastatina 20 mg venivano randomizzati ad atorvastatina 20 mg in combinazione con ezetimibe 10 mg o ad atorvastatina 40 mg, mentre i pazienti che avevano assunto rosuvastatina 10 mg venivano randomizzati ad atorvastatina 40 mg con ezetimibe 10 mg oppure a rosuvastatina 20 mg. Alla fine di questa seconda fase dello studio, la combinazione atorvastatina 20 mg + ezetimibe 10 mg riduceva significativamente i livelli di colesterolo LDL rispetto all’aumento del dosaggio dell’atorvastatina a 40 mg (17.4% vs 6.9%, p<0.001), mentre il passaggio da rosuvastatina 10 mg alla terapia di combinazione con atorvastatina 20 mg ed ezetimibe 10 mg riduceva significativamente i livelli di colesterolo LDL rispetto all’aumento del dosaggio della rosuvastatina a 20 mg (17.1% vs 7.5%, p<0.001) 27.
L’azione di ezetimibe non è limitata ai livelli di colesterolo LDL. Bozzetto et al.28 hanno riportato in 15 pazienti con diabete di tipo 2, randomizzati secondo un disegno di tipo crossover a simvastatina 20 mg + ezetimibe 10 mg o simvastatina 20 mg + placebo, oltre ad una riduzione significativa dei livelli di colesterolo LDL, una riduzione del contenuto lipidico (sia colesterolo che trigliceridi) dei chilomicroni e delle concentrazioni di ApoB-100 a digiuno e postprandiale, una riduzione significativa di apoB-48 nei chilomicroni dopo i pasti e più bassi livelli di contenuto di colesterolo delle lipoproteine a densità molto bassa, bassa ed intermedia in coloro che assumevano ezetimibe insieme a simvastatina 28.
EFFETTI DELLA TERAPIA CON EZETIMIBE SUGLI EVENTI CARDIOVASCOLARI
Sebbene gli studi precedentemente descritti dimostrino il miglioramento del profilo lipidico nei pazienti trattati con ezetimibe, fino alla conclusione dello studio IMPROVE-IT gli studi clinici di intervento non avevano fornito evidenze definitive riguardo all’effetto del farmaco sugli eventi cardiovascolari.
Il primo studio clinico di efficacia e sicurezza di ezetimibe associato a simvastatina è stato lo studio SEAS (Simvastatin and Ezetimibe in Aortic Stenosis), condotto su pazienti affetti da stenosi aortica29. In questo studio, la terapia ipolipemizzante ha ridotto la colesterolemia LDL di circa il 55% e l’incidenza di eventi cardiovascolari ischemici del 22% in confronto al placebo senza un impatto significativo sull’obiettivo primario di natura valvolare30.
In una successiva analisi i pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi in base alla gravità della stenosi aortica (velocità di eiezione aortica al basale <2.8, tra 2.8 e 3.3, e >3.3 m/s). La riduzione della colesterolemia LDL è stata sovrapponibile nei tre terzili, tuttavia nel primo e secondo terzile l’incidenza di eventi cardiovascolari ischemici è stata rispettivamente ridotta del 47% e del 36%, in linea con quanto atteso dalla riduzione della colesterolemia ottenuta (Figura 2) 31. I pazienti nel terzile più avanzato sono invece quelli che non hanno risposto in termini di riduzione di eventi. Tuttavia nello studio SEAS era stato osservato un aumento dell’incidenza di cancro nei pazienti trattati con ezetimibe/simvastatina che aveva generato un allarme nella comunità scientifica e non.



Successivamente, lo studio SHARP (Study of Heart and Renal Protection) ha randomizzato 9270 pazienti con insufficienza renale cronica (3023 in dialisi e 6247 no) e senza storia di infarto del miocardio o rivascolarizzazione coronarica al trattamento con ezetimibe 10 mg in combinazione con simvastatina 20 mg vs placebo32. Come obiettivo primario dello studio è stato considerato il primo evento aterosclerotico maggiore (infarto del miocardio non fatale o mortalità coronarica, ictus non emorragico, qualunque rivascolarizzazione arteriosa). Lo studio ha dimostrato una riduzione dei livelli di colesterolo LDL di 0.85 mmol/l durante un follow-up mediano di 4.9 anni, associata ad una riduzione statisticamente significativa del 17% di eventi aterosclerotici maggiori (526 vs 619, p=0.0021) nei pazienti trattati con simvastatina ed ezetimibe. Tale riduzione di rischio risultava sovrapponibile a quella riportata nella metanalisi della Cholesterol Treatment Trialists’ Collaboration per la terapia statinica 33. Ezetimibe in aggiunta a simvastatina ha inoltre determinato rispetto al placebo una riduzione del 25% del rischio di ictus non emorragico (131 vs 174, p=0.01) e del 21% del rischio di rivascolarizzazione arteriosa (284 vs 352, p=0.036), risultati paragonabili a quelli ottenuti in altri studi sull’efficacia delle statine33. Nello studio SHARP l’incidenza di cancro (438 vs 439, p=0.89) è stata sovrapponibile nei due gruppi di trattamento32.
Recentemente lo studio IMPROVE-IT ha fornito la definitiva evidenza di efficacia clinica dell’impiego di ezetimibe in associazione a statina. Lo studio ha arruolato 18 144 pazienti entro 10 giorni da una sindrome coronarica acuta e con livelli di colesterolo LDL compresi tra 50 e 100 mg/dl nel caso stessero ricevendo terapia ipolipemizzante o tra 50 e 125 mg/dl in caso contrario. I pazienti sono stati randomizzati al trattamento con simvastatina 40 mg e placebo o simvastatina 40 mg ed ezetimibe 10 mg 34. L’obiettivo primario di efficacia è stato un composito di morte cardiovascolare, eventi coronarici maggiori (infarto del miocardio non fatale, angina instabile documentata che richiedeva ospedalizzazione o rivascolarizzazione coronarica almeno 30 giorni dopo la randomizzazione) e ictus non fatale34. Gli obiettivi secondari di efficacia sono stati: 1) il composito di morte per tutte le cause, eventi coronarici maggiori e ictus non fatale; 2) il composito di morte per patologia coronarica, infarto del miocardio non fatale e rivascolarizzazione coronarica urgente almeno 30 giorni dopo la randomizzazione; 3) il composito di morte cardiovascolare, infarto del miocardio non fatale, ospedalizzazione per angina instabile, tutte le rivascolarizzazioni almeno 30 giorni dopo la randomizzazione e ictus non fatale 34. Durante un follow-up mediano di 6 anni, i pazienti randomizzati ad ezetimibe 10 mg e simvastatina 40 mg hanno mostrato una riduzione dei livelli di colesterolo LDL del 24% (pari a 16.7 mg/dl) rispetto a coloro che hanno assunto la sola simvastatina 40 mg, associato ad una riduzione significativa dei livelli di proteina C-reattiva34. L’obiettivo primario è stato riportato nel 32.7% dei pazienti trattati con la terapia di combinazione (2572 eventi) rispetto al 34.7% dei pazienti trattati con la sola simvastatina 40 mg (2742 eventi), determinando una riduzione del rischio assoluto pari al 2% ed un hazard ratio pari a 0.936 (intervallo di confidenza al 95% 0.89-0.99, p=0.016)34, confermata dalla riduzione significativa degli obiettivi secondari prespecificati. In aggiunta, il rischio di infarto del miocardio e quello di ictus ischemico sono risultati significativamente ridotti rispettivamente del 13% e del 21% nei pazienti che hanno assunto ezetimibe/simvastatina (977 infarti del miocardio e 236 ictus ischemici) rispetto a quelli randomizzati a simvastatina (1118 infarti del miocardio e 297 ictus ischemici). Nelle analisi prespecificate dei sottogruppi è stata osservata una interazione significativa con il diabete mellito, ovvero un beneficio clinico più evidente nei soggetti diabetici di tipo 2 che tuttavia partivano da un rischio basale del 50% maggiore rispetto ai pazienti non diabetici. Il rischio di morte cardiovascolare e per tutte le cause è stato equivalente nei due gruppi di studio, così come il rischio di cancro 34.
LE IMPLICAZIONI CLINICHE ED I FUTURI SCENARI TERAPEUTICI DOPO LO STUDIO IMPROVE-IT
Lo studio IMPROVE-IT ha generato rilevanti implicazioni di ordine fisiopatologico e clinico che inevitabilmente saranno incorporate nelle future linee guida. Sul piano patogenetico lo studio fornisce la prima evidenza che una riduzione del colesterolo ottenuta con una terapia non statinica determina lo stesso beneficio della riduzione delle LDL ottenuta con statine. Infatti, l’entità del beneficio osservato con ezetimibe è stata perfettamente consistente con quanto osservato negli studi di intervento con statine, con una paragonabile riduzione di eventi cardiovascolari a fronte di corrispondenti riduzioni dei livelli di colesterolo LDL 33,34. Il secondo aspetto riguarda la dimostrazione, anche questa inedita, che la riduzione dei livelli di LDL ancora più intensiva di quanto raccomandato dalle linee guida europee continui ad associarsi ad una riduzione degli eventi cardiovascolari maggiori. Infatti è da sottolineare che nello studio IMPROVE-IT il valore di colesterolo LDL raggiunto dai pazienti in trattamento con simvastatina era praticamente coincidente con quello raccomandato dalle linee guida europee (intorno a 70 mg/dl) mentre nei pazienti randomizzati alla combinazione si raggiungevano livelli di poco superiori a 50 mg/dl. Questi risultati inevitabilmente spingeranno verso una ulteriore riconsiderazione al ribasso dei valori ottimali di colesterolo LDL nei pazienti in prevenzione secondaria.
Riguardo alle implicazioni clinico-terapeutiche lo studio IMPROVE-IT fornisce un’evidenza rilevante per l’impiego della terapia di combinazione di statine ad alta efficacia (in accordo con le linee guida europee e statunitensi) ed ezetimibe come scelta terapeutica iniziale in una vasta categoria di pazienti dopo sindrome coronarica acuta, ovvero in tutti coloro nei quali è necessaria una riduzione dei livelli di colesterolemia LDL ≥50% rispetto al basale, nei pazienti con insufficienza renale cronica e/o diabete, ed ovviamente nei pazienti intolleranti alle statine. È stato calcolato nella popolazione arruolata nello studio IMPROVE-IT che il numero di pazienti da trattare (NNT) per la durata del follow-up mediano dello studio (circa 6 anni) per evitare un evento cardiovascolare maggiore sia di 50. Tuttavia questo dato tende a sottostimare il beneficio clinico nel mondo reale per almeno due considerazioni: la prima riguarda il livello di rischio relativamente basso dei pazienti arruolati che entravano nello studio con valori di LDL di 95 mg/dl e giungevano a valori di poco superiori ai 50 mg/dl. È prevedibile che nella pratica clinica, applicando la terapia di combinazione a pazienti con valori di colesterolemia più alti e dunque con livelli di rischio maggiore, il NNT risulti inferiore a quello registrato nello studio. In aggiunta, il NNT si riduceva a 38 nell’analisi on-treatment dello studio IMPROVE-IT, nella quale si analizzavano esclusivamente i pazienti che effettivamente assumevano il trattamento previsto. Infine, il calcolo del NNT tiene conto solo del primo evento cardiovascolare nel singolo paziente e non della riduzione degli eventi ricorrenti successivi al primo che si possono generare nel singolo paziente, ovvero del carico complessivo degli eventi clinici che nello studio è stato significativamente ridotto.
In conclusione, il nuovo paradigma terapeutico valutato nello studio IMPROVE-IT ha il potenziale clinico di poter portare ad un livello adeguato di colesterolemia una grande percentuale dei pazienti attualmente non adeguatamente trattati35,36, contribuendo a ridurre il rischio cardiovascolare residuo che ancora segna negativamente la prognosi dopo un episodio di sindrome coronarica acuta.
RIASSUNTO
La relazione tra livelli di colesterolo a lipoproteine a bassa densità (LDL) ed incidenza di eventi cardiovascolari è stata ampiamente studiata. La diffusione della terapia con statine, molecole in grado di ridurre significativamente i livelli di colesterolo LDL, ha determinato un’importante riduzione del rischio cardiovascolare, in particolare nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare. Tuttavia l’impossibilità di raggiungere i livelli target di colesterolo LDL, spesso a causa della scarsa aderenza terapeutica dovuta ad effetti collaterali, ha richiesto la ricerca di nuovi meccanismi di intervento farmacologico alternativi e potenzialmente sinergici alle statine. L’ezetimibe è un inibitore selettivo della proteina di Niemann-Pick C1-like 1 (NPC1L1), coinvolta nel trasporto del colesterolo dietetico dal lume intestinale agli enterociti. L’ezetimibe è stato dimostrato ridurre significativamente i livelli di colesterolo LDL utilizzato in combinazione con statine e sempre nuove evidenze si sovrappongono a favore di un suo ruolo nella riduzione degli eventi cardiovascolari.
Parole chiave. Colesterolo LDL; Ezetimibe; Rischio cardiovascolare; Statine.
bibliografia
1. Burnett JR, Huff MW. Cholesterol absorption inhibitors as a therapeutic option for hypercholesterolaemia. Expert Opin Investig Drugs 2006;15:1337-51.
2. Kruit JK, Groen AK, van Berkel TJ, Kuipers F. Emerging roles of the intestine in control of cholesterol metabolism. World J Gastroenterol 2006;12:6429-39.
3. Iqbal J, Hussain MM. Intestinal lipid absorption. Am J Physiol Endocrinol Metab 2009;296:E1183-94.
4. Yu L, Li-Hawkins J, Hammer RE, et al. Overexpression of ABCG5 and ABCG8 promotes biliary cholesterol secretion and reduces fractional absorption of dietary cholesterol. J Clin Invest 2002;110:671-80.
5. Davis HR Jr, Basso F, Hoos LM, Tetzloff G, Lally SM, Altmann SW. Cholesterol homeostasis by the intestine: lessons from Niemann-Pick C1 Like 1 [NPC1L1). Atheroscler Suppl 2008;9:77-81.
6. Davis HR Jr, Zhu LJ, Hoos LM, et al. Niemann-Pick C1 Like 1 (NPC1L1) is the intestinal phytosterol and cholesterol transporter and a key modulator of whole- body cholesterol homeostasis. J Biol Chem 2004;279:33586-92.
7. Altmann SW, Davis HR Jr, Zhu LJ, et al. Niemann-Pick C1 Like 1 protein is critical for intestinal cholesterol absorption. Science 2004;303:1201-4.
8. Weinglass AB, Kohler M, Schulte U, et al. Extracellular loop C of NPC1L1 is important for binding to ezetimibe. Proc Natl Acad Sci U S A 2008;105:11140-5.
9. Sudhop T, Lütjohann D, Kodal A, et al. Inhibition of intestinal cholesterol absorption by ezetimibe in humans. Circulation 2002;106:1943-8.
10. Ezzet F, Wexler D, Statkevich P, et al. The plasma concentration and LDL-C relationship in patients receiving ezetimibe. J Clin Pharmacol 2001;41:943-9.
11. Catapano AL. The pharmacologic elegance of inhibiting cholesterol absorption and synthesis while providing a homeostatic balance. Fundam Clin Pharmacol 2007;21(Suppl 2):21-6.
12. Morrone D, Weintraub WS, Toth PP, et al. Lipid-altering efficacy of ezetimibe plus statin and statin monotherapy and identification of factors associated with treatment response: a pooled analysis of over 21,000 subjects from 27 clinical trials. Atherosclerosis 2012;223:251-61.
13. Gotto AM Jr, Moon JE. Pharmacotherapies for lipid modification: beyond the statins. Nat Rev Cardiol 2013;10:560-70.
14. Cohen JC, Boerwinkle E, Mosley TH Jr, Hobbs HH. Sequence variations in PCSK9, low LDL, and protection against coronary heart disease. N Engl J Med 2006;354:1264-72.
15. Plenge RM, Scolnick EM, Altshuler D. Validating therapeutic targets through human genetics. Nat Rev Drug Discov 2013;12:581-94.
16. Teslovich TM, Musunuru K, Smith AV, et al. Biological, clinical and population relevance of 95 loci for blood lipids. Nature 2010;466:707-13.
17. Krawczak M, Reiss J, Cooper DN. The mutational spectrum of single base-pair substitutions in mRNA splice junctions of human genes: causes and consequences. Hum Genet 1992;90:41-54.
18. Stitziel NO, Won HH, Morrison AC, et al.; Myocardial Infarction Genetics Consortium Investigators. Inactivating mutations in NPC1L1 and protection from coronary heart disease. N Engl J Med 2014;371:2072-82.
19. Lauridsen BK, Stender S, Frikke-Schmidt R, Nordestgaard BG, Tybjærg-Hansen A. Genetic variation in the cholesterol transporter NPC1L1, ischaemic vascular disease, and gallstone disease. Eur Heart J 2015;36:1601-8.
20. Ference BA, Majeed F, Penumetcha R, Flack JM, Brook RD. Effect of naturally random allocation to lower low-density lipoprotein cholesterol on the risk of coronary heart disease mediated by polymorphisms in NPC1L1, HMGCR, or both: a 2 x 2 factorial Mendelian randomization study. J Am Coll Cardiol 2015;65:1552-61.
21. Catapano AL, Ference BA. IMPROVE-IT and genetics reaffirm the causal role of LDL in cardiovascular disease. Atherosclerosis 2015;241:498-501.
22. Cohen JC, Stender S, Hobbs HH. APOC3, coronary disease, and complexities of Mendelian randomization. Cell Metab 2014;20:387-9.
23. Cohen JC, Pertsemlidis A, Fahmi S, et al. Multiple rare variants in NPC1L1 associated with reduced sterol absorption and plasma low-density lipoprotein levels. Proc Natl Acad Sci U S A 2006;103:1810-5.
24. Fahmi S, Yang C, Esmail S, Hobbs HH, Cohen JC. Functional characterization of genetic variants in NPC1L1 supports the sequencing extremes strategy to identify complex trait genes. Hum Mol Genet 2008;17:2101-7.
25. Berge KE, Tian H, Graf GA, et al. Accumulation of dietary cholesterol in sitosterolemia caused by mutations in adjacent ABC transporters. Science 2000;290:1771-5.
26. Arimura T, Miura S, Ike A, et al. Comparison of the efficacy and safety of statin and statin/ezetimibe therapy after coronary stent implantation in patients with stable angina. J Cardiol 2012;60:111-8.
27. Bays HE, Averna M, Majul C, et al. Efficacy and safety of ezetimibe added to atorvastatin versus atorvastatin uptitration or switching to rosuvastatin in patients with primary hypercholesterolemia. Am J Cardiol 2013;112:1885-95.
28. Bozzetto L, Annuzzi G, Corte GD, et al. Ezetimibe beneficially influences fasting and postprandial triglyceride-rich lipoproteins in type 2 diabetes. Atherosclerosis 2011;217:142-8.
29. Rossebø AB, Pedersen TR, Allen C, et al. Design and baseline characteristics of the Simvastatin and Ezetimibe in Aortic Stenosis (SEAS) study. Am J Cardiol 2007;99:970-3.
30. Rossebø AB, Pedersen TR, Boman K, et al.; SEAS Investigators. Intensive lipid-lowering with simvastatin and ezetimibe in aortic stenosis. N Engl J Med 2008;359:1343-56.
31. Holme I, Boman K, Brudi P, et al. Observed and predicted reduction of ischemic cardiovascular events in the Simvastatin and Ezetimibe in Aortic Stenosis trial. Am J Cardiol 2010;105:1802-8.
32. Baigent C, Landray MJ, Reith C, et al.; SHARP Investigators. The effects of lowering LDL cholesterol with simvastatin plus ezetimibe in patients with chronic kidney disease (Study of Heart and Renal Protection): a randomised placebo-controlled trial. Lancet 2011;377:2181-92.
33. Baigent C, Blackwell L, Emberson J, et al.; Cholesterol Treatment Trialists’ (CTT) Collaboration. Efficacy and safety of more intensive lowering of LDL cholesterol: a meta-analysis of data from 170,000 participants in 26 randomised trials. Lancet 2010;376:1670-81.
34. Cannon CP, Blazing MA, Giugliano RP, et al.; IMPROVE-IT Investigators. Ezetimibe added to statin therapy after acute coronary syndromes. N Engl J Med 2015;372:2387-97.
35. Perrone-Filardi P, Poli A, Ambrosio G, Proto C, Chimini C, Chiariello M. Implementation of cardiovascular secondary prevention guidelines in clinical practice: a nationwide survey in Italy. Nutr Metab Cardiovasc Dis 2012;22:149-53.
36. Perrone Filardi P, Paolillo S, Trimarco B. Controllo lipidico in pazienti ad elevato rischio cardiovascolare: focus sull’inibizione di PCSK9. G Ital Cardiol 2015;16:44-51.