In questo numero

processo ai grandi trial





Il futuro prossimo dell’elettrostimolazione: il pacemaker senza fili
Sebbene i pacemaker tradizionali contribuiscano a migliorare la qualità di vita del paziente e possano anche prolungarla, da tempo medici e pazienti sperano che si renda disponibile un pacemaker che non richieda un’antiestetica tasca chirurgica che può limitare i movimenti del paziente e che può essere soggetta ad infezioni. Medici e pazienti sono interessati ad una soluzione che elimini gli elettrocateteri, soggetti, in rari casi, a malfunzionamenti o dislocazione. La tecnologia di rilascio ed ancoraggio alla parete muscolare del ventricolo destro da parte del pacemaker “senza fili” ( leadless) è particolarmente attraente in quanto ovvia, per sua natura, a molte delle complicanze comunemente osservate con la tecnologia tradizionale. In questo numero del Giornale Domenico Grieco, Leonardo Calò e Riccardo Cappato commentano due studi multicentrici, lo studio LEADLESS II ed il più recente studio Micra. Lo studio LEADLESS II è stato finalizzato ad offrire evidenze sufficienti in termini di sicurezza ed efficacia. Nella maggior parte dei pazienti, il pacemaker cardiaco leadless si è dimostrato in grado di soddisfare i requisiti prespecificati di stimolazione e sensing. Eventi avversi gravi correlati al dispositivo si sono verificati in circa un paziente su 15. Nello studio Micra di confronto vs dati storici, il pacemaker transcatetere si è dimostrato in grado di soddisfare gli obiettivi prespecificati di sicurezza ed efficacia, con un profilo di sicurezza simile a quello di un sistema transvenoso a fronte di soglie di stimolazione più basse e stabili. In entrambi gli studi le percentuali riportate di sicurezza ed efficacia superavano i limiti predefiniti come irrinunciabili per consentire l’approvazione dei due nuovi sistemi all’impiego nella pratica clinica. Grieco e Calò pongono l’accento sul fatto che, almeno sino all’acquisizione di una sufficiente esperienza e al completamento della curva di apprendimento nella prima serie di pazienti, al fine di limitare le possibili complicanze, si potrebbero individuare delle controindicazioni all’impianto di un pacemaker leadless. Cappato sottolinea il fatto che i sistemi leadless introdotti in questi due studi non sono scevri da rischi anche gravi e che la possibilità del loro manifestarsi deve essere pesata in rapporto al beneficio aggiuntivo che essi possono apportare al singolo paziente rispetto ai metodi tradizionali nella scelta individuale. •

editoriali e linee guida





La ricerca italiana sulla sindrome Takotsubo
La sindrome Takotsubo è un’entità clinica caratterizzata da una disfunzione del ventricolo sinistro, di solito transitoria, che si manifesta con sintomi che possono simulare una sindrome coronarica acuta, incluso l’infarto miocardico. Le cause di questa sindrome non sono ancora chiare. È stato ipotizzato il ruolo del calo di estrogeni (la malattia si presenta soprattutto nel genere femminile) e un conseguente danno endoteliale; è stata studiata l’importanza della disfunzione del microcircolo coronarico mediata dalle catecolamine del sistema simpatico ed è stata evidenziata la presenza, nell’anamnesi di molti dei soggetti colpiti, di un prolungato ed intenso stress emotivo. I criteri clinici sono stati riformulati in considerazione di quelli proposti dalla Mayo Clinic modificati nel 2008, di quelli proposti da autori giapponesi, svedesi e dal Takotsubo Italian Network (TIN). Questi criteri sono stati rivisti e rieditati per generare i nuovi criteri della Heart Failure Association della Società Europea di Cardiologia (ESC). Tra le novità dell’algoritmo diagnostico proposto è opportuno sottolineare l’importanza della coronarografia per escludere i pazienti con una sindrome coronarica acuta secondaria ad aterosclerosi coronarica. L’algoritmo diagnostico prevede, per i casi in cui la diagnosi sia rimasta incerta nonostante la valutazione della presentazione clinica e dei consueti esami strumentali e laboratoristici, di ricorrere all’utilizzo nel follow-up di metodiche di imaging (ecocardiografia, risonanza magnetica con “late gadolinium enhancement”) per verificare il completo recupero della funzione miocardica e della morfologia ventricolare e quindi confermare la diagnosi in maniera definitiva. Sono necessari trial randomizzati al fine di identificare la migliore strategia diagnostica, i migliori parametri per la stratificazione del rischio e codificare i percorsi terapeutici più opportuni. Rodolfo Citro et al. riassumono e commentano le novità derivate da una Task Force dell’ESC sulla sindrome Takotsubo con particolare riferimento a quello che è stato il contributo della ricerca italiana nella stesura di un position paper della stessa Task Force. •





Novità in tema di sindromi coronariche acute: le più recenti raccomandazioni ESC
Nel corso degli ultimi dieci anni è diventato chiaro che i pazienti con sindromi coronariche acute senza sopraslivellamento del tratto ST presentano esiti clinici molto diversi, e molto lavoro è stato fatto per definire gli elementi clinici in grado di predire individualmente gli esiti peggiori. In questo numero del Giornale vengono riportate le più recenti linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) per il trattamento delle sindromi coronariche acute nei pazienti senza sopraslivellamento persistente del tratto ST alla presentazione (SCA-NSTE). In un editoriale, Leonardo De Luca e Leonardo Bolognese sintetizzano in 5 punti le principali novità di queste linee guida. Una prima importante novità risiede nella proposta di un algoritmo di rapida diagnosi/esclusione di infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) basato sull’utilizzo della troponina ad alta sensibilità (hs-cTn) ad 1h dal primo contatto medico. Le nuove linee guida raccomandano di valutare la hs-cTn anche ad 1h consentendo una diagnosi di inclusione/esclusione ancor più rapida, riducendo potenzialmente i costi, senza compromettere il valore diagnostico predittivo negativo (>98%) e positivo (75-80%). Sul piano della valutazione del rischio, la novità delle attuali linee guida è la menzione di nuovi validati score di rischio come il GRACE 2.0, che semplifica la valutazione del rischio rispetto al GRACE convenzionale e fornisce una stima diretta del rischio di morte/infarto miocardico a 6 mesi, 1 e 3 anni. In tema di approccio invasivo alla SCA-NSTE, sono apparentemente cambiati i criteri per la selezione dei pazienti alla strategia invasiva rispetto al 2011. Di fatto, si è passati da criteri primari o secondari di alto rischio (nel 2011) a criteri clinici di altissimo, alto, intermedio e basso rischio. Per i pazienti a rischio alto e intermedio, mentre nel 2011 la valutazione era basata sul rischio valutato con il GRACE score ed almeno un criterio primario di alto rischio, le nuove linee guida pongono sullo stesso piano i criteri di rischio clinico e lo score del GRACE. La maggiore novità di queste linee guida è legata alle terapie antitrombotiche e alla doppia terapia antiaggregante (DAPT) in particolare. Le nuove linee guida non esprimono una chiara raccomandazione o preferenza sulla tempistica di somministrazione della DAPT, con l’eccezione della somministrazione precoce di prasugrel, a cui è stata attribuita una raccomandazione di classe III dopo i risultati del trial ACCOAST. In tema di prevenzione secondaria, due sono le novità: per la prima volta si attribuisce una raccomandazione di classe IIb (livello di evidenza A) all’aggiunta di un inibitore del recettore piastrinico P2Y 12 all’aspirina oltre 1 anno di terapia; ed infine è stata attribuita una raccomandazione di classe IIa (livello di evidenza B) all’aggiunta di un agente non statinico (ezetimibe) nei pazienti con livelli di colesterolo LDL ≥70 mg/dl, nonostante la massima dose di statina tollerata. •

rassegne





Cardiomiopatia Takotsubo: quali le evidenze?
La cardiomiopatia Takotsubo è stata descritta per la prima volta nel 1991 ed è caratterizzata da una disfunzione ventricolare sinistra transitoria che colpisce più di un territorio coronarico, spesso con distribuzione circonferenziale dei segmenti apicali, medi o basali. L’American Heart Association la definisce come una cardiomiopatia primitiva e acquisita, mentre la Società Europea di Cardiologia la ritiene una forma non familiare e non classificabile tra le altre cardiomiopatie classiche. Persino la nomenclatura di tale cardiomiopatia non è univoca; le definizioni vanno da “cardiomiopatia Takotsubo” a “cardiomiopatia da stress”, da “apical ballooning syndrome” a “sindrome del cuore infranto”. La rassegna di Francesco Santoro et al. si propone di descrivere la classificazione diagnostica, la prognosi a breve e medio termine, i fattori precipitanti, la classificazione in forme primarie e secondarie, le possibili terapie farmacologiche della cardiomiopatia Takotsubo. •

Articolo del mese





NSTEMI non rivascolarizzato: fondamentale l’ottimizzazione della terapia farmacologica
È noto che la rivascolarizzazione miocardica migliora la prognosi nei pazienti con infarto miocardico senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI), sia in termini di mortalità sia di morbilità. Le attuali linee guida raccomandano nei pazienti a rischio elevato ed intermedio l’utilizzo routinario della coronarografia entro 24-72h dalla diagnosi, seguito dalla rivascolarizzazione coronarica quando indicata. Nonostante queste evidenze e le raccomandazioni delle linee guida, nel mondo reale un grande numero di pazienti con NSTEMI viene trattato con la sola terapia medica, vale a dire senza rivascolarizzazione coronarica. I fattori che condizionano la decisione di sottoporre o meno un paziente a strategia invasiva sono molteplici e comprendono fattori clinici, demografici, istituzionali ed economici. I pazienti con NSTEMI trattati in maniera conservativa possono essere suddivisi in tre gruppi eterogenei tra loro: pazienti non sottoposti a coronarografia, pazienti sottoposti a coronarografia con coronarie esenti da aterosclerosi significativa ed infine pazienti con coronaropatia significativa per i quali si decide di non eseguire procedure di rivascolarizzazione coronarica. In questa rassegna, Alberto Menozzi et al. analizzano in modo dettagliato queste tre categorie di pazienti. Gli autori pongono l’accento sull’utilizzo della duplice antiaggregazione piastrinica in una più ampia percentuale di pazienti trattati con strategia conservativa rispetto alla pratica clinica attuale. A questo scopo, le informazioni fornite della coronarografia, seppur quando non seguita da rivascolarizzazione miocardica, possono risultare utili anche al fine di ottimizzare la terapia farmacologica. I farmaci utilizzabili in associazione all’aspirina sono clopidogrel e ticagrelor. I dati di letteratura dimostrano che questa popolazione è frequentemente sottotrattata dal punto di vista farmacologico, in particolare per quanto riguarda la terapia antiaggregante; vi è quindi la necessità di implementare la corretta gestione di questi pazienti, inclusa la scelta di un trattamento antitrombotico adeguato, dopo un attento bilanciamento del rischio ischemico ed emorragico. •

dal particolare al generale





Un caso di sindrome Takotsubo: importanza della presenza di ostruzione del tratto di efflusso
La sindrome Takotsubo è una sindrome cardiaca acuta caratterizzata da sintomi e alterazioni elettrocardiografiche del tutto simili a quelli di un infarto acuto del miocardio, rilascio in piccole quantità di enzimi cardiaci ma coronarie indenni all’esame angiografico. La patogenesi della sindrome Takotsubo non è ancora ben definita; la rilevanza e il peso specifico dei vari meccanismi fisiopatologici proposti, possono variare da caso a caso. Rodolfo Pino et al. descrivono un caso di una paziente ricoverata in Unità Coronarica per pre-sincope e persistente ipotensione, nella quale viene fatta diagnosi di sindrome Takotsubo con concomitante severa ostruzione dinamica del tratto di efflusso del ventricolo sinistro e severo rigurgito mitralico. Da questo caso clinico, gli autori traggono spunto per l’approfondimento del possibile ruolo dell’ostruzione dinamica del tratto di efflusso del ventricolo sinistro nella patogenesi della sindrome Takotsubo (causa o effetto?), e delle indicazioni e controindicazioni terapeutiche in pazienti con quadri clinici e fisiopatologici dominati da tale condizione emodinamica. •