In questo numero

processo ai grandi trial





Lo studio COMPASS

Lo studio COMPASS, trial clinico di fase III, ha valutato se l’impiego di rivaroxaban da solo o in associazione ad aspirina fosse più efficace della sola aspirina nella prevenzione secondaria degli eventi cardiovascolari nei pazienti affetti da coronaropatia stabile e arteriopatia periferica stabile. Lo studio è stato interrotto precocemente in considerazione della superiorità emersa nel gruppo randomizzato a rivaroxaban (2.5 mg bid) in associazione ad aspirina (100 mg/die) vs rivaroxaban da solo (5 mg bid) o aspirina da sola (100 mg/die) nella riduzione dell’endpoint primario composito costituito da morte cardiovascolare, ictus e infarto miocardico, nonostante un incremento degli eventi emorragici maggiori (ma non fatali e intracranici) rispetto al trattamento con sola aspirina. Secondo Paolo Calabrò e Felice Gragnano il COMPASS è uno studio innovativo, i cui risultati sono applicabili ai pazienti del mondo reale. Viene però sottolineato che la popolazione arruolata non è particolarmente anziana (età media circa 68 anni), tanto che nei pazienti ≥75 anni si perde la superiorità dell’efficacia ed aumentano i sanguinamenti maggiori. Inoltre tra gli arruolati le donne, generalmente di basso peso corporeo e quindi a più alto rischio emorragico, sono poco rappresentate (22% circa). Non sono stati inoltre arruolati i soggetti ad elevato rischio emorragico, con recente ictus, pregressa emorragia intracranica, insufficienza renale severa, scompenso cardiaco avanzato, in duplice terapia antiaggregante o in terapia anticoagulante. Il COMPASS offre comunque una possibilità di trattamento per la riduzione del rischio cardiologico residuo, ma tale opzione terapeutica va valutata nel singolo paziente, soprattutto in base al profilo di rischio emorragico presentato. Anche secondo Luigi Oltrona Visconti per l’applicabilità del trial nel mondo reale occorre una selezione di una specifica popolazione, che possa giovarsi più di altre dell’associazione di un farmaco antipiastrinico con un farmaco anticoagulante. E comunque ci si chiede se la combinazione di aspirina e di basse dosi di rivaroxaban verrà riconosciuta come strumento di prevenzione secondaria economicamente sostenibile, considerata la sua efficacia nel prevenire gli eventi vascolari al prezzo di un eccesso di sanguinamenti. •

editoriale





Appropriatezza all’impianto di defibrillatore

È possibile prendere decisioni complesse come quella dell’impianto di un defibrillatore (ICD) nel paziente con scompenso cardiaco solo sulla base di un numero magico (frazione d’eiezione ventricolare sinistra)? È innegabile che questo è quello che spesso avviene nella pratica clinica. Marcello Disertori, pioniere dell’elettrofisiologia ma contemporaneamente esperto cardiologo clinico, ci stimola a riflettere, sottolineando la necessità di una valutazione poliparametrica nella stratificazione del rischio di morte improvvisa per l’indicazione all’impianto di ICD in prevenzione primaria nello scompenso cardiaco. L’editoriale analizza criticamente lo studio DANISH, un trial clinico randomizzato in era moderna sull’impiego dell’ICD nello scompenso, e la recente pubblicazione dei dati che indicano una significativa riduzione del rischio di morte improvvisa nello scompenso con il miglioramento della terapia farmacologica. Migliorare l’appropriatezza all’indicazione all’ICD nel singolo paziente è possibile e questo editoriale costituisce un utile contributo alla causa. •

dieci quesiti in tema di...





...Embolia polmonare

Interrogare Google o Wikipedia non sempre permette di ottenere risposte a tutte le domande! Ci sono patologie particolarmente complesse e variegate tanto nella loro presentazione clinica quanto nelle loro ripercussioni prognostiche per le quali anche i documenti e le raccomandazioni ufficiali delle Società Scientifiche possono non risultare pienamente esaurienti nel supportare il medico nella sua attività quotidiana. Esempio paradigmatico di queste patologie è senz’altro l’embolia polmonare che ha manifestazioni cliniche assai variabili, richiede un’accurata stratificazione prognostica all’esordio per ottimizzare il triage, il trattamento e conseguentemente l’outcome, necessita di durata variabile della terapia anticoagulante orale e non è ancora dotata di un percorso del tutto codificato per la gestione della fase successiva alla dimissione. In questa rassegna di Cecilia Becattini et al. vengono identificati 10 interrogativi chiave sulla gestione del paziente con embolia polmonare e vengono fornite le corrispondenti risposte per affrontare al meglio le insidie di questa frequente ma sfuggente patologia. •

pdta in cardiologia





L’appropriatezza ovvero fare solo ciò che serve

Quella dell’appropriatezza è una delle grandi sfide in un’epoca in cui al sottoutilizzo degli esami diagnostici è subentrato il sovrautilizzo, con ridondanza di indagini e referti, interpretazioni spesso fuorvianti, peregrinazione del paziente, spesso sottoposto ad inutili rischi aggiuntivi, e lievitazione dei costi. Guerrino Zuin et al. presentano un documento elaborato dall’ANMCO Regione Veneto nel tentativo di mettere ordine tra gli esami richiesti nel follow-up di pazienti ipertesi, con cardiopatia ischemica cronica, scompenso cardiaco o fibrillazione atriale. Vengono presi in esame singolarmente gli esami più frequentemente proposti dei quali viene discusso il possibile ruolo durante il follow-up. Viene presentato anche un iniziale tentativo di testare l’appropriatezza dei comportamenti prescrittivi e quindi l’aderenza dei cardiologi veneti e degli altri prescrittori alle raccomandazioni elaborate. •

rassegne





Lo scompenso cardiaco nella Terra di Mezzo

Le linee guida europee sullo scompenso cardiaco del 2016 hanno modificato la storica classificazione basata sulla frazione di eiezione (FE) (ridotta, FE <40% o preservata, FE ≥50%) con l’introduzione della categoria del “mid-range” (FE 40-49%) che ha stimolato molti commenti ed analisi retrospettive finalizzate ad identificare le caratteristiche di questa nuova categoria di pazienti. Donato Mele et al. hanno realizzato una rassegna ampia e aggiornata che ha il pregio di fare il punto su questa “Terra di Mezzo”, come l’hanno definita, che rappresenta circa un quinto dei pazienti con scompenso cardiaco cronico, è eterogenea per quanto riguarda caratteristiche epidemiologiche e fisiopatologiche ed è veramente un’area di transizione se si considera che dopo 12 mesi più della metà dei pazienti modificano la FE, in due terzi dei casi in senso migliorativo e in un terzo evolvendo verso una forma franca di disfunzione sistolica. •





Come stimare la volemia in maniera non invasiva

Nella gestione dello scompenso cardiaco acuto la stima della volemia è fondamentale e il “gold standard” per la sua definizione è la valutazione della pressione atriale sinistra misurata con la pressione di incuneamento capillare polmonare durante cateterismo cardiaco destro. Paola Ciancetta et al., partendo dalla constatazione che il monitoraggio invasivo è poco utilizzato nella pratica clinica, propongono un’ampia rassegna sulle modalità utilizzate per stimare la volemia in maniera non invasiva, dalla valutazione clinica, a quella radiologica, ecocardiografica, al ruolo dei biomarcatori e della bioimpedenziometria. Partendo dal classico rettangolo di Nohria, che inquadra i pazienti in base alla congestione venosa e alla perfusione periferica, gli autori forniscono un efficace contributo alla pratica clinica definendo quando e come devono essere somministrati liquidi, diuretici, inotropi, vasopressori, vasodilatatori, e dedicano un paragrafo alle indicazioni al supporto meccanico. •

studio osservazionale





Segnalazione di reazioni avverse ai farmaci: problema di volontà o obbligo deontologico?

La mancata segnalazione di reazioni avverse ai farmaci è di notevole importanza, considerando il fatto che sono causa solo in Europa di circa il 5% di tutti i ricoveri ospedalieri. A tal proposito, dopo l’immissione in commercio dei farmaci, vengono condotti studi di sorveglianza post-marketing, proprio perché spesso per il verificarsi degli eventi avversi sono necessari un tempo lungo e l’esposizione di migliaia di pazienti. Ma le segnalazioni spontanee, ovvero comunicazioni fatte da operatori sanitari o da cittadini alle autorità regolatorie, rappresentano il sistema di sorveglianza più semplice e veloce da utilizzare. Per contro spesso si assiste ad un under-reporting di tali eventi. In questo studio osservazionale Anna Patrignani et al. hanno analizzato la mancata segnalazione di reazione avverse gravi nell’impiego dei nuovi anticoagulanti orali, farmaci che sono oggetto di monitoraggio periodico addizionale e per i quali l’attenzione dovrebbe essere massima. Paradossalmente hanno identificato in maniera retrospettiva alcuni eventi gravi, talora fatali o minacciosi per la vita. Le cause che possono contribuire a segnalazioni assenti o di scarsa qualità sono molteplici, ma riconducibili al carattere intrinseco di volontarietà dei sistemi di segnalazione spontanea. Per i medici si tratta però di un obbligo deontologico e pertanto le procedure di segnalazione di reazioni avverse ai farmaci dovrebbero essere sempre eseguite, rese semplici e di facile accesso. •

casi clinici





Come trattare una dissezione carotidea sintomatica

Alfredo Fede et al. riportano il caso di trattamento endovascolare di una dissezione carotidea sintomatica in un giovane paziente di 47 anni. Gli autori dopo un’attenta analisi dei dati di letteratura suggeriscono criteri per la selezione del paziente a cui offrire un trattamento endovascolare della lesione carotidea, al posto della sola terapia medica. Necessario per ottenere un buon risultato è la selezione di un team con expertise nel trattamento di lesioni dei tronchi sovra-aortici, che conosca tutti i rischi legati al trattamento di un così delicato distretto vascolare. •





Mission impossible: disostruzione di CTO in corso di sindrome coronarica acuta

La disostruzione delle occlusioni croniche totali (CTO) rappresenta una delle sfide più difficili da affrontare per il cardiologo interventista a causa dei lunghi tempi procedurali e dell’alto rischio di insuccesso legati alla composizione della placca aterosclerotica, spesso con calcificazioni e quindi anche all’alto rischio di rottura del vaso. Tuttavia Francesco Gallo et al. presentano un caso di disostruzione di una CTO in un paziente in shock cardiogeno in corso di sindrome coronarica acuta, procedendo con angioplastica della CTO del ramo interventricolare anteriore attraverso un graft di vena safena. •