Presentazione

Cari Lettori,

con questo secondo Supplemento del Giornale Italiano di Cardiologia curato dalla Società Italiana di Cardiologia Interventistica (SICI-GISE) nel 2018 riproponiamo lo schema editoriale presentato nel primo numero. Dopo aver trattato i sistemi di assistenza meccanica al circolo, abbiamo identificato un secondo argomento di ampio respiro clinico che farà da “fil rouge” a questo secondo Supplemento, nella speranza che esso possa incontrare l’interesse del nostro ampio pubblico di lettori esperti in medicina cardiovascolare, sia interventisti che non.

Il focus è su cardiopatia ischemica cronica e rivascolarizzazione miocardica. In un’era cardiologica in cui prepotentemente si affacciano tematiche estremamente innovative inerenti alla cardiopatia strutturale, tale argomento può sembrare relativamente “démodé”. Tuttavia non dobbiamo dimenticare che la cardiopatia ischemica rappresenta ancora la patologia maggiormente prevalente nella pratica clinica quotidiana di cardiologi e cardiochirurghi ed è per questo che è importante tenersi aggiornati sulle nuove evidenze scientifiche per avere sempre un approccio consapevole alla malattia e garantire ai nostri pazienti il più alto standard di cure.

Ripercorrendo lo schema logico proposto nel primo numero, ancora una volta inizieremo la trattazione dell’argomento partendo dalle indicazioni cliniche contenute nelle linee guida, illustrando poi le nuove evidenze derivate dai più recenti trial clinici e riportando, tramite le opinioni degli esperti, diverse chiavi di lettura dell’argomento; si passerà poi ad una rassegna di aspetto più squisitamente tecnico che offra spunti pratici per i cardiologi interventisti, e per concludere si calerà la teoria nella pratica clinica quotidiana tramite l’analisi di uno scenario clinico paradigmatico.

Nel primo articolo, Giulio Stefanini et al. sintetizzano le novità delle ultime linee guida sulla rivascolarizzazione miocardica pubblicate dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) in collaborazione con l’Associazione Europea di Chirurgia Cardio-Toracica (EACTS), soffermandosi sulle indicazioni alla rivascolarizzazione, sulle scelta tra angioplastica (PCI) e bypass aortocoronarico, nonché analizzando le raccomandazioni relative agli aspetti tecnici dell’una e dell’altro, per passare poi a considerazioni relative alla farmacoterapia e al follow-up dei pazienti rivascolarizzati.

Con il secondo articolo ci pregiamo di avere fra i nostri autori una voce autorevole nel panorama internazionale della ricerca scientifica cardiologica: Rasha Al-Lamee, primo autore del trial ORBITA pubblicato a fine 2017 su Lancet, offre ai nostri lettori un commento editoriale ai risultati del trial e alle controversie che esso ha sollevato nell’ambito dell’opinione scientifica. Come è noto il trial ORBITA, primo nel suo genere, si è posto lo spinoso obiettivo di confrontare in doppio cieco gli effetti benefici della PCI rispetto ad una procedura placebo (simulazione di PCI).

Nell’editoriale a seguire, a cura di Carlo Di Mario, viene fornita un’ulteriore lettura critica dei dati del trial ORBITA, sottolineando come i suoi risultati siano stati a volte strumentalizzati per delle inutili polemiche fra “interventisti” e “non interventisti”. Quello che emerge è che la correlazione tra la risoluzione di una stenosi coronarica serrata e la remissione dai sintomi è sicuramente più complessa di quanto potessimo pensare.

Il quarto articolo è strutturato come una controversia relativamente al ruolo dell’Heart Team nella selezione della miglior strategia terapeutica per i pazienti affetti da cardiopatia ischemica cronica. Secondo il parere della cardiochirurga Lucia Torracca, l’atteggiamento più vantaggioso è quello di discutere collegialmente la maggior parte dei casi clinici. Di parere differente il gruppo di cardiologia interventistica di Catania guidato da Corrado Tamburino che, ricalcando le ultime linee guida, analizza diversi potenziali scenari clinici ed anatomici in ambito di coronaropatia stabile suggerendo come poter limitare, con giusto discernimento, il ricorso effettivo alle discussioni in Heart Team, evitando laddove possibile ingiustificati rallentamenti del processo decisionale ed un aumento riflesso dei costi sociali e sanitari.

Il quinto articolo ha un sapore più tecnico ed è pensato per i cardiologi interventisti, giovani e meno giovani, che vogliano imparare o rinfrescare i “trucchi del mestiere”: Antonio Colombo ed i suoi allievi ci elencano in dettaglio tutti gli accorgimenti tecnici che permettono di eseguire una buona PCI, passando in rassegna le innovazioni tecnologiche, le differenti tecniche operative e rammentando l’importanza dell’utilizzo della diagnostica intravascolare.

Infine, l’articolo di Annunziata Nusca et al. descrive un caso clinico di ricorso ad una strategia “ibrida” per il conseguimento di una rivascolarizzazione miocardica completa nel paziente anziano fragile.

Buona lettura,

Chiara Fraccaro

Deputy Editor