Strategie farmacologiche pre- e post-angioplastica
coronarica nel contesto delle sindromi coronariche
acute nei pazienti in terapia anticoagulante orale

Antonio Gabriele Franchina, Davide Capodanno

Divisione di Cardiologia, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Policlinico-Vittorio Emanuele”, Università degli Studi, Catania

In patients with atrial fibrillation (AF) who undergo an acute coronary syndrome (ACS), with or without percutaneous coronary intervention and coronary stent implantation, the association of dual antiplatelet therapy with an oral anticoagulant (also known as triple antithrombotic therapy, TAT) increases the risk for major and fatal bleeding. Recently, several trials have evaluated alternative therapeutic regimens to TAT, such as dual antithrombotic therapy (DAT) comprising a direct oral anticoagulant and a platelet P2Y12 receptor inhibitor. In the context of patients treated with percutaneous coronary intervention, these regimens have generally been associated with a reduction in bleeding that was not accompanied by a substantial increase in ischemic events. However, the net benefit of DAT is more controversial in the case of patients at higher thrombotic risk, such as patients with ACS. This review, based on the available literature, describes the best peri-procedural and post-procedural antithrombotic strategies for patients with AF and ACS.

Key words. Acute coronary syndrome; Atrial fibrillation; Dual antiplatelet therapy; Oral anticoagulation; Percutaneous coronary intervention; Triple antithrombotic therapy.

INTRODUZIONE

La duplice antiaggregazione piastrinica (DAPT) con acido acetilsalicilico (più comunemente noto come aspirina) ed un inibitore del recettore P2Y12 è indicata per la prevenzione degli eventi aterotrombotici nei pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica (PCI) e in quelli con sindrome coronarica acuta (SCA)1. Se un paziente con SCA si presenta con fibrillazione atriale (FA) necessita però anche di terapia anticoagulante orale (TAO) al fine di prevenire il rischio di embolie cerebrovascolari e sistemiche2. L’associazione di DAPT e TAO, anche nota come triplice terapia antitrombotica (TAT), aumenta il rischio di emorragie maggiori e fatali rispetto all’assunzione separata della terapia antiaggregante e di quella anticoagulante3. Quattro studi condotti nell’era degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) hanno recentemente paragonato un regime meno intenso di duplice terapia antitrombotica (DAT) con DOAC e inibitore del recettore P2Y12 (generalmente clopidogrel) con un regime di TAT mediante antagonisti della vitamina K (AVK), inibitore del recettore P2Y12 ed aspirina4-7. Complessivamente, questi studi hanno dimostrato in maniera convincente che la DAT con DOAC riduce il rischio di sanguinamento rispetto alla TAT con AVK. Occorre però osservare che la maggior parte dei pazienti arruolati era candidata a terapia antipiastrinica per via dell’esecuzione di una recente PCI. Quanto questi risultati siano applicabili al contesto specifico della SCA (con o senza PCI) è un aspetto meno discusso e potenzialmente più controverso. I pazienti con SCA presentano infatti un rischio trombotico mediamente più alto e specifiche problematiche di trattamento8. Lo scopo di questa rassegna è di descrivere le migliori strategie antitrombotiche per i pazienti con SCA che assumono TAO. Anche se la TAO può essere utilizzata in svariate altre circostanze (es. protesi valvolari meccaniche, tromboembolia polmonare) nei prossimi paragrafi si farà più comunemente riferimento ai pazienti con SCA che si trovano in TAO nel contesto della circostanza più comune e più indagata, ovvero la FA.

FIBRILLAZIONE ATRIALE E TERAPIA ANTICOAGULANTE ORALE

La FA interessa oltre 2 milioni di persone negli Stati Uniti ed oltre 4 milioni in Europa9. La malattia coronarica (CAD) coesiste nel 18-47% dei pazienti con FA10-14. La superiorità della TAO rispetto alla terapia antiaggregante nel prevenire gli eventi cardioembolici è ben nota15,16. Tale superiorità deriva dalla natura fibrino-mediata del trombo che si forma nelle cavità atriali, in un’area di basso “stress tangenziale”17. Secondo le linee guida europee per la FA, nel caso dei pazienti con FA ad alto rischio di eventi cardioembolici (CHA2DS2-VASc score ≥2 per gli uomini e ≥3 per le donne), la TAO è raccomandata con classe di raccomandazione I18. Le opzioni farmacologiche includono gli AVK (warfarin o acenocumarolo), ed i DOAC (dabigatran, rivaroxaban, apixaban ed edoxaban). Le linee guida europee per la DAPT, la PCI e le sindromi coronariche croniche19-21, in linea con i più recenti documenti di consenso di esperti nord-americani ed europei22,23, concordano nel raccomandare i DOAC come farmaci di prima linea rispetto agli AVK nei pazienti con FA candidati a TAO, e in quelli che con gli AVK non rimangono per un tempo adeguato entro il margine terapeutico.

SINDROMI CORONARICHE ACUTE E TERAPIA ANTIAGGREGANTE

Secondo le linee guida europee, i pazienti con SCA devono ricevere 12 mesi di DAPT con aspirina ed un inibitore del recettore piastrinico P2Y12, seguito da un regime cronico di aspirina1. I pazienti sottoposti a PCI con impianto di stent devono assumere la DAPT preferenzialmente con prasugrel o ticagrelor, mentre clopidogrel rappresenta un’opzione di seconda scelta. Nel caso dei pazienti la cui SCA viene gestita con la sola terapia medica, ovvero senza ricorso ad alcuna procedura di rivascolarizzazione, è indicata l’assunzione di ticagrelor o clopidogrel. I pazienti con infarto del miocardio con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) sottoposti a trombolisi devono assumere il clopidogrel come farmaco di scelta assieme all’aspirina. La DAPT è raccomandata per 12 mesi anche nel caso dei pazienti con SCA sottoposti a rivascolarizzazione miocardica chirurgica. In tutti gli scenari sopra descritti è prevista la possibilità (classe di raccomandazione IIb) di prolungare la DAPT oltre i 12 mesi nei pazienti che presentano un elevato rischio trombotico e che non hanno presentato sanguinamenti nel corso dei primi 12 mesi dopo la SCA. In tal senso dopo PCI può essere utile stratificare il rischio tramite il DAPT score, che individua i soggetti col miglior rapporto beneficio/rischio per il prolungamento della terapia antiaggregante24. Viceversa, il periodo di DAPT può essere ridotto a 6 mesi (classe di raccomandazione IIb) in caso di pazienti ad elevato rischio di sanguinamento. Lo score PRECISE-DAPT, calcolato alla dimissione, facilita l’individuazione dei pazienti a più elevato rischio di sanguinamento25,26. La definizione di elevato rischio emorragico è stata recentemente standardizzata da un documento di consenso dell’Academic Research Consortium for High Bleeding Risk (ARC-HBR)27.

TERAPIA ANTITROMBOTICA NEI PAZIENTI CON FIBRILLAZIONE ATRIALE E SINDROME CORONARICA ACUTA

Circa il 5-10% dei pazienti con CAD ed il 6-8% dei pazienti che vanno incontro a SCA presentano FA oppure un’altra condizione clinica (es. valvole meccaniche, malattia venosa tromboembolica) che pone indicazione a trattamento con TAO2. La Tabella 1 illustra la posologia dei farmaci antiaggreganti che possono essere somministrati in questi pazienti in fase peri-procedurale e dopo la PCI in base alle linee guida europee 2018 sulla rivascolarizzazione miocardica20. Il trattamento con molteplici farmaci antitrombotici incrementa il rischio emorragico di 2-3 volte19,20,28-30.




Terapia antitrombotica peri-procedurale

Le linee guida europee indicano di iniziare precocemente il trattamento con ticagrelor o clopidogrel in associazione ad aspirina nei pazienti con SCA senza sopraslivellamento del tratto ST, mentre il prasugrel può essere utilizzato solo una volta definita l’anatomia delle coronarie1. Al contrario, i pazienti con STEMI possono ricevere il prasugrel anche prima della definizione dell’anatomia coronarica. Nel caso dei pazienti con FA e TAO è comunque consigliabile non effettuare il pre-trattamento prima della coronarografia, al fine di evitare una terapia di combinazione non necessaria e potenzialmente dannosa nei casi eventualmente non riferibili a CAD17. Inoltre, il clopidogrel è l’inibitore del recettore P2Y12 di scelta nei pazienti con indicazione a TAO. Nei pazienti con SCA che non hanno mai assunto inibitori orali del recettore P2Y12 è possibile supportare la PCI mediante somministrazione endovenosa di cangrelor. L’utilizzo degli antiaggreganti parenterali inibitori del recettore piastrinico IIb/IIIa (abciximab, eptifibatide, tirofiban) in fase peri-procedurale è oggi consigliato solamente in specifiche situazioni di “salvataggio” come trombosi acuta intracoronarica, lento flusso o arresto di flusso coronarico (“no-reflow”), ma è generalmente non raccomandabile nei pazienti con SCA che assumono TAO, a causa dell’elevato rischio di sanguinamento17.

L’eparina non frazionata è sempre indicata in caso di PCI, con classe di raccomandazione I, anche in pazienti con SCA nei quali sia già stato somministrato il fondaparinux20. La bivalirudina è un’alternativa all’eparina, che nel caso dei pazienti in TAO può essere considerata per ridurre il rischio di sanguinamento. L’enoxaparina rappresenta un’ulteriore alternativa all’eparina non frazionata, in particolare nei pazienti con SCA già trattati con enoxaparina sottocutanea. La terapia anticoagulante parenterale va generalmente interrotta dopo la procedura invasiva. Nei pazienti che già prima di sottoporsi alla PCI assumevano un AVK, le linee guida19,20 ed i documenti di consenso22,23 si esprimono chiaramente circa la fattibilità delle procedure di rivascolarizzazione percutanea senza necessità di sospensione del farmaco, mentre per quanto riguarda i DOAC è indicata la sospensione il più precocemente possibile nel caso di procedure “urgenti”, ed almeno 24 h prima (e comunque a seconda della funzionalità renale) nel caso di PCI elettive2. La TAO potrà essere ripresa nella stessa giornata della PCI o in quella immediatamente successiva.

Sebbene sia auspicabile posticipare l’inizio della DAPT quantomeno fino a definizione angiografica del quadro coronarico, una proporzione dei pazienti affetti da FA e SCA che vanno incontro a PCI si trovano già in terapia antipiastrinica al momento della procedura interventistica, e possono essere persino anticoagulati se non vi è stato il tempo necessario per la sospensione pre-procedurale della TAO o se l’international normalized ratio (INR) supera l’intervallo terapeutico. Per tale ragione esiste una serie di accorgimenti di cui tener conto in fase peri-procedurale per minimizzare il rischio di sanguinamento nei pazienti che hanno iniziato la TAT17, come ad esempio l’impiego preferenziale dell’accesso arterioso radiale rispetto al femorale. Un’altra scelta razionale potrebbe essere rappresentata dall’eventuale impianto di stent approvati per un regime di DAPT ridotto (es. 1 mese)31-33. Come già detto, nei pazienti con SCA preventivamente trattati con enoxaparina è possibile proseguire con somministrazione di enoxaparina in fase procedurale, mentre va scoraggiato lo switch da eparina non frazionata ad enoxaparina in corso di PCI (e viceversa). Le linee guida raccomandano inoltre l’assunzione di inibitori di pompa protonica per ridurre i sanguinamenti a carico dell’apparato digerente20.

Terapia antitrombotica post-procedurale

Diversi studi randomizzati hanno paragonato la TAT con strategie antitrombotiche meno intense come la DAT (Tabella 2)4-7,34,35. Le linee guida sono variate progressivamente con lo scopo di incorporare le nuove evidenze.

Studi clinici di strategie antitrombotiche nei pazienti con sindrome coronarica acuta e/o sottoposti ad angioplastica coronarica con indicazione a terapia anticoagulante orale

Due trial effettuati con AVK, WOEST (What is the Optimal antiplatElet and Anticoagulant Therapy in Patients With Oral Anticoagulation and Coronary StenTing)34 e ISAR-TRIPLE (Triple Therapy in Patients on Oral Anticoagulation After Drug Eluting Stent Implantation)35, hanno indagato strategie di “semplificazione” della classica TAT mediante esclusione dell’aspirina dal trattamento o riduzione della durata della DAPT, rispettivamente. Il WOEST ha randomizzato 573 pazienti in TAO, dimostrando una riduzione dei sanguinamenti senza un incremento degli eventi ischemici con la DAT (AVK e clopidogrel) rispetto alla TAT34. È bene però considerare che tale trial comprendeva solo una minoranza di pazienti con SCA (28%); inoltre, il beneficio della DAT riguardava i sanguinamenti minori mentre non c’erano differenze rispetto ai sanguinamenti maggiori36. Il trial ISAR-TRIPLE ha randomizzato 614 pazienti con indicazione a TAO, un terzo dei quali con SCA (33.2% nel gruppo sperimentale, 30.9% nel gruppo di controllo). Lo studio ha messo in evidenza un minor rischio di sanguinamenti nel gruppo che passava ad una DAT già dopo 6 settimane rispetto al gruppo in TAT per 6 mesi, fornendo indirettamente un supporto all’idea del maggior beneficio della DAT in termini di sicurezza35. Nelle analisi post-hoc dell’endpoint primario (un composito di eventi emorragici ed ischemici) non si evidenziavano differenze significative tra i pazienti con e senza SCA alla presentazione (p di interazione =0.72).




In seguito, quattro trial hanno valutato strategie farmacologiche antitrombotiche comprendenti un DOAC nello stesso scenario. Lo studio PIONEER-AF PCI (Open-Label, Randomized, Controlled, Multicenter Study Exploring Two Treatment Strategies of Rivaroxaban and a Dose-Adjusted Oral Vitamin K Antagonist Treatment Strategy in Subjects with Atrial Fibrillation who Undergo Percutaneous Coronary Intervention)4 ha analizzato 2124 pazienti paragonando due strategie di trattamento con rivaroxaban (15 mg/die [gruppo 1] e 2.5 mg bid [gruppo 2]) con un gruppo di controllo trattato con TAT con AVK e DAPT. I pazienti erano poi ulteriormente stratificati in base alla durata della DAPT stabilita dallo sperimentatore (1, 6, o 12 mesi). A 12 mesi entrambi i gruppi trattati con una terapia basata su rivaroxaban hanno mostrato una riduzione dell’endpoint primario (sanguinamento), senza significative differenze riguardanti gli eventi avversi cardiovascolari ischemici, rispetto al gruppo trattato con AVK (anche se il confronto relativo all’endpoint ischemico è limitato dal basso potere statistico dello studio). Nel PIONEER-AF PCI, circa la metà dei pazienti si presentavano con SCA (51% nel gruppo 1, 53% nel gruppo 2, 52% nel gruppo di controllo) e nessuna differenza in base al tipo di SCA è stata riscontrata in riferimento ai sanguinamenti (p di interazione 0.181 tra gruppo 1 e gruppo di controllo; 0.726 tra gruppo 2 e gruppo di controllo) e gli eventi tromboembolici (p di interazione 0.271 tra gruppo 1 e gruppo di controllo; 0.266 tra gruppo 2 e gruppo di controllo). Lo studio RE-DUAL PCI (Randomised Evaluation of Dual Antithrombotic Therapy with Dabigatran versus Triple Therapy with Warfarin in Patients with Nonvalvular Atrial Fibrillation Undergoing Percutaneous Coronary Intervention)5 ha randomizzato 2725 pazienti con FA sottoposti a PCI e, rispetto ai sanguinamenti, ha messo in evidenza una non inferiorità (ed una superiorità) della strategia con DAT che includeva dabigatran ed un inibitore del recettore P2Y12 rispetto al gruppo di controllo trattato con TAT con warfarin (sia per il gruppo 1 trattato con dabigatran 150 mg bid, sia per il gruppo 2 trattato con dabigatran 110 mg bid). Anche in questo trial la SCA rappresentava l’indicazione a PCI nella metà dei pazienti circa ed i risultati prescindevano inoltre dalla presentazione clinica con CAD stabile o SCA (p di interazione 0.57 tra gruppo 1 e gruppo di controllo; 0.34 tra gruppo 2 e gruppo di controllo). I due regimi terapeutici sperimentali combinati sono risultati anche non inferiori rispetto all’endpoint tromboembolico, ancora una volta senza differenze relative alla presentazione clinica (p di interazione 0.11 tra gruppo 1 e gruppo di controllo; 0.38 tra gruppo 2 e gruppo di controllo). Tuttavia, i pazienti trattati con la più bassa dose di DOAC (gruppo 2) tendevano ad avere un maggior numero di eventi ischemici, sia pure in assenza di una differenza non statisticamente significativa (p 0.09 per infarto del miocardio, 0.15 per trombosi intra-stent). Una recente analisi del RE-DUAL PCI ha evidenziato che i benefici della DAT con entrambi i dosaggi di dabigatran nel ridurre i principali endpoint prescindevano non solo dalla presentazione clinica del paziente ma anche dal tipo di inibitore del P2Y12 adoperato (p di interazione per assunzione di clopidogrel vs ticagrelor in merito ai sanguinamenti maggiori o non maggiori clinicamente rilevanti 0.53 e 0.69 rispettivamente tra gruppo 1 e gruppo di controllo e tra gruppo 2 e gruppo di controllo; p di interazione per assunzione dell’uno o dell’altro antipiastrinico in merito ad un endpoint ischemico combinato di morte, infarto miocardico, ictus o embolia sistemica oppure rivascolarizzazione miocardica 0.45 e 0.24 rispettivamente tra gruppo 1 e gruppo di controllo e tra gruppo 2 e gruppo di controllo)37. Nello studio AUGUSTUS (An Open-label, 2 Factorial, Randomized Controlled, Clinical Trial to Evaluate the Safety of Apixaban vs Vitamin K Antagonist and Aspirin vs Placebo in Patients With Atrial Fibrillation and Acute Coronary Syndrome and/or Percutaneous Coronary Intervention)6, 614 pazienti con SCA e/o sottoposti a PCI ricevevano clopidogrel e venivano randomizzati ad assumere apixaban 5 mg bid vs AVK ed ASA vs placebo (randomizzazione fattoriale 2 x 2). Un quarto dei pazienti (23.9%) presentavano SCA gestite con sola terapia medica non sottoposta a PCI. Il trial ha dimostrato che apixaban, senza aspirina, espone a meno sanguinamenti senza significative differenze nell’incidenza di eventi ischemici rispetto alle strategie che includevano AVK, ASA o entrambi. Secondo una recente sottoanalisi dello studio AUGUSTUS38, apixaban confrontato con AVK ha ridotto i sanguinamenti sia nei pazienti con SCA trattati con sola terapia medica, che in quelli con SCA trattati con PCI e quelli con CAD stabile sottoposti a PCI elettiva (p di interazione 0.052) ed ha ridotto la morte o le ospedalizzazioni senza interazioni statistiche significative (p di interazione 0.345); inoltre, l’assunzione di aspirina incrementava il rischio di sanguinamento rispetto al placebo indipendentemente dalla presentazione clinica (p di interazione 0.479). Il trial ENTRUST-AF PCI (Edoxaban Treatment Versus Vitamin K Antagonist in Patients With Atrial Fibrillation Undergoing Percutaneous Coronary Intervention)7, infine, ha randomizzato 1506 pazienti ad un protocollo di DAT con edoxaban ed un inibitore del recettore P2Y12 confrontato con un gruppo di controllo sottoposto a TAT con AVK, ASA ed un inibitore del recettore piastrinico P2Y12, dimostrando la non inferiorità della DAPT con edoxaban in merito ai sanguinamenti e risultati sovrapponibili rispetto agli endpoint ischemici. Le SCA rappresentavano il 52% in entrambi i gruppi e la sottoanalisi per presentazione clinica ha dimostrato che i risultati del trial in merito ai sanguinamenti non erano inficiati dalla presentazione stabile o acuta del paziente (p di interazione tra CAD stabile e SCA 0.2741), nemmeno analizzando separatamente i sottotipi di SCA (p di interazione 0.1544).

Una metanalisi network di oltre 10 000 pazienti dagli studi WOEST, PIONEER-AF PCI, RE-DUAL PCI e AUGUSTUS3 ha recentemente concluso che in pazienti con FA e indicazioni alla terapia antipiastrinica la TAT con AVK e DAPT dovrebbe sempre essere evitata, mentre la DAT con DOAC ed un inibitore del P2Y12 (senza aspirina) si pone come il trattamento da preferire in quanto associato a meno sanguinamenti senza significative differenze riguardanti gli eventi ischemici cardiovascolari.

Complessivamente, i risultati dei trial dei DOAC non sembrano suggerire delle differenze sostanziali nel beneficio della DAT rispetto alla TAT con AVK tra i pazienti con o senza SCA. L’AUGUSTUS, l’unico trial ad includere pazienti con SCA che non ricevevano stent, conferma che la DAT è una strategia più sicura anche in questo sottogruppo di pazienti. È bene però sottolineare che tutte queste considerazioni riguardano il beneficio in termini di riduzione dei sanguinamenti, mentre gli aspetti di protezione anti-ischemica sono meno definiti a causa del limitato potere statistico di tutti gli studi sopra menzionati rispetto all’accertamento delle differenze negli eventi trombotici e ischemici.

Infine, alcuni trial hanno valutato il rischio-beneficio della monoterapia antitrombotica con anticoagulante orale 12 mesi dopo la PCI. Il trial OAC-ALONE (Optimizing Antithrombotic Care in Patients With AtriaL fibrillatiON and Coronary stEnt) non ha potuto stabilire la non inferiorità di tale monoterapia rispetto alla DAT che combina TAO con singolo antiaggregante nei pazienti con FA e CAD 1 anno dopo la PCI, in quanto l’arruolamento è stato interrotto prematuramente generando un basso potere statistico39. Tuttavia, recentemente, il trial AFIRE (Atrial Fibrillation and Ischemic Events With Rivaroxaban in Patients With Stable Coronary Artery Disease Study) ha dimostrato una maggiore efficacia e sicurezza della monoterapia con DOAC (rivaroxaban) rispetto a DAT (rivaroxaban e singolo antiaggregante) in tali pazienti, ovvero la non inferiorità per l’endpoint ischemico e la superiorità per quello di sanguinamento40.

Linee guida e raccomandazioni pratiche

Secondo le linee guida europee, i DOAC sono i farmaci di scelta per l’anticoagulazione dei pazienti che necessitano di TAT o DAT2. Le dosi piene di DOAC approvate per la prevenzione degli eventi cardioembolici nel corso di FA sono indicate con classe di raccomandazione I (es. dabigatran 150 mg bid, rivaroxaban 20 mg/die, apixaban 5 mg bid, edoxaban 60 mg/die, con eventuale riduzione di dosaggio in linea con le rispettive schede tecniche), mentre una classe di raccomandazione IIa è data per altri due dosaggi approvati dalle autorità competenti, in base a considerazioni di rischio-beneficio (dabigatran 110 mg e rivaroxaban 15 mg/die). Se la TAO viene eseguita con AVK in un regime di TAT, il dosaggio dell’anticoagulante dovrebbe essere tale da mantenere l’INR attorno al limite inferiore del margine terapeutico. Il clopidogrel è l’inibitore del recettore P2Y12 di scelta, per 12 mesi, mentre non è raccomandato l’uso di prasugrel o ticagrelor nella TAT (classe di raccomandazione III). Di fatto, prasugrel e ticagrelor sono stati utilizzati solo in una minima quota dei pazienti arruolati nei 4 studi dei DOAC in regime di DAT. L’aspirina va utilizzata nel periodo peri-procedurale a basse dosi (≤100 mg/die) per un periodo di tempo che può arrivare fino a 6 mesi in base a considerazioni di rischio-beneficio. Un recente documento di consenso europeo suggerisce la sua assunzione insieme a clopidogrel ed anticoagulante (e quindi la TAT) per un periodo di 6 mesi nei pazienti fibrillanti con SCA, da ridurre a 3 mesi nel caso gli stessi vengano giudicati ad un rischio di sanguinamento particolarmente elevato23. Dopo 12 mesi dalla PCI la TAO è generalmente indicata in monoterapia, senza l’aggiunta di farmaci antipiastrinici a meno che prevalgano considerazioni specifiche di rischio trombotico (es. stent posizionato nel tronco comune o a livello dell’arteria discendente anteriore prossimale, ultimo vaso pervio, risultato subottimale della PCI). Per stabilire la più idonea durata della terapia antitrombotica in tali pazienti e dunque la progressiva sospensione dei farmaci antiaggreganti è utile valutare i rischi ischemico ed emorragico utilizzando score di rischio validati (es. CHA2DS2-VASc, ABC, HAS-BLED). Le linee guida forniscono alcuni parametri clinici e procedurali che valgono come predittori di elevato rischio di eventi ischemici: insufficienza renale cronica, storia di STEMI, pregressa trombosi intra-stent nonostante terapia antiaggregante, CAD multivasale specialmente nei pazienti diabetici, PCI con stenting dell’ultima arteria coronaria rimasta pervia, almeno tre stent impiantati, almeno tre lesioni trattate, ricorso a stent lunghi >60 mm, angioplastica di biforcazioni con tecnica a due stent, PCI di occlusioni totali croniche1.

In questo contesto, i pazienti con SCA vanno generalmente considerati ad elevato rischio ischemico a prescindere dalle considerazioni procedurali. Anche se gli studi passati in rassegna non sembrano suggerire un beneficio differente della DAT nei pazienti con e senza SCA, esiste più incertezza rispetto al reale grado di protezione anti-ischemica rispetto alla TAT, perché nessuna delle dosi di DOAC sperimentate nei 4 studi faceva parte di un confronto con adeguato potere statistico per eventi trombotici. Per questo, suggeriamo una durata dalla TAT variabile da un minimo di 1 mese fino ad un massimo di 6 mesi in base a considerazioni di rischio-beneficio riassunte in Figura 1. L’ipotesi di usare prasugrel o ticagrelor in combinazione con AVK è ammessa dalle attuali linee guida per le sindromi coronariche croniche, con classe di raccomandazione IIb21, e potrebbe rappresentare una valida alternativa alla TAT in pazienti selezionati con SCA.




CONCLUSIONI

Nei pazienti con FA o con altre condizioni cliniche che indicano la TAO e che vanno incontro a SCA o si sottopongono a PCI, l’associazione di DAPT e TAO (TAT) dovrebbe durare il meno possibile. Recenti trial randomizzati supportano il principio secondo il quale una strategia antitrombotica di DAT con DOAC garantisce una miglior sicurezza rispetto alla TAT con AVK, con risultati sovrapponibili in termini di protezione ischemica. Poiché questi studi non includono solo pazienti con SCA, e poiché gli stessi sono stati disegnati per rispondere a domande di efficacia relative ai sanguinamenti anziché a domande di sicurezza relative agli eventi ischemici, occorre cautela nell’estendere questo principio ai pazienti con SCA e più elevato rischio trombotico.

RIASSUNTO

Nei pazienti affetti da fibrillazione atriale (FA) che vanno incontro ad una sindrome coronarica acuta (SCA), con o senza angioplastica ed impianto di stent coronarico, l’associazione della duplice antiaggregazione piastrinica con un anticoagulante orale (triplice terapia antitrombotica, TAT) aumenta il rischio di sanguinamenti maggiori e fatali. Recentemente, numerosi trial hanno valutato regimi terapeutici alternativi alla TAT, come ad esempio una duplice terapia antitrombotica (DAT) comprendente un anticoagulante orale diretto ed un inibitore del recettore piastrinico P2Y12. Nel contesto dei pazienti trattati con angioplastica, questi regimi sono stati generalmente associati ad una riduzione dei sanguinamenti che non si accompagna ad un aumento sostanziale degli eventi ischemici. Il beneficio netto della DAT è però più controverso nel caso dei pazienti a più elevato rischio trombotico, come i pazienti con SCA. Questa rassegna, sulla base della letteratura esistente, descrive le migliori strategie antitrombotiche peri-procedurali e post-procedurali per i pazienti con FA e SCA.

Parole chiave. Angioplastica coronarica; Duplice terapia antiaggregante; Fibrillazione atriale; Sindrome coronarica acuta; Terapia anticoagulante orale; Triplice terapia antitrombotica.

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