In questo numero

covid-19 e cardiologia




Cosa non dimenticare nella fase post-pandemia

La nuova fase post-isolamento sociale è iniziata. I reparti di cardiologia hanno ripreso in pieno le proprie attività, ma con nuove regole volte a rispettare il distanziamento sociale e la sanificazione degli ambulatori tra un paziente e l’altro, con necessità non solo di spazi, ma anche di tempi diversi rispetto a prima. Non possiamo prevedere quanto durerà il nuovo scenario, ma probabilmente a lungo, considerando il rischio di nuove ondate epidemiche “di ritorno”. Ci saranno ripercussioni sulle liste di attesa? Ci saranno ripercussioni sulla possibilità di offrire al paziente giusto, al momento giusto la cura giusta, nel contesto corretto e nei tempi giusti? Ci saranno ripercussioni sull’esito delle nostre cure? In questo contributo, Luigi Tarantini et al. prendono in considerazione cosa ci può avere insegnato la fase pandemica, cosa non si debba trascurare nella gestione ambulatoriale e quali strategie possano essere adottate nella nuova fase post-COVID-19, perché dopo qualsiasi crisi vi è sempre stata una rinascita e anche questa volta potrà essere così; non ci si dovrà dimenticare di importanti punti fissi della pratica cardiologica che andranno ripresi e perfezionati in una sorta di ritorno al futuro, perché la cardiologia nella sua attività e nelle sue visioni è sempre stata proiettata al futuro. Siamo tornati! •




COVID-19 e “gender medicine”

Sono tante le cose che ancora non conosciamo della malattia da SARS-CoV-2. Una di queste è sicuramente la differenza di genere in termini di incidenza, gravità clinica e letalità della malattia. Anche per il COVID-19 sarebbe pertanto possibile parlare di “gender medicine”, in questo caso con un vantaggio clinico a favore del sesso femminile. Elisa Lodi et al. discutono i possibili meccanismi alla base della maggiore protezione della donna dalla minaccia COVID-19. In aggiunta ai fattori socio-comportamentali e quelli immunitari è possibile che gli ormoni sessuali possano influenzare le diverse risposte dell’infezione da SARS-CoV-2 modulando la funzione recettoriale ACE2 tissutale. Un’ipotesi molto intrigante che richiede tuttavia conferme. Un approccio di genere nel contesto della pandemia COVID-19 risulta pertanto importante non solo a livello scientifico e conoscitivo, ma anche per le possibili implicazioni nella pratica clinica. •




Quando i vasi polmonari fanno da protagonisti nella malattia COVID-19

Molto ancora è da conoscere e da chiarire quando si parla di meccanismi alla base delle manifestazioni più minacciose della malattia COVID-19. Tuttavia è già chiaro che, specie in molti dei casi più gravi, alla peculiare forma di insufficienza respiratoria acuta severa che può svilupparsi si associano problemi di reattività del letto vascolare polmonare e di ipercoagulabilità. Claudio Picariello et al. in questo position paper ANMCO riassumono i dati epidemiologici ad oggi noti al riguardo, riprendono il quadro generale delle possibili manifestazioni cliniche della malattia COVID-19 e si concentrano sui due scenari della ridotta vasocostrizione polmonare e della coagulopatia indotta da COVID-19: partendo dai meccanismi fisiopatologici giungono a definire delle raccomandazioni operative sui due fronti. Per il trattamento ventilatorio, sottolineano l’importanza di bilanciare la necessità di reclutamento di zone di parenchima atelettasico con l’opportunità di evitare una sovradistensione alveolare con conseguente schiacciamento del letto capillare polmonare. Per la gestione degli eventi trombotici/tromboembolici, segnalano la necessità di mantenere alto il livello di sospetto dei pazienti COVID-positivi, il ruolo dell’innalzamento del D-dimero (>3x), le principali evidenze sulla condotta da mantenere nella terapia con anticoagulanti, nel suo uso preventivo, di fase acuta e di post-dimissione. Il documento è caratterizzato da un taglio pratico, ed è dunque opportunamente corredato di semplici schemi ed algoritmi decisionali.




COVID-19: fase di transizione

Un nuovo position paper ANMCO a cura di Serafina Valente et al. intende fornire al cardiologo che opera nelle strutture ospedaliere o territoriali indicazioni pratiche per la ripresa in sicurezza delle attività ambulatoriali cardiologiche nella fase post-pandemia COVID-19. Il documento propone le modalità operative per le più comuni indagini strumentali eseguite nei servizi di Cardiologia. Per ognuna di esse vengono indicati i dispositivi di protezione individuale richiesti e la nuova tempistica di esecuzione delle prestazioni. Analoghe modalità operative vengono proposte per l’esecuzione delle consulenze cardiologiche in Pronto Soccorso ed in altri reparti dell’ospedale. Preliminare all’esecuzione di ogni prestazione è la valutazione anamnestica del paziente allo scopo di stratificare il rischio di trasmissione del virus. La necessità ed il desiderio di riattivare i servizi cardiologici non possono prescindere da una rigorosa applicazione delle misure di sicurezza a salvaguardia sia degli operatori sanitari che dei pazienti. Il momento della ripresa delle attività cardiologiche ambulatoriali dopo la drammatica emergenza COVID-19 può inoltre costituire l’occasione per ridurre le prestazioni non necessarie in un’ottica di appropriatezza prescrittiva. •




Note operative della Task Force
COVID-SICCH per la fase 2

La pandemia COVID-19 ha costretto il sistema sanitario nazionale a riallocare le risorse delle unità di terapia intensiva, cancellando così temporaneamente gli interventi chirurgici d’elezione, in particolare nell’ambito di alcune chirurgie specialistiche come la cardiochirurgia. Tale misura si è resa necessaria per recuperare letti di terapia intensiva. In Lombardia, 4 delle 20 unità cardiochirurgiche hanno proseguito la loro attività, diventando “hub”, mentre le restanti 16 hanno interrotto l’attività per essere riconvertite in reparti COVID. Dal 4 maggio 2020 è scattata la fase 2. Questo ha indotto governanti e addetti ai lavori a valutare le modalità più adeguate per rimodulare all’inverso le unità chirurgiche trasformate in Centri COVID. La Società Italiana di Chirurgia Cardiaca (SICCH) ha messo a punto un indicatore, chiamato CoSS (Covid, Spread and Severity index), in grado di stimare la diffusione e la gravità del COVID-19 nelle diverse regioni. In questo documento, la SICCH fornisce alcune note operative per la rimodulazione delle unità cardiochirurgiche e per la ripartenza dell’attività chirurgica, oltre a fornire alcuni suggerimenti in ambito di protezione del personale. •




Il difficile equilibrio tra COVID-19
e patologia cardiaca

La pandemia COVID-19 è stata associata fin dal principio non solo a un importante coinvolgimento respiratorio ma anche a quello cardiovascolare. L’espansione della pandemia si è progressivamente associata a casi clinici e casistiche che mostravano le possibili complicanze cardiovascolari legate al SARS-CoV-2. Casi di miocarditi, con o senza compromissione emodinamica, sindrome Takotsubo, trombosi coronarica in assenza di evidente malattia coronarica ostruttiva, embolia polmonare massiva, aritmie ipercinetiche sopraventricolari e ventricolari. In questo numero del Giornale viene aggiunto un altro piccolo tassello dei possibili danni sul sistema cardiovascolare del SARS-CoV-2. Una giovane paziente risultata positiva al SARS-CoV-2 si è presentata all’attenzione cardiologica per un blocco completo. Il caso presentato da Domenico Pecora et al. viene descritto con una valida iconografia e apre nuovi scenari nell’intricato e complesso equilibrio tra pandemia COVID-19 e cuore. •

editoriale




Target di colesterolo LDL <55 mg/dl
ad ogni costo?

In questo editoriale, Marika Werren et al. commentano le recenti linee guida sulla gestione delle dislipidemie della Società Europea di Cardiologia e della Società Europea dell’Aterosclerosi che hanno abbassato ulteriormente il target minimo di colesterolo LDL (C-LDL) nei pazienti con pregressa sindrome coronarica acuta, portandolo a 55 mg/dl e almeno una riduzione del 50%. In questo ambito, l’uso estensivo degli anticorpi anti-PCSK9 non appare economicamente sostenibile. Di contro, la strategia che coniuga efficacia e sostenibilità è l’implementazione sistematica delle associazioni precostituite delle statine a più alta efficacia ed a minore costo, in grado di ridurre il C-LDL fino al 70%, che contribuirà se non a risolvere, certamente ad attenuare il gap in atto tra le forti raccomandazioni delle linee guida ed il target indicato di C-LDL. Una corretta stratificazione del rischio deve portarci a identificare i pazienti nei quali il nostro target di C-LDL deve essere <55 mg/dl o addirittura <40 mg/dl (eventi ricorrenti precoci, eventi precoci in dislipidemie familiari) e quelli a rischio “alto” ma non “molto alto”, il cui target potrebbe rimanere <70 mg/dl, nell’ambito del percorso di personalizzazione delle cure. •

questioni aperte




Sesso e genere

“Sesso” e “genere” esprimono concetti diversi. Il primo è legato alle caratteristiche cromosomiche geneticamente determinate, il secondo presenta un’accezione più generale includendo l’identità, i ruoli e le relazioni nell’ambito della società. Pertanto, il termine “genere” può essere applicato solo agli esseri umani. Susanna Grego et al. mettono in luce i molti aspetti che rendono ancora oggi largamente trascurata la medicina di genere. Eppure molte malattie cardiovascolari, si pensi solo alla cardiopatia ischemica, possono presentare molte differenze e specificità di genere, anche con rilevanti implicazioni terapeutiche. Nell’insegnamento della Medicina, nella pianificazione e nell’analisi dei clinici e nella stesura delle linee guida sarebbe bene dedicare un’attenzione molto maggiore alle differenze di sesso e di genere. •

pdta in cardiologia




Una lettera standardizzata per la dimissione dall’embolia polmonare acuta

L’Area delle Malattie del Circolo Polmonare dell’ANMCO ci propone un modello di lettera di dimissione standardizzata per i pazienti ospedalizzati per embolia polmonare acuta. Non è infrequente imbattersi in pazienti in trattamento con anticoagulanti orali per embolia polmonare anamnestica, nei quali nessun medico si è preso la responsabilità di sospendere il trattamento. L’embolia polmonare è infatti una patologia di interesse multidisciplinare, in cui sono coinvolti vari specialisti (medici internisti, cardiologi, angiologi), che spesso non comunicano tra di loro. Nella lettera di dimissione devono essere pertanto specificati l’eziologia, le eventuali complicanze, la durata del trattamento anticoagulante e la modalità di follow-up. Marco Vatrano et al. forniscono un modello di lettera di dimissione ben strutturato e fruibile, che permette di inquadrare rapidamente il percorso del paziente con embolia polmonare sia idiopatia che secondaria. •

rassegne




Strategie di prevenzione cardiovascolare: fino a che età sono ancora utili?

Quello in cui viviamo è il tempo dell’invecchiamento delle popolazioni, in special modo quelle dei paesi più sviluppati, in cui l’aspettativa di vita va rapidamente aumentando, anche grazie al miglioramento delle cure nelle fasi acute di molte patologie, fra cui di certo quelle cardiovascolari, che consente a sempre più pazienti di giungere ad una fase cronica della patologia stessa. Spesso però l’anzianità porta con sé diverse malattie croniche che richiedono politerapie, con tutti i rischi di interazioni tra farmaci ad esse connessi, oltre ad un certo grado di fragilità; e difatti non è ancora chiaro se gli anni di vita guadagnati saranno di buona qualità o invece saranno destinati ad associarsi ad una maggior prevalenza di malattie e disabilità. La prevenzione cardiovascolare, farmacologica e non, può incidere favorevolmente su mortalità e incidenza di cardiopatie, riducendo l’evoluzione verso la disabilità, ma ovviamente il trattamento dei fattori di rischio richiede tempo per manifestare i suoi effetti: pertanto non è chiaro quale sia il rapporto rischio/beneficio di terapie a lungo termine quali quelle ipolipemizzanti, antipertensive, antiaggreganti o antidiabetiche nei soggetti anziani. Su questi presupposti Maurizio Abrignani et al., in questa rassegna, analizzano le correlazioni fra invecchiamento e cardiopatie, concentrando l’attenzione sulla possibile differenza fra età anagrafica e biologica, affrontano in modo completo i temi dei target (pressori, glicemici e lipidici) e dell’appropriatezza delle terapie antiaggreganti/anticoagulanti, e si soffermano anche sulla difficile valutazione che riguarda l’uso dei dispositivi elettronici oltre una certa età. •




“Best practice” delle cure palliative nello scompenso cardiaco

L’articolo di Raffaella Antonione et al. costituisce un’utile integrazione al Focus sulle cure palliative nello scompenso cardiaco pubblicato nel numero del Giornale di aprile 2020. Avviare il paziente con scompenso cardiaco avanzato alle cure palliative non significa rinunciare ai trattamenti efficaci per il controllo dei sintomi. In questa fase della malattia il numero dei sintomi è elevato, molti sono misconosciuti, sottostimati e sottotrattati e questo incide in modo peggiorativo sulla qualità di vita, aumentando le riospedalizzazioni. Nella rassegna vengono presentati gli score proposti in letteratura per un’adeguata valutazione sintomatologica e vengono quindi analizzati i principali sintomi dei pazienti con scompenso cardiaco avanzato, in primo piano il dolore, la dispnea e l’astenia. Per ognuno di essi vengono illustrate le “best practice” palliative, non esclusivamente farmacologiche. Viene inoltre ribadita l’importanza di uno standard di cura fondato non solo sulla gestione dei sintomi ma su un approccio globale rivolto ai bisogni della persona e dei suoi familiari. Si tratta di concetti della medicina palliativa che stanno entrando anche nella cultura del cardiologo che sempre più spesso è coinvolto nella gestione delle cronicità. •

studi osservazionali




Bilancio sull’embolia polmonare

L’embolia polmonare rappresenta una delle patologie dalla diagnosi non sempre immediata e dalla prognosi spesso infausta. Essa costituisce, infatti, la terza causa di morte cardiovascolare, ma la sua diagnosi risulta spesso ritardata da un quadro clinico aspecifico o complicato da altre patologie concomitanti, tanto che talvolta la diagnosi deriva da studi autoptici. In questa analisi Luca Valerio et al. mettono in luce i dati relativi all’embolia polmonare in Italia dal 2003 al 2015 e in un secondo momento ci mostrano il confronto dei dati italiani con quelli del Sud Europa. L’analisi è stata eseguita utilizzando i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e ciò che emerge è che, a fronte di una riduzione della mortalità per questa patologia, essa rimane comunque una causa importante di morte in certe categorie di pazienti. •




Corri, corri c’è un arresto!

La morte cardiaca improvvisa dovuta all’arresto cardiaco extraospedaliero rappresenta ancora un problema rilevante perché nonostante tutti i progressi della medicina occorsi in questo campo (rianimazione precoce, coronarografia ed eventuale angioplastica nei pazienti con infarto, ipotermia, ecc.) la mortalità rimane elevata. Per questo motivo, in parallelo alle reti per l’infarto sono state sviluppate quelle per l’arresto cardiaco extraospedaliero. Francesca Tedoldi et al. hanno analizzato la complessa, ma capillare rete dell’arresto cardiaco extraospedaliero della provincia di Trento e con un’interessantissima analisi hanno riscontrato alcuni parametri (età, pH arterioso all’emogasanalisi in ospedale, coronarografia e soccorso in elicottero) particolarmente predittivi di eventi. Conoscerli può aiutare a capire meglio quale può essere il destino di questi pazienti complessi e soprattutto dove può essere più importante investire energie umane o risorse. •