Le ricadute della pandemia COVID-19
sulla gestione dell’Ambulatorio Scompenso.
Esperienze e considerazioni operative dopo il lockdown

Giuseppe Di Tano1, Simone Verde1, Marco Loffi1, Renata De Maria2, Gian Battista Danzi1

1U.O. Cardiologia, Ospedale, ASST di Cremona

2Istituto Fisiologia Clinica CNR, Dipartimento Cardiotoracovascolare, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Background. During the COVID-19 pandemic, non-urgent outpatient activities were temporarily suspended. The aim of this study was to assess the impact of this measure on the management of the heart failure outpatient clinic at our institution.

Methods. We analyzed the clinical outcome of 110 chronic heart failure patients (mean age 73 ± 9 years) whose follow-up visit had been delayed.

Results. At their last visit before the lockdown, 80.9% was in NYHA class II, had an ejection fraction of 37 ± 7%, and B-type natriuretic peptide level was moderately elevated (266 ± 138 pg/ml). All patients received loop diuretics, 97.2% beta-blockers, 64.9% an aldosterone antagonist, 60.9% sacubitril/valsartan (S/V), and 72.2% of the remaining patients were on angiotensin-converting enzyme inhibitor or valsartan therapy. Patients were contacted by phone during and at the end of the lockdown period to fix a new appointment and underwent a structured interview to assess their clinical conditions and ongoing therapy and to verify whether they had contracted SARS-CoV-2 infection. Twelve patients (13.2%) contracted COVID-19. None was hospitalized for worsening heart failure or reported defibrillator shocks and none changed autonomously the prescribed therapy. Overall, 75% of patients reported stable or improved general well-being from the last in-person visit, while 25% described subjective worsening due to the social effect of the pandemic. Unchanged body weight and blood pressure values were reported by 86% and 78.4% of patients, respectively. Lower blood pressure values compared to baseline were recorded in 15.2% of patients on conventional renin-angiotensin system inhibition vs 21% of those on S/V, one of whom had to down-titrate S/V for persistent but asymptomatic hypotension; 4 patients up-titrated S/V to 200 mg/day following phone indications.

Conclusions. Cancellation of scheduled follow-up visits during 3 months did not have significant negative effects in a cohort of stable patients with chronic heart failure on optimized medical therapy. Telephone support was effective in keeping connections with the patients during the lockdown, allowing appropriate management and implementation of drug therapy. In particular, patients who received S/V were not affected by delays in scheduled visits, confirming the tolerability and safety of this novel therapy in terms of both clinical and biohumoral parameters.

Key words. COVID-19; Heart failure; Heart failure outpatient clinic; Telemonitoring.

INTRODUZIONE

Le ricadute cliniche della pandemia da SARS-CoV-2 hanno condizionato in maniera articolata e differente le varie fasi della gestione dei pazienti con cardiopatia, con prospettive di completa normalizzazione al momento non ancora prevedibili.

Per le patologie acute, specie quelle tempo-dipendenti come le sindromi coronariche acute, le analisi internazionali e nazionali1 riportano una significativa riduzione degli accessi in ospedale, una riduzione del numero delle procedure interventistiche di riperfusione eseguite ed un indiretto aumento di mortalità per i pazienti ricoverati, a causa prevalentemente del ritardo di presentazione e quindi del dilazionato trattamento più appropriato e specifico. Una recente analisi eseguita sugli accessi per scompenso cardiaco (SC) acuto2 conferma le evidenze per la sindromi coronariche acute con sopraslivellamento del tratto ST, dimostrando rispetto al trimestre dell’anno precedente una riduzione dei ricoveri del 49% con un aumento della mortalità intraospedaliera triplicato, 17.2% nel 2020 rispetto al 6.3% osservata nel 2019.

Le patologie croniche hanno apparentemente risentito in maniera meno eclatante dell’impegno ospedaliero per il COVID-19. Le implicazioni sembrano soprattutto legate alla sospensione-rinvio delle prestazioni ambulatoriali programmate. Infatti per prevenire la diffusione nosocomiale dell’epidemia ed evitare il rischio di contagio a pazienti oligosintomatici ma ad alto rischio cardiovascolare (ipertesi, diabetici, ecc.) o con cardiopatia strutturale (cardiopatia ischemica, SC, ecc.), prevalentemente anziani, l’attività ambulatoriale dedicata è stata interrotta in modo da evitare l’accesso in ospedale a questi pazienti.

Non è facile quantizzare l’entità delle ricadute cliniche del differimento dei controlli ambulatoriali in pazienti stabili con SC cronico, specie in un arco di tempo ristretto. La programmazione e le modalità di attuazione dei follow-up ambulatoriali, in seguito alle esperienze legate alla pandemia, subiranno sicuramente una rielaborazione, anche con l’introduzione di modelli gestionali alternativi, sfruttando con modalità più estesa di quanto fatto finora gli strumenti di telemedicina disponibili, per attuare un monitoraggio personalizzato e garantire un accesso equo e appropriato alle cure per il paziente cronico3.

Proponiamo la nostra esperienza relativa agli esiti clinici della temporanea sospensione forzata del follow-up ambulatoriale previsto per i pazienti con SC afferenti all’Ambulatorio dedicato della U.O. di Cardiologia dell’Ospedale di Cremona, divenuto durante la fase acuta della pandemia Ospedale COVID, dedicato cioè al trattamento delle urgenze dei pazienti affetti da pneumopatia acuta con la conseguente interruzione delle prestazioni cliniche-chirurgiche elettive.

MATERIALI E METODI

All’Ambulatorio Scompenso afferiscono circa 400 pazienti/anno. L’attività ambulatoriale nell’ultimo anno viene effettuata per un giorno alla settimana, dalle 8:30 alle 16:00, con 12 visite ambulatoriali rivolte a pazienti affetti da SC, seguiti in follow-up o dimessi dopo un ricovero per SC acuto, o per cosiddetti primi accessi, cioè per inquadramento-valutazione di prima diagnosi. La cadenza dei controlli ambulatoriali è definita dal cardiologo in relazione al quadro clinico rilevato durante la visita; l’appuntamento per la prima visita dopo la dimissione per SC acuto viene indicato alla dimissione (dopo 1-2 settimane o 1 mese), in relazione al profilo di gravità/rischio del singolo paziente4. Dal 25 febbraio l’attività ambulatoriale è stata forzatamente interrotta e i controlli ambulatoriali, previsti per 110 pazienti per i quali era stata programmata una vista durante i 3 mesi del lockdown, non sono stati eseguiti. Dal 25 maggio, l’attività ambulatoriale è gradualmente anche se limitatamente ripresa, come da specifiche indicazioni regionali, con una progressiva riprogrammazione degli appuntamenti/visite annullati, rispettando comunque percorsi e modalità di accesso protette. Tutti i 110 pazienti sono stati contattati telefonicamente alla riapertura dell’Ambulatorio al fine di riprogrammare loro una prossima visita, e sono stati sottoposti ad una serie di domande predefinite volte a valutare la presenza di sintomi COVID-correlati (febbre, rinorrea, tosse, dispnea, mialgie, ecc.) e ad altri specifici quesiti riguardanti la presenza di segni e sintomi utili a definire il loro attuale quadro clinico cardiologico correlato allo SC, gli eventi significativi accaduti durante la fase di quarantena, notizie relative all’aderenza e ad eventuali modifiche della terapia farmacologica.

Durante il periodo di interruzione, circa l’80% dei pazienti hanno avuto inoltre dei contatti (messaggistica telefonica testuale, WhatsApp, posta elettronica) con un cardiologo dell’Ambulatorio, che ha annotato le condizioni cliniche del paziente, l’eventuale contagio da SARS-CoV-2 con ricovero o meno, il grado di compenso ed in caso le modifiche della loro terapia farmacologica in termini di sospensione-variazione di dosaggio.

In particolare sono stati valutati: il livello di “benessere”, graduandolo su una scala da 1 a 3, considerando 1 peggiorato, 2 invariato e 3 migliorato; i valori di pressione arteriosa (ridotti, stabili, aumentati); le variazioni di peso (ridotto, stabile, aumentato); la comparsa di sintomi – cardiopalmo (si/no), edemi periferici (si/no), dispnea (si/no) – o limitazione fisica; le variazioni della terapia in corso. Sono state quindi riportate variazioni o meno del dosaggio del diuretico dell’ansa (aumento/diminuzione compresse di furosemide), del betabloccante, e degli inibitori del sistema renina-angiotensina. Infine si sono confrontate le variazioni del peptide natriuretico di tipo B (BNP), del potassio e del filtrato glomerulare stimato con la formula della Chronic Kidney Disease Epidemiology Collaboration, presenti nei più recenti esami di laboratorio eseguiti, rispetto ai valori registrati nell’ultima visita ambulatoriale.

Analisi statistica

Le variabili analizzate sono state espresse come media ± deviazione standard se continue e come frequenze e percentuali se categoriche. Sono stati utilizzati per le variabili continue il test t di Student (variabili a distribuzione normale) o il test di Mann-Whitney e il χ2 per le variabili categoriche. È stato considerato significativo un risultato dei test <0.05. L’analisi statistica è stata condotta con l’ausilio del software SPSS versione 20.0 (SPSS Inc., IBM Company, Chicago, IL, USA).

RISULTATI

Le caratteristiche basali, le terapie con il relativo dosaggio, dei 110 pazienti sono riportate nelle Tabelle 1 e 2. Si tratta di una popolazione relativamente anziana (età media 73 ± 9 anni), prevalentemente di sesso maschile, con una discreta proporzione di soggetti funzionalmente dipendenti nelle attività della vita quotidiana, quasi la metà affetti da una patologia di lunga durata (diagnosi da oltre 1 anno nel 48.2% dei casi) e un elevato carico di comorbilità. La maggioranza presenta un’eziologia ischemica dello SC, l’80.9% era in classe funzionale NYHA II e un’elevata quota era portatore di device elettrico (defibrillatore impiantabile [ICD] e/o pacemaker biventricolare). Circa il 15% di questi ultimi erano sottoposti anche ad uno specifico programma di monitoraggio remoto del device, che rimane però complementare al follow-up clinico ambulatoriale. La frazione di eiezione media era del 37 ± 7%, il 22.2% aveva una frazione di eiezione >40% e le concentrazioni plasmatiche del BNP risultavano moderatamente elevate (266 ± 138 pg/ml).

Tutti i pazienti assumevano diuretico dell’ansa, 107 (97.2%) betabloccanti, 59 (64.9%) un antialdosteronico, 14 (15.4%) ivabradina. Un totale di 67 pazienti (60.9%) era in terapia con sacubitril/valsartan (S/V) e dei restanti 43, il 72.2% assumeva un inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (n = 23) o valsartan (n = 8). I dosaggi medi relativi sono riportati nella Tabella 2.




Sono state valutate separatamente le caratteristiche dei 67 soggetti in terapia con S/V confrontandole con la popolazione di pazienti non trattata. I pazienti in terapia con S/V (dose media 182 ± 111 mg/die) erano più giovani, più frequentemente in classe NYHA III e avevano, coerentemente con le indicazioni alla prescrizione di S/V, una frazione di eiezione media più bassa, oltre ad essere più frequentemente portatori di ICD. La funzione renale, espressa in valori di filtrato glomerulare, era meno compromessa, il valore di BNP medio era più basso, così come la dose di diuretico dell’ansa e di antialdosteronico.

L’intervallo medio fra la visita indice e la visita di follow-up programmata e non effettuata era di 109 ± 38 giorni (mediana 98, range interquartile 91-125); solo 4 pazienti avevano un primo appuntamento fissato entro 35 giorni, per 3 di loro era previsto un controllo precoce a 10-12 giorni dalla dimissione. La distanza media del follow-up telefonico dall’ultima visita è stata di 163 ± 41 giorni e la distanza con la visita programmata di 56 ± 27 giorni.




Al contatto telefonico 7 pazienti (6.3%), tutti nel gruppo che non assumeva S/V, non hanno risposto, ma risultano vivi dai dati amministrativi. Dodici pazienti (13.2%) hanno contratto il COVID-19, 6 nel gruppo trattato (9%) e 6 nel gruppo non trattato (16.2%) con S/V (p=0.339); due terzi di questi sono stati ricoverati per polmonite interstiziale e 5 sono deceduti durante il ricovero, senza differenze rispetto al trattamento. Nessun paziente è stato invece ospedalizzato per peggioramento dello SC. Nessun paziente ha interrotto autonomamente uno dei farmaci assunti.

Alle domande poste durante i contatti avvenuti durante il periodo di quarantena o al momento del contatto telefonico per programmare la nuova visita ambulatoriale, il 75% ha risposto di trovarsi in una condizione di “benessere stabile o migliorato” rispetto all’ultima visita. Il 25% ha riferito un peggioramento delle sue condizioni generali. Nei pazienti in terapia con S/V tale condizione è stata riportata nel 23.8% mentre il 30.2% riferiva di sentirsi molto meglio rispetto all’ultimo controllo, rispetto al 14.7% dei pazienti non trattati con S/V.

L’86% dei pazienti ha riferito un peso stabile. Il 78.4% una pressione arteriosa stabile-invariata: nel gruppo in trattamento con S/V il 21% ha riferito valori pressori più bassi, mai marcatamente sintomatici, rispetto al 15.2% nel gruppo in terapia tradizionale (Figura 1); nessun paziente ha avvertito interventi dell’ICD. Inoltre 2 pazienti hanno riferito episodi di dispnea, in un caso significativa-persistente, 8 pazienti cardiopalmo aspecifico e solo uno edemi periferici.

Nel gruppo dei pazienti trattati con S/V, 4 (6%) hanno titolato il farmaco su indicazione telefonica, passando dalla dose iniziale di 100 mg/die a quella 200 mg/die; in un paziente è stata ridotta la dose da 400 a 200 mg per ipotensione persistente anche se non sintomatica. La potassiemia è rimasta stabile; le variazioni di BNP e filtrato glomerulare sono riportate nella Figura 2. Infine, i 3 pazienti per i quali era previsto un controllo precoce post-dimissioni non hanno riferito problematiche specifiche (uno di loro ha anche titolato il S/V come preventivato).

DISCUSSIONE

Secondo stime del Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale (CREMS) dell’Università Carlo Cattaneo in seguito al blocco delle attività ambulatoriali per la pandemia COVID-19 in Italia non sarebbero stati effettuati circa 12.5 milioni di esami diagnostici, 20.4 milioni di analisi di laboratorio e 13.9 milioni di visite specialistiche. In particolare si prevede che le visite cardiologiche si ridurranno da 17.8 a 8.2 milioni (-54%) sia a causa del lockdown che in seguito alle misure di prevenzione che obbligano, durante la ripresa delle attività, a dilazionare in via profilattica il numero e la modalità di effettuazione delle visite quotidiane5.

Al di là delle stime numeriche, al momento non è facile valutare adeguatamente le ricadute cliniche generate dal differimento degli accessi ambulatoriali, se non oggettivamente ricondurle nell’ambito di specifiche popolazioni di pazienti cronici noti, abitualmente sottoposti ad un follow-up specialistico dedicato.

Il paziente affetto da SC, per la sua storia clinica caratterizzata da fasi di stabilità alternata a fasi di instabilizzazione acuta che ne condizionano la prognosi a medio-lungo termine, è il prototipo del paziente che necessita di un costante controllo ambulatoriale, la cui gestione è affidata prevalentemente al personale specialistico cardiologico e infermieristico dedicato6,7. I tempi e le modalità con cui viene effettuato il follow-up ambulatoriale sono di solito variabili, condizionati soprattutto dalla logistica locale e da parametri clinici. È comunque noto che anche il paziente considerato clinicamente stabile, giudicato a basso rischio, necessita di uno stretto controllo clinico, perché vi è evidenza di progressione silente della patologia e di una significativa incidenza di eventi anche in presenza di apparente stabilità8,9.




Dal 25 febbraio l’Ospedale di Cremona è stato riconfigurato come ospedale COVID con la conseguente sospensione di tutte le attività cliniche-chirurgiche, compresa l’attività Hub per l’infarto miocardico acuto. Le attività ambulatoriali sono rimaste bloccate fino al 25 maggio e 110 pazienti seguiti nel nostro Ambulatorio Scompenso non hanno quindi potuto essere controllati nelle date previste. Durante il periodo di sospensione è stato organizzato almeno un contatto telefonico con un cardiologo specialista per i quattro quinti dei pazienti e tutti sono stati ricontattati alla fine del lockdown per essere riprogrammati e conoscere il loro stato di salute.




All’intervista telefonica, effettuata dal cardiologo o da un infermiere, hanno risposto 103 pazienti. Sette non hanno mai risposto, ma risultano vivi e mai ospedalizzati dalla ricostruzione degli archivi amministrativi. A parte 12 pazienti ricoverati per pneumopatia interstiziale acuta da SARS-CoV-2, di cui 5 deceduti, nessun paziente è stato ospedalizzato per SC o per altra causa. Solo 2 pazienti hanno riferito dispnea, uno di loro con associati edemi periferici, non evidenti all’ultimo controllo. In tutti e tre è stato aumentato telefonicamente il dosaggio del diuretico con successo. Il 75% ha riferito un grado positivo di benessere e il 25% ha riferito di non sentirsi in “buone condizioni” per i disagi personali e sociali legati all’isolamento-distanziamento sociale indotti dalla pandemia.

L’impressione ricavata dalla sospensione del follow-up nei nostri pazienti, anche se per un periodo limitato ai 3 mesi di forzata interruzione, è che in una popolazione stabile, in terapia ottimizzata, il differimento dei controlli non abbia significativamente condizionato lo status clinico legato allo SC. Un controllo telefonico, come già evidenziato da tempo in esperienze di tele-monitoraggio dei pazienti scompensati10,11, si è confermato strumento apprezzato, efficace e a basso costo, utile nel garantire e mantenere un linea di collegamento con i pazienti e permettere un’adeguata gestione del follow-up.

È fortemente probabile che nei prossimi tempi, in seguito alle ricadute post-pandemia e ai rischi persistenti di ulteriori ripresa dei contagi, gli scenari ambulatoriali, in particolare a gestione ospedaliera, subiranno una radicale modifica organizzativa per limitare soprattutto i contatti struttura-medico-paziente. È prevedibile un maggiore impulso ai sistemi di telemedicina, almeno tipo “doc-to patient”, finora ancora poco diffusi, al di là delle evidenze cliniche e delle raccomandazioni12,13 che ne supportano da tempo un maggiore utilizzo almeno ad integrazione della gestione tradizionale.

È comunque da considerare che finora l’utilizzo di strumenti di controllo remoto in pazienti con SC si è dimostrato utile rispetto ad una gestione tradizionale soprattutto in alcune tipologie di pazienti (ad alto rischio o instabili, recentemente ospedalizzati) che rappresentano soltanto circa il 20% della popolazione totale dei pazienti con SC13. Un’implementazione più estesa dei sistemi di e-Health dovrà decisamente tenere conto della necessaria selezione dei pazienti da sottoporre a telecontrollo più che della metodologia e tecnologia prescelta. Come infatti confermato anche nel recente trial OSICAT14, i maggiori ostacoli all’estensione delle procedure di tele-monitoraggio relativamente alla riduzione degli eventi nei pazienti con SC cronico, si sono rivelati essere il grado di complessità clinica e l’aderenza dei pazienti al programma.

A tal proposito la nostra esperienza, basata su una popolazione piuttosto omogenea, anziana (età 73 ± 9 anni), relativamente stabile, prevalentemente in classe NYHA II, con una elevata percentuale di portatori di ICD e in terapia farmacologica ottimizzata (la quasi totalità in betabloccante e un inibitore del sistema renina-angiotensina, due terzi con un antialdosteronico) permette soltanto di confermare la fattibilità e la buona compliance di un controllo telefonico nell’aggiornare un follow-up forzatamente interrotto.

Queste osservazioni consentono di rassicurare il cardiologo sulla possibilità di una gestione ambulatoriale differenziata del paziente con SC cronico. In pazienti simili, del resto piuttosto comuni alla tipologia media dei pazienti che afferiscono negli Ambulatori Scompenso4, potrebbe essere da subito proponibile un follow-up alternativo, sotto forma di tele-visita (o ad esempio tele-consulto dallo studio del loro medico di famiglia), dilazionando così il controllo ambulatoriale “tradizionale”, in modo da dedicare più spazio per i pazienti post-dimissione, con recidive frequenti, con SC avanzato o comunque più complessi. Inoltre forniscono ulteriori elementi di conforto riguardo alla tollerabilità e sicurezza della terapia con S/V in pazienti stabili. Coerentemente con le indicazioni d’uso del farmaco, i pazienti in terapia con S/V presentano un diverso profilo clinico rispetto al resto della popolazione senza peraltro differenze significative nella valutazione telefonica post-lockdown nel grado di benessere riferito, delle variazioni di pressione arteriosa e peso (Figura 1). Solo un paziente ha dovuto ridurre la massima dose del farmaco assunta, per ipotensione, e in 4 pazienti è stato anche incrementato telefonicamente il dosaggio, dalla dose minima a quella intermedia, mantenendo il programma di implementazione previsto nella precedente valutazione ambulatoriale. Infine, non sono state notate variazioni significative nel tempo riguardo ai valori di BNP e funzionalità renale pre-, durante e subito dopo il lockdown (Figura 2), né per la dose media di diuretico nonostante il diverso profilo clinico basale dei due gruppi.

CONCLUSIONE

Gli effetti del lockdown hanno condizionato il programma di follow-up dei pazienti con SC cronico gestito attraverso l’Ambulatorio Scompenso. L’interruzione delle visite programmate per un periodo di 3 mesi non ha provocato ricadute cliniche significative in una popolazione di pazienti con SC cronico, anziana, stabile in terapia ottimizzata. Un supporto telefonico si è rivelato utile ed efficace nel mantenere un collegamento tra l’Ambulatorio ed i pazienti durante il periodo di quarantena, permettendo un’appropriata gestione e l’implementazione della terapia farmacologica. In particolare, i pazienti in terapia con S/V non hanno risentito della pausa dei controlli, confermando la tollerabilità e sicurezza della nuova terapia rispetto ai parametri sia clinici che bioumorali.

RIASSUNTO

Razionale. In seguito alla pandemia COVID-19 anche le attività ambulatoriali sono state temporaneamente sospese. Scopo di questo lavoro è stato quello di valutare le ricadute cliniche sulla gestione del nostro Ambulatorio Scompenso.

Materiali e metodi. Sono state verificate le condizioni cliniche di 110 pazienti affetti da scompenso cardiaco (SC) cronico (età media 73 ± 9 anni) la cui visita era stata forzatamente rinviata.

Risultati. L’80.9% era in classe NYHA II, aveva una frazione di eiezione media del 37 ± 7% e livelli di peptide natriuretico cerebrale moderatamente elevati (266 ± 138 pg/ml). Tutti assumevano diuretico dell’ansa, il 97.2% betabloccante, il 64.9% un antialdosteronico, il 60.9% sacubitril/valsartan (S/V), e dei restanti pazienti, il 72.2% assumeva un inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina o valsartan. I pazienti sono stati contattati telefonicamente durante e alla fine del periodo di quarantena per riprogrammare una nuova vista e sono stati sottoposti ad una serie di domande volte a valutare sia l’eventuale infezione da SARS-CoV-2 sia il quadro clinico e terapeutico correlato allo SC. Dodici pazienti (13.2%) hanno contratto il COVID-19. Nessun paziente è stato ospedalizzato per peggioramento dello SC, ha interrotto autonomamente la terapia farmacologica o ha riferito interventi del defibrillatore. Il 75% ha risposto di trovarsi in “benessere stabile o migliorato” rispetto all’ultima visita e il 25% ha riferito un peggioramento delle sue condizioni generali ma legate agli effetti sociali della pandemia. L’86% dei pazienti ha riferito un peso stabile e il 78.4% una pressione arteriosa stabile-invariata. Fra i pazienti in terapia con S/V, il 21% ha riferito valori pressori più bassi rispetto al 15.2% nel gruppo in terapia tradizionale; 4 pazienti (6%) hanno titolato il farmaco su indicazione telefonica, passando dalla dose di 100 mg/die a quella di 200 mg/die; in un paziente è stata ridotta la dose da 400 a 200 mg/die per ipotensione persistente anche se non sintomatica.

Conclusioni. L’interruzione delle visite programmate per un periodo di 3 mesi non ha provocato ricadute cliniche significative in una popolazione di pazienti con SC cronico, anziana, stabile in terapia ottimizzata. Un supporto telefonico si è rivelato efficace nel mantenere un collegamento con i pazienti durante il periodo di quarantena, permettendo un’appropriata gestione e l’implementazione della terapia farmacologica. In particolare, i pazienti in terapia con S/V non hanno risentito della pausa dei controlli, confermando la tollerabilità e sicurezza della nuova terapia rispetto ai parametri sia clinici che bioumorali.

Parole chiave. Ambulatorio Scompenso; COVID-19; Scompenso cardiaco; Telemedicina.

RINGRAZIAMENTI

Si ringraziano le Infermiere degli Ambulatori dell’U.O. Cardiologia per il prezioso supporto collaborativo clinico ed organizzativo.

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