In questo numero

cinquantenario del gic




IMA, una storia luminosa di 50 anni che ancora continua

Il terzo dei contributi del cinquantenario del Giornale Italiano di Cardiologia è dedicato all’infarto miocardico acuto a cura di Leonardo Bolognese che in Italia è stato uno dei pionieri dell’angioplastica primaria. L’autore ripercorre i progressi che in 50 anni si sono realizzati nel trattamento dell’infarto: dal nichilismo terapeutico degli anni ‘60 in era pre-unità coronariche, quando veniva messa in dubbio perfino l’utilità di ricoverare il paziente infartuato in ospedale, all’introduzione dei betabloccanti e, facendo seguito al riconoscimento del ruolo causale della trombosi coronarica, l’avvento della terapia riperfusiva con la trombolisi e successivamente con l’angioplastica primaria. Progressi per i quali la cardiologia italiana ha avuto un ruolo leader attraverso la dimostrazione dell’efficacia della streptochinasi con lo studio GISSI pubblicato nel 1986 e l’impegno organizzativo per l’implementazione diffusa in tutte le regioni delle reti integrate dell’emergenza coronarica. La rassegna ci offre anche un’ampia panoramica delle nuove prospettive di diagnosi precoce mediante sensori non invasivi in grado di allertare il paziente e di terapia farmacologica e interventistica. Non manca un accenno alle aspettative deluse come quelle della cardioprotezione e della terapia con cellule staminali. Uno stimolo per proseguire la ricerca cardiovascolare con l’obiettivo dell’individuazione di nuovi bersagli terapeutici. In abbinamento al contributo di Leonardo Bolognese un flashback di 50 anni costituito da un pioneristico editoriale di Fausto Rovelli sul trattamento chirurgico dell’infarto miocardico e delle sue complicanze pubblicato nel Giornale Italiano di Cardiologia del 1971. •

covid-19 e cardiologia




Pandemia COVID-19 e Cardiologia: non solo morti per coronavirus

Con il progredire della pandemia COVID-19 è risultato evidente che oltre al dramma delle morti direttamente causate dal virus esiste un eccesso di mortalità secondario alle conseguenze indirette della pandemia. L’aumentata mortalità, rispetto all’atteso, registrata in molti paesi nell’anno 2020 riguarda in particolare un eccesso di morti per cause cardiovascolari. Giuseppe Di Pasquale et al. analizzano le possibili spiegazioni alla base di questo allarmante fenomeno e presentano i dati della regione Emilia-Romagna dove l’eccesso di mortalità cardiaca extraospedaliera è stato del 17% nel primo semestre 2020 con un picco del 62% durante il lockdown. Le cause ipotizzabili includono la riduzione dei ricoveri per infarto, l’aumento degli arresti cardiaci extraospedalieri, la riduzione delle prestazioni cardiologiche erogate durante la pandemia, le sequele cardiovascolari del COVID-19 e, non ultimo, i possibili effetti sfavorevoli del lockdown sulla salute cardiovascolare. I cardiopatici sono i pazienti che hanno pagato il prezzo più alto in termini di vite perdute nel corso della pandemia COVID-19 e questo non solo per gli effetti diretti del coronavirus. La conoscenza delle conseguenze indirette della pandemia COVID-19 sulla morbilità e mortalità cardiovascolare è importante per la pianificazione di appropriate strategie comunicative e la programmazione dei servizi cardiologici durante l’evenienza pandemica. •

editoriali




Lo studio AFFIRM-AHF: il ferro carbossimaltosio per via endovenosa nello scompenso cardiaco acuto e… l’arrivo del coronavirus

Eravamo soliti valutare la consistenza dei risultati finali di un trial sulla qualità dell’arruolamento e sulla modalità e accuratezza dell’analisi statistica. Ora dobbiamo fare i conti anche con gli effetti della pandemia COVID-19 sulle modalità di conduzione dei trial. AFFIRM-AHF è uno dei primi trial ad essere coinvolto nella pandemia e ad ever previsto l’analisi di sensibilità prespecificata a causa dell’impatto del COVID-19 durante il follow-up. Giuseppe Di Tano e Alessandro Navazio nel loro dettagliato editoriale commentano anche quest’ultima imprevista variabile, che comunque non appare aver condizionato i risultati. L’utilizzo di una terapia con ferro carbossimaltosio per via endovenosa in pazienti ricoverati per scompenso cardiaco acuto e concomitante deficit marziale appare migliorare l’outcome, in particolare ridurre il numero delle riospedalizzzioni a 52 settimane. È quindi utile conoscere il profilo marziale di un paziente ricoverato per scompenso cardiaco e reintegrarlo se ridotto, prima della dimissione…, coronavirus a parte! •




Lo studio STRENGTH: i PUFA sono tutti uguali?

Recentemente sono stati pubblicati i risultati dello STRENGTH, trial che ha randomizzato circa 13 000 pazienti ad alto rischio cardiovascolare in prevenzione primaria o secondaria, con elevati livelli ematici di trigliceridi (180-500 mg/dl) e bassi livelli di colesterolo HDL in trattamento con statine, ad una combinazione di acidi grassi polinsaturi (PUFA) n-3 al dosaggio di 4 g/die vs olio di mais. Leonardo De Luca et al. commentano i dati derivanti da questo importante trial e li integrano nella moltitudine di studi sui PUFA pubblicati negli ultimi decenni cercando di fornire una chiave di lettura ed una guida al corretto impiego dei PUFA nella prevenzione degli eventi cardiovascolari. •

rassegne




Il cuore dei migranti

Le malattie cardiovascolari costituiscono la causa principale di morbilità e mortalità anche nei paesi in via di sviluppo. La consapevolezza di questo dato epidemiologico è di grande importanza per il cardiologo in considerazione del fatto che in Italia quasi il 10% della popolazione residente è costituita da stranieri, con una quota significativa di migranti provenienti dal sud-est asiatico. Questa popolazione è fortemente caratterizzata da un’elevata incidenza di eventi coronarici e da una precocità della loro insorgenza. Vincenzo Sucato et al. analizzano i fattori di rischio cardiovascolare tradizionali e quelli emergenti alla base di questo fenomeno. Tra i fattori di rischio peculiari dei migranti di etnia sud-asiatica prevalgono l’insulino-resistenza, l’obesità viscerale, l’ipertensione, le HDL disfunzionali, la lipoproteina(a) elevata, oltre a fattori genetici solo in parte identificati. Peculiari sono anche le caratteristiche della malattia coronarica che è spesso multivasale e con anatomia poco favorevole per le procedure di rivascolarizzazione percutanea o chirurgica. La comunità cardiologica nazionale non può non conoscere questa epidemiologia emergente destinata ad aumentare nel tempo. Si tratta di una conoscenza fondamentale per assicurare alle popolazioni migranti equità di accesso agli interventi cardiologici di prevenzione e cura. •




Nuovo carburante per il cuore?

In questa rassegna Luigi Cappannoli et al. fanno un ottimo approfondimento della modulazione della contrattilità cardiaca nel paziente con insufficienza cardiaca refrattaria ottenibile attualmente con una riduzione delle complicanze grazie all’introduzione di dispositivi di ultima generazione. La modulazione della contrattilità cardiaca si è rivelata efficace e sicura nel migliorare i sintomi, la capacità funzionale e la qualità della vita. La rassegna è completa e considera i meccanismi fisiopatologici, gli effetti acuti e cronici sulla contrattilità, i dispositivi e la tecnica di impianto e conclude con una valutazione dei principali studi pubblicati sull’argomento. Fatevi catturare da questa ulteriore nuova potenziale opzione per la gestione dei pazienti con scompenso cardiaco. •

studi osservazionali




Risultati del progetto SmartCare-FVG

La telemedicina applicata alle malattie croniche non trasmissibili (MCNT) permette una monitorizzazione intensiva domiciliare dei pazienti complessi migliorandone la prognosi e la qualità di vita. In questo numero del Giornale, Donatella Radini et al. presentano i primi dati del progetto SmartCare-Friuli Venezia Giulia, studio di coorte, prospettico, randomizzato e controllato che ha arruolato, da novembre 2014 a febbraio 2016, 201 pazienti già in assistenza domiciliare integrata di età >50 anni, con almeno una MCNT severa (perlopiù scompenso cardiaco) alla telemedicina o cure convenzionali. I risultati sono molto incoraggianti a fronte di un sostenibile aumento dell’utilizzo di risorse infermieristiche territoriali. •




Curare la malattia…. ma non dimenticare la cura del paziente!

I dispositivi di assistenza ventricolare sinistra (LVAD) rappresentano una strategia temporanea o definitiva per i pazienti affetti da insufficienza cardiaca avanzata. Negli ultimi anni il numero di impianti di questi dispositivi è aumentato rivelandosi un trattamento valido per questo tipo di pazienti sia come supporto temporaneo che permanente. I dati degli studi sono molto soddisfacenti in termini di miglioramento della sopravvivenza, mentre non vi sono molti studi che indagano in questi pazienti la qualità di vita e il disagio psicologico e soprattutto come questi parametri si modifichino nel tempo. In questo articolo, Rosario Girgenti et al. hanno valutato retrospettivamente un gruppo di pazienti sottoposti ad impianto di LVAD, passati attraverso un percorso di valutazione psicologico pre-impianto, una fase di supporto psicologico iniziale ed un follow-up psicologico costante. I risultati sono interessanti e forniscono utili elementi di riflessione che vanno anche oltre il contesto dell’impianto di LVAD e sono estrapolabili ai pazienti con patologie croniche. •




26 domande sul trapianto di cuore

Vittorio Palmieri et al. riportano i risultati di un questionario compilato da 13 direttori di centri italiani di trapianto di cuore (TxC). Il questionario, sviluppato sulla base di 26 domande dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e dalla Società Italiana dei Trapianti d’Organo e di Tessuti (SITO), era mirato a valutare: i modelli organizzativi dei centri TxC e le relazioni istituzionali di questi ultimi con le cardiologie, il volume e la tipologia delle attività delle cardiologie nei percorsi assistenziali assicurati dai centri TxC in merito alla selezione dei pazienti candidati a TxC, il follow-up in coloro che sono in lista d’attesa per TxC, la gestione della riacutizzazione dello scompenso cardiaco e dello shock cardiogeno, la valutazione ed allocazione degli organi a riceventi, il follow-up post-trapianto, ed in particolare la gestione di eventuale rigetto d’organo. •

caso clinico




Circuiti elettrici e circuiti idraulici, apparentemente lontani ma così vicini

L’espansione continua dell’interventistica coronarica e aritmologica ha portato progressivamente a distinguere sempre più le figure che si occupano di una e dell’altra. Inconsciamente questo spesso porta a considerare i pazienti con patologia aritmica distinti da quelli con patologia coronarica. In questo numero del Giornale, Simone Zanchi et al. riportano un interessante caso di ablazione di flutter atriale tipico complicata da occlusione della coronaria destra distale. Il caso è stato prontamente trattato con rivascolarizzazione percutanea con un esito felice per il paziente. La revisione della letteratura attesta come questa sia una complicanza estremamente infrequente, che però può capitare e deve essere prontamente riconosciuta e adeguatamente trattata. In particolare, questo caso ci ricorda come la Cardiologia sia una disciplina unica, con diverse sfumature che si intrecciano, ma che richiedono sempre competenze ampie e lavoro di squadra per garantire il miglior outcome al paziente. •