SARS-CoV-2 NEGLI ANIMALI DA COMPAGNIA: LEZIONI DALLA MEDICINA VETERINARIA

Vivere con un animale da compagnia è già dimostrato essere beneficiale e, secondo una recente metanalisi, migliora il tasso di sopravvivenza nei pazienti con malattie cardiovascolari. Inoltre è accertata l’efficacia della vicinanza e contatto con il proprio animale per il controllo della pressione arteriosa e delle frequenza cardiaca1. Questo prezioso legame potrebbe essere indebolito dall’attuale pandemia, anche considerando l’origine animale del SARS-CoV-2 e infatti non va dimenticato che il COVID-19 rientra a pieno titolo tra le zoonosi, ovvero infezioni che si trasmettono in natura tra vertebrati ed uomo. Di conseguenza è indispensabile indagare sul ruolo e sulla suscettibilità dei carnivori domestici (cane e gatto) nei confronti del SARS-CoV-2. Seguono alcune domande, con relative risposte, che emergono quotidianamente durante la pratica clinica dell’autore.

Cani e gatti si possono infettare? La risposta è affermativa. Sono state dimostrate positività sierologiche anche in cani e gatti italiani conviventi con pazienti COVID-19, rispettivamente nel 12.8% e 4.5% dei casi indagati2, nei gatti in Germania e nei cani in Spagna e più raramente positività con test di biologia molecolare in tutto il mondo. Le informazioni più recenti ed affidabili provengono da infezioni sperimentali eseguite in carnivori domestici, dove i gatti si sono infettati e hanno prodotto anticorpi, con reazione polimerasica a catena in tempo reale (RT-PCR) positiva fino a 5 giorni dopo l’infezione, mentre nei cani si è osservata solo la sieroconversione. È quindi evidente una maggiore sensibilità dei felini all’infezione, dove il virus ha la capacità di proliferare nelle prime vie respiratorie, rispetto al cane. Inoltre si deve considerare che nel gatto sono presenti nelle vie digerenti i recettori ACE2 (target del SARS-CoV-2) ed esiste quindi la possibilità di una replicazione virale a livello intestinale (anche se ad oggi non dimostrata), con potenziale disseminazione del virus nell’ambiente.

Cani e gatti possono presentare una forma clinica? Dopo i primissimi report di febbraio-aprile, che hanno sollevato molti dubbi e una sorta di “negazionismo”, teso a proteggere i nostri pets da attacchi mediatici, successivamente, si sono accumulate descrizioni relative a casi clinici nei gatti, con un probabile caso osservato in Sicilia, ad esito letale. Analizzando i casi pubblicati, è probabile che la patogenicità si realizzi a carico delle vie respiratorie, solitamente con sintomi non gravi. I gatti con infezione sperimentale negli Stati Uniti non hanno presentato segni clinici, ma l’esame autoptico ha indicato la presenza di riniti e tracheiti linfoplasmocitarie e miste (suppurative e linfoplasmocitiche). In generale si può riassumere che nei gatti si osservano prevalentemente forme asintomatiche. Le forme cliniche descritte riguardano diarrea, vomito e distress respiratorio. Come riportato precedentemente, i cani tendono ad essere resistenti allo sviluppo di forme cliniche, ma le informazioni al riguardo sono ancora limitatissime, anche se la World Organisation for Animal Health (OIE) sta registrando mensilmente dei casi di malattia3.

Cani e gatti possono essere una fonte di infezione per l’uomo? Il ruolo epidemiologico di cane e gatto varia da improbabile ad assente, anche considerando che gli infetti umani si contano sulle decine di milioni e i pets sicuramente positivi sono numericamente molto pochi, utilizzando come fonte autorevole l’OIE, che traccia tutti i casi documentati3. Anche in via sperimentale si è notato che l’escrezione del virus nel gatto si limita al massimo a 5 giorni contro le 3 settimane degli esseri umani. In conclusione le infezioni da SARS-CoV-2 nei carnivori possono essere considerate delle “reverse zoonosis”. È stata comunque documentata la possibilità di trasmissione dell’infezione da gatto a gatto.

Quali suggerimenti possono essere forniti ai pazienti COVID-19 e conviventi con cani o gatti? Riassumendo le informazioni ad oggi disponibili, possiamo affermare che nei pazienti COVID-19, la convivenza con i propri animali domestici è importantissima come supporto psicologico e come facilitazione verso un recupero psico-fisico. Esistono indicazioni precise prodotte dal Ministero della Salute relativamente alla gestione dei pets e in particolare si scrive che “ ...è assolutamente consigliabile che gli animali da compagnia restino presso la famiglia. La persona infetta deve evitare il contatto ravvicinato con l’animale, comportandosi verso di esso con le stesse precauzioni adottate per gli altri familiari”4. Il suggerimento è quindi di limitare il contatto con i propri animali da compagnia durante la fase infettante della malattia, al fine di evitare la trasmissione del virus, sia per proteggerli, sia per evitare incroci indesiderati con altri coronavirus potenzialmente già presenti. Infatti i coronavirus, che sono distinti in quattro generi, sono abbondantemente presenti in natura e si riconoscono infezioni specifiche per le differenti specie. Nel cane sono stati isolati Alphacoronavirus a localizzazione intestinale e un Betacoronavirus (il medesimo genere del SARS-CoV-2), di probabile origine bovina. Nel gatto sono noti due Alphacoronavirus (Feline coronavirus I e II), in grado di generare forme cliniche mortali in questa specie.

Può essere utile testare gli animali da compagnia per il SARS-CoV-2? L’esecuzione dei test di biologia molecolare è prevista nelle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità in caso di stati di malattia in cani e gatti che convivono con pazienti COVID-19. Il Laboratorio Veterinario San Marco, al pari di altri laboratori nazionali ed internazionali, realizza l’indagine di biologia molecolare RT-PCR per la ricerca del SARS-CoV-2 su campioni canini e felini. Le indicazioni non sono comuni, ad eccezione delle indagini epidemiologiche, che spettano alla Sanità Pubblica o ad altri enti di ricerca, le indicazioni per l’esecuzione del test sono rare, e non sostituiscono, ma eventualmente affiancano le indicazioni vigenti4. Attualmente vengono testati cani e gatti che presentano uno stato di malattia non spiegabile con altre cause, in particolare in presenza di patologie delle vie respiratorie e che sono esposti ad una condizione di rischio epidemiologico (convivenza con pazienti COVID-19), in analogia a quanto suggerito negli Stati Uniti dall’American Veterinary Medical Association. Un’altra motivazione per la ricerca dell’antigene virale, sempre in animali conviventi con esseri umani positivi, di grande importanza sociale, è il supporto della salute comune, in un’ottica One Health. Alla sofferenza fisica e al disagio psichico legato alla positività e alla malattia, spesso si associa il timore che i propri animali non vengano accuditi, perché ritenuti potenziali portatori del virus. Questa paura è una causa concreta di autoisolamento e rinuncia alle cure di una percentuale importante di pazienti umani5. In questa situazione di crisi, il medico veterinario può aiutare concretamente eseguendo il test nei pets di casa, che risulteranno, molto probabilmente negativi (come da statistiche mondiali), e per essi saranno possibili affidi temporanei, sollevando da questa preoccupazione i loro proprietari. Il Laboratorio comunque raccomanda sempre di contattare le Autorità competenti in caso di positività al test.

Il rapporto tra animale da compagnia ed esseri umani è fondamentale per una parte predominante della nostra società. Nemmeno l’attuale pandemia, con lo strascico di complicazioni sociali che l’accompagna, deve turbare una fonte inesauribile di contrasto allo stress e di supporto al benessere comune. I medici veterinari sono parte integrante di questo sistema virtuoso che concorre al mantenimento globale della One Health.

Tommaso Furlanello

Clinica e Laboratorio d’Analisi Veterinarie San Marco, Veggiano (PD)

e-mail: tf@sanmarcovet.it

BIBLIOGRAFIA

Per un approfondimento bibliografico si rimanda online alla pagina https://www.clinicaveterinariasanmarco.it/furlanello-sars-cov2.

1. El-Qushayri AE, Kamel AM, Faraj HA, et al. Association between pet ownership and cardiovascular risks and mortality: a systematic review and meta-analysis. J Cardiovasc Med 2020;21:359-67.

2. Patterson EI, Elia G, Grassi A, et al. Evidence of exposure to SARS-CoV-2 in cats and dogs from households in Italy. Nat Commun 2020;11:6231.

3. World Organisation for Animal Health. COVID-19 Portal: Events in animals. www.oie.int/en/scientific-expertise/specific-information-and-recommendations/questions-and-answers-on-2019novel-coronavirus/events-in-animals [ultimo accesso 14 gennaio 2021].

4. Ministero della Salute. Nota DGSAF 9224: Linee guida per la gestione di animali da compagnia sospetti di infezione dal SARS-CoV2. www.fnovi.it/sites/default/files/MdS_LINEE_GUIDA_COVID_PET_aprile2020.pdf [ultimo accesso 14 gennaio 2021].

5. Applebaum JW, Adams BL, Eliasson MN, Zsembik BA, McDonald SE. How pets factor into healthcare decisions for COVID-19: a One Health perspective. One Health 2020;11:100176.