Opportunità e prospettive per l’impiego dell’acido bempedoico nella pratica clinica

Stefania Angela Di Fusco1, Pietro Scicchitano2, Furio Colivicchi1

1U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri, ASL Roma 1, Roma

2U.O.C. Cardiologia-UTIC, Ospedale San Paolo, Bari

Bempedoic acid is a new lipid-lowering drug that inhibits cholesterol biosynthesis in liver cells selectively. Results from phase 2 and phase 3 studies showed a complementary effect on LDL-cholesterol lowering when combining bempedoic acid and ezetimibe without increasing side effects. Moreover, bempedoic acid seems to represent a good treatment option for the management of hypercholesterolemia, especially in patients at increased risk of cardiovascular events, such as patients with impaired glucose metabolism, elderly patients, patients with prior acute coronary syndrome, and patients with familial hypercholesterolemia. Based on the scientific evidence, this paper provides practical recommendations on the management of hypercholesterolemia with bempedoic acid.

Key words. Cardiovascular disease; Cholesterol; Hypercholesterolemia; Lipid-lowering drug.

ACIDO BEMPEDOICO ED EZETIMIBE IN COMBINAZIONE: UN APPROCCIO TERAPEUTICO SICURO ED EFFICACE PER L’IPERCOLESTEROLEMIA

Da oltre 30 anni le statine sono il trattamento di prima linea per l’ipercolesterolemia. Nonostante la loro comprovata efficacia e la disponibilità di ulteriori farmaci ipolipemizzanti, le evidenze dal mondo reale mostrano un persistente divario tra i valori di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità (C-LDL) raccomandati nei pazienti a più alto rischio cardiovascolare e i livelli ottenuti nella pratica clinica quotidiana1,2. Peraltro, la riduzione dei livelli di C-LDL attesa ad ogni raddoppio di dose di statina è di entità limitata, compresa tra il 5% e il 7%3, e può comportare un aumento del rischio di effetti collaterali. D’altra parte, invece, l’utilizzo di farmaci con meccanismo d’azione complementare permette di avere un effetto sinergico con minor impatto in termini di effetti collaterali. Sulle basi di queste premesse è stato sviluppato l’acido bempedoico4, un farmaco ipolipemizzante non statinico che, dapprima in studi preclinici e poi negli studi clinici, si è dimostrato in grado di ridurre in maniera significativa i livelli di C-LDL, sia in aggiunta alla massima dose di statina tollerata sia in pazienti con intolleranza alle statine, con un effetto ancora maggiore quando utilizzato in combinazione con l’ezetimibe. In effetti, l’acido bempedoico e l’ezetimibe, agendo con meccanismi differenti (inibendo la sintesi epatica il primo e l’assorbimento intestinale il secondo), determinano una riduzione dei livelli di C-LDL in maniera complementare. Studi di randomizzazione mendeliana hanno evidenziato che la combinazione delle varianti genetiche di ACLY (ATP citrato liasi), che mimano l’effetto dell’acido bempedoico, con le varianti per NPC1L1 (Niemann-Pick C1-Like 1), che mimano l’effetto dell’ezetimibe, hanno un effetto additivo nella riduzione dei livelli plasmatici di C-LDL5. In pazienti con malattia cardiovascolare, ipercolesterolemia familiare (FH) eterozigote o molteplici fattori di rischio cardiovascolare, l’acido bempedoico 180 mg combinato a dose fissa con ezetimibe 10 mg, in aggiunta alla massima dose di statina tollerata, ha portato ad una riduzione dei livelli di C-LDL del 38% (variazione percentuale rispetto al basale corretta per il placebo) con una buona tolleranza del trattamento. Inoltre, la riduzione dei valori di C-LDL è risultata simile nei diversi sottogruppi di pazienti suddivisi sulla base dell’intensità del trattamento statinico basale (alta intensità, intensità moderata o bassa, o nessuna statina a causa di intolleranza) (NCT03337308)6. In uno studio clinico randomizzato verso placebo (NCT03051100)7, condotto su una popolazione di pazienti con ipercolesterolemia ed in cui, dopo un periodo di wash-out dalla terapia ipolipemizzante, l’acido bempedoico è stato impiegato in combinazione fissa con ezetimibe 10 mg e atorvastatina 20 mg, la triplice terapia ha ridotto i valori di C-LDL di oltre il 63% rispetto ai valori basali (la riduzione dei valori di C-LDL ottenuta nei principali studi del programma di sviluppo dell’acido bempedoico è ripotata nella Figura 1)6-11.




In quest’ultimo studio di fase 2, la suddetta triplice associazione è risultata globalmente ben tollerata ed ha permesso di ottenere i valori di C-LDL raccomandati dalle linee guida in più del 90% dei pazienti arruolati, con oltre il 95% dei pazienti che ottiene una riduzione dei livelli di C-LDL ≥50% rispetto al basale. Dunque, se da un lato l’utilizzo di una dose sub-massimale di statina ha il vantaggio di limitare il rischio di effetti collaterali associati a questo trattamento, l’impiego in combinazione con ezetimibe ed acido bempedoico può garantire il raggiungimento dei target terapeutici di C-LDL anche nei pazienti a rischio cardiovascolare molto alto. È importante anche sottolineare il vantaggio in termini di compliance terapeutica associato all’impiego di una combinazione precostituita di più principi attivi12, come ad esempio l’associazione di acido bempedoico ed ezetimibe già approvata dall’ente regolatore europeo e nazionale.

L’ACIDO BEMPEDOICO IN PARTICOLARI
CONTESTI CLINICI

Il rischio di malattia cardiovascolare aterosclerotica in particolari contesti clinici come nel paziente diabetico, nei soggetti più anziani, nei pazienti con pregressi eventi coronarici acuti e nei soggetti con FH, è notoriamente aumentato. In questi specifici contesti l’acido bempedoico può rappresentare un’importante opzione terapeutica ipolipemizzante.

Paziente diabetico

Nonostante numerosi studi clinici hanno documentato un’associazione tra diabete di nuova insorgenza/iperglicemia e dose/efficacia/durata del trattamento con statina13,14, in considerazione della riduzione del rischio cardiovascolare associato al trattamento con statine, ad oggi le statine restano il trattamento ipolipemizzante di prima scelta anche nei pazienti diabetici. Le crescenti evidenze relative all’effetto favorevole del trattamento con acido bempedoico su alcuni parametri glicemici fanno avanzare l’ipotesi che i pazienti con più alto rischio di sviluppare diabete (cioè con alterata glicemia a digiuno) o con diabete mellito di tipo 2 possano giovarsi maggiormente della terapia ipolipemizzante con acido bempedoico. Valutazioni precliniche hanno dimostrato un effetto favorevole dell’acido bempedoico sui parametri glicemici come un miglior controllo del metabolismo glucidico e un incremento della sensibilità all’insulina15,16. Effetti favorevoli sul metabolismo glucidico sono stati confermati da successivi studi clinici. Le metanalisi dei trial randomizzati hanno documentato una minore incidenza di diabete mellito o di peggioramento di diabete preesistente in soggetti trattati con acido bempedoico rispetto al placebo17-21. Una “pooled” analisi di 4 studi clinici randomizzati ha mostrato una significativa riduzione dei livelli di emoglobina glicata e di glicemia a digiuno nei pazienti trattati con acido bempedoico confrontati con placebo (l’83% dei pazienti inclusi nell’analisi erano trattati con una statina in associazione o meno ad altra terapia ipolipemizzante)22. In attesa di studi clinici mirati a valutare l’impatto delle osservazioni finora riportate sull’incidenza di eventi clinici, le statine restano il trattamento di prima linea nella gestione dell’ipercolesterolemia nel paziente diabetico.

Paziente anziano

L’età rappresenta un fattore di rischio cardiovascolare indipendente ed è inclusa nelle carte di rischio SCORE (Systematic Coronary Risk Estimation) per la stima di eventi cardiovascolari fatali a 10 anni23. Una recente metanalisi ha stimato che in soggetti anziani (età ≥70 anni) con ipercolesterolemia la riduzione dei valori di C-LDL è associata ad una riduzione del rischio di eventi cardiovascolari anche maggiore di quella attesa nei soggetti più giovani24, sottolineando l’importanza di mettere in pratica strategie preventive ipolipemizzanti anche nei pazienti anziani. Sebbene le statine sono considerate sicure nei pazienti anziani, diversi fattori come comorbilità (nefropatia, epatopatia, distiroidismo, ecc.), politerapia e basso peso, possono predisporre agli eventi avversi correlati al loro impiego, per cui in questa popolazione di pazienti dovrebbe essere preso in considerazione l’uso di statine a più bassa intensità23. Nell’ambito degli studi del programma CLEAR che ha coinvolto 3621 pazienti, 2098 (58%) avevano un’età ≥65 anni25. Nessuna differenza in termini di sicurezza è stata osservata tra i pazienti anziani e quelli più giovani. Globalmente, nonostante il numero non elevatissimo di pazienti con età ≥75 anni (n=571), i dati disponibili offrono importanti informazioni relative ad efficacia e sicurezza dell’acido bempedoico anche in pazienti anziani. Inoltre, il metabolismo di acido bempedoico è indipendente dal citocromo P450 e questo può ridurre il rischio di interazioni farmacologiche nel paziente anziano politrattato. Dunque, anche nei pazienti anziani, l’acido bempedoico rappresenta un’ulteriore valida arma terapeutica per la gestione dell’ipercolesterolemia. In effetti, ad oggi la razionalizzazione delle risorse del Sistema Sanitario Nazionale preclude la rimborsabilità degli inibitori della proproteina della convertasi subtilisina/kexina di tipo 9 (PCSK9-I) nei pazienti più anziani (≥80 anni) per cui in questo specifico gruppo di pazienti l’acido bempedoico potrebbe rappresentare la prima opzione terapeutica in aggiunta alla massima dose tollerata di statina ed ezetimibe (Figura 2)26.




Nella pratica clinica, nei pazienti più anziani viene suggerita una particolare attenzione in caso di impiego di statine ad alte dosi, al fine di rilevare eventuali reazioni avverse correlate al loro impiego.

Paziente con precedente sindrome coronarica acuta

Le recenti linee guida internazionali della Società Europea di Cardiologia hanno nettamente ridotto i livelli di C-LDL raccomandati in pazienti a rischio di eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE) molto alto, inclusa la sindrome coronarica acuta (SCA)23. In questi pazienti, secondo le raccomandazioni delle linee guida è necessario ridurre i valori di C-LDL del 50% rispetto al basale e, comunque, il C-LDL deve essere <55 mg/dl. Inoltre, si può considerare un target <40 mg/dl in caso di secondo evento cardiovascolare nei 2 anni successivi al primo episodio23.

D’altro canto, l’impiego di statine ad alto dosaggio e/o ezetimibe sin nelle primissime fasi dopo un evento coronarico acuto ha dimostrato di ridurre nettamente l’incidenza di MACE a medio e lungo termine27-30. I soggetti che non riescono a raggiungere i target predefiniti beneficiano dell’introduzione dei PCSK9-I sia per l’efficace riduzione dei livelli plasmatici di C-LDL31 che per la riduzione di endpoint “hard” come mortalità da cause cardiovascolari e ricorrenza di eventi cardiaci ischemici32,33. Sebbene più della metà dei pazienti dimessi per SCA risulti eleggibile a terapia con PCSK9-I34, le limitazioni legate a costi e rimborsabilità (trattamento non rimborsabile in pazienti di età >80 anni o con C-LDL <130 mg/dl se in prevenzione primaria e <100 mg/dl se in prevenzione secondaria) rappresentano un ostacolo concreto al loro impiego in una significativa quota di tali soggetti. In questo contesto può inserirsi l’acido bempedoico: qualora i target raccomandati di C-LDL non siano raggiunti nonostante terapia con statine al massimo dosaggio tollerato, ed in associazione ad ezetimibe, e i PCSK9-I non possano essere utilizzati, l’acido bempedoico potrebbe rappresentare un’opzione per il trattamento ipolipemizzante dei pazienti post-SCA. Nella pratica clinica l’adozione dell’acido bempedoico potrebbe essere favorito da due aspetti principali: il favorevole rapporto costo/efficacia, che si prevede per la commercializzazione del farmaco rispetto ai PCSK9-I, potrebbe rendere l’acido bempedoico più facilmente accessibile in un periodo di particolare attenzione al contenimento delle spese come quello attuale; il secondo aspetto è la possibilità di utilizzare un’associazione precostituita di acido bempedoico con ezetimibe35.

Paziente con ipercolesterolemia familiare

L’FH è un disordine genetico a carattere dominante e alta penetranza che determina un’alterata clearance epatica delle lipoproteine a bassa densità a causa di una disfunzione del loro recettore (LDLR). Il quadro clinico che ne deriva è caratterizzato da una precoce comparsa di malattie cardiovascolari su base aterosclerotica36. I soggetti con FH eterozigote hanno una probabilità del 65% più alta rispetto alla popolazione generale di andare incontro a morte da tutte le cause e MACE, inclusi infarto miocardico, ictus ischemico/attacco ischemico transitorio, arteriopatia periferica e rivascolarizzazione coronarica37. Uno studio norvegese ha dimostrato che i pazienti affetti da FH con età compresa tra 20 e 40 anni avevano un rischio di morte per patologie cardiovascolari 12 volte superiore rispetto alla popolazione generale38. Sulla base delle numerose evidenze scientifiche disponibili le linee guida della Società Europea di Cardiologia includono i pazienti affetti da FH nella categoria di rischio cardiovascolare “alto”, ovvero “molto alto” in caso di compresenza di altri fattori di rischio maggiore23. Ne deriva la necessità di mantenere i livelli di C-LDL <70 mg/dl (rischio alto) o <55 mg/dl (rischio molto alto) in soggetti con FH23. Sebbene il precoce trattamento ipolipemizzante, addirittura sin dall’età infantile39, sia fondamentale per ridurre il rischio di eventi avversi cardiovascolari, il 60% dei pazienti affetti da FH non riesce a raggiungere i target lipidici raccomandati nonostante l’utilizzo di statine alla massima dose consigliata in associazione ad ezetimibe e PCSK9-I40.

L’uso dell’acido bempedoico in questo contesto potrebbe essere una valida opzione terapeutica per il conseguimento dei valori target di C-LDL. Sebbene la disfunzione del LDLR si giovi dell’azione degli anticorpi monoclonali che hanno come target la PCSK9, l’inibizione della sintesi del colesterolo tramite acido bempedoico potrebbe garantire un beneficio aggiuntivo riducendo ulteriormente i livelli lipemici.

Una recente analisi congiunta di 4 trial clinici randomizzati sull’acido bempedoico41 ha dimostrato una riduzione significativa del 22.3% dei livelli di C-LDL in pazienti in terapia ipolipemizzante ottimizzata affetti da FH rispetto a coloro che sono stati trattati con placebo.

Considerando il potenziale vantaggio farmaco-economico dell’acido bempedoico rispetto ai PCSK9-I, la patogenesi della FH e la necessità di agire su vie differenti rispetto a quella dell’uptake del C-LDL da parte dell’epatocita, l’acido bempedoico potrebbe diventare un’opzione terapeutica ottimale per raggiungere i target di C-LDL raccomandati in pazienti con FH.

CONCLUSIONE

L’introduzione dell’acido bempedoico nell’armamentario terapeutico per il trattamento dell’ipercolesterolemia rappresenta un’importante opportunità di cura, sicura ed efficace, con specifici vantaggi in contesti clinici particolari. In attesa delle indicazioni di prescrivibilità e rimborsabilità, l’algoritmo proposto da Colivicchi et al.4 per la gestione dell’ipercolesterolemia (Figura 3) include l’acido bempedoico come alternativa ai PCSK9-I e, dunque, in aggiunta alla massima dose di statina tollerata più ezetimibe, per il potenziale rapporto costo/efficacia più favorevole rispetto ai PCSK9-I.




RIASSUNTO

L’acido bempedoico è un nuovo farmaco ipolipemizzante con un meccanismo d’azione complementare rispetto all’ezetimibe. L’associazione di acido bempedoico ed ezetimibe ha il vantaggio di ridurre significativamente i livelli di colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità senza aumentare il rischio di eventi avversi. Inoltre, dai risultati degli studi finora disponibili l’acido bempedoico emerge come opzione terapeutica particolarmente rilevante per il trattamento dell’ipercolesterolemia in contesti clinici con aumentato rischio cardiovascolare, quali il paziente con alterato metabolismo glucidico, l’anziano, il paziente con pregressa sindrome coronarica acuta, ed il paziente con ipercolesterolemia familiare.

Parole chiave. Colesterolo; Farmaci ipolipemizzanti; Ipercolesterolemia; Malattie cardiovascolari.

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