Embolia polmonare e SARS-CoV-2:
analisi delle caratteristiche dei pazienti ricoverati
presso un centro nel nord Italia per embolia
polmonare associata a COVID-19

Simone Zanchi1*, Carmelo La Greca1*, Chiara Forgione1, Luca Bettari1, Sarah Cortinovis1, Gaetano Pero1, Domenico Pecora1, Paolo Botti2, Claudio Bnà2, Claudio Cuccia1

1Dipartimento Cardiovascolare, 2Dipartimento di Radiologia,

Fondazione Poliambulanza, Brescia

Background. Coronavirus disease 2019 (COVID-19) has shown high morbidity and mortality and the relationship between pulmonary embolism (PE) and COVID-19 is well established in the literature.

Methods. We describe the characteristics of a cohort of COVID-19 patients (EP-COV) hospitalized at our Centre with PE, investigating how COVID-19 may have influenced their outcomes, as compared to patients without COVID-19 hospitalized for PE in the same months of 2020 (EP-2020) and 2019 (EP-2019).

Results. EP-COV patients (n=25) were younger (60.5 ± 8.5 vs 71.4 ± 14.5 vs 70.9 ± 11.8 years, p=0.003), more frequently male (76% vs 48% vs 35%, p=0.016), with a lower history of neoplasia (12% vs 47% vs 40%, p=0.028) and more clinically severe (SOFA score 3.4 ± 1.4 vs 2.2 ± 1.4 vs 1 ± 1.1, p<0.001 and PaO2/FiO2 ratio 223.8 ± 75.5 vs 306.5 ± 49.3 vs 311.8 ± 107.5) than EP-2020 (n=17) and EP-2019 patients (n=20). D-dimer and C-reactive protein were higher in EP-COV (p=0.038 e p<0.001, respectively). The rate of concomitant deep vein thrombosis associated with PE did not differ significantly between the three groups. EP-COV patients developed PE more frequently during in-hospital stay than non-COVID-19 patients (p = 0.016). The mortality rate was higher in EP-COV than in EP-2020 and EP-2019 patients (36% vs 0% vs 5%, p=0.019).

Conclusions. In our study, the risk factors for PE in COVID-19 patients seem to differ from the traditional risk factors for venous thromboembolism; EP-COV patients are clinically more severe and display a higher mortality rate than EP-2020 and EP-2019 patients.

Key words. COVID-19; Pulmonary embolism.

INTRODUZIONE

Dal mese di dicembre 2019 l’infezione da sindrome respiratoria acuta severa coronavirus 2 (SARS-CoV-2) ha provocato una pandemia globale, che ha determinato una crisi sanitaria mondiale. La malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) ha diverse manifestazioni cliniche, che vanno dalla forma asintomatica o paucisintomatica alla sindrome da distress respiratorio acuto associata ad alti tassi di mortalità1,2. Molti fattori di rischio sono stati correlati a una maggiore severità della malattia e ad un maggiore tasso di mortalità intraospedaliera3; tra questi, l’età avanzata, un più alto SOFA score e le aumentate concentrazioni sieriche di D-dimero. In particolare, numerosi studi hanno riportato una maggiore prevalenza di embolia polmonare (EP) nei pazienti COVID-19 rispetto a quella comunemente incontrata nei pazienti critici, ma non infetti da SARS-CoV-24,5. Da ciò, le attuali linee guida consigliano di adottare una profilassi tromboembolica in tutti i pazienti ospedalizzati, a dose crescente fino all’anticoagulazione piena nei pazienti più critici.

Nel presente studio abbiamo confrontato i pazienti ricoverati per EP e diagnosi di COVID-19 con quelli SARS-CoV-2 negativi ricoverati per EP in un analogo periodo di tempo del 2020 e del 2019, con l’obiettivo di analizzarne le caratteristiche cliniche, laboratoristiche e radiologiche.

MATERIALI E METODI

Disegno dello studio e dati clinici

Abbiamo raccolto retrospettivamente i dati di tutte le EP osservate dal 1° febbraio 2020 al 31 marzo 2020 in Fondazione Poliambulanza, un ospedale di 560 posti, che serve approssimativamente 600 000 residenti nella provincia di Brescia. Fra i pazienti con diagnosi di EP, abbiamo confrontato i pazienti con infezione da SARS-CoV-2 (gruppo EP-COV) e quelli senza infezione da SARS-CoV-2 (gruppo EP-2020). Abbiamo individuato come ulteriore gruppo di paragone quello rappresentato dai pazienti ricoverati per EP in un analogo periodo dell’anno precedente (dal 1° febbraio 2019 al 31 marzo 2019), quando ancora l’epidemia da SARS-CoV-2 non era iniziata, al fine di ottenere una popolazione di controllo COVID-19 negativa che non risentisse neppure in maniera indiretta dell’influsso del nuovo virus comparso nel dicembre 2019 (gruppo EP-2019). Abbiamo inizialmente confrontato le tre popolazioni tra di loro valutando parametri demografici, clinico-laboratoristici, radiologici e la gestione intraospedaliera (Tabelle 1 e 2).










Successivamente, al fine di individuare eventuali ulteriori differenze legate all’infezione da SARS-CoV-2, abbiamo riunito in un unico gruppo i pazienti COVID-19 negativi del 2019 e del 2020 e li abbiamo confrontati con i pazienti COVID-19 positivi (Tabella 3).




Tutti i dati sono stati desunti e raccolti da cartelle cliniche elettroniche, da schede di dimissione ospedaliera e da archivi di imaging da due ricercatori, indipendentemente. La conferma di infezione da SARS-CoV-2 è stata ottenuta da test mediante reazione polimerasica a catena a trascrittasi inversa (RT-PCR) su tampone nasofaringeo. Esami ematici di routine hanno incluso: esame emocromocitometrico, sierologia, profilo coagulativo, D-dimero, troponina I ad alta sensibilità (hsTnI), frammento N-terminale del propeptide natriuretico di tipo B (NT-proBNP), proteina C-reattiva (PCR), emogasanalisi. I pazienti sono stati stratificati secondo score prognostici: mediante lo score SOFA sono stati valutati il livello di compromissione globale e la relativa prospettiva prognostica; la gravità dell’EP è stata classificata in accordo con le linee guida europee6 in base al rischio di mortalità precoce, considerando lo stato emodinamico, lo score PESI, l’ecocardiogramma transtoracico e l’eventuale incremento sierico di hsTnI in ogni paziente: ogni EP è stata quindi distinta in rischio basso, intermedio e alto, attribuendo a ciascun livello di rischio un numero (rispettivamente 1, 2 e 3). L’approccio terapeutico standard del paziente è stato dettato seguendo le linee guida della Società Europea di Cardiologia per il trattamento dell’EP e le linee guida della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali e i protocolli ospedalieri per il trattamento della polmonite COVID-196,7. Il presente studio è conforme alla Dichiarazione di Helsinki ed è stato esaminato e approvato dal consiglio istituzionale.

Imaging

Tutti i pazienti con sospetto di EP sono stati sottoposti a tomografia computerizzata (TC) con mezzo di contrasto. I criteri secondo cui veniva posta l’indicazione a tali indagini erano i medesimi per i pazienti affetti o meno da COVID-19, in quanto nell’intervallo temporale indagato ancora non era stata stabilita una chiara correlazione tra EP e infezione da SARS-CoV-2. Le acquisizioni sono state ottenute dopo iniezione di un’adeguata dose di mezzo di contrasto, correlata con l’indice di massa corporea. Sono state utilizzate tecniche di riduzione della dose e di ricostruzione multiplanare. Le immagini sono state riviste retrospettivamente da due radiologi esperti, indipendentemente, su una workstation PACS con tre diverse scale di grigio per interpretazione della finestra polmonare, mediastinica e specifica per EP. L’estensione dell’ostruzione arteriosa è stata classificata in unilaterale o bilaterale; un’ulteriore distinzione è stata fatta in centrale, lobare, segmentaria e subsegmentaria.

Analisi statistica

Le variabili continue sono state presentate come media (± deviazione standard); le variabili categoriche sono state presentate come numeri e percentuali. Per comparare le differenze fra i pazienti delle diverse popolazioni, abbiamo utilizzato il test ANOVA e l’analisi post-hoc per i confronti multipli con metodo di Bonferroni, il test t di Student, il test χ2 o il test esatto di Fisher, ove appropriato. L’analisi dei dati è stata effettuata utilizzando il software di statistica SPSS (versione 26, SPSS Inc, Chicago, IL, USA).

RISULTATI

Confronto tra pazienti EP-COV, EP-2020 ed EP-2019 con analisi della varianza (Tabella 1)

Caratteristiche demografiche

Tra il 1° febbraio 2020 e il 31 marzo 2020, abbiamo osservato 42 EP, con un incremento del 110% rispetto alle 20 EP osservate in un analogo periodo del 2019 (dal 1° febbraio 2019 al 31 marzo 2019). Delle 42 EP osservate nel 2020, 25 EP erano associate a un quadro di COVID-19. I pazienti con diagnosi di EP e COVID-19 (EP-COV) erano più giovani (60.52 ± 8.54 anni) rispetto ai pazienti con diagnosi di EP ma non COVID-19 coevi (EP-2020) (71.41 ± 14.53 anni) e rispetto ai pazienti affetti da EP osservati in periodo analogo dell’anno precedente (EP-2019) (70.85 ± 11.78 anni) (p=0.003). Inoltre, i pazienti EP-COV erano più frequentemente maschi (19/25; 76%), mentre meno frequentemente lo erano i pazienti EP-2020 (8/17; 47%) e i pazienti EP-2019 (7/20; 35%) (p=0.016). Non si sono osservate differenze in termini di peso, altezza e indice di massa corporea.

Caratteristiche anamnestiche

Tra i fattori di rischio di tromboembolismo venoso, i pazienti EP-COV mostravano meno frequentemente una storia di neoplasia (3/25; 12%) rispetto ai pazienti EP-2020 (8/17; 47%) e ai pazienti EP-2019 (8/20; 40%) (p=0.028). Nessun paziente EP-COV presentava una storia di pregresso tromboembolismo venoso, presente invece in 2/17 pazienti del gruppo EP-2020 e in 3/20 pazienti del gruppo EP-2019, dati questi che non hanno peraltro raggiunto la significatività statistica (p=0.149). Non si sono osservate differenze statisticamente significative in termini di storia di ipertensione arteriosa, diabete mellito, coronaropatia, broncopneumopatia cronica ostruttiva, clearance della creatinina.

Presentazione clinica e stratificazione prognostica

Il quadro clinico dei pazienti EP-COV era mediamente più grave rispetto a quello osservato nei pazienti EP-2020 e EP-2019 (gravità EP secondo linee guida europee: 2.16 ± 1.11 vs 1.56 ± 0.63 vs 1.55 ± 0.69, rispettivamente, p=0.036); inoltre, i pazienti EP-COV risultavano più compromessi secondo lo score SOFA (3.4 ± 1.41), rispetto ai pazienti con EP-2020 (2.2 ± 1.44) e ai pazienti EP-2019 (1.0 ± 1.08) (p <0.001). Non sono risultate significative le differenze in termini di PESI score tra i tre gruppi. Non si sono osservate differenze relative alla concomitante presenza di TVP tra i pazienti EP-COV e i pazienti con EP ma non-COVID-19 coevi o del 2019 (12/25, 48%; 9/17, 53%; 8/20, 40%, rispettivamente; p=0.735).

Laboratorio

I valori di PCR erano più alti nei pazienti EP-COV (190.35 ± 108.42) rispetto ai pazienti EP-2020 (97.43 ± 84.29) e ai pazienti EP-2019 (46.74 ± 74.29) (p<0.001). I livelli di D-dimero nel gruppo EP-COV erano significativamente più alti rispetto ai gruppi EP-2020 e EP-2019 (rispettivamente 14 729.44 ± 7593.38 vs 8015.29 ± 7040.05 vs 7544.38 ± 9161.29, p=0.038). Non si sono riscontrate differenze nei valori di NT-proBNP (pazienti EP-COV 1250.86 ± 1529.90 pg/ml; EP-2020 1400.25 ± 1673.99 pg/ml; EP-2019 1807.41 ± 2568.36 pg/ml, p=0.803) e hsTnI (pazienti EP-COV 180.08 ± 318.33 ng/l; EP-2020 42.41 ± 57.30 ng/l; EP-2019 55.73 ± 70.71 ng/l, p=0.138). Nei pazienti EP-COV il rapporto PaO2/FiO2 era peggiore che nei pazienti EP-2020 e EP-2019 (223.80 ± 75.53 vs 306.50 ± 49.25 vs 311.80 ± 107.51, p=0.002).

Caratteristiche radiologiche

Non sono state riscontrate differenze radiologiche in merito all’estensione dell’EP, quando valutata in termini di coinvolgimento bilaterale delle diramazioni delle arterie polmonari (14/25, 56% vs 13/17, 76% vs 11/20, 55%, rispettivamente per i gruppi EP-COV, EP-2020 e EP-2019) e quando valutata in termini di coinvolgimento dei rami principali delle arterie polmonari (9/25, 36% vs 5/17, 29% vs 6/20, 30%).

Gestione dei pazienti

Rispetto ai pazienti EP-2020 (3/17, 18%) e ai pazienti EP-2019 (0/20, 0%), i pazienti EP-COV hanno sviluppato più frequentemente EP durante la degenza intraospedaliera (8/25, 32%; p=0.019). Fra i pazienti che hanno sviluppato EP in fase intraospedaliera, solo il 37% (3/8) dei pazienti EP-COV effettuava la profilassi tromboembolica con eparina a basso peso molecolare, la quale era invece praticata nel 100% (3/3) dei pazienti EP-2020. La prescrizione di anticoagulanti diretti al momento della dimissione era meno frequente nei pazienti EP-COV (9/25, 36%) rispetto ai pazienti EP-2020 (13/17, 76%) e ai pazienti EP-2019 (13/20, 65%) (p=0.036). Per quanto riguarda il trattamento dell’EP, non si sono riscontrate differenze in termini di terapia con eparina non frazionata o a basso peso molecolare e in termini di ricorso alla trombolisi sistemica, utilizzata nei pazienti che rientravano nella classe di alto rischio secondo la classificazione di gravità dell’EP delle linee guida europee6; nessun paziente con indicazione alla trombolisi è stato escluso da tale trattamento. I pazienti EP-COV venivano più frequentemente ricoverati nei reparti di Medicina (17/25, 68%), mentre i pazienti EP-2020 e i pazienti EP-2019 erano più frequentemente ricoverati nel reparto di Cardiologia (11/17, 65% e 11/20, 55%). La mortalità intraospedaliera nei pazienti EP-COV (9/25, 36%) era significativamente superiore rispetto a quella dei pazienti EP-2020 (0/17, 0%) e dei pazienti EP-2019 (1/20, 5%), p=0.001.

Confronti multipli tra i tre gruppi

Il confronto multiplo tra i tre gruppi di pazienti individuati nella nostra analisi, limitatamente ai parametri aventi significatività statistica all’analisi della varianza, ha mostrato quanto riportato nella Tabella 2. I pazienti EP-2020 e i pazienti EP-2019 non presentavano differenze statisticamente significative per quanto riguarda le variabili analizzate: età, genere, storia di neoplasia, gravità dell’EP secondo linee guida europee, SOFA score, PaO2/FiO2, D-dimero, PCR, sviluppo dell’EP in sede intraospedaliera e mortalità intraospedaliera. I pazienti EP-COV, quando confrontati singolarmente con i pazienti EP-2020 e EP-2019, hanno confermato le differenze statisticamente significative individuate dall’analisi di varianza, con le peculiarità rappresentate nella Tabella 2.

Confronto tra pazienti COVID-19 positivi e COVID-19 negativi (dati aggregati del 2019 e del 2020)

Abbiamo infine confrontato il gruppo di pazienti EP-COV con un unico gruppo di pazienti COVID-19 negativi, ottenuto aggregando i dati dei pazienti EP-2020 ed EP-2019 (Tabella 3), dati risultati coerenti con le precedenti analisi. Per quanto riguarda gli esami ematochimici, in questa analisi è stata individuata una differenza significativa anche per i valori medi di hsTnI, che si sono dimostrati significativamente maggiori nei pazienti EP-COV rispetto ai pazienti COVID-19 negativi (180.08 ± 318.33 vs 49.81 ± 64.24; p=0.046).

DISCUSSIONE

Il nostro studio osservazionale retrospettivo, eseguito presso un centro italiano a medio volume sito in Brescia, una città fortemente coinvolta durante la prima ondata della pandemia da SARS-CoV-2, ha confrontato i pazienti ricoverati per EP e COVID-19 con quelli ricoverati per EP senza COVID-19 negli stessi mesi del 2020 e in un periodo analogo dell’anno precedente. I principali risultati sono stati:

– l’individuazione di peculiari caratteristiche demografiche nei pazienti con EP-COV;

– l’assenza dei tradizionali fattori di rischio per tromboembolismo venoso nei pazienti con EP-COV;

– una maggiore gravità clinica associata a uno stato infiammatorio e un tasso di mortalità maggiori nei pazienti con EP-COV.

Dalle analisi effettuate emerge come le popolazioni EP-2020 ed EP-2019 siano statisticamente sovrapponibili tra loro (Tabelle 1 e 2) per quanto riguarda le caratteristiche demografiche, cliniche e di gestione ospedaliera; i pazienti con infezione da SARS-CoV-2 ed EP hanno invece caratteristiche proprie che li distinguono da entrambe le popolazioni COVID-19 negative. Riguardo alle caratteristiche demografiche, i pazienti EP-COV erano in media di circa 10 anni più giovani (60 anni) rispetto ai pazienti EP-2020 (71 anni) da noi registrati, così come rispetto alla media dei pazienti affetti da EP in epoca pre-COVID-19 valutata nel registro multicentrico italiano IPER8 (70 anni). Anche nei numerosi lavori presenti in letteratura4-9, l’età media dei pazienti COVID-19 positivi con o senza EP è compresa tra 60 e 65 anni. Nella nostra casistica i pazienti EP-COV erano più frequentemente maschi rispetto ai pazienti EP-2020. La vulnerabilità del genere maschile rispetto a questa complicanza in corso di infezione da COVID-19 è concorde con quanto già noto: nello studio francese multicentrico di Fauvel et al.10 la percentuale di maschi tra i pazienti affetti da COVID-19 si attestava al 58%, raggiungendo il 70% quando venivano considerati i pazienti affetti anche da EP; all’analisi univariata uno dei fattori di rischio per EP individuato dagli autori nei pazienti COVID-19 è stato proprio il genere maschile. Va aggiunto che il genere maschile sembra anche essere caratterizzato da una maggiore severità del quadro clinico rispetto al genere femminile, indipendentemente dall’età11. Per quanto riguarda i principali fattori di rischio cardiovascolari e le comuni comorbilità (ipertensione arteriosa, diabete mellito, broncopneumopatia cronica ostruttiva, coronaropatia, alterata funzionalità renale), non abbiamo riscontrato differenze significative tra i tre gruppi; mentre soffermandoci sui comuni fattori di rischio per EP, questi si sono dimostrati significativamente più frequenti nei due gruppi senza infezione da SARS-CoV-2: il tasso di neoplasia è risultato significativamente più frequente nei pazienti COVID-19 negativi, così come una storia di EP o di trombosi venosa profonda (TVP) è risultata più frequente nei pazienti COVID-19 negativi, seppur non raggiungendo pienamente la significatività statistica (p=0.055, Tabella 3). Ciò è concorde con l’esperienza multicentrica italiana di Loffi et al.12, nella quale la prevalenza dei tradizionali fattori di rischio per tromboembolismo venoso era bassa nei pazienti con EP e COVID-19. Anche nello studio multicentrico di Fauvel et al.10 si è notato come i fattori di rischio per EP nei pazienti COVID-19 non includano quelli tradizionalmente associati al tromboembolismo venoso, ma comprendano indicatori clinici e laboratoristici, quali il genere maschile, gli indici di flogosi (PCR) e la durata del tempo intercorso tra l’inizio dei sintomi e l’accesso in ospedale. Per quanto riguarda le caratteristiche radiologiche dell’EP nel contesto di COVID-19, lo stesso lavoro di Loffi et al.12 ha mostrato come la localizzazione dei tromboemboli sia prevalentemente periferica nell’albero polmonare e inserita nel contesto di aree di consolidamento parenchimale. Nella nostra casistica, tuttavia, non sono state riscontrate differenze significative riguardanti la localizzazione degli emboli nei pazienti COVID-19 rispetto ai pazienti non-COVID-19 del 2020 e del 2019. Per quanto riguarda i dati laboratoristici, la PCR è risultata significativamente più elevata nei pazienti EP-COV rispetto ai pazienti non COVID-19 del 2020 e del 2019; allo stesso tempo, i primi sono risultati clinicamente più gravi rispetto agli altri (score di rischio secondo le linee guida europee6), per effetto dell’infezione da SARS-CoV-2 e dei peggiori scambi respiratori prodotti. È necessario sottolineare come il SOFA score, includendo variabili come la PaO2, la FiO2 e la necessità di ventilazione meccanica, tenda ad essere più elevato nei pazienti con polmonite rispetto a quelli con EP isolata. Nella polmonite infatti sono particolarmente alterati questi parametri e si può necessitare di ventilazione meccanica, soprattutto nei casi più gravi. I pazienti EP-COV mostravano livelli di D-dimero significativamente maggiori quando comparati ai pazienti con EP COVID-19 negativi (Tabella 3) e ciò è in linea con i dati della letteratura, dove livelli più elevati di D-dimero risultano anche associati a un rischio più elevato di sviluppare EP13. Dal confronto tra i pazienti EP-COV e i pazienti con EP e COVID-19 negativi (Tabella 3) è emerso anche un coinvolgimento cardiaco significativamente più elevato nei primi, se si considerano i livelli di hsTnI: questo potrebbe essere legato all’EP, anche se non si può escludere un danno cardiaco secondario allo stato infiammatorio o all’ipossiemia legata ai peggiori scambi respiratori nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2.

Tutto ciò sembra suggerire come l’associazione tra EP e COVID-19 non sia determinata da fattori di rischio esterni, ma sia insita nell’infezione stessa, seguendo un base fisiopatologica diversa rispetto a quella del comune tromboembolismo venoso. A tal proposito, numerosi articoli14-17 postulano, in questi casi, la presenza di un’accentuata ipercoagulabilità che potrebbe derivare dall’azione dell’agente patogeno o, indirettamente, dallo risposta infiammatoria dell’organismo o da entrambe le cause15: una coagulazione intravascolare disseminata16 e un danno endoteliale17 favorirebbero la trombosi in situ18, la quale sembra essere in alcune esperienze il principale movente fisiopatologico, piuttosto che l’embolismo originante da un sito secondario19. A supporto di ciò, nel già citato lavoro di Loffi e al.12, l’incidenza di TVP concomitante all’EP in pazienti COVID-19 era ridotta (29%). Nella nostra casistica tale fatto non è però emerso, avendo noi registrato un tasso di TVP concomitante all’EP analogo tra i pazienti COVID-19 positivi e i pazienti COVID-19 negativi, ciò può essere legato alla ridotta casistica della popolazione in studio, in quanto nel nostro centro la ricerca di TVP in caso di riscontro di EP viene eseguita in maniera sistematica. Infine, il tasso di mortalità nel nostro studio è risultato significativamente maggiore nei pazienti EP-COV rispetto ai pazienti EP-2020 e EP-2019. La maggiore mortalità dei pazienti EP-COV potrebbe essere secondaria all’infezione stessa o alla maggiore gravità clinica di questi ultimi rispetto ai pazienti EP-2020, come testimoniato dal grado più alto di SOFA score.

In termini esclusivamente speculativi, abbiamo confrontato il tasso di mortalità dei pazienti ricoverati per EP e COVID-19 (36%) della nostra casistica con il tasso di mortalità generale (25%) dei pazienti ricoverati per COVID-19 nel nostro medesimo ospedale tra febbraio e maggio 2020, riportato nel lavoro di Albani et al.20: il più alto tasso di mortalità individuato nella nostra casistica potrebbe suggerire una possibile causalità dell’EP nel peggiorare il quadro clinico e l’outcome dei pazienti COVID-19, anche se ribadiamo come ciò sia solo un dato speculativo, in quanto sono popolazioni non direttamente confrontabili.

In letteratura i dati rimangono comunque controversi: lavori, come la metanalisi di Hamam et al.21, suggeriscono come la presenza di EP verosimilmente incrementi il tasso di mortalità dei pazienti COVID-19, raggiungendo il 43.1% dei pazienti con COVID-19 ed EP; al contrario la metanalisi di Mir et al.22, che ha valutato pazienti affetti da COVID-19 e ricoverati in reparti di terapia intensiva, ha dimostrato che la mortalità per tutte le cause era sovrapponibile, indipendentemente dalla presenza di EP. Questi dati sono però limitati dall’inclusione nelle metanalisi citate di studi osservazionali e non randomizzati.

Questo studio ha delle limitazioni: è uno studio non randomizzato, osservazionale, retrospettivo, che, derivando dall’esperienza di un singolo centro, ha valutato una limitata casistica di pazienti.

CONCLUSIONE

Dal confronto tra i pazienti con EP associata a COVID-19 e i pazienti con EP non associata a COVID-19, emerge come nella nostra casistica l’infezione da SARS-CoV-2 metta a rischio di EP una popolazione differente rispetto a quella individuabile dai tradizionali fattori demografici e di rischio per EP e come la compresenza di EP e di infezione da SARS-CoV-2 abbia determinato una severità clinica e un tasso di mortalità maggiori.

RIASSUNTO

Razionale. La malattia da coronavirus 2019 (COVID-19) è associata ad aumentato rischio di embolia polmonare (EP).

Materiali e metodi. Abbiamo valutato i pazienti ricoverati presso la Fondazione Poliambulanza di Brescia con diagnosi di EP, confrontando i pazienti affetti da COVID-19 (EP-COV) con i pazienti non-COVID-19 coevi (EP-2020) e con quelli ricoverati nello stesso periodo del 2019 (EP-2019), con l’obiettivo di individuare le peculiarità cliniche, laboratoristiche o radiologiche dei pazienti con EP e COVID-19.

Risultati. I pazienti EP-COV (n=25) rispetto ai pazienti EP-2020 (n=17) e ai pazienti EP-2019 (n=20) erano più giovani (60.5 ± 8.5 vs 71.4 ± 14.5 vs 70.9 ± 11.8 anni, p=0.003), più frequentemente di genere maschile (76% vs 48% vs 35%, p=0.016), con minor storia di neoplasie (12% vs 47% vs 40%, p=0.028) e maggior gravità del quadro clinico (SOFA score 3.4 ± 1.4 vs 2.2 ± 1.4 vs 1 ± 1.1, p<0.001 e rapporto PaO2/FiO2 223.8 ± 75.5 vs 306.5 ± 49.3 vs 311.8 ± 107.5). Il D-dimero e la proteina C-reattiva erano più elevati nei pazienti EP-COV (rispettivamente p=0.038 e p<0.001). Il tasso di trombosi venosa profonda concomitante all’EP non differiva significativamente tra i tre gruppi. I pazienti EP-COV hanno sviluppato più frequentemente EP durante la degenza intraospedaliera rispetto ai pazienti non-COVID-19 (p=0.016). La mortalità intraospedaliera era maggiore nei pazienti EP-COV rispetto ai pazienti EP-2020 e ai pazienti EP-2019 (36% vs 0% vs 5%, p=0.019).

Conclusioni. Dal confronto tra i pazienti con EP COVID-19 e i pazienti con EP non-COVID-19 della nostra casistica emerge come l’infezione da SARS-CoV-2 metta a rischio di EP una popolazione differente rispetto a quella individuabile dai tradizionali fattori di rischio per tromboembolismo venoso e come la compresenza di entrambe le patologie sia caratterizzata da una severità clinica e un tasso di mortalità maggiori.

Parole chiave. COVID-19; Embolia polmonare.

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