di Michele Emdin, Giuseppe Vergaro, Claudio Passino
Pisa: University Press, 2021.
Pisa: University Press, 2021
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L’epidemiologia dell’amiloidosi è radicalmente cambiata negli ultimi anni. Due esempi: nel principale centro del Regno Unito dedicato alla cura dell’amiloidosi, il National Amyloidosis Centre di Londra, il numero di diagnosi di amiloidosi correlata alla transtiretina (ATTR) ha avuto un andamento esponenziale dal 2008 ad oggi. Per quanto riguarda in particolare la forma wild-type, il numero di nuove diagnosi per anno è stato mediamente di 120, sino a raggiungere un valore complessivo di 711 nel 2019. Se si considera il più grande registro internazionale dedicato all’ATTR (il registro THAOS), dal 2007 al 2021 si osserva un aumento dei casi da 176 a 2176! Questa “esplosione epidemiologica” è però solo apparente, cioè non corrisponde ad un vero aumento di nuovi affetti, bensì all’aumentata capacità di far diagnosi da parte di tutte le figure mediche interessate: internisti, cardiologi, neurologi ed ematologi. A sua volta l’aumentata capacità di diagnosi è legata principalmente a tre fattori:
• la disponibilità di nuove terapie specifiche, che crea interesse reale e non solo “accademico” alla diagnosi;
• la disponibilità di metodiche non invasive, tipicamente la scintigrafia con traccianti ossei, che hanno assunto il ruolo di standard diagnostico in molte condizioni, consentendo quindi di evitare spesso il ricorso alla biopsia;
• l’aumentata diffusione delle conoscenze, a sua volta realizzata anche grazie al contributo delle industrie farmaceutiche produttrici dei nuovi farmaci, in grado di investire più risorse nella comunicazione scientifica e nel training degli specialisti.
Quest’ultimo aspetto culturale appare rilevante. Una delle barriere alla diffusione della conoscenza dell’amiloidosi è sempre stata (e continua in parte ad essere) la frammentazione delle competenze in tanti ambiti specialistici, medicina interna, cardiologia, ematologia, neurologia, nefrologia. Questo fa sì, ad esempio, che nel corso di laurea in medicina e chirurgia l’argomento sia fra i meno trattati. Anche nelle Scuole di Specializzazione in Cardiologia l’amiloidosi ha una presenza generalmente marginale.
Il libro di Emdin, Vergaro e Passino aiuta a superare questo limite e fornisce una fotografia nitida e ragionata dell’amiloidosi cardiaca in tutte le sue declinazioni. Il risultato finale è uno strumento estremamente utile per chiunque sia coinvolto nella gestione di questa complessa e affascinante malattia o che si accinga ad interessarsene. Una volta tanto il titolo di un libro (“Come si diagnostica, come si cura”) mantiene le promesse ed il lettore ha a disposizione una guida semplice ma approfondita.
I primi cinque capitoli offrono gli elementi essenziali per conoscere le amiloidosi. Il tributo iniziale che gli autori fanno a Pavia come centro iniziatore e propulsore della cura e della ricerca sulla malattia in Italia è storicamente appropriato oltre che doveroso. Nove capitoli affrontano il problema della diagnosi, che nel complesso è riconducibile a tre step distinti ma interconnessi: il sospetto diagnostico, la diagnosi di certezza, la diagnosi eziologica.
Tutte le metodiche diagnostiche, non invasive e invasive, vengono affrontate: dall’elettrocardiografia all’ecocardiografia alla risonanza magnetica, dalla scintigrafia con traccianti ossei alla tomografia con emissione di positroni, dai biomarcatori plasmatici all’istologia e alla proteomica.
Tre capitoli affrontano in dettaglio il tema della terapia, intesa sia come trattamento delle complicanze dell’amiloidosi (scompenso, aritmie, tromboembolie) sia come “disease modifying therapy”. Per entrambe le forme eziologiche la trattazione affronta le più recenti scoperte della farmacologia, inclusi i farmaci stabilizzatori della transtiretina e i silenziatori del suo gene.
Molto opportunamente le informazioni di carattere pratico, diagnostiche e terapeutiche, sono collocate nel loro contesto culturale e fisiopatologico e i messaggi chiave sono identificati e riassunti in modo intelligente, quando possibile come flowchart e “take home messages”. Questo avviene sia per la forma ematologica della malattia (amiloidosi AL) sia per l’ATTR. Un intero capitolo è basato su casi clinici paradigmatici, che contribuiscono a fissare le conoscenze e a stimolare le competenze.
Come tutti i libri di alta qualità, anche questo fa venir voglia di approfondire in modo critico e di espandere i contenuti trattati e rimanda necessariamente alle prospettive future che è ragionevole attendersi. Questo aspetto è colto dalla “postfazione”, che conclude un libro veramente peculiare, che non può mancare nella biblioteca del cardiologo.
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Università degli Studi di Ferrara
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e-mail: claudio.rapezzi@unife.it