Expert consensus document della Società Italiana di Cardiologia (SIC): Sequele cardiovascolari post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2

Ciro Indolfi1,2, Francesco Barillà1,3, Cristina Basso1,4, Marco Matteo Ciccone1,5, Antonio Curcio1,2, Paola Gargiulo6, Savina Nodari1,7, Giuseppe Mercuro1,8, Massimo Mancone1,9, Saverio Muscoli1,10, Roberto Pedrinelli1,11, Aldostefano Porcari12, Carmen Spaccarotella6, Francesco Romeo13, Gianfranco Sinagra1,12, Pasquale Perrone Filardi1,6

1Società Italiana di Cardiologia, Roma

2Istituto di Cardiologia, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche,
Università degli Studi “Magna Graecia”, Catanzaro

3Dipartimento di Medicina dei Sistemi, Università degli Studi “Tor Vergata”, Roma

4Dipartimento di Scienze Cardiologiche, Toraciche e Vascolari e di Sanità Pubblica,
Università degli Studi, Padova, Patologia Cardiovascolare, Azienda Ospedaliera di Padova

5Cardiologia Universitaria. Azienda Universitario-Ospedaliera Policlinico di Bari, Bari

6Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Napoli

7U.O. Cardiologia Day Hospital, Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, Scienze Radiologiche e Sanità Pubblica,
Università degli Studi e Spedali Civili, Brescia

8Dipartimento di Scienze Internistiche e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Cagliari

9Dipartimento di Scienze Cardiovascolari, Medina Interna, e Anestesiologia, Sapienza Università di Roma, Roma

10U.O.C. Cardiologia, Fondazione Policlinico “Tor Vergata”, Roma

11Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare e dell’Area Critica, Università degli Studi, Pisa

12Centro per la Diagnosi ed il Trattamento delle Cardiomiopatie, Dipartimento Cardiotoracovascolare,
Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano-Isontina (ASUGI) e Università degli Studi, Trieste

13Università Unicamillus, Roma

Although the clinical course of COVID-19 in its acute phase is now delineated, less known is its late phase characterized by a heterogeneous series of sequelae affecting various organs and systems, including the cardiovascular system, which continue after the acute episode or arise after their resolution. This syndrome, now referred with the new acronym “PASC” (post-acute sequelae of SARS-CoV-2 infection) has been formally recognized by various scientific societies and international organizations that have proposed various definitions. The World Health Organization defines PASC, distinguishing it from “ongoing symptomatic COVID-19”, as a condition that arises few weeks after infection, persists at least 8 weeks, and cannot be explained by alternative diagnoses.

There are multiple mechanisms responsible for PASC: inflammation, immune activation, viral persistence, activation of latent viruses, endothelial dysfunction, impaired response to exercise, and profound cardiac deconditioning following viral infection. The key symptoms of PASC are palpitations, effort dyspnea, chest pain, exercise intolerance, and postural orthostatic tachycardia syndrome.

For PASC treatment, it may be useful to take salt and fluid loading, to reduce symptoms such as tachycardia, palpitations, and/or orthostatic hypotension, or in some subjects the use of drugs such as beta-blockers, non-dihydropyridine calcium channel blockers, ivabradine, and fludrocortisone.

Finally, in PASC a gradual resumption of physical activity is recommended, starting with recumbent or semi-recumbent exercise, such as cycling, swimming, or rowing, and then moving on to exercise in an upright position such as running when the ability to stand improves without dyspnea appearance. Exercise duration should also be short initially (5 to 10 min per day), with gradual increases as functional capacity improves.

Key words. COVID-19; Long COVID; PASC; Post-acute sequelae of SARS-CoV-2 infection.

SEQUELE CARDIOVASCOLARI ACUTE DELL’INFEZIONE DA SARS-CoV-2

Studi autoptici

Il danno miocardico acuto, rilevabile dall’aumento delle troponine cardiache, è stato riportato nel 7-28% dei pazienti COVID-19 ed associato ad una mortalità complessiva più elevata. Sono stati proposti diversi meccanismi per spiegare il danno miocardico durante infezione da SARS-CoV-2, tra i quali il “mismatch” tra domanda e offerta di ossigeno, il danno diretto da citochine infiammatorie, la disfunzione microvascolare, la miocardite, la cardiomiopatia da stress tipo Takotsubo, le alterazioni della coagulazione con formazione di microtrombi, l’infarto miocardico e l’instabilità della placca aterosclerotica coronarica.

L’autopsia dei pazienti deceduti, con l’esame anatomo-patologico diretto degli organi colpiti, è stata necessaria per dare una risposta al clinico ed è stata possibile nella prima fase della pandemia grazie alla formulazione di un protocollo ad hoc1. Ciò ha permesso di raccogliere importanti informazioni sulla reale frequenza delle complicanze cardiovascolari in corso di COVID-19 e di far luce sui possibili meccanismi fisiopatologici. Uno dei primi studi multicentrici delle società di patologia cardiovascolare europea e americana, condotto durante la prima ondata pandemica del 2020, ha evidenziato come la miocardite, anche focale, fosse presente solo nel 14% dei casi, mentre quasi costante era il reperto di un’aumentata infiltrazione interstiziale di macrofagi (86% dei casi)1. Altre lesioni riscontrabili all’esame istologico includevano lieve pericardite, danno miocardico acuto del ventricolo destro da verosimile strain/sovraccarico e trombosi microvascolari. In questo studio non è stata riscontrata una instabilità di placca con trombosi, arterite o aneurismi coronarici1. Altri studi hanno documentato la presenza di microtrombi nel cuore2,3.

Una recente metanalisi, in una popolazione cumulativa di quasi 550 casi di soggetti deceduti di età media 69 anni, ha confermato la bassa prevalenza di miocardite nella malattia di COVID-19, e la presenza di microtrombosi in un terzo dei casi e di tromboembolia polmonare in circa un quarto dei casi4. Inoltre, è stata messa in risalto l’elevata coesistenza di patologie cardiache croniche, quali l’ipertrofia cardiaca, la fibrosi, l’aterosclerosi coronarica nonché l’amiloidosi non diagnosticata in vita. La proporzione relativamente alta di amiloidosi cardiaca tra i soggetti deceduti per COVID-19 rispetto a quella rilevata in pazienti non COVID-19 suggerisce che questa condizione possa rendere i pazienti vulnerabili agli esiti avversi dell’infezione da SARS-CoV-25.

Miocarditi e pericarditi

Le miocarditi e le pericarditi sono malattie infiammatorie del muscolo cardiaco e del pericardio, prevalentemente causate da infezione (presunta o accertata) di agenti virali, con un’incidenza pre-pandemica di 10-20 casi su 100 000 individui6,7 che è compresa tra 11 e 146 casi su 100 000 individui nelle forme associate a SARS-CoV-2 nella popolazione generale8,9. Un danno miocardico (incremento della troponina sierica) compatibile con queste forme è stato riscontrato in circa il 12-20% dei pazienti ospedalizzati per infezione da SARS-CoV-2 senza patologie cardiovascolari pregresse ed in circa l’1-3% dei giovani atleti guariti dall’infezione10. La popolazione a maggior rischio di miocardite da SARS-CoV-2 è rappresentata da soggetti di sesso maschile adulti (>50 anni) o giovani (<16 anni)11. La presentazione clinica più comune è il dolore toracico e/o la dispnea con alterazioni elettrocardiografiche, incremento della troponina sierica e gradi variabili di disfunzione sistolica11. Il decorso intraospedaliero della miocardite da SARS-CoV-2 è complicato in circa il 40% dei casi da instabilità emodinamica con necessità di supporto inotropo o assistenza meccanica al circolo11. Studi di risonanza magnetica cardiaca (RMC) in pazienti ospedalizzati per insufficienza respiratoria acuta da COVID-19 con incremento della troponina sierica hanno dimostrato la presenza di anomalie cardiache nel 54% dei casi con tre pattern di danno miocardico prevalenti: simil-miocarditico (27%), ischemico (22%) e aspecifico non ischemico (5%)12. Questi riscontri hanno suggerito la presenza di multipli meccanismi di danno cardiaco. Infatti, l’incremento di troponina sierica può essere secondario a numerose condizioni concomitanti in corso di infezione da SARS-CoV-2 oltre alla miocardite: ipossia severa, tempesta citochinica, cardiomiopatia da stress (sindrome Takotsubo), embolia polmonare o infarto miocardico acuto di tipo 213. L’identificazione della causa primaria di danno miocardico può essere difficile e richiede una valutazione multiparametrica con imaging di secondo livello e, in casi selezionati, indagine istologica. SARS-CoV-2 mRNA è stato identificato nel miocardio del 25-50% dei soggetti con infezione da COVID-19 allo studio autoptico, ma il virus è stato localizzato in sede interstiziale, nei periciti e all’interno dell’endotelio vascolare, non all’interno dei cardiomiociti13. Inoltre, non si sono osservati gli infiltrati infiammatori linfocitari diffusi e gli aspetti di necrosi miocitaria confluente caratteristici di altre forme di miocarditi virali, suggerendo la necessità di approfondire i meccanismi fisiopatologici delle miocarditi associate a SARS-CoV-213. Il ruolo di numerosi farmaci antivirali, antibiotici, immunosoppressori e plasma immune è attualmente in corso di indagine, ma non ci sono al momento terapie raccomandate in aggiunta a quelle consigliate nelle forme non associate a COVID-1913. L’uso dei corticosteroidi è stato registrato fino al 55% dei pazienti con miocardite da COVID-19 ed instabilità emodinamica con buon esito nel breve termine11, ma l’impiego di questa terapia è controverso nelle miocarditi ad eziologia virale per il rischio di infezione severa ed incontrollata e richiede un’attenta analisi del rapporto rischio-beneficio nel singolo paziente13,14.

Pertanto, le miocarditi e pericarditi da COVID-19 sono eventi significativamente più frequenti rispetto alle forme non secondarie ad infezione da SARS-CoV-2 e quelle secondarie alla vaccinazione contro il COVID-19, caratterizzate da meccanismi fisiopatologici in corso di studio, con quadri clinici a rischio intermedio-elevato caratterizzati da disfunzione sistolica e frequente necessità di supporto emodinamico in assenza, attualmente, di terapie specifiche raccomandate.

Il danno cardiaco nelle miocarditi, anche con risoluzione clinica completa, può esitare nella fibrosi miocardica (es. “late gadolinium enhancement”) che si associa ad un rischio cardiovascolare aumentato nel lungo termine15-18. Pertanto, questo sottogruppo di pazienti necessita di monitoraggio a distanza per la stratificazione dinamica del rischio di eventi. È fondamentale un approccio di cure personalizzato in combinazione con la vaccinazione contro il COVID-19, dimostratasi efficace nel ridurre la mortalità ed il rischio cardiovascolare in fase post-acuta19.

COVID-19 e sindromi coronariche acute

Il danno miocardico da COVID-19 è stato documentato in caso di presentazione respiratoria dominante caratterizzata da un aumento della troponina e di altri biomarcatori di infiammazione sistemica (infarto miocardico di tipo 2 della quarta definizione universale) o in caso di presentazione cardiaca dominante con anomalie dell’ECG, dolore toracico, ipotensione (coinvolgimento cardiaco primario dovuto a miocardite, cardiomiopatia da stress o infarto miocardico di tipo 1). Inoltre i pazienti con severa infezione da SARS-CoV-2 hanno presentato un aumento del D-dimero, una riduzione delle piastrine e un tempo di protrombina aumentato20.

L’Italia è stata la prima nazione occidentale ad intercettare, nella prima fase della pandemia, la riduzione del 50% dei ricoveri per sindromi coronariche acute (SCA) ed un aumento di 3 volte della mortalità ospedaliera per infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto21. Nella prima ondata della pandemia per paura del contagio e per altre motivazioni i pazienti con SCA hanno preferito non ricoverarsi o farlo solo tardivamente aumentando così il rischio di complicanze post-infartuali21,22.

Allo scopo di evitare contagi ospedalieri, i percorsi organizzativi dei pazienti con SCA provenienti dal territorio ricoverati in urgenza senza adeguato triage sono stati modificati nella prima fase della pandemia con l’identificazione di percorsi prestabiliti e rapida esecuzione di tamponi23.

La risposta infiammatoria sistemica dovuta alla tempesta di citochine in alcuni casi di COVID-19 ha provocato una instabilizzazione di una placca vulnerabile o in altri casi una trombosi intracoronarica in assenza di aterosclerosi evidente anche in una popolazione più giovane senza fattori di rischio significativi.

L’utilizzo estensivo della vaccinazione e le nuove varianti del SARS-CoV-2 hanno fortemente mitigato l’impatto acuto dell’infezione da SARS-CoV-2 sull’apparato cardiovascolare, riducendo in modo significativo la necessità di ospedalizzazione in terapia intensiva.

Il danno miocardico è stato comunemente osservato in corso di infezione da COVID-19. Nello specifico l’infarto miocardico di tipo 2, definito come necrosi ischemica dovuta ad uno squilibrio tra domanda e offerta di ossigeno24, si manifesta tipicamente in pazienti con cardiopatia ischemica stabile, nota o presunta. Tipicamente l’innesco è determinato da un evento acuto, quale una tachicardia sostenuta, un sanguinamento maggiore, o una grave infezione che agendo sul substrato (coronaropatia) determinano il superamento della soglia ischemica. In tal senso, l’infezione da COVID-19 può favorire, attraverso numerosi meccanismi fisiopatologici, una instabilizzazione di pazienti affetti da cardiopatia ischemica con coronaropatia subclinica, manifestandosi acutamente come infarto miocardico di tipo 2. Quanto esposto chiarisce l’elevata prevalenza di infarto di tipo 2 nella popolazione di pazienti SARS-CoV-2 con manifestazioni cliniche severe25-28. Come dimostrato da numerosi studi, la stretta correlazione tra infezione da SARS-CoV-2 e “destabilizzazione” clinica dei pazienti infetti è spesso riferibile a forme di insufficienza cardiaca, a diversa eziologia, misconosciute fino alla fase pre-COVID28. In ultimo, l’interazione tra più situazioni cliniche, quali lo storm infiammatorio, manifestazioni tipo sindrome Takotsubo, associate ad un severo coinvolgimento polmonare vascolare e non, possono favorire la comparsa di forme ischemiche miocardiche assolutamente peculiari dell’infezione da COVID-1928.

I problemi organizzativi in fase acuta

L’avvento della pandemia COVID-19 ha messo a dura prova le strutture sanitarie in tutti i paesi occidentali, industrializzati, che per varie ragioni avrebbero dovuto essere preparate a gestire una pandemia, seppur di così vasta portata. Un fattore che ha gravato molto sulla parte organizzativa, soprattutto nella prima fase della pandemia, è stato l’alta incidenza della malattia tra le persone anziane e nei pazienti con malattie croniche come le cardiovasculopatie, le broncopneumopatie, il diabete e le malattie oncologiche; condizioni cliniche oggi considerate tra i più importanti fattori di rischio per complicanze da SARS-CoV-2 e gravate da un alto tasso di morbilità e mortalità.

Persino la terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina era stata messa inizialmente in discussione nella prima fase della pandemia essendo l’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2) il recettore cellulare per il virus SARS CoV-229.

La rapida diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2 e l’aumento dei contagi sul territorio ha messo in luce le criticità di gestione dei pazienti affetti a più livelli assistenziali: ospedali, terapie intensive, strutture residenziali per anziani e soprattutto medicina territoriale. Pertanto, tutti questi comparti della sanità pubblica hanno manifestato delle grosse lacune in termini gestionali, organizzativi, assistenziali e di prevenzione della diffusione dell’infezione tra pazienti e operatori sanitari30. Soprattutto le terapie intensive sono state le strutture che hanno manifestato, nella prima fase della pandemia, la massima criticità, per carenza o inadeguatezza di posti letto, di sistemi meccanici di assistenza respiratoria e per mancanza di sufficiente personale medico e paramedico, adeguato e formato a gestire i pazienti più compromessi31.

Nella prima fase pandemica anche il training formativo dei cardiologi in formazione specialistica in Italia è stato fortemente ridotto e in alcuni casi sospeso senza meccanismi di recupero dell’attività non svolta32.

Grazie alle misure di prevenzione messe in atto dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e dal Ministero della Salute, dopo la prima fase pandemica, alle vaccinazioni e alle selezioni di nuove varianti virali, la percentuale di pazienti ospedalizzati che hanno avuto necessità di ricovero in terapia intensiva è stata differente nei vari periodi della pandemia. La percentuale massima è stata del 12.15% nella prima fase (aprile 2020), del 10% nel novembre del 2020, dell’11.5% nell’aprile 2021 e del 7.8% a fine gennaio 2022. Dopo la prima catastrofica ondata della malattia, oltre a misure di carattere generale con norme ben precise sull’igienizzazione delle strutture sanitarie, del personale e degli ambienti di lavoro, sono state varate delle normative ben precise sui percorsi diagnostici/assistenziali dei pazienti COVID23, al fine di assicurare l’erogazione con maggior sicurezza degli interventi del personale sanitario a diretto contatto con i malati.

Nella gestione dell’emergenza sanitaria per l’epidemia da COVID-19, i percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali su tutto il territorio nazionale e l’interscambio di informazioni tra i vari Enti, Regioni ed anche tra i vari paesi, sono stati e sono tuttora degli strumenti essenziali per la gestione di questi pazienti, per migliorare la qualità dell’assistenza erogata e aumentare l’omogeneità degli interventi assistenziali per sottogruppi di pazienti.

A livello territoriale l’istituzione delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale (U.S.C.A.) ha consentito, al medico di medicina generale, al pediatra e al medico di continuità assistenziale, un monitoraggio ed una gestione assistenziale più appropriata dei pazienti meno gravi evitando mediante triage telefonici l’accesso agli ambulatori delle strutture territoriali e ai Pronto Soccorso, riducendo il rischio di contagio ad altri pazienti e al personale sanitario.

Allo scopo di ridurre la diffusione della malattia, nonché prevenire l’insorgenza di una malattia più severa nei pazienti più a rischio, lo sviluppo di un sistema di sorveglianza specifico e la vaccinazione di massa, come quella messa in atto e voluta dall’ISS in collaborazione con il Ministero della Salute, sono state le strategie che hanno dato i risultati migliori.

SEQUELE CARDIOVASCOLARI POST-ACUTE DELL’INFEZIONE DA SARS-CoV-2

Long COVID o PASC

Iniziali riscontri epidemiologici suggeriscono che il 10-30% dei pazienti possono manifestare sintomi persistenti dopo 4 o più settimane dall’infezione da SARS-CoV-213. Tali sintomi possono manifestarsi in individui con tutti i gradi dell’infezione: COVID-19 asintomatico, COVID-19 da lieve a grave, COVID-19 “con danno collaterale” per ritardo nel ricovero e nel trattamento di SCA. In un vasto campione di pazienti, un terzo ha segnalato la persistenza di un sintomo ed il 15% di ≥3 sintomi per almeno 12 settimane dopo la negativizzazione virale33. La presenza dei sintomi sarebbe più frequente tra coloro che hanno sviluppato infiammazione multisistemica.

Benché il decorso clinico del COVID-19 nella sua fase acuta sia ormai delineato con sufficiente dettaglio, meno nota è invece la sua fase tardiva caratterizzata da un’eterogenea serie di sequele a carico di vari organi ed apparati, incluso quello cardiovascolare, che si protraggono dopo l’episodio acuto o insorgono a distanza dalla loro risoluzione34. Questa sindrome, oggi riferita con un nuovo acronimo PASC (post-acute sequelae of SARS-CoV-2 infection), è stata riconosciuta formalmente da diverse società scientifiche ed organizzazioni internazionali che ne hanno proposto definizioni, anche se tra loro non del tutto sovrapponibili. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce le PASC come una condizione che insorge 12 settimane dopo il contagio, dura almeno 8 settimane e non può essere spiegata da diagnosi alternative35. Il United Kingdom’s National Institute for Health Care and Excellence riconosce invece la PASC in presenza di sintomi e segni persistenti riferibili all’infezione da SARS-CoV-2 distinguendola in “COVID-19 sintomatico in corso” se compresi fra 4 e 12 settimane e “sindrome post-COVID-19” se protratti oltre le 12 settimane36 mentre il Centers for Disease Control and Prevention (CDC) la definisce più semplicemente come la serie di disturbi nuovi, ricorrenti o persistenti che si manifestano 4 o più settimane dopo l’infezione da SARS-CoV-237.

I meccanismi responsabili di PASC sono l’infiammazione, l’attivazione immunitaria, la persistenza virale, l’attivazione di virus latenti, la disfunzione endoteliale, l’alterato metabolismo dell’esercizio e il profondo decondizionamento cardiaco a seguito di infezione virale.

Al di là delle definizioni, comunque necessarie ai fini diagnostici, epidemiologici e di politica sanitaria, è importante considerare la PASC come una sindrome multisistemica, multifattoriale e con un amplissimo spettro di presentazioni cliniche che includono pazienti con pregresse e severe complicanze respiratorie e cardiovascolari per i quali non è difficile ipotizzare la persistenza a distanza di disturbi con decorso asintomatico o paucisintomatico dell’infezione e, per questo motivo, frequentemente sottovalutati o non riconosciuti13.

Meccanismi delle PASC

I meccanismi delle sequele cardiovascolari post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2 non sono del tutto note. Un ruolo chiave sembra essere giocato dal recettore dell’ACE2, che rappresenterebbe il bersaglio molecolare per l’ingresso del virus nelle cellule38. Una proposta alternativa è legata alla possibilità che il virus sia in grado di infettare le cellule endoteliali con conseguente attivazione della risposta infiammatoria, danno ipossico locale e ischemia tissutale39. I meccanismi proposti come responsabili delle PASC sono diversi: danno citotossico diretto, disregolazione del sistema renina-angiotensina, reazione autoimmune cellulo-mediata, infiammazione endoteliale con endotelite e tromboinfiammazione. Questi ultimi, contribuendo al danno vascolare e all’attivazione piastrinica, promuovono uno stato di ipercoagulabilità e favoriscono ipossia e trombosi38. Comunque, la patogenesi più probabile per il danno cardiaco sembra basarsi su un fenomeno noto come tempesta citochinica: cellule immunitarie innate e adattative che rilasciano citochine proinfiammatorie, causando una risposta immunitaria iperattiva e disregolata39. Tuttavia, resta ancora dibattuto se le manifestazioni cardiache causate dal virus SARS-CoV-2 siano legate a infezione virale, infiammazione sistemica e/o trombosi microvascolare40. Tra le manifestazioni cardiovascolari, un fenomeno descritto è quello del decondizionamento cardiaco: brevi periodi di riposo a letto producono intolleranza ortostatica e all’esercizio, determinando ulteriore inattività, peggioramento del decondizionamento cardiaco e sintomi ancora più debilitanti. Questo sembra essere legato ad un ridotto volume plasmatico circolante con conseguente ipovolemia, riduzione della gittata e tachicardia compensatoria13. La causa potrebbe dipendere da un potenziato stato adrenergico e una disregolazione autonomica, dovute ad un effetto diretto della carica virale sul tessuto muscolare, con ridotta estrazione e uso di ossigeno, nonché a degenza ospedaliera prolungata e sindrome post-ospedalizzazione. Infatti, il decondizionamento è un aspetto riconosciuto della sindrome da terapia post-intensiva, con frequente riscontro di sarcopenia tra i sopravvissuti al COVID-19. Tuttavia, il coinvolgimento dei muscoli scheletrici sembra essere solo un aspetto del decondizionamento, poiché il riposo prolungato a letto sembra diminuire lo “shear stress” a livello microcircolatorio e tale riduzione cronica è in grado di indurre apoptosi e disfunzione endoteliale. La disfunzione endoteliale microcircolatoria partecipa al decondizionamento cardiovascolare, determinando cambiamenti nel metabolismo energetico e nella perfusione d’organo41.

Sintomatologia delle PASC

Tra i sintomi chiave delle PASC, le palpitazioni, la dispnea (da sforzo), il dolore toracico, l’intolleranza all’esercizio e la sindrome da tachicardia ortostatica posturale (POTS) (Figura 1) sono quelli che attirano l’attenzione sul sistema cardiovascolare.




Affaticamento e dispnea (per lo più incapacità di fare un respiro pieno) sono sintomi comunemente riportati con le PASC. Riferiti, rispettivamente, dal 30% e 15% dei pazienti isolati a casa sembrano riconducibili ad uno stato iperadrenergico, decondizionamento e/o disfunzione autonomica42, in assenza di anomalie cardiopolmonari.

La dispnea, quando non siano presenti ischemia miocardica, insufficienza cardiaca o aritmie, può essere causata da complicanze polmonari (es. polmonite, embolia o fibrosi polmonare, asma). Tra i pazienti ospedalizzati, la compromissione polmonare è comune 6 mesi dopo la dimissione43. Il test da sforzo mette in evidenza capacità di esercizio aerobico ridotto ed inefficienza ventilatoria.

Il dolore toracico, sebbene testimone di possibili lesioni miocardiche o pericardiche non rilevate ai test iniziali, può ricondursi ad altri fattori propri delle PASC, tra i quali il danno endoteliale vascolare, derivato dall’infiammazione o intensa risposta immunitaria. In uno studio su pazienti con angina e sospetta ischemia, il test di vasomotricità coronarica ha rivelato risposte anormali endoteliali all’acetilcolina nell’82% dei casi44.

Al cardiopalmo possono corrispondere varie forme di tachicardia. Più tipica delle PASC è, però, la POTS: frequenza cardiaca >30 b/min rispetto alla frequenza cardiaca supina dopo 5-10 min di ortostatismo (frequentemente >120 b/min) in assenza di ipotensione ortostatica, con l’accompagnamento di vertigini, debolezza, visione offuscata45.

Poiché il COVID-19 è una patologia multiorgano, le PASC comprendono sintomi neurologici (cefalea, alterazioni di gusto, olfatto e del sonno), gastrointestinali (nausea, vomito, tensione/dolore addominale), dermatologici, di salute mentale (depressione, ansia, sindrome post-UTI, disturbi cognitivi) o funzionali (artralgie, mialgie)13,46 (Figura 1).

I sintomi cardiovascolari delle PASC sono frequenti e hanno un impatto sfavorevole sulla qualità di vita dei pazienti e sugli alti costi sociali che ne derivano. La loro persistenza nel tempo, ancora poco conosciuta, andrà indagata meglio con una rigorosa raccolta e registrazione dei dati, suddivisa per fenotipi distinti, considerando le varianti di età, genere, profilo di rischio cardiovascolare e morbilità pregressa.

Classificazione dell’American College of Cardiology: PASC-CVS e PASC-CVD

La classificazione delle PASC è riportata nella Figura 1.

Un recente Expert Consensus Document dell’American College of Cardiology (ACC) ha classificato le PASC dopo COVID-19 in due gruppi13.

• Gruppo I: PASC-CVD. PASC-CVD si riferisce a un ampio gruppo di condizioni cardiovascolari che si manifestano ≥4 settimane dopo l’infezione da SARS-CoV-2 con frequente riscontro agli esami strumentali patologici (Figura 1). I tempi, tuttavia, possono variare a seconda dell’iniziale gravità della malattia. PASC-CVD include le miocarditi e altre forme di coinvolgimento miocardico, pericardite, ischemia miocardica nuova o in peggioramento dovuta alla malattia coronarica ostruttiva, disfunzione microvascolare, cardiomiopatia non ischemica con coinvolgimento del ventricolo sinistro e/o destro, tromboembolismo, sequele cardiovascolari di malattie polmonari (ipertensione polmonare, insufficienza ventricolare destra) e aritmie (fibrillazione atriale, contrazioni ventricolari premature, tachicardia ventricolare non sostenuta). Il trattamento di queste specifiche patologie deve essere effettuato in accordo alle linee guida esistenti. È molto difficile discernere PASC-CVD come condizione iniziata con l’infezione o durante la risoluzione della malattia ovvero come una nuova condizione insorta nel post-recupero.

• Gruppo II: PASC-CVS. PASC-CVS è una condizione eterogenea che include sintomi cardiovascolari ad ampio spettro, senza obiettiva evidenza di malattie cardiovascolari ai test diagnostici. L’intolleranza all’esercizio e la tachicardia sono i due sintomi riportati più comuni; altri includono dolore toracico e dispnea a riposo. Ulteriori sintomi di accompagnamento includono senso di affaticamento; disturbi cognitivi, compreso il deterioramento della memoria, deficit di attenzione e scarsa funzione esecutiva (spesso descritto come nebbia cerebrale); disturbi del sonno o sonno non ristoratore e senso di malessere dopo esercizio fisico (Figura 1). Condizione associata a PASC-CVS è la POTS. I pazienti con POTS generalmente hanno una frequenza cardiaca >30 b/min rispetto alla frequenza cardiaca a riposo e frequentemente >120 b/min in assenza di ipotensione ortostatica. L’approccio iniziale in caso di sintomi dovrebbe prevedere esami di laboratorio, tra cui la troponina cardiaca, l’ECG, l’ecocardiogramma, il monitoraggio ambulatoriale del ritmo cardiaco, l’imaging del torace e/o test di funzionalità polmonare. La consulenza cardiologica è raccomandata per i pazienti con PASC e risultati anormali degli esami cardiaci, in chi ha malattie cardiovascolari note con sintomi nuovi o in peggioramento, se il paziente ha avuto complicanze cardiache documentate durante l’infezione da SARS-CoV-2 e/o sintomi cardiopolmonari persistenti che non hanno spiegazione alternativa.

Diagnosi di PASC

Numerosi studi osservazionali retrospettivi e prospettici27,47,48 hanno evidenziato la persistenza di un’ampia costellazione di disturbi a carico di vari organi e apparati (polmonari, cardiovascolari, neurologici, psichiatrici, muscolari, articolari, gastrointestinali, ecc.) che rende complessa l’identificazione e la corretta diagnosi dei pazienti affetti da PASC38. Sulla base dei dati di tali studi, è stato proposto nel più recente ACC Expert Consensus Document13 un approccio multiparametrico che possa aiutare nella diagnosi e nel processo decisionale delle PASC (Figura 1).

Nella maggioranza dei pazienti con PASC dovrebbe essere adottato un approccio multidisciplinare. Il medico di medicina generale dovrebbe costituire il primo riferimento per il paziente con sintomi comparsi o persistenti dopo almeno 4 settimane dalla risoluzione dell’infezione da SARS-CoV-2. In tale contesto, una valutazione cardiopolmonare di base consentirebbe di indirizzare il paziente ad una valutazione specialistica appropriata.

Un ragionevole approccio iniziale, indipendentemente dal tipo e dalla severità dei sintomi cardiovascolari riferiti dal paziente, dovrebbe includere: esami ematochimici di routine (tra cui: velocità di eritrosedimentazione, proteina C-reattiva, D-dimero, frammento N-terminale del propeptide natriuretico di tipo B [NT-proBNP], troponina T ad alta sensibilità, funzionalità tiroidea), un ECG, un ecocardiogramma transtoracico, un Holter ECG, un test di imaging toracico (radiografia e/o tomografia computerizzata [TC] del torace) e test di funzionalità respiratoria (spirometria).

Le informazioni fornite dai test eseguiti possono consentire una diagnosi differenziale iniziale tra PASC-CVD e PASC-CVS, al fine di orientare il successivo iter diagnostico-terapeutico. In caso di sospetto coinvolgimento cardiopolmonare SARS-CoV-2-correlato (es. miocardite, pericardite, embolia polmonare), si renderanno necessarie ulteriori valutazioni specifiche secondo quanto raccomandato dalle linee guida internazionali49-51. Nei pazienti con persistenza di sintomi in assenza di alterazioni ai test diagnostici iniziali (PASC-CVS) dovrebbero essere eseguite ulteriori valutazioni dettate dalla sintomatologia predominante (dispnea, dolore toracico, tachicardia, intolleranza all’esercizio o astenia, sincope), dalle caratteristiche basali del paziente, nonché dalla probabilità pre-test di coinvolgimento cardiovascolare.

In caso di tachicardia, sincope o ridotta tolleranza all’esercizio, la valutazione dovrebbe includere la misurazione dinamica (in 10 min) in clino- e ortostatismo della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca per identificare un’eventuale disfunzione autonomica sottostante. Potrebbero inoltre essere utili il test del cammino dei 6 min (6MWT), al fine di valutare la capacità funzionale del paziente, e un Holter ECG di 24-48 h (talvolta con monitoraggio prolungato), per identificare eventuali aritmie cardiache e alterazioni inappropriate del pattern della frequenza cardiaca.

Nei casi di dolore toracico dovrebbe essere eseguita una valutazione di possibile ischemia miocardica, secondo le raccomandazioni delle linee guida internazionali52,53. Nei pazienti a basso rischio si raccomanda una valutazione iniziale preferibilmente con imaging non invasivo. Nei pazienti ad elevato rischio si dovrebbe effettuare una TC delle coronarie oppure un test di imaging da stress (eco-stress, tomografia ad emissione di positroni [PET] con imaging di perfusione oppure RMC da stress). La coronarografia dovrebbe essere riservata solamente ai pazienti con alterazioni suggestive ai test di imaging non invasivi oppure in quelli con un forte sospetto di malattia coronarica ostruttiva o di vasospasmo.

In caso di dispnea, i test diagnostici iniziali dovrebbero includere una radiografia del torace e/o una TC del torace senza mezzo di contrasto, nonché i test di funzionalità respiratoria. Se tali test non mostrano alterazioni tali da giustificare il sintomo, dovrebbe essere eseguito un test da sforzo cardiopolmonare e, in caso di sospetta embolia polmonare, un’angio-TC del torace. Un algoritmo diagnostico di PASC è proposto nella Figura 2.




Terapia delle PASC

Per la gestione delle SCA post-COVID-19, i pazienti vengono generalmente trattati in accordo con le attuali linee guida52,54, cosí come la gestione dell’insufficienza cardiaca deve essere effettuata seguendo le linee guida sullo scompenso cardiaco55,56.

La terapia della POTS con associati sintomi di disautonomia è incentrata su correzione delle cause reversibili (disidratazione, calore), ottimizzazione della gestione delle malattie croniche e training del paziente.

Nelle PASC può essere utile anche l’assunzione di sale e liquidi, per ridurre i sintomi come tachicardia, palpitazioni e/o ipotensione ortostatica; in alcuni soggetti possono essere utili farmaci come beta-bloccanti, calcio-antagonisti non diidropiridinici, ivabradina, fludrocortisone13.

Strategie non farmacologiche

Essendo la PASC una sindrome estremamente eterogenea, è stato necessario fin da subito un approccio multisciplinare considerando anche strategie non farmacologiche.

Sono stati quindi proposti diversi programmi riabilitativi della durata di 3-8 settimane condotti con esercizi fisici (sia di forza che di resistenza) che di riabilitazione respiratoria, con associate sedute psicologiche. I miglioramenti funzionali sono stati valutati mediante spirometria, 6MWT e diversi questionari di valutazione della perfomance fisica e dello stato mentale57-60.

Il ruolo della telemedicina si è dimostrato fondamentale soprattutto nell’approccio delle patologie mentali mediante sedute di terapia di supporto psicologico61.

Inoltre per migliorare la sintomatologia sono stati valutati approcci terapeutici alternativi come sedute fisioterapeutiche (movimenti di rotazione del corpo, stretching, digitopressione) e riabilitazione foniatrica. Un percorso riabilitativo a supporto dei pazienti con sintomi di long COVID dimostra miglioramenti della tolleranza allo sforzo e della dispnea, affaticamento e cognizione62.

Infine il 31% dei pazienti con pregressa infezione da SARS-CoV-2 ha sviluppato POTS, frequentemente associata ad ipotensione ortostatica63. Nella POTS un corretto programma riabilitativo muscolare per mantenere una corretta posizione eretta insieme ad un’adeguata idratazione può migliorare la sintomatologia. L’ipotensione ortostatica invece potrebbe essere trattata mediante l’utilizzo di calze compressive per migliorare il ritorno venoso64. Questi approcci alternativi si sono dimostrati efficaci e sicuri ed i dati preliminari hanno mostrato un chiaro beneficio della sintomatologia. Tuttavia per garantire un’adeguata sostenibilità economica, questi dovrebbero essere riservati a soggetti ad elevato rischio cardiovascolare65, a coloro i quali hanno sviluppato una cardiopatia durante la fase acuta dell’infezione ed agli atleti38. Negli atleti, è infatti consigliata una graduale ripresa dell’attività fisica qualora abbiano sviluppato una forma lieve di infezione, di converso è raccomandata l’astensione dall’esercizio fisico per 3 mesi nel sospetto di miocardite66.

Nella Tabella 1 è riassunta la definizione, sintomatologia, diagnosi e terapia delle PASC.




MIOCARDITI E PERICARDITI DA VACCINO mRNA

Le miocarditi e le pericarditi post-vaccino contro il COVID-19 sono eventi molto rari con un’incidenza stimata pari a 0.5-167,68 e 2-469 casi su 100 000 individui vaccinati con una dose e due dosi, rispettivamente, ad insorgenza entro 14 giorni dalla somministrazione dei vaccini a mRNA – Pfizer-BioNTech (BNT162b2) e Moderna (mRNA-1273) (Tabella 2)8,67-73.




La finestra a maggior rischio è quella successiva alla somministrazione della seconda dose del vaccino74–78. La giovane età (<30 anni) ed il sesso maschile sono emersi omogeneamente in tutti gli studi “real-world” come fattori associati ad una maggiore incidenza di miocarditi e pericarditi post-vaccino. Le stime epidemiologiche disponibili hanno variazioni, anche consistenti, in rapporto al sesso dei soggetti, alla fascia di età, al tipo di vaccino somministrato, al numero di dosi somministrate ed alla finestra di osservazione successiva alla vaccinazione. Il tasso di miocarditi e pericarditi dei registri israeliani ammonta a 4 casi su 100 000 individui tra gli uomini e 0.5 casi su 100 000 soggetti tra le donne vaccinate con almeno una dose7,67–70,72,77. Un recente studio79 condotto su 23 milioni di individui del nord Europa ha analizzato il rischio di miocardite dopo prima e seconda dose di vaccino a mRNA contro il COVID-19. I risultati hanno dimostrato, dopo la seconda dose di vaccino, un incremento dei casi di miocardite in soggetti giovani di sesso maschile tra i 16 ed i 24 anni pari a 5.55 casi per 100 000 con BNT162b2, 18.39 casi per 100 000 con mRNA-1273 e 27.49 casi per 100 000 con vaccinazione eterologa (una dose di mRNA-1273 ed una dose di BNT162b2).

In Italia, i dati del report annuale (2020-2021) sulla sicurezza dei vaccini anti-COVID-19 pubblicato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ed uno studio condotto da Massari et al.71 hanno mostrato come il tasso di incidenza di miocardite dopo prima e seconda dose è simile nei soggetti vaccinati con BNT162b2, mentre è significativamente più elevato dopo seconda dose nei soggetti vaccinati con mRNA-1273. Gli uomini costituiscono un sottogruppo a maggior rischio, prevalentemente dopo prima dose di mRNA-1273 (3.8 vs 8.8 casi per 100 000 soggetti) e dopo seconda dose di BNT162b2 (1 caso per 100 000 soggetti), mentre le donne sono esposte ad un maggior rischio solo dopo seconda dose di BNT162b2 (0.7 casi per 100 000 soggetti). Il tasso di miocardite e pericardite post-vaccinazione resta significativamente inferiore a quello delle forme da infezione da SARS-CoV-2 e alle miocarditi e pericarditi non associate a vaccinazione in epoca pre-pandemica (11 e 20 casi per 100 000 individui) (Tabella 2).

A differenza delle miocarditi e pericarditi da SARS-CoV-2, le forme post-vaccino sono clinicamente lievi e generalmente caratterizzate da un’evoluzione favorevole con risoluzione clinica completa8. Il quadro clinico più frequente include dolore toracico, comunemente entro 2-3 giorni dalla seconda dose di vaccino a mRNA, sopraslivellamento del tratto ST, incremento della troponina sierica, funzione sistolica generalmente nei limiti di norma e “late gadolinium enhancement” ed edema miocardico all’indagine di RMC14. Il ricorso alla biopsia endomiocardica per la diagnosi di miocardite post-vaccino è stato ad oggi estremamente raro proprio in virtù della presentazione clinica predominante con sindrome a basso rischio cardiovascolare a risoluzione completa e spontanea in breve tempo nella maggior parte dei pazienti80,81. In 2 casi, l’analisi istologica ha identificato infiltrati infiammatori composti prevalentemente da cellule T e macrofagi commisti a eosinofili e plasmacellule75. In altri casi non sono state identificate cellule infiammatorie o alterazioni tissutali compatibili con miocardite82,83.

La patogenesi di queste forme non è attualmente nota, ma i meccanismi ipotizzati includono il “mimetismo molecolare” tra la proteina spike del SARS-CoV-2 e gli antigeni del self, la formazione di autoanticorpi con disregolazione della risposta immune, l’attivazione delle cellule natural killer e la tempesta citochinica84,85. Inoltre, il ruolo degli ormoni sessuali potrebbe essere alla base delle differenze di genere ed è attualmente oggetto di studio86. Una recente analisi di dati aggregati sembrerebbe suggerire un’associazione tra lo sviluppo di miocardite e pericardite dopo vaccinazione con prima dose e la pregressa infezione da SARS-CoV-2, la quale potrebbe predisporre al danno miocardico76.

Sottogruppi di interesse

Pregresso episodio miocarditico o pericarditico

Un contesto particolare è rappresentato dai pazienti che hanno sviluppato un episodio miocarditico o pericarditico in seguito alla prima dose di vaccino ad mRNA contro il COVID-19. La decisione di somministrare la seconda dose deve tenere conto delle condizioni cliniche dell’individuo dopo un’attenta valutazione del rapporto rischio/beneficio. Laddove sia stato valutato di non procedere con la seconda dose di vaccino a mRNA contro il COVID-19, un vaccino differente andrebbe considerato per completare l’immunizzazione, specialmente in soggetti giovani e di sesso maschile88.

Immunodepressione acquisita o iatrogena

Il report annuale AIFA ed un recente studio italiano hanno descritto un maggior tasso di miocarditi dopo seconda dose di mRNA-1273 (Moderna) rispetto a BNT162b2 (Pfizer)71. Pertanto, il completamento del ciclo vaccinale con seconda dose, laddove ritenuto indicato, potrebbe essere eseguito con BNT162b2 in soggetti con miocardite o pericardite successiva a vaccinazione con mRNA-1273 e condizioni di immunodepressione acquisita o iatrogena (es. soggetti oncologici o trapiantati) che rendono non completamente sicura la somministrazione di un vaccino a vettore virale, come ad esempio ChAdOx1 (AstraZeneca/Oxford).

Adolescenti e giovani adulti

Questa fascia di popolazione, specialmente di sesso maschile, è emersa a maggior rischio di miocardite e pericardite dopo somministrazione di vaccino a mRNA contro il COVID-19. Tra le strategie possibili per ridurre questo rischio rientrano: a) somministrare solo una dose di vaccino a mRNA; b) allungare l’intervallo tra la somministrazione delle due dosi di vaccino; e c) ridurre a 10 μg la posologia delle due dosi di vaccino BNT162b2 somministrate a distanza di 21 giorni, come recentemente descritto nei soggetti di età compresa tra 5 e 11 anni89. I dati del recente studio in nord Europa79 supportano la vaccinazione con Pfizer in soggetti di sesso maschile in questa fascia di età. Il rischio maggiore conferito dopo seconda dose di Moderna potrebbe essere correlato ad un maggiore contenuto di mRNA79, ma questa ipotesi richiede studi dedicati.

In considerazione della rarità di questi eventi, in corso di pandemia, il bilancio tra rischio e beneficio è decisamente a favore della vaccinazione contro il COVID-1965,88 per la prevenzione delle complicanze maggiori ed il decesso nella popolazione generale e, secondo evidenze recenti, per ridurre anche il rischio di eventi cardiovascolari conferito dall’infezione da SARS-CoV-2 nella fase post-acuta19. L’incremento delle conoscenze sulla relazione tra vaccinazione e miocardite e pericardite consentirà lo sviluppo di strategie di vaccinazione personalizzate nel prossimo futuro.

MEDIUM COVID

Nel “medium COVID” la durata dei sintomi correlati all’infezione da SARS-CoV-2 è variabile: dai 5 giorni per l’infezione acuta ai sintomi del long COVID che possono durare 1 mese o potenzialmente molto più a lungo. Alcuni pazienti riferiscono un COVID di “media durata” che si risolve prima che diventi long COVID, ma dura più a lungo di una tipica infezione virale. In generale i pazienti riprendono le loro attività quotidiane e lavorative ma impiegano un maggiore sforzo per eseguire attività ordinarie o esercizi semplici rispetto allo stato pre-COVID.

Sono di solito pazienti più giovani, più sani, senza comorbilità ad avere la persistenza dei sintomi o la ricomparsa dopo che l’infezione iniziale è terminata. Questi pazienti riferiscono un’infezione acuta molto blanda o addirittura asintomatica e di essere tornati alla loro quotidianità abbastanza rapidamente dopo l’infezione. A distanza di 1 settimana riferiscono la comparsa di sintomi come affaticamento, perdita di appetito, perdita dell’olfatto e ripienezza gastrica. Altri sintomi sono comuni ad altre patologie come difficoltà respiratorie, costrizione toracica, tosse secca, dolore toracico, dolori muscolari e articolari, difficoltà a dormire e sbalzi d’umore, per cui occorre fare una valutazione approfondita per assicurarsi che non ci siano altri problemi che causano questi sintomi.

Il meccanismo alla base dei sintomi prolungati di COVID-19 è ancora sconosciuto. Sono state avanzate alcune ipotesi per cui il virus rimane nell’organismo inattivo, simile all’herpes zoster o all’HIV. Il dato di fatto è che alcuni pazienti che hanno avuto il COVID-19 impiegano più tempo per riprendersi rispetto ad altre infezioni virali. Si riprendono entro 2-3 settimane e non rientrano, pertanto, nella definizione di long COVID. Una classificazione precisa diventa difficile perché anche nell’ambito del long COVID ci sono delle differenze: ad esempio il CDC definisce il long COVID a 4 o più settimane dopo l’infezione e l’Organizzazione Mondiale della Sanità lo definisce a partire da 3 mesi dopo l’insorgenza dei primi sintomi. In questi casi ci troviamo di fronte ad una fascia intermedia in cui i sintomi persistenti sono lievi, non abbastanza gravi da giustificare l’interruzione del lavoro o la modifica dei programmi quotidiani e i pazienti sono di solito giovani e sani. Secondo alcuni esperti in realtà l’infezione da SARS CoV-2 è un continuum proprio perché varie sono le manifestazioni cliniche e la loro durata.

IMPATTO ECONOMICO E SOCIALE

Oltre 6 milioni di persone sono morte a causa del COVID-19 in tutto il mondo. Ma la mortalità non è l’unica conseguenza negativa del COVID-19. Molti pazienti sopravvissuti alla fase acuta presentano a distanza di tempo sequele più o meno invalidanti che coinvolgono vari organi tra cui l’apparato cardiovascolare (PASC). Fino ad ora tutta l’attenzione è stata posta sulla fase acuta della malattia, in alcuni casi ancora mortale, per cui la prevalenza nella popolazione di long COVID non è del tutto nota. I sintomi caratteristici delle PASC sono invalidanti non solo per la salute dell’individuo, ma anche per il lavoro, intaccando le risorse del sistema sanitario. L’aumento della spesa sanitaria è un’altra conseguenza del long COVID. I costi medici per il trattamento del long COVID non sono stati stimati, ma sono stati stimati i costi per condizioni simili. Se il trattamento del long COVID è simile per esempio al trattamento dell’encefalomielite mialgica (sindrome da stanchezza cronica), questi costi potrebbero essere stimati in circa $9000 a persona all’anno90.

Inoltre la riduzione dell’offerta di lavoro è una perdita di guadagno diretta: se 1 milione di persone è fuori dalla forza lavoro a causa del long COVID, il reddito perso sarebbe di oltre $50 miliardi all’anno90. L’enorme costo del long COVID ha diverse implicazioni politiche. Investire in trattamenti per il long COVID è ovviamente una priorità assoluta. Anche sperimentare modi per rendere più facile l’occupazione per le persone con complicazioni a lungo termine è una priorità assoluta. Le persone con affaticamento cronico potrebbero usufruire dello smart working per il periodo dei sintomi in modo da consentire una ripresa graduale dell’attività lavorativa abituale. Un enorme beneficio nella gestione del COVID-19 potrebbe essere correlata ad una vaccinazione ancora più espansiva e all’ausilio di test per la diagnosi rapidi e alla portata di tutti per limitare il contagio; nonostante i cosi iniziali questi interventi potrebbero portare ad enormi potenziali benefici.

CONCLUSIONI

Le PASC sono definite come una costellazione di sintomi nuovi, ricorrenti o persistenti in individui dopo 4 o più settimane dall’infezione da SARS-CoV-2. Si differenziano in PASC-CVD e PASC-CVS. Le PASC-CVD (malattia cardiovascolare di PASC) si riferiscono a condizioni cardiovascolari che includono miocarditi e altre forme di coinvolgimento miocardico, pericarditi, ischemia miocardica nuova o in peggioramento, disfunzione microvascolare, cardiomiopatia non ischemica, tromboembolismo, sequele cardiovascolari di malattie polmonari e aritmie.

Le PASC-CVS (sindrome cardiovascolare di PASC) sono un disturbo eterogeneo che include sintomi cardiovascolari ad ampio raggio, senza obiettiva evidenza di malattie cardiovascolari utilizzando i test diagnostici standard. I sintomi comuni includono tachicardia, intolleranza all’esercizio, malessere post-sforzo, palpitazioni, dolore toracico e dispnea.

Le sequele cardiovascolari post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2 o long COVID o PASC rappresentano un nuova entità nosologica con sintomi definiti ed eziologia incerta.

Per PASC-CVS è inizialmente consigliato l’esercizio fisico inizialmente breve (5-10 min al giorno), da aumentare con gradualità in modo da migliorare la capacità funzionale.

Il carico di sale e liquidi rappresentano un intervento non farmacologico che può fornire sollievo sintomatico ai pazienti con tachicardia, palpitazioni e/o ipotensione ortostatica. Beta-bloccanti, calcio-antagonisti non diidropiridinici, anche ivabradina, fludrocortisone possono essere usati empiricamente.

RIASSUNTO

Benché il decorso clinico del COVID-19 nella sua fase acuta sia ormai delineato con sufficiente dettaglio, meno nota è invece la sua fase tardiva caratterizzata da un’eterogenea serie di sequele a carico di vari organi ed apparati, incluso quello cardiovascolare, che si protraggono dopo l’episodio acuto o insorgono a distanza dalla loro risoluzione. Questa sindrome, oggi riferita con il nuovo acronimo “PASC” (post-acute sequelae of SARS-CoV-2 infection), è stata riconosciuta formalmente da diverse società scientifiche ed organizzazioni internazionali che ne hanno proposto varie definizioni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce le PASC, distinguendole dal “COVID-19 sintomatico in corso”, come una condizione che insorge alcune settimane dopo il contagio, dura almeno 8 settimane e non può essere spiegata da diagnosi alternative.

Molteplici sono i meccanismi responsabili di PASC: infiammazione, attivazione immunitaria, persistenza virale, attivazione di virus latenti, disfunzione endoteliale, alterata risposta all’esercizio e profondo decondizionamento cardiaco a seguito dell’infezione virale.

I sintomi chiave delle PASC sono le palpitazioni, la dispnea (da sforzo), il dolore toracico, l’intolleranza all’esercizio e la sindrome da tachicardia ortostatica posturale.

Per quanto concerne la terapia, nelle PASC può essere utile l’assunzione di sale e liquidi, per ridurre i sintomi come tachicardia, palpitazioni e/o ipotensione ortostatica o in alcuni soggetti l’assunzione di farmaci come beta-bloccanti, calcio-antagonisti non diidropiridinici, ivabradina, e fludrocortisone.

Infine, nelle PASC si raccomanda una graduale ripresa dell’attività fisica: inizialmente l’esercizio in posizione sdraiata o semi-sdraiata, come ciclismo, nuoto o canottaggio, per poi passare all’esercizio in posizione eretta come la corsa, man mano che migliora la capacità di stare in piedi senza che compaia la dispnea. Anche la durata dell’esercizio dovrebbe essere inizialmente breve (da 5 a 10 min al giorno), con aumenti graduali man mano che la capacità funzionale migliora.

Parole chiave. COVID-19; Long COVID; PASC; Sequele cardiovascolari post-acute dell’infezione da SARS-CoV-2.

BIBLIOGRAFIA

1. Basso C, Leone O, Rizzo S, et al. Pathological features of COVID-19-associated myocardial injury: a multicentre cardiovascular pathology study. Eur Heart J 2020;41:3827-35.

2. Bois MC, Boire NA, Layman AJ, et al. COVID-19-associated nonocclusive fibrin microthrombi in the heart. Circulation 2021;143:230-43.

3. Pellegrini D, Kawakami R, Guagliumi G, et al. Microthrombi as a major cause of cardiac injury in COVID-19: a pathologic study. Circulation 2021;143:1031-42.

4. Halushka MK, Vander Heide RS. Myocarditis is rare in COVID-19 autopsies: cardiovascular findings across 277 postmortem examinations. Cardiovasc Pathol 2021; 50:107300.

5. Almamlouk R, Kashour T, Obeidat S, et al.; Cardiac Autopsy in COVID-19 Study Group. COVID-19-associated cardiac pathology at post-mortem evaluation: a collaborative systematic review. Clin Microbiol Infect 2022 Mar 23. doi: 10.1016/j.cmi.2022.03.021 [Epub ahead of print].

6. Tschöpe, C, Ammirati E, Bozkurt B, et al. Myocarditis and inflammatory cardiomyopathy: current evidence and future directions. Nat Rev Cardiol 2021;18:169-93.

7. Cipriani M, Merlo M, Gabrielli D, et al. Documento di consenso ANMCO/SIC sulla gestione delle miocarditi. G Ital Cardiol 2020;21:969-89.

8. Barda N, Dangan N, Ben-Shlomo Y, et al. Safety of the BNT162b2 mRNA Covid-19 vaccine in a nationwide setting. N Engl J Med 2021;385:1078-90.

9. Boehmer TK, Kompaniyets L, Lavery AM, et al. Association between COVID-19 and myocarditis using hospital-based administrative data – United States, March 2020-January 2021. MMWR Morb Mortal Wkly Rep 2021;70:1228-32.

10. Clerkin KJ, Fried JA, Raikhelkar J, et al. COVID-19 and cardiovascular disease. Circulation 2020;141:1648-55.

11. Ammirati E, Lupi L, Palazzini M, et al. Prevalence, characteristics, and outcomes of COVID-19-associated acute myocarditis. Circulation 2022;145:1123-39.

12. Kotecha T, Knight DS, Razvi Y, et al. Patterns of myocardial injury in recovered troponin-positive COVID-19 patients assessed by cardiovascular magnetic resonance. Eur Heart J 2021;42:1866-78.

13. Gluckman TJ, Bhave NM, Allen LA, et al. 2022 ACC Expert Consensus Decision Pathway on cardiovascular sequelae of COVID-19 in adults: myocarditis and other myocardial involvement, post-acute sequelae of SARS-CoV-2 infection, and return to play: a report of the American College of Cardiology Solution Set Oversight Committee. J Am Coll Cardiol 2022;79:1717-56.

14. Caforio ALP, Pankuweit S, Arbustini E, et al. Current state of knowledge on aetiology, diagnosis, management, and therapy of myocarditis: a position statement of the European Society of Cardiology Working Group on Myocardial and Pericardial Diseases. Eur Heart J 2013;34:2636-48, 2648a-d.

15. Porcari A, De Luca A, Grigoratos C, et al. Arrhythmic risk stratification by cardiac magnetic resonance tissue characterization: disclosing the arrhythmic substrate within the heart muscle. Heart Fail Rev 2022;27:49-69.

16. Inciardi RM, Lupi L, Zaccone G, et al. Cardiac involvement in a patient with coronavirus disease 2019 (COVID-19). JAMA Cardiol 2020;5:819-24.

17. Imazio M, Brucato A, Barbieri A, et al. Good prognosis for pericarditis with and without myocardial involvement: results from a multicenter, prospective cohort study. Circulation 2013;128:42-9.

18. Imazio M, Cecchi E, Demichelis B, et al. Myopericarditis versus viral or idiopathic acute pericarditis. Heart 2008;94:498-501.

19. Xie Y, Xu E, Bowe B, Al-Aly Z. Long-term cardiovascular outcomes of COVID-19. Nat Med 2022;28:583-90.

20. Polimeni A, Leo I, Spaccarotella C, et al. Differences in coagulopathy indices in patients with severe versus non-severe COVID-19: a meta-analysis of 35 studies and 6427 patients. Sci Rep 2021;11:10464.

21. De Rosa S, Spaccarotella C, Basso C, et al.; Società Italiana di Cardiologia and the CCU Academy investigators group. Reduction of hospitalizations for myocardial infarction in Italy in the COVID-19 era. Eur Heart J 2020;41:2083-8.

22. Spaccarotella C, Sorrentino S, Indolfi C. Reduction of hospitalisations and increased mortality for acute coronary syndromes during covid-19 era: not all countries are equal. Lancet Reg Health West Pac 2021;12:100155.

23. Spaccarotella C, Migliarino S, Mongiardo A, et al Fast-track ruling in/out SARS-CoV-2 infection with rapid 0/1.5 h molecular test in patients with acute coronary syndromes. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2020;21:975-9.

24. Thygesen K, Alpert JS, Jaffe AS, et al.; ESC Scientific Document Group. Fourth universal definition of myocardial infarction (2018). Eur Heart J 2019;40:237-69.

25. Sandoval Y, Januzzi JL Jr, Jaffe AS. Cardiac troponin for the diagnosis and risk-stratification of myocardial injury in COVID-19: JACC review topic of the week. J Am Coll Cardiol 2020;76:1244-58.

26. Al-Aly Z, Xie Y, Bowe B. High-dimensional characterization of post-acute sequelae of COVID-19. Nature 2021;594:259-64.

27. Daugherty SE, Guo Y, Heath K, et al. Risk of clinical sequelae after the acute phase of SARS-CoV-2 infection: retrospective cohort study. BMJ 2021;373:n1098.

28. Maestrini V, Birtolo LI, Francone M, et al.; Policlinico Umberto I COVID-19 Group. Cardiac involvement in consecutive unselected hospitalized COVID-19 population: in-hospital evaluation and one-year follow-up. Int J Cardiol 2021;339:235-42.

29. Spaccarotella C, Mazzitelli M, Migliarino S, et al. Therapy with RAS inhibitors during the COVID-19 pandemic. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2021;22:329-34.

30. Spaccarotella C, De Rosa S, Indolfi C. The effects of COVID-19 on general cardiology in Italy. Eur Heart J 2020;41:4298-300.

31. Indolfi C, Spaccarotella C. The outbreak of COVID-19 in Italy: fighting the pandemic. JACC Case Rep 2020;2:1414-8.

32. Strangio A, Leo I, Spaccarotella CAM, et al. Effects of the COVID-19 pandemic on the formation of fellows in training in cardiology. J Cardiovasc Med (Hagerstown) 2021;22:711-5.

33. Whitaker M, Elliott J, Chadeau-Hyam M, et al. Persistent symptoms following SARS-CoV-2 infection in a random community sample of 508,707 people. medRxiv July 3, 2021. doi: 10.1101/2021.06.2821259452.

34. Nalbandian A, Sehgal K, Gupta A, et al. Post-acute COVID-19 syndrome. Nat Med 2021;27:601-5.

35. Soriano JB, Murthy S, Marshall JC, Relan P, Diaz JV; WHO Clinical Case Definition Working Group on Post-COVID-19 Condition. A clinical case definition of post-COVID-19 condition by a Delphi consensus. Lancet Infect Dis 2022;22:e102-7.

36. COVID-19 rapid guideline: managing the long-term effects of COVID-19. London: National Institute for Health and Care Excellence (NICE); 2020 Dec 18.

37. Centers for Disease Control and Prevention. Long COVID or post-COVID conditions. https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/long-term-effects/index.html [ultimo accesso 23 maggio 2022].

38. Raman B, Bluemke DA, Lüscher TF, Neubauer S. Long COVID: post-acute sequelae of COVID-19 with a cardiovascular focus. Eur Heart J 2022;43:1157-72.

39. Siripanthong B, Asatryan B, Hanff TC, et al. The pathogenesis and long-term consequences of COVID-19 cardiac injury. JACC Basic Transl Sci 2022;7:294-308.

40. Bailey AL, Dmytrenko O, Greenberg L, et al. SARS-CoV-2 infects human engineered heart tissues and models COVID-19 myocarditis. JACC Basic Transl Sci 2021;6:331-45.

41. Ambrosino P, Maniscalco M. Deconditioning in COVID-19 survivors with reduced exercise performance: a role for endothelial dysfunction? Med Hypotheses 2022;163:110847.

42. Blomberg B, Mohn KG, Brokstad KA, et al. Long COVID in a prospective cohort of home-isolated patients. Nat Med 2021;27:1607-13.

43. Finney LJ, Doughty R, Lovage S, et al. Lung function deficits and symptom burden in survivors of COVID-19 requiring mechanical ventilation. Ann Am Thorac Soc 2021;18:1740-3.

44. Espejo C, Mejia-Renteria H, Travieso A, et al. Myocardial ischaemia of non-obstructive origin as a cause of new onset anginal chest pain in the long COVID syndrome [abstract]. Eur Heart J 2021;42(Suppl):1078.

45. Bryarly M, Phillips LT, Fu Q, et al. Postural orthostatic tachycardia syndrome: JACC focus seminar. J Am Coll Cardiol 2019;73:1207-28.

46. Logue JK, Franko NM, McCulloch DJ, et al. Sequelae in adults at 6 months after COVID-19 infection. JAMA Netw Open 2021;4:e210830.

47. Sonnweber T, Sahanic S, Pizzini A, et al. Cardiopulmonary recovery after COVID-19: an observational prospective multicentre trial. Eur Respir J 2021;57:2003481.

48. Zhou M, Wong CK, Un KC, et al Cardiovascular sequalae in uncomplicated COVID-19 survivors. PLoS One 2021;16:e0246732.

49. McDonagh TA, Metra M, Adamo M, et al.; ESC Scientific Document Group. 2021 ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure. Eur Heart J 2021;42:3599-726.

50. Konstantinides SV, Meyer G, Becattini C, et al. 2019 ESC Guidelines for the diagnosis and management of acute pulmonary embolism developed in collaboration with the European Respiratory Society (ERS): The Task Force for the diagnosis and management of acute pulmonary embolism of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Respir J 2019;54:1901647.

51. Adler Y, Charron P, Imazio M, et al.; ESC Scientific Document Group. 2015 ESC Guidelines for the diagnosis and management of pericardial diseases: The Task Force for the Diagnosis and Management of Pericardial Diseases of the European Society of Cardiology (ESC). Endorsed by: The European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J 2015;36:2921-64.

52. Collet JP, Thiele H, Barbato E, et al.; ESC Scientific Document Group. 2020 ESC Guidelines for the management of acute coronary syndromes in patients presenting without persistent ST-segment elevation. Eur Heart J 2021;42:1289-367.

53. Ibanez B, James S, Agewall S, et al.; ESC Scientific Document Group. 2017 ESC Guidelines for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation: The Task Force for the management of acute myocardial infarction in patients presenting with ST-segment elevation of the European Society of Cardiology (ESC). Eur Heart J 2018;39:119-77.

54. Ezra AA, Nanette KW, Ralph GB, et al. 2014 AHA/ACC Guideline for the management of patients with non-ST-elevation acute coronary syndromes: a report of the american College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines. J Am Coll Cardiol 2014;64:e139-228.

55. Crespo-Leiro MG, Metra M, Lund LH, et al. Advanced heart failure: a position statement of the Heart Failure Association of the European Society of Cardiology. Eur J Heart Fail 2018;20:1505-35.

56. Yancy CW, Jessup M, Bozkurt B, et al. 2017 ACC/AHA/HFSA focused update of the 2013 ACCF/AHA guideline for the management of heart failure: a report of the American College of Cardiology/American Heart Association Task Force on Clinical Practice Guidelines and the Heart Failure Society of America. Circulation 2017;136:e137-61.

57. Daynes E, Gerlis C, Chaplin E, Gardiner N, Singh SJ. Early experiences of rehabilitation for individuals post-COVID to improve fatigue, breathlessness exercise capacity and cognition – a cohort study. Chron Respir Dis 2021;18:14799731211015691.

58. Gloeckl R, Leitl D, Jarosch I, et al. Benefits of pulmonary rehabilitation in COVID-19: a prospective observational cohort study. ERJ Open Res 2021;7:00108–2021.

59. Singh SJ, Barradell AC, Greening NJ, et al. British Thoracic Society survey of rehabilitation to support recovery of the post-COVID-19 population. BMJ Open 2020;10:e040213.

60. Spruit M, Holland A, Singh S, et al. COVID-19: interim guidance on rehabilitation in the hospital and post-hospital phase from a European Respiratory Society and American Thoracic Society-coordinated International Task Force. Eur Respir J 2020;56:2002197.

61. Asly M, Hazim A. Rehabilitation of post-COVID-19 patients. Pan Afr Med J 2020;36:168.

62. Crook H, Raza S, Nowell J, Young M, Edison P. Long covid-mechanisms, risk factors, and management. BMJ 2021;374:n1648.

63. Newman M. Chronic fatigue syndrome and long covid: moving beyond the controversy. BMJ 2021;373:n1559.

64. Podoleanu C, Maggi R, Brignole M, et al. Lower limb and abdominal compression bandages prevent progressive orthostatic hypotension in elderly persons: a randomized single-blind controlled study. J Am Coll Cardiol 2006;48:1425-32.

65. Indolfi C, Barillà F, Basso C, et al. Position paper della Società Italiana di Cardiologia (SIC): Priorità del vaccino COVID-19 nei pazienti con patologie cardiovascolari. G Ital Cardiol 2021;22:363-75.

66. Pelliccia A, Solberg EE, Papadakis M, et al. Recommendations for participation in competitive and leisure time sport in athletes with cardiomyopathies, myocarditis, and pericarditis: position statement of the Sport Cardiology Section of the European Association of Preventive Cardiology (EAPC). Eur Heart J 2019;40:19-33.

67. Simone A, Herald J, Chen A, et al. Acute myocarditis following COVID-19 mRNA vaccination in adults aged 18 years or older. JAMA Intern Med 2021;181:1668-70.

68. Li M, Yuan J, Lv G, Brown J, Jiang X, Lu ZK Myocarditis and pericarditis following COVID-19 vaccination: inequalities in age and vaccine types. J Pers Med 2021;11:1106.

69. Mevorach D, Anis E, Cedar N, et al. Myocarditis after BNT162b2 mRNA vaccine against Covid-19 in Israel. N Engl J Med 2021;385:2140-9.

70. Witberg G, Barda N, Hoss S, et al. Myocarditis after Covid-19 vaccination in a large health care organization. N Engl J Med 2021;385:2132-9.

71. Massari M, Spila-Alegini S, Morciano C, et al. Post-marketing active surveillance of myocarditis and pericarditis following vaccination with COVID-19 mRNA vaccines in persons aged 12-39 years in Italy: a multi-database, self-controlled case series study. medRxiv Feb 8, 2022. doi: 10.1101/2022.02.07.22270020.

72. Husby A, Hansen JV, Fosbøl E, et al. SARS-CoV-2 vaccination and myocarditis or myopericarditis: population based cohort study. BMJ 2021;375:e068665.

73. Li X, Lai FTT, Chua GT, et al. Myocarditis following COVID-19 BNT162b2 vaccination among adolescents in Hong Kong. JAMA Pediatr 2022;176:612-4.

74. Luk, A, Clarke B, Dahdah N, et al. Myocarditis and pericarditis following COVID-19 mRNA vaccination: practical considerations for care providers. Can J Cardiol 2021;37:1629-34.

75. Verma AK, Lavine KJ, Lin CY. Myocarditis after Covid-19 mRNA vaccination. N Engl J Med 2021;385:1332-4.

76. Sinagra G, Merlo M, Porcari A. Exploring the possible link between myocarditis and mRNA COVID-19 vaccines. Eur J Intern Med 2021;92:28-30.

77. Diaz GA, Parsons GT, Gering SK, et al. Myocarditis and pericarditis after vaccination for COVID-19. JAMA 2021;326:1210-2.

78. Ammirati E, Cavalotti C, Milazzo A, et al. Temporal relation between second dose BNT162b2 mRNA Covid-19 vaccine and cardiac involvement in a patient with previous SARS-COV-2 infection. Int J Cardiol Heart Vasc 2021;34:100774.

79. Karlstad Ø, Hovi P, Husby A, et al. SARS-CoV-2 vaccination and myocarditis in a Nordic cohort study of 23 million residents. JAMA Cardiol 2022;7:600-12.

80. Anzini M, Merlo M, Sabbadini G, et al. Long-term evolution and prognostic stratification of biopsy-proven active myocarditis. Circulation 2013;128:2384-94.

81. Sinagra G, Porcari A, Fabris E, Merlo M. Standardizing the role of endomyocardial biopsy in current clinical practice worldwide. Eur J Heart Fail 2021;23:1995-8.

82. Larson KF, Ammirati E, Adler ED, et al. Myocarditis after BNT162b2 and mRNA-1273 vaccination. Circulation 2021;144:506-8.

83. Rosner CM, Genovese L, Tehrani BN, et al. Myocarditis temporally associated with COVID-19 vaccination. Circulation 2021;144:502-5.

84. Heymans S, Cooper LT. Myocarditis after COVID-19 mRNA vaccination: clinical observations and potential mechanisms. Nat Rev Cardiol 2022;19:75-7.

85. Bozkurt B, Kamat I, Hotez PJ. Myocarditis with COVID-19 mRNA vaccines. Circulation 2021;144:471-84.

86. Viveiros A, Rasmuson J, Vu J, et al. Sex differences in COVID-19: candidate pathways, genetics of ACE2, and sex hormones. Am J Physiol Heart Circ Physiol 2021;320:H296-304.

87. Bellos I, Karageorgiou V, Viskin D. Myocarditis following mRNA Covid-19 vaccination: a pooled analysis. Vaccine 2022;40:1768-74.

88. Sinagra G, Porcari A, Merlo M, et al. Miocarditi, pericarditi e vaccino a mRNA contro il COVID-19. Expert opinion della Società Italiana di Cardiologia. G Ital Cardiol 2021;22:894-9.

89. Walter EB, Talaat KR, Sabharwal C, et al. Evaluation of the BNT162b2 Covid-19 vaccine in children 5 to 11 years of age. N Engl J Med 2022;386:35-46.

90. Cutler DM. The costs of long COVID. JAMA Health Forum 2022;3:e221809.