FRANCESCO FURLANELLO, IL CACCIATORE DI ARITMIE


Non si fraintenda il titolo, la caccia era proprio nel suo istinto di uomo, e anche di medico, di ricercatore e forse nello stesso legame di amicizia. Era pure il suo hobby, che lo portava nelle valli del Trentino e della Slovenia, ma la cercava impegnata e difficile come quella dello stanare le beccacce o il gallo cedrone, mentre lasciava ai “borghesi” i pedestri fagiani, per lui una specie di galline indifese. Forse egli cacciò anche me quando ci conoscemmo nel lontano 1954, entrambi neovolontari senza stipendio nella clinica universitaria di Padova e interessati a capire i complicati grafici dell’elettrocardiografia. Il nostro fu un rapporto di empatia, di legami familiari e di collaborazione nel lavoro, che vanno certamente oltre il 12 gennaio 2023, quando ci ha lasciati.

Durante i molti decenni in cui ci siamo trovati con passione a sviluppare le conoscenze, la ricerca e l’organizzazione di incontri e congressi anche i temi di ciascuno erano integrativi, non conflittuali; lui e i suoi collaboratori inseguivano le aritmie, noi i ritardi di attivazione. Quando ci trovammo primari nei nostri piccoli ospedali di Motta di Livenza e di Massa Marittima ricordo che aveva tanto raccomandato ai suoi assistenti la registrazione continua delle aritmie quando si fossero presentate (ancora non c’era l’Holter), tanto che una mattina si trovò sul tavolo un lunghissimo tracciato di una tachicardia ventricolare di un paziente nella notte precedente, seguita dalla fibrillazione e dalla linea continua, ma senza la soluzione terapeutica. Toccò proprio a lui che un giorno, trovandosi con la moglie in un ristorante, vide accasciarsi un commensale di altro tavolo, prontamente intervenne, lo distese sul pavimento e scoperto il torace gli sferrò un pugno che, data la stazza del cardiologo trentino, fu come una defibrillazione, il signore rinvenne e poté essere trasferito in ospedale.

Da allora Furlanello, classe 1929, non solo ai suoi “soldati” obbedienti, ma a tutta la cardiologia italiana diede l’allarme sulle aritmie, che anche quando sembrano benigne, possono nascondere un recondito meccanismo maligno. Sulla stessa linea si erano già avviati alcuni ricercatori francesi e statunitensi, da Coumel e Puech a Narula. Dopo il suo trasferimento a Trento e con la nuova équipe egli diede maggior impulso alla diffusione delle incalzanti conoscenze e della giustezza delle nuove apprensioni. Fu chiamato a insegnare a Verona e a Padova. Ci trovammo insieme a Montpellier nella Cardiologia di Puech per apprendere la tecnica della registrazione hisiana. Negli anni successivi, convinto che il migliore impulso alla diffusione delle conoscenze e delle nuove iniziative tecnologiche era unire l’utile al dilettevole, ebbe l’idea di organizzare durante l’inverno a Marilleva, stazione trentina sciistica, un convegno internazionale annuale, che ebbe un effettivo successo e si rinnovò per molti anni.

La giubilazione è arrivata troppo presto anche per lui, poiché la legge non distingue chi si trascina nella routine e chi conserva ancora la fantasia e la passione per nuove proposte. E Furlanello infatti non si ritirò, mantenne la sua attività a Trento, a Roma e a Milano, dove gli richiedevano le sue incomparabili esperienze e intuizioni. Nelle ultime telefonate che intercorsero fra noi lo sentivo sempre impegnato nel lavoro, mentre tentava ancora qualche breve sortita per ammirare il volo delle beccacce, che ora si sentiranno più sicure senza la mira infallibile di Francesco. Lascia due figli, Cesare e Tommaso, che sono diventati famosi in altri campi nelle Università di Trento e di Padova, rispettivamente. Grazie caro amico di quanto hai dato al nostro faticoso mestiere, per te come per molti altri sempre più riconoscente per il sorriso di chi si sentiva curato.

Eligio Piccolo

Venezia-Mestre

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