Dibattito sulla monoterapia antipiastrinica:
Perché non lasciare la buona vecchia aspirina per clopidogrel o ticagrelor in monoterapia nella sindrome coronarica cronica dopo un’angioplastica coronarica

Raffaele De Caterina1,2

1Cattedra di Cardiologia, Università degli Studi, Pisa

2Fondazione Villaserena per la Ricerca, Città Sant’Angelo (PE)

La terapia antipiastrinica con aspirina a basse dosi è da lungo tempo una pietra miliare nella prevenzione secondaria della cardiopatia ischemica1, ed è indicata con classe di raccomandazione I e livello di evidenza A dalle linee guida della Società Europea di Cardiologia nella terapia delle sindromi coronariche croniche2. Recentemente, tuttavia, c’è stato un revival dei tentativi di proporre un’alternativa con gli inibitori del P2Y12, il principale recettore piastrinico per l’ADP, essenzialmente con clopidogrel o ticagrelor. Parliamo di revival, perché già oltre 25 anni fa lo studio CAPRIE, dimostrando una marginale superiorità statistica del clopidogrel contro aspirina (allora somministrata a 325 mg/die) in oltre 19 000 pazienti arruolati per pregresso infarto, pregresso ictus o vasculopatia periferica sintomatica, aveva proposto il clopidogrel come “l’alternativa vincente”3. Questa “superiorità statistica” non fu allora tuttavia considerata sufficiente a cambiare linee guida o raccomandazioni delle autorità regolatorie per almeno quattro motivi: (a) nella coorte di pazienti reclutati nel post-infarto il rischio relativo di clopidogrel contro aspirina era numericamente sfavorevole al clopidogrel (-3.7%, intervallo di confidenza 95% -22.1-12.0, p=0.66); (b) anche mettendo assieme il dato delle tre coorti studiate, il beneficio assoluto proposto sull’endpoint primario (il combinato di ictus ischemico, infarto del miocardio e morte vascolare: 5.32% vs 5.83% per anno) era così scarso in termini assoluti da determinare un alto “number needed to treat” (196 pazienti da trattare per anno per risparmiare un evento non fatale), clinicamente poco rilevante; (c) non c’era alcun beneficio sulla mortalità cardiovascolare o per tutte le cause; (d) il minor tasso di sanguinamenti gastrointestinali osservato con clopidogrel (0.49% vs 0.71% per anno) era attribuibile all’uso di una dose di 325 mg/die di aspirina, superiore a quella oggi raccomandata4. A questo si aggiunga il problema della variabilità nella risposta farmacodinamica al clopidogrel dovuta almeno in parte a varianti genetiche del citocromo epatico CYPC19, varianti presenti in circa un terzo della popolazione generale, e che portano a una scarsa metabolizzazione del profarmaco clopidogrel al metabolita attivo5. L’uso di clopidogrel è stato dunque da allora raccomandato principalmente in alternativa all’aspirina in soggetti con intolleranza all’aspirina2.

Recentemente, in epoca di angioplastica primaria e stenting coronarico, lo studio HOST-EXAM ha dimostrato una minor incidenza di infarto in soggetti in monoterapia con clopidogrel rispetto all’aspirina. Tuttavia lo studio, relativamente piccolo (n = 5530), non dimostrava alcun beneficio di clopidogrel sulla mortalità cardiovascolare o per tutte le cause (con, anzi, un eccesso numerico di morti nel braccio clopidogrel)6.

Il ticagrelor è un inibitore reversibile del P2Y12, che non necessita di metabolizzazione epatica, e nello studio PLATO si è dimostrato superiore al clopidogrel in pazienti tutti trattati con aspirina dopo una sindrome coronarica acuta7. Il ticagrelor è stato successivamente ripetutamente proposto come vantaggioso in monoterapia rispetto all’aspirina. Tuttavia, nei pazienti post-ictus dello studio SOCRATES non ha potuto dimostrare maggiore efficacia rispetto al clopidogrel8. Lo studio GLOBAL LEADERS9 ha confrontato una strategia “standard” con aspirina + clopidogrel o ticagrelor per 1 anno contro una strategia “abbreviata” con aspirina e ticagrelor per 1 mese seguita da una monoterapia con ticagrelor fino a 2 anni. Mentre l’interpretazione dello studio principale9 è resa difficile dalla complessità del disegno, con variabilità di durata e tipo di agente antiaggregante tra i gruppi confrontati, una “landmark analysis” dopo 1 anno, che dunque poteva confrontare la monoterapia con ticagrelor con quella con aspirina, ha concluso per una superiorità della monoterapia con ticagrelor sull’endpoint dell’infarto, ma con un aumento dei sanguinamenti maggiori (BARC 3-5) e nessun effetto sulla mortalità, e dunque senza chiara evidenza di un beneficio clinico netto, per di più in un’analisi limitata ai pazienti che a 12 mesi dall’infarto erano liberi da eventi ischemici e da eventi di sanguinamento, e che erano stati aderenti alle terapie iniziali10.

Tutta una serie di studi recenti che hanno confrontato, in pazienti con sindrome coronarica acuta e fibrillazione atriale, l’interruzione precoce (da giorni a settimane) di una tripla terapia antitrombotica con aspirina, clopidogrel e warfarin contro una doppia terapia antitrombotica con anticoagulante non antagonista della vitamina K e un solo farmaco antipiastrinico11-14 hanno deciso di eliminare l’aspirina dal cocktail antitrombotico nel braccio sperimentale, senza però alcuna base di evidenza.

La (nostra) metanalisi del 2021 sulla monoterapia con aspirina a confronto con inibitori del P2Y12 ha sì mostrato una tendenza con questi ultimi alla riduzione dell’infarto, ma senza alcuna differenza sulla mortalità15 (Figura 1); e questo messaggio viene fuori anche dalla più recente metanalisi PANTHER di Valgimigli16, recentemente presentata al congresso 2022 della Società Europea di Cardiologia, e in una nostra pure recentissima metanalisi di rete17. È plausibile che gli inibitori del P2Y12 abbiano un effetto marginalmente superiore all’aspirina sul reinfarto; ma bisogna chiedersi perché questo non si traduce mai, al meglio delle evidenze oggi disponibili, sulla mortalità. Spiegazioni possibili sono l’irrilevanza clinica degli infarti apparentemente prevenuti dagli inibitori del P2Y12 rispetto all’aspirina; o anche l’emergenza di effetti dell’aspirina sulla mortalità anche extra-cardiovascolare, effetti che gli inibitori del P2Y12 non avrebbero.




Perché dunque “lasciare la via vecchia per la nuova”? Per inseguire la moda di “dire qualcosa di nuovo”? Non sarebbe utile rivolgere altrove gli sforzi di ricerca piuttosto che ostinarsi a dimostrare differenze marginali, clinicamente irrilevanti, a fronte di simili (con il clopidogrel) o maggiori sanguinamenti (con il ticagrelor); e con il rischio con il clopidogrel di allocare pazienti alla roulette russa di un farmaco potenzialmente inefficace?

BIBLIOGRAFIA

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9. Vranckx P, Valgimigli M, Jüni P, et al.; GLOBAL LEADERS Investigators. Ticagrelor plus aspirin for 1 month, followed by ticagrelor monotherapy for 23 months vs aspirin plus clopidogrel or ticagrelor for 12 months, followed by aspirin monotherapy for 12 months after implantation of a drug-eluting stent: a multicentre, open-label, randomised superiority trial. Lancet 2018;392:940-9.

10. Ono M, Hara H, Kawashima H, et al. Ticagrelor monotherapy versus aspirin monotherapy at 12 months after percutaneous coronary intervention: a landmark analysis of the GLOBAL LEADERS trial. EuroIntervention 2022;18:e377-88.

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16. Valgimigli M. Patients with coronary artery disease should receive P2Y12 inhibitor instead of aspirin. https://www.escardio.org/The-ESC/Press-Office/Press-releases/Patients-with-coronary-artery-disease-should-receive-P2Y12-inhibitor-instead-of-aspirin [ultimo accesso 21 marzo 2023].

17. Andò G, De Santis GA, Greco A, et al. P2Y12 inhibitor or aspirin following dual antiplatelet therapy after percutaneous coronary intervention: a network meta-analysis. JACC Cardiovasc Interv 2022;15:2239-49.