Il cateterismo cardiaco destro nei laboratori di emodinamica italiani: risultati dell’indagine nazionale SICI-GISE promossa dal Comitato GISE Young

Miriam Compagnone1*, Pierluigi Demola2*, Federica Serino3, Giulia Masiero4, Livio Giuliani5, Serena Rossi5, Alberto Polimeni6, Tiziana Attisano7, Marco Contarini8, Battistina Castiglioni9, Federico De Marco10, Massimo Fineschi11, Alberto Menozzi12, Carmine Musto13, Francesco Saia14, Giuseppe Tarantini4, Giovanni Esposito15

1U.O. Cardiologia, Azienda Ospedaliera Morgagni-Pierantoni, Forlì

2Cardiologia Interventistica, AUSL Reggio Emilia, IRCCS Arcispedale Santa Maria Nuova, Reggio Emilia

3Divisione di Cardiologia, A.O.R.N. Antonio Cardarelli, Napoli

4Dipartimnto di Scienze Cardio-Toraco-Vascolari e Sanità Pubblica, Università degli Studi, Padova

5U.O. Cardiologia Interventistica, Ospedale “SS. Annunziata”, Chieti

6Divisione di Cardiologia, Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi “Magna Graecia”, Catanzaro

7Divisione di Cardiologia Interventistica, Dipartimento Cardiotoracovascolare, A.O.U. San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona, Salerno

8Dipartimento di Cardiologia, Presidio Ospedaliero Umberto I, Siracusa

9Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Luigi Galmarini, ASST Settelaghi, Tradate (VA)

10Dipartimento di Cardiologia Clinica e Interventistica, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese (MI)

11U.O.S.A. Cardiologia Interventistica, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Siena

12S.C. Cardiologia, Ospedale Sant’Andrea, ASL5 Liguria, La Spezia

13Divisione di Cardiologia, Azienda Ospedaliera San Camillo, Roma

14Alma Mater Studiorum, Università degli Studi di Bologna e IRCCS Policlinico Sant’Orsola, Bologna

15Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate, Università di Napoli “Federico II”, Napoli

Background. Over the past decades, the improvements in the diagnostic power and availability of non-invasive cardiac imaging techniques have led to a decline of right heart catheterization (RHC) performance. However, RHC remains the gold standard for diagnosing pulmonary hypertension and an essential tool for the evaluation of patient candidacy to heart transplantation.

Methods. This survey was carried out jointly by the Young Committee of GISE, with the support of the SICI-GISE Society, and the ICOT group, with the aim of evaluating how the interventional cardiology community perform RHC. A web-based questionnaire based on 20 questions was distributed to SICI-GISE members.

Results. The survey was distributed to 1550 physicians with 174 (11%) responses. Most centers perform few procedures per year (<10 RHC/year) and a dedicated cardiologist is usually lacking. Patients were frequently admitted as ordinary hospitalization regimen and the most frequent indication for RHC was the hemodynamic assessment of pulmonary hypertension, followed by diagnostics of valvular diseases and advanced heart failure/heart transplantation. Indeed, the majority of participants (86%) are involved in transcatheter procedures for structural heart disease. The average time taken to perform the RHC was approximately 30-60 min. The femoral access (60%) was the most frequently used, usually by an echo-guided approach. Two-thirds of participants discontinued oral anticoagulant therapy before RHC. Only 27% of centers assess wedge position from an integrated analysis. Furthermore, the edge pressure is detected in the end-diastolic cardiac phase in half cases and in the end-expiratory phase in only 31%. The most commonly used method for cardiac output calculation was the indirect Fick method (58%).

Conclusions. Guidance on the best practice for performing RHC is currently lacking. A more precise standardization of this demanding procedure is warranted.

Key words. Cardiac invasive diagnostics; Pulmonary arterial wedge pressure; Pulmonary hypertension; Right heart catheterization; Swan-Ganz catheter.

INTRODUZIONE

Si consolida il progetto “Surveys GISE Young for Giornale Italiano di Cardiologia Interventistica (GICI)” promosso dal Comitato GISE Young e sostenuto dal gruppo Italian Cardiologists of Tomorrow (ICOT) della Società Italiana di Cardiologia. Il progetto sta proponendo a livello nazionale delle indagini conoscitive rapide ed interattive, mediante l’esecuzione di sondaggi dedicati1,2, con l’obiettivo di delineare l’attuale pratica clinica dei laboratori di emodinamica del territorio italiano su una specifica procedura diagnostico-terapeutica, individuando eventuali limiti e offrendo spunti di riflessione per progetti futuri3,4. La tematica in oggetto è il cateterismo cardiaco destro (RHC), considerando sia la procedura di per sé nella pratica clinica sia il suo profilo applicativo nelle realtà cardiologiche italiane.

Sebbene il recente progresso tecnologico ed il perfezionamento delle tecniche riguardanti l’imaging cardiaco abbiano notevolmente ridotto il ricorso ad esami invasivi per la diagnosi delle patologie cardiache, il RHC rappresenta ancora un esame imprescindibile per la corretta definizione diagnostica di molti quadri clinici complessi. Prima di tutto, nel caso dell’ipertensione polmonare (PH), il RHC rimane il “gold standard”. La valutazione invasiva dei valori di pressione arteriosa polmonare media (mPAP), della pressione di incuneamento (PAWP) e delle resistenze polmonari (PVR) guida la diagnosi, la stratificazione prognostica e gli eventuali risvolti terapeutici mediante la classificazione nei tre diversi fenotipi: ipertensione capillare pre-capillare, isolata post-capillare e combinata pre/post­capillare5. Nei pazienti con difetti del setto interatriale, shunt cardiaci e riscontro di PH agli esami diagnostici non invasivi sono mandatori la misurazione delle PVR e la quantificazione emodinamica dello shunt con RHC per stabilire la possibilità di trattamenti invasivi6. Inoltre, secondo le ultime linee guida europee, la misurazione mediante RHC delle PVR e l’eventuale test di reversibilità in caso di valori elevati è fondamentale non solo nella fase di valutazione della candidabilità del paziente al trapianto cardiaco (classe I, livello di evidenza C), ma anche lungo il follow-up e durante la permanenza in lista d’attesa per identificare precocemente pazienti con indicazione al supporto di assistenza meccanica7-10. In aggiunta, la misurazione diretta dei valori emodinamici permette di determinare la portata cardiaca (CO) e di meglio definire il grado di severità delle valvulopatie11. Lo studio emodinamico con RHC dovrebbe essere, infine, preso in considerazione nella diagnosi differenziale tra pericardite costrittiva e cardiomiopatia restrittiva, e per confermare la diagnosi di scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata8. Nelle prime fasi della malattia cardiopolmonare i dati emodinamici a riposo possono talvolta essere normali. In queste situazioni può essere necessario un test provocativo mediante carico salino o cateterismo da sforzo12-14. Il RHC è comunque una procedura tecnicamente complessa, che richiede un’adeguata expertise da parte degli operatori15.

L’obiettivo di tale survey è stato quindi la raccolta di dati inerenti 1) l’effettivo utilizzo del RHC nei laboratori di emodinamica nazionali, 2) le tecniche maggiormente utilizzate per eseguire le principali misurazioni, 3) le indicazioni cliniche più frequenti.

METODI

La survey è stata impostata sotto forma di questionario composto da 20 domande a risposta multipla ed è stata somministrata online mediante sito web dedicato ai soci SICI-GISE e ICOT. I risultati delle domande sono riportati come numeri e percentuali (variabili categoriche).

RISULTATI

Caratteristiche dei partecipanti e dati centro-specifici

Su un totale di 1550 inviti recapitati, 174 medici (11.2%) hanno aderito alla survey. Come mostrato nella Figura 1A, le regioni che hanno contribuito maggiormente alla survey sono state nell’ordine: l’Emilia-Romagna (17.2%), la Lombardia (12.6%) e la Sicilia (11.5%), e parimenti per la Campania, il Piemonte e il Lazio (9.8%). Il 100% dei partecipanti era rappresentato da professionisti cardiologi che provenivano più frequentemente da ospedali pubblici non universitari (52.3%) (Figura 1B).




Al momento della survey nella maggior parte dei Centri (58%) erano eseguiti meno di 30 RHC all’anno, nel 26% dei casi il numero di procedure/anno era compreso tra 10-30 e nel 32% inferiore a 10. I Centri partecipanti ad alto volume (>50 RHC/anno) erano il 28%, di cui il 17% eseguiva oltre 100 RHC/anno (Figura 2A). Nel 68% dei Centri la procedura di RHC era abitualmente eseguita da qualsiasi cardiologo emodinamista del laboratorio, mentre una figura dedicata era presente solo nel 38% (Figura 2B).




 Nel 5% dei Centri il RHC era eseguito da interventisti ma anche da altre figure professionali (es. anestesista e pneumologo) e nel 2% da cardiologi non emodinamisti. Al contrario, la stragrande maggioranza dei Centri annoverava infermieri dedicati all’esecuzione del cateterismo (89.7%). Come ultimo aspetto logistico emerge che in gran parte dei Centri la procedura di RHC era eseguita in regime di ricovero ordinario (67.6%) mentre in solo il 27.2% in regime di day-hospital (Figura 2C). Il tempo medio impiegato per l’esecuzione del RHC era stato inferiore ai 30 min nel 44.8% dei Centri, compreso tra 30-60 min nel 52.9% e >60 min nel 2.3%. Nessuno dei partecipanti aveva dichiarato un tempo medio >90 min (Figura 2D).

Aspetti tecnici

Per gli aspetti tecnici, l’accesso più frequentemente utilizzato per l’esecuzione del RHC era quello femorale (60.4%), seguito da quello in vena giugulare interna (23.5%) ed infine l’accesso venoso periferico antecubitale del braccio (16.1%), come mostrato nella Figura 3.




La puntura dell’accesso era eseguita sotto controllo ecografico in gran parte degli accessi da vena giugulare (83%) e in circa il 50% per la vena femorale. Il 62.1% dei partecipanti aveva dichiarato che la terapia anticoagulante orale veniva sospesa prima dell’esecuzione del RHC e nel 9.2% dei casi si eseguiva il bridge con eparina (frazionata o non frazionata) (Figura 4).




Prima della procedura, lo zero pressorio a livello medio­toracico era eseguito in gran parte dei Centri (94.3%). I cateteri più frequentemente utilizzati erano i cateteri flottanti con palloncino, di cui lo Swan-Ganz 3 porte con termistore nel 56.6%. Raro era stato l’uso del catetere Multipurpose (7.5%) (Figura 5A). Il 59.2% dei partecipanti alla survey aveva dichiarato di valutare la corretta posizione di incuneamento dall’analisi della sola curva pressoria e solo il 27% mediante una analisi integrata dei tre metodi principali (analisi della curva pressoria, controllo fluoroscopico e verifica della saturazione di ossigeno di un campione ematico prelevato dal catetere incuneato) (Figura 5B). Rispetto al ciclo respiratorio la PAWP veniva rilevata in fase tele-espiratoria in solo il 30.5% dei Centri (Figura 5C). In gran parte dei casi (54.6%) si utilizzava la media pressoria rilevata dal poligrafo, nel 4% in fase tele-espiratoria di un ciclo respiratorio forzato e nel 10.3% durante una fase di apnea (Figura 5C). Gran parte dei Centri misurava la PAWP rispetto al ciclo cardiaco, nel 51.8% dei casi in tele-diastole nel paziente in ritmo sinusale e nel 19% in modo “QRS-gated”. Il 40.5% dei partecipanti aveva invece dichiarato di eseguire la misurazione della PAWP in qualsiasi punto del ciclo cardiaco (Figura 5D).




Come mostrato nella Figura 6A, per il calcolo della CO gran parte dei partecipanti avevano dichiarato di utilizzare il metodo di Fick indiretto (57.5%) ed il metodo della termodiluizione (56.3%), prevalentemente con una temperatura compresa tra 0 e 4°C, mentre nel 19% si utilizzava una soluzione a temperatura ambiente (Figura 6B).




Dai risultati emergeva una bassa percentuale di utilizzo del metodo Fick diretto (20.7%) (Figura 6A).

Indicazioni cliniche

Come atteso, emerge incontrastata l’indicazione cardine per l’esecuzione del RHC: la PH con il 93.7% (Figura 7). Le altre indicazioni cliniche maggiormente riportate erano: la diagnostica nelle valvulopatie (54%), lo scompenso cardiaco (50%), l’indicazione a trapianto cardiaco (46%) e la diagnostica nelle cardiopatie congenite (32.2%). Il test di vasoreattività polmonare era eseguito nel 28.2% dei Centri, solo in pazienti con ipertensione arteriosa polmonare nel 31% dei casi e nei soli candidati a trapianto cardiaco nel 14.4% (Figura 8).

Oltre il 50% dei partecipanti aveva dichiarato la presenza di ambulatori dedicati per lo scompenso cardiaco avanzato/trapianto cardiaco, il 47% per la PH e in circa il 20% per le cardiopatie congenite (Figura 9).




In moltissimi Centri (85.6%) erano eseguite procedure transcatetere per cardiopatie strutturali; nello specifico chiusure di forame ovale pervio e/o di difetto interatriale nell’84.5%, impianto transcatetere di valvola aortica nel 55%, riparazioni percutanee della valvola mitrale e tricuspide rispettivamente nel 49.4% e 31% dei casi (Figura 10).




DISCUSSIONE

Come si evince dai risultati, la survey ha riscosso discreto interesse con buona distribuzione su tutto il territorio nazionale, permettendo di delineare un quadro generale sull’esecuzione di RHC nei Centri GISE. Gran parte dei Centri non esegue numerose procedure di RHC all’anno e molto spesso non c’è un operatore dedicato. Il regime di ricovero per eseguire il RHC è emerso essere quello ordinario e il tempo medio impiegato per l’esecuzione della procedura è di 30-60 min. Gli accessi di norma utilizzati sono quelli centrali come la vena femorale e la vena giugulare interna ed in gran parte dei casi con approccio eco-guidato. L’utilizzo dell’eco-Doppler, specie per l’accesso giugulare, è raccomandato (classe IA) in quanto si associa ad una netta riduzione del rischio di puntura impropria dell’arteria carotide, particolarmente frequente in caso di varianti anatomiche16. Un buon numero di operatori (16.1% dei partecipanti) utilizzava l’accesso venoso periferico antecubitale del braccio; diversi studi ne hanno dimostrato la sicurezza ed il basso tasso di complicanze, tuttavia le dimensioni spesso contenute della vena periferica non sempre consentono l’impiego di un introduttore 7 Fr17,18. In gran parte dei Centri, prima della procedura si sospende l’anticoagulante orale e talvolta addirittura si esegue il bridge con eparina. Questo dato potrebbe essere in parte relato al grande utilizzo dell’accesso femorale. Il corretto posizionamento del livello dello zero viene eseguito prima del RHC in quasi tutti i Centri coinvolti nella survey. Questo passaggio è di grande importanza per l’esecuzione di un cateterismo affidabile e riproducibile. Il catetere maggiormente usato per eseguire il RHC è il catetere di Swan-Ganz. Il catetere di Swan-Ganz è molto flessibile e viene fatto avanzare con il palloncino gonfio fin quando non viene bloccato in posizione di incuneamento. Quando il palloncino occlude il vaso arterioso polmonare distale l’onda pressoria rilevata sulla punta del catetere sarà equivalente alla pressione atriale sinistra, senza essere mai più alto della pressione diastolica polmonare. La corretta posizione di incuneamento può essere verificata dalle seguenti caratteristiche: curva con presenza delle tipiche onde atriali e con variazioni respirofasiche; controllo fluoroscopico del palloncino che deve essere stabile; misurazione della saturazione del sangue in posizione di wedge (tipicamente >90-95%). La valutazione integrata di tutti questi metodi per determinare la corretta PAWP viene eseguita nel 27% dei Centri partecipanti. Anomalie nella curva della PAWP dovrebbero richiedere tentativi ripetuti di incuneamento, incluse aree vascolari alternative o riduzione del gonfiaggio del palloncino. In letteratura, nonostante numerosi autori abbiano cercato di standardizzare la stima della PAWP confrontando vari metodi19-21, l’argomento rimane oggetto di dibattito come si conferma dall’ampia variabilità dei risultati della survey. Difatti, la misurazione della PAWP in oltre la metà dei Centri partecipanti si ottiene dalla media pressoria rilevata al poligrafo e nel 40% in qualsiasi punto del ciclo cardiaco. La PAWP dovrebbe essere registrata alla fine dell’espirazione, in quanto, in questa fase la pressione intratoracica si avvicina allo zero, esercitando una minima influenza sulle pressioni intracardiache. Nella suddetta survey la misurazione della PAWP in fase tele-espiratoria avviene in solo il 31% dei Centri, mentre rispettivamente nel 10% e nel 4% si eseguono misurazioni durante una fase di apnea o di espirazione forzata, condizioni che invece andrebbero evitate. Inoltre, tenendo presente che la valvola mitrale è aperta alla fine della diastole, la miglior misura di PAWP dovrebbe avvenire in fase tele-diastolica, corrispondente nei pazienti in ritmo sinusale alla media dell’onda a, valutazione che avviene nel 51.8% dei Centri partecipanti. In caso di fibrillazione atriale, l’onda a è assente e la PAWP andrebbe misurata a 130-160 ms dall’inizio del QRS, con valutazione “QRS-gated” eseguita nel 19% dei Centri.

Per il calcolo della CO le attuali linee guida raccomandano il metodo della termodiluizione con soluzione salina fredda o la misurazione diretta del consumo di ossigeno mediante il metodo di Fick diretto, quest’ultimo tuttavia non disponibile su larga scala perché richiede tempo e strumentazione specifica5. Il metodo Fick indiretto, considerato meno attendibile, è da preferire alla termodiluizione solo in caso di shunt cardiaci dove la portata polmonare e quella sistemica non sono coincidenti. Nel 57.5% dei Centri si utilizza il metodo Fick indiretto e nel 56.3% il metodo della termodiluizione, ottenuto mediante un termistore all’estremità distale del catetere di Swan-Ganz. Tuttavia la temperatura della soluzione salina iniettata non è uniforme. Solo un terzo dei Centri utilizza una soluzione con temperatura compresa tra 0 e 4°C, ad oggi ancora considerato il “gold standard” per il calcolo preciso della CO21.

Come atteso, l’indicazione più frequente all’esecuzione del RHC nella nostra survey è stata la presenza di PH. Nelle ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) si conferma la necessità della valutazione emodinamica per la diagnosi di certezza di PH (mPAP >20 mmHg) e per la differenziazione della forma pre-capillare (PAWP ≤15 mmHg e PVR >2 UW), post-capillare combinata (PAWP >15 mmHg e PVR >2 UW) e post-capillare isolata (PAWP >15 mmHg e PVR <2 UW)5. Nella forma post-capillare isolata l’aumento della mPAP è proporzionale all’aumento delle pressioni di riempimento del ventricolo sinistro, mentre nella forma post-capillare combinata l’aumento della mPAP è sproporzionato rispetto all’aumento della PAWP e le PVR sono elevate. In precedenza, il gradiente di pressione diastolica (DPG) veniva utilizzato per differenziare le due forme di PH post-capillare (<7 mmHg per la forma isolata e ≥7 mmHg per quella combinata). Tuttavia, le successive controversie sull’utilità prognostica del DPG e le preoccupazioni relative alla riproducibilità delle misurazioni hanno riportato l’attenzione esclusivamente sui valori di PVR7,22.

La seconda motivazione principale alla valutazione emodinamica invasiva è stata la diagnostica delle valvulopatie. Difatti, oltre l’85% dei Centri esegue procedure transcatetere per le cardiopatie strutturali, di cui il 55% impianti di valvola aortica percutanea. In passato il RHC era un elemento cardine nell’algoritmo diagnostico della cardiopatia valvolare, specie alla luce di una possibile correzione chirurgica. I progressi delle tecniche di imaging hanno portato a una marcata riduzione dell’utilizzo del RHC in questo campo; difatti secondo le attuali linee guida ESC, dovrebbe essere riservato ai casi in cui la valutazione non invasiva è inconcludente o discordante rispetto alla manifestazione clinica, e nei pazienti con grave rigurgito tricuspidale dove il gradiente Doppler può essere impossibile da campionare o sottostimato11.

Dai risultati della survey, nel 50% dei casi il RHC viene eseguito nella diagnosi dello scompenso cardiaco e nel 46% nei pazienti candidati a trapianto cardiaco. Come è noto, l’aumento persistente dei valori di PVR ≥2.5 UW e del gradiente di pressione transpolmonare >15 mmHg risulta correlato ad un aumentato rischio di disfunzione acuta del ventricolo destro e di mortalità precoce dopo trapianto23.

Le cardiopatie congenite rappresentano circa il 32% delle indicazioni ad eseguire un RHC dai risultati della survey. Il ruolo è di individuare la presenza di eventuali shunt intracardiaci, di valutarne l’entità e l’eventuale operabilità. La diagnosi di shunt durante RHC viene effettuata con il run ossimetrico che consiste nel prelievo di campioni di sangue in arteria polmonare, ventricolo destro, atrio destro, vena cava superiore in corrispondenza della giunzione con l’atrio destro e vena cava inferiore immediatamente sotto il diaframma in modo da escludere le vene sovraepatiche6.

Per quanto riguarda il test di vasoreattività, è eseguito nel 28% dei Centri partecipanti ed in oltre il 30% dei casi viene eseguito solo in caso di ipertensione arteriosa polmonare. Nei pazienti con ipertensione arteriosa polmonare idiopatica, ereditaria o associata a farmaci, valutare la risposta al test consente di individuare quel sottogruppo di pazienti che può beneficiare del trattamento a lungo termine con calcioantagonisti ad alte dosi24. Attualmente il farmaco più utilizzato è l’ossido nitrico per via inalatoria o i prostanoidi25. Al contrario, il test di vasoreattività non è indicato nelle forme di PH relate a patologie del cuore sinistro ad eccezione nella valutazione per trapianto di cuore7.

In conclusione, nonostante il rapido progresso tecnologico abbia radicalmente ridotto l’utilizzo delle valutazioni emodinamiche invasive, il RHC rimane ancora un esame imprescindibile nel contesto di numerosi scenari clinici. Emerge, tuttavia, una grande variabilità sul territorio nazionale nelle tecniche di esecuzione, specie nella valutazione emodinamica del corretto rilevamento della PAWP e nel calcolo della CO, parametri fondamentali per l’affidabilità dei risultati e la precisione diagnostica. Sarebbe auspicabile pertanto uniformare quanto più possibile la metodica tra i vari Centri con protocolli ben standardizzati e riproducibili, al fine di facilitare l’operatore nella corretta esecuzione della procedura e nella giusta interpretazione dei risultati, al fine di una proficua integrazione con gli altri elementi diagnostici disponibili.

RIASSUNTO

Razionale. Negli ultimi decenni, il miglioramento del potere diagnostico e la disponibilità di tecniche di imaging cardiaco non invasive hanno portato ad un minor ricorso al cateterismo cardiaco destro (RHC). Tuttavia, il RHC rimane il “gold standard” per la diagnosi di ipertensione polmonare e uno strumento essenziale per la valutazione della candidatura dei pazienti al trapianto di cuore.

Materiali e metodi. Questa indagine è stata condotta congiuntamente dal Comitato GISE Young, con il supporto della Società SICI-GISE e dal gruppo ICOT, con l’obiettivo di valutare come la comunità di cardiologia interventistica esegue il RHC. Un questionario basato su 20 domande è stato distribuito ai soci SICI-GISE.

Risultati. L’indagine è stata distribuita a 1550 medici con 174 risposte (11%). La maggior parte dei centri esegue poche procedure all’anno (<10 RHC/anno), in assenza di una figura dedicata. I pazienti sono stati spesso ricoverati in regime di ricovero ordinario e l’indicazione più frequente per l’esecuzione del RHC è stata la valutazione dell’ipertensione polmonare, seguita dalla diagnostica delle malattie valvolari e dello scompenso cardiaco avanzato/trapianto di cuore. In effetti, la maggior parte dei partecipanti (86%) è coinvolta in procedure transcatetere per malattie cardiache strutturali. Il tempo medio di esecuzione della procedura è stato di circa 30-60 min. L’accesso femorale (60%) è stato il più frequentemente utilizzato, di solito con un approccio eco-guidato. I due terzi dei partecipanti hanno interrotto la terapia anticoagulante orale prima del RHC. Solo il 27% dei centri valuta la pressione di incuneamento da un’analisi integrata. Inoltre, la stessa viene rilevata nella fase tele-diastolica cardiaca nella metà dei casi e nella fase tele-espiratoria solo nel 31%. Il metodo più utilizzato per il calcolo della portata cardiaca è il Fick indiretto (58%).

Conclusioni. Attualmente mancano indicazioni sulle migliori pratiche per l’esecuzione del RHC. È quindi auspicabile una standardizzazione più precisa della procedura.

Parole chiave. Catetere di Swan-Ganz; Cateterismo cardiaco destro; Diagnostica cardiaca invasiva; Ipertensione polmonare; Pressione di incuneamento.

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