Le manifestazioni cardiache nella sindrome multisistemica infiammatoria del bambino correlate all’infezione da SARS-CoV-2: una rassegna a cura di ANMCO/SICP

Domenico Sirico1, Alessia Basso1, Annalisa Alaimo2, Gaia Spaziani3, Roberta Ancona4, Stefano Domenicucci5, Biagio Castaldi1, Andrea Donti6, Massimo Chessa7, Giuseppe Limongelli4, Giovanni Battista Luciani8, Maria Giulia Gagliardi9, Gabriele Rinelli9, Ugo Vairo10, Gabriele Egidy Assenza6, Silvia Favilli3, Giovanni Di Salvo1, Maria Giovanna Russo4

1Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova, Padova

2ARNAS Civico Di Cristina Benfratelli, Palermo

3Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer, Firenze

4Università della Campania “L. Vanvitelli”, Ospedale Monaldi, Napoli

5Istituto Scientifico Ligure di Alta Specializzazione, Rapallo (GE)

6IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Bologna

7IRCCS Policlinico San Donato, Milano

8Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona, Verona

9IRCCS Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

10Ospedale Giovanni XXIII, Bari

Acute clinical manifestations of COVID-19 are generally less severe in childhood, however a proportion of them can develop a severe systemic hyperinflammatory syndrome after SARS-CoV-2 infection, known as the multisystem inflammatory syndrome (multisystem inflammatory syndrome in children, MIS-C). Cardiovascular manifestations in MIS-C are frequent (34-82%), including myocardial dysfunction, coronary artery dilation or aneurysms, arrhythmias, conduction abnormalities, pericarditis and valvulitis. The most affected cases can develop cardiogenic shock needing intensive care unit admission, inotropic support and sometimes even mechanical circulatory support. The elevation of myocardial necrosis markers, the frequently transient left ventricular systolic dysfunction and the presence of changes on magnetic resonance imaging, support the hypothesis of an immune-mediated post-viral pathogenesis similar to myocarditis. Although MIS-C shows excellent short-term survival, further studies are needed to demonstrate complete reversibility of residual subclinical heart damage.

Key words. COVID-19; Multisystem inflammatory syndrome; Multisystem inflammatory syndrome in children.

COVID-19 NELLA POPOLAZIONE PEDIATRICA

La suscettibilità all’infezione da sindrome respiratoria acuta severa coronavirus 2 (SARS-CoV-2) e l’incidenza di sintomi clinici negli individui infetti sono fortemente dipendenti dall’età1. Gli individui di età <18 anni sono considerevolmente meno suscettibili all’infezione dopo l’esposizione al virus, con lo sviluppo di sintomi in circa il 40% dei casi rispetto a più dell’80% nei soggetti di età adulta. Tra i bambini e gli adolescenti che sviluppano l’infezione virale, le manifestazioni cliniche sono presenti in circa il 20-30% rispetto al 60% nei soggetti di età >60 anni. Allo stesso modo, la gravità dei sintomi e il tasso di mortalità sono più alti nei pazienti di età maggiore1-3.

SINDROME MULTISISTEMICA INFIAMMATORIA DEL BAMBINO

Dalla metà di aprile 2020, sono emerse segnalazioni, dapprima nel Regno Unito e in Italia, di “cluster” di casi pediatrici che presentavano febbre elevata, grave iperinfiammazione sistemica e shock, epidemiologicamente collegati al COVID-19. Riphagen et al.4 descrivono per la prima volta 8 casi di bambini, precedentemente asintomatici, che presentavano shock iperinfiammatorio, disfunzione ventricolare e coinvolgimento multiorgano. A Bergamo, epicentro italiano della prima fase pandemica, viene descritto un anomalo incremento di casi di malattia di Kawasaki (KD) in pazienti con storia recente di infezione da SARS-CoV-2, in metà dei casi esordito con un grave quadro di shock5. In rapida successione, sempre a distanza di 4-6 settimane dalla diffusione della pandemia, si moltiplicano i report di pazienti pediatrici con KD e/o sindrome KD-like, spesso complicati da un significativo coinvolgimento cardiaco6-8. Questa malattia multisistemica condivide caratteristiche cliniche anche con altre condizioni infiammatorie tipiche dell’età pediatrica, come la sepsi batterica, la sindrome da shock tossico, la sindrome da attivazione macrofagica e la sindrome da rilascio citochinico.

Quella che era stata inizialmente interpretata con una KD scatenata dal SARS-CoV-2 assume progressivamente una propria dignità nosologica in forza di un crescente numero di segnalazioni e di un migliore inquadramento clinico e laboratoristico. Infatti, nel maggio 2020, le più importanti società di interesse sanitario, quali Royal College of Paediatrics and Child Health (RCPCH), Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), identificano e riconoscono questi casi come una nuova entità denominata sindrome multisistemica infiammatoria del bambino (multisystem inflammatory syndrome in children, MIS-C) o sindrome multisistemica infiammatoria pediatrica (pediatric inflammatory multisystem syndrome, PIMS)9-11. Ai fini di questa revisione, verrà utilizzato il termine MIS-C.

Criteri diagnostici

Le definizioni del RCPCH, del CDC e dell’OMS di MIS-C sono riportate nella Tabella 19-11.




Tutte e tre le definizioni includono la presenza di febbre, l’evidenza ematochimica di stato infiammatorio, il coinvolgimento sistemico multiorgano, la pregressa infezione da SARS-CoV-2 o l’esposizione recente a un caso di COVID-19, in assenza di ulteriori cause plausibili. La durata della febbre, i criteri per il coinvolgimento multiorgano e la modalità di documentazione dell’infezione da SARS-CoV-2 variano a seconda delle definizioni.

Epidemiologia

La sindrome infiammatoria multisistemica è una patologia rara, presentandosi in circa l’1% dei bambini con pregressa infezione da SARS-CoV-2. È interessante notare che la MIS-C si presenta in “cluster”, verificandosi circa 2-6 settimane dopo il picco di incidenza del COVID-19 nelle aree colpite12-14. La maggior parte dei casi (79-95%) si presenta in bambini precedentemente sani, mentre le comorbilità preesistenti più comuni riportate sono asma e obesità12,14. Nelle casistiche di Whittaker et al.14 e di Kaushik et al.1 è stato evidenziato come alcune minoranze etniche sembrino essere più colpite dalla MIS-C. In particolare bambini di origine africana o dall’India orientale rappresentano il 69% dei casi nella più grande casistica del Regno Unito e bambini ispanici o di etnia africana rappresentano il 48% dei casi nella casistica di New York.

La maggior parte dei casi di MIS-C presenta sierologie IgG positive (75-90%) e PCR negativi per il virus (53-80%)11,16.

Fisiopatologia

La combinazione tra la tempistica d’esordio della sindrome infiammatoria multisistemica, la presenza di test sierologici positivi e la negatività per infezione acuta da SARS-CoV-2 nella maggior parte dei pazienti, suggeriscono una fisiopatologia della MIS-C di tipo immunomediato, piuttosto che una manifestazione dell’infezione acuta virale11,16. Alla luce di ciò, molteplici studi hanno analizzato il profilo citochinico dei pazienti con sindrome infiammatoria multisistemica confrontandolo con pazienti affetti da altre patologie, come la KD o l’infezione acuta da SARS-CoV-2. In particolare, è stato rilevato un ruolo chiave del fattore di necrosi tumorale (TNF)-α e dell’interleuchina (IL)-10, che permettono di distinguere i pazienti con MIS-C dai pazienti con COVID-19 grave, e dell’interferone (IFN)-α e della proteina 10 indotta dall’IFN-γ la cui elevazione sierica è indicativa di fenotipo severo della malattia17.

La MIS-C, inoltre, condivide molti aspetti clinici con la sindrome da shock tossico, motivo per cui è stato ipotizzato un effetto super-antigene (SAg) da parte del SARS-CoV-218. I SAg sono un gruppo di antigeni batterici o virali che attivano le cellule T in modo aspecifico, legandosi alla regione variabile della catena β (Vβ) del recettore delle cellule T. L’attivazione policlonale aspecifica delle cellule T da parte dei SAg causa un massivo rilascio di citochine proinfiammatorie come TNF-α, IL-2 e IFN-γ, dando origine a quella che viene definita “tempesta citochinica”19. Tuttavia, ulteriori studi in vitro e in vivo sono necessari per fare luce sulla fisiopatologia della MIS-C e per chiarire l’interazione tra gli antigeni del SARS-CoV-2 e il sistema immunitario in modo da poter progettare efficaci interventi preventivi e/o terapeutici.

Manifestazioni cliniche

I pazienti con MIS-C presentano comunemente febbre persistente, astenia, rash cutaneo polimorfo diffuso, congiuntivite non purulenta e sintomi gastrointestinali4-7,20-22. Questi ultimi sono molto comuni e vengono riportati nel 60-97% dei pazienti; si possono manifestare come vomito, diarrea e dolore addominale fino a quadri di addome acuto. Il coinvolgimento cutaneo si manifesta più comunemente come rash polimorfo (50-60%) e più raramente come eritema multiforme, petecchie o gangrena. I sintomi neurologici (mal di testa, letargia o confusione) sono presenti nel 30-58% dei soggetti. In contrasto con gli adulti, più rari sono il coinvolgimento delle alte vie aeree o la presenza di sintomi respiratori (32-65%) che si manifestano perlopiù in forma lieve4,12,20,23,24. I segni clinici tipici della KD, quali la congiuntivite bilaterale (32-45%), il coinvolgimento delle mucose (19-29%) e l’edema di mani e piedi (8-16%) sono meno comuni, ma possono comunque verificarsi6,12,21,2,25-27. Frequente è il coinvolgimento cardiaco, sotto forma di disfunzione miocardica, dilatazione coronarica, pericardite o valvulite, che verrà analizzato in un successivo paragrafo dedicato10,28 (Figura 1). Fino al 50% dei pazienti presentano quadri di shock distributivo, cardiogeno o misto dovuto all’iperinfiammazione/vasodilatazione sistemica e al danno miocardico acuto, richiedendo il ricovero in terapia intensiva, con necessità di supporto circolatorio e respiratorio4,5,8,12,14,20,21,24.




Reperti laboratoristici

Gli esami ematochimici mostrano l’elevazione dei marker di infiammazione, quali proteina C-reattiva, procalcitonina, velocità di eritrosedimentazione, ferritina e IL-64,21,22,25,29. L’aspetto ematologico della malattia è caratterizzato da leucocitosi, neutrofilia, linfopenia, normale o ridotta conta dei globuli rossi e delle piastrine30. Un aumento significativo del D-dimero e del fibrinogeno sono caratteristiche chiave del profilo coagulativo; tali alterazioni sono dovute alla presenza di lesioni endoteliali ed attivazione della cascata della coagulazione durante le fasi acute della MIS-C31. Il danno endoteliale così come l’attivazione piastrinica e le anomalie della coagulazione aumentano teoricamente il rischio di trombosi sia arteriosa che venosa nella MIS-C, sebbene i casi clinici riportati siano rari31,32.

Una parte rilevante di pazienti con MIS-C presenta inoltre aumento dei livelli di troponina I e/o di peptide natriuretico di tipo B (BNP/NT-proBNP), che si sono rivelati essere sensibili marker di danno miocardico30.

Dal punto di vista microbiologico, solo una piccola parte dei pazienti con MIS-C acuta ha una RT-PCR positiva per SARS-CoV-2; la maggior parte dei soggetti ha una storia di esposizione familiare o comunitaria nota. Una percentuale più alta (75-100%) ha evidenza di anticorpi IgG contro il SARS-CoV-2, suggerendo come la risposta immunitaria post-infettiva possa essere responsabile di questa condizione29.

COINVOLGIMENTO CARDIOVASCOLARE

Le manifestazioni cardiovascolari nella MIS-C sono comuni, verificandosi nel 34-82% dei casi, ed includono disfunzione ventricolare, dilatazione delle arterie coronarie o aneurismi, aritmie e anomalie di conduzione e più raramente pericardite e valvulite (Figura 2)10,12,33.




I casi più gravi possono presentarsi con shock distributivo/cardiogeno, richiedendo fluidoterapia, supporto inotropo, ventilazione meccanica fino ad arrivare anche al supporto con ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO). Le manifestazioni cardiovascolari della MIS-C sono riassunte nella Tabella 2.




Negli adulti, il danno miocardico acuto colpisce fino al 20% dei pazienti con COVID-1934. La malattia generata dal SARS-CoV-2 può coinvolgere il cuore attraverso molteplici meccanismi ipotizzati, tra cui il danno ai cardiomiociti dovuto ad una risposta infiammatoria acuta e disregolata (cytokine storm), disfunzione microvascolare, invasione virale diretta dei cardiomiociti con conseguente danno cellulare e danno ischemico4. Nella MIS-C, l’eziologia del coinvolgimento cardiovascolare è probabilmente multifattoriale e ancora non del tutto chiarita.

Disfunzione miocardica

La disfunzione sistolica del ventricolo sinistro è stata descritta in una grande parte di pazienti con diagnosi di MIS-C e rappresenta il reperto cardiovascolare più comune30,35.

Le diverse casistiche hanno riportato una riduzione della frazione di eiezione ventricolare sinistra (FEVS) in circa il 35-100% dei pazienti, a seconda della definizione e dei criteri di inclusione8,20,22,26. Belhadjer et al.12 hanno riportato una casistica di 35 pazienti con MIS-C che hanno sviluppato un’insufficienza ventricolare sinistra acuta (FEVS <50%) o shock associati a febbre e marker infiammatori elevati. In questa coorte ad alta acuità, l’80% ha richiesto supporto inotropo e il 28% è stato gestito con supporto ECMO. Dopo il trattamento, la funzione sistolica del ventricolo sinistro si è normalizzata nel 71% dei casi e la maggior parte dei pazienti è andata comunque incontro ad un rapido miglioramento della contrattilità ventricolare.

Dal punto di vista laboratoristico, un’alta percentuale di pazienti presenta elevati livelli di troponina (64-95%) e BNP (73-95%), che sono risultati essere associati alla presentazione in stato di shock e alla disfunzione del ventricolo sinistro30. Tale dato viene confermato anche da uno studio su una coorte di 23 pazienti, in cui si è vista una correlazione statisticamente significativa tra l’aumento della troponina I ed i livelli di BNP con la riduzione della FEVS e l’alterazione dello strain longitudinale del ventricolo sinistro33.

Nella più grande casistica finora pubblicata (n = 286), è stato riportato un aumento di NT-proBNP e troponina nel 93% dei pazienti e una FEVS depressa nel 52%. L’elevazione dei marcatori di danno miocardico ed infiammatori si associava alla necessità di assistenza intensiva36.

Ecocardiografia

Numerosi studi si sono concentrati sullo studio della funzione del ventricolo sinistro utilizzando sia parametri ecocardiografici convenzionali (frazione di eiezione, velocità anulari) sia metodiche più sofisticate di analisi regionale della deformazione del ventricolo sinistro come lo strain e lo strain rate tramite ecocardiografia speckle tracking (STE)37,38.

Sanil et al.37 hanno pubblicato uno studio osservazionale longitudinale su 54 pazienti con MIS-C confrontati con 108 soggetti sani. Lo strain longitudinale apicale mediano del ventricolo sinistro in quattro camere (LVA4LS) e lo strain longitudinale globale del ventricolo sinistro (LVGLS) all’esordio sono risultati significativamente ridotti nei pazienti con MIS-C rispetto alla coorte normale (-16.2% e -15.1% vs -22.3% e -22.0%, rispettivamente; p<0.01). I pazienti con il maggior grado di compromissione del GLS nella fase iniziale della MIS-C hanno riportato maggiori probabilità di presentare ipotensione, shock cardiogeno, necessità di terapia inotropa o supporto ECMO e una maggiore durata della degenza in ospedale. Il LVGLS e il LVA4LS sono stati inoltre in grado di rilevare la persistenza di disfunzione ventricolare sinistra subclinica nel follow-up fino a 10 settimane dopo la risoluzione della fase acuta di malattia, indipendentemente da altri parametri ecocardiografici e da biomarcatori infiammatori.

Matsubara et al.38 hanno pubblicato uno studio retrospettivo su 28 pazienti con diagnosi di MIS-C, confrontandoli con 20 soggetti sani e 20 pazienti con KD, analizzando i parametri ecocardiografici standard e con STE nella fase acuta e subacuta di malattia. Lo studio ha mostrato una maggior compromissione della funzione sistolica e diastolica del ventricolo sinistro nei pazienti con MIS-C rispetto a quelli con KD. I parametri ecocardiografici più sensibili nel predire la presenza di danno miocardico nei pazienti MIS-C sono stati il LVGLS, lo strain circonferenziale globale, lo strain atriale sinistro e lo strain longitudinale della parete libera del ventricolo destro. Il gruppo di pazienti MIS-C con FEVS preservata ha comunque mostrato la presenza di disfunzione diastolica.

Sirico et al.33 hanno analizzato il LVGLS in 23 pazienti con MIS-C, mostrando un’alterazione del valore medio (-17.4 ± 4%) nella coorte di studio, con il 75% dei pazienti aventi almeno due segmenti del ventricolo sinistro con valori di strain longitudinale superiori a -16%. In accordo con lo studio di Matsubara et al.38, la riduzione dello strain longitudinale è presente anche nei pazienti con FEVS conservata, suggerendo la presenza di una disfunzione miocardica subclinica. È stata rilevata inoltre, una maggior compromissione dei segmenti basali e medi del ventricolo sinistro con valori di strain longitudinale medio superiori rispetto ai segmenti apicali (Figura 3)39.




Questo tipo di distribuzione è già stata descritta anche in altre patologie cardiovascolari, come l’ipertensione arteriosa sistemica40, e recentemente riportata in una coorte di pazienti pediatrici con precedente infezione da SARS-CoV-2 asintomatica o paucisintomatica senza sviluppo di MIS-C41.

Alla luce di questi dati, una valutazione ecocardiografica completa della funzionalità ventricolare, comprendente anche l’analisi dei parametri di deformazione regionale, è essenziale per la stratificazione del rischio nei pazienti con MIS-C, all’esordio dei sintomi e durante il decorso clinico. Le alterazioni dello strain ventricolare sinistro, anche a frazione di eiezione conservata, possono quindi essere un criterio per indicare l’avvio precoce di terapia antinfiammatoria e/o immunomodulante specifica, in modo da influenzare favorevolmente il decorso clinico e ridurre gli esiti a distanza.

Risonanza magnetica cardiaca

Crescente è stato l’interesse nel valutare il danno miocardico nei pazienti con MIS-C mediante risonanza magnetica cardiaca (RMC). Ciò nonostante, gli studi finora pubblicati comprendono casistiche ridotte di pazienti; questo può essere probabilmente dovuto alla minor diffusione di tale indagine radiologica e alla difficoltà nell’effettuare la RMC in pazienti emodinamicamente instabili. Una recente casistica di 4 pazienti sottoposti a RMC precoce (<11 giorni) ha mostrato la presenza di diffuso edema miocardico alle sequenze T2-STIR e T1-mapping, in assenza di late gadolinium enhancement (LGE)42. Un altro studio su 20 pazienti con MIS-C sottoposti a RMC a circa 1 mese dall’esordio, ha riportato valori medi T1 e T2 normali e presenza di LGE solo in 2 (10%) pazienti43. Altre due casistiche di 5 e 17 pazienti MIS-C non hanno riportato alterazioni di rilievo alla RMC44,45. La RMC è stata usata anche come strumento di valutazione del danno cardiaco a distanza. Nel loro lavoro, Webster et al.45 hanno eseguito la RMC in 17 bambini a circa 2 mesi dall’infezione sintomatica da SARS-CoV-2 (11/17, 65%) o dall’esordio di MIS-C (6/17, 35%), comparandoli con 29 controlli. Le frazione di eiezione del ventricolo sinistro e del ventricolo destro erano sovrapponibili tra casi e controlli, così come i valori di global T1, global T2 e segmental T2.

Uno studio recente su una popolazione di 32 pazienti con MIS-C in fase acuta ha mostrato la presenza di LGE alla RMC nel 35% dei casi, con pattern di tipo non ischemico, e coinvolgimento più frequente della parete media e dei segmenti apicali. Inoltre, la ripetizione della RMC a 6 mesi dall’esordio in 15 dei 32 pazienti ha mostrato un netto miglioramento dell’estensione del LGE, che però risultava ancora presente in 5 casi (33.4%)39. Il persistere del LGE a 6 mesi di follow-up può indicare la lenta risoluzione del danno simil-miocarditico indotto dalla MIS-C e sottolinea la necessità di proseguire il follow-up cardiologico per oltre 1 anno, fino alla completa risoluzione del quadro cardiaco30,35. Tali dati avvalorano, inoltre, l’utilizzo della RMC come strumento per il rilevamento e l’analisi del danno miocardico e indicano la necessità di ripetere o posticipare a più lunga distanza tale indagine nel follow-up dei pazienti con MIS-C.

Coinvolgimento coronarico

La dilatazione delle arterie coronarie o gli aneurismi sono stati descritti nel 14-48% dei pazienti con MIS-C13,14,20,23,24,26 (Tabella 2) e varia significativamente a seconda degli studi considerati. Nella maggior parte dei casi viene descritta una lieve dilatazione delle arterie coronarie con Z-score 2-2.5. Sebbene la maggior parte dei pazienti abbia dimostrato piccoli aneurismi (Z-score da 2.5 a 5), sono stati riportati rari casi di aneurismi grandi/giganti (Z-score ≥10) e aneurismi sviluppatisi successivamente durante il periodo di convalescenza (Figura 4)27,46,47.




Il meccanismo fisiopatologico della dilatazione/aneurisma dell’arteria coronaria nella MIS-C non è ancora stato chiarito; tra le ipotesi più probabili sembra possa essere legato alla febbre e ai mediatori infiammatori circolanti come si vede nella KD35.

Elettrocardiografia

Diversi studi hanno descritto la presenza di anomalie elettrocardiografiche e/o aritmie nel 7-60% dei pazienti con MIS-C4,48,49 (Tabella 2). Le anomalie elettrocardiografiche riportate più frequentemente sono aspecifiche e comprendono alterazioni del tratto ST, prolungamento del QTc, anomalie dell’onda T e battiti ectopici atriali o ventricolari30,50. Tra i disturbi del ritmo più frequenti sono state rilevate bradiaritmie, presenti fino anche al 40% dei casi in fase acuta, presentando però una progressiva risoluzione nel corso del follow-up39.

Per quanto riguarda i ritardi di conduzione atrioventricolare come il blocco atrioventricolare di primo grado e più raramente blocchi grado maggiore, tali anomalie sembrano verificarsi più comunemente nei pazienti con funzione sistolica ventricolare sinistra depressa (Figura 5).




La presenza di grave infiammazione locale e/o di insufficiente apporto arterioso coronarico al nodo atrioventricolare e al sistema di conduzione specializzato sono i presunti meccanismi delle anomalie del sistema di conduzione51. È interessante notare come alcune delle anomalie elettrocardiografiche rilevate in fase acuta possano persistere anche dopo il recupero della contrattilità cardiaca alla valutazione con ecocardiografia standard.

Aritmie atriali come la fibrillazione atriale sono state descritte in sporadici casi clinici14,22. Tuttavia, sono stati riportati anche casi di aritmie ventricolari sostenute che hanno portato a shock cardiogeno e alla necessità di supporto ECMO4,14.

TRATTAMENTO

A causa delle scarse conoscenze, dell’evolutività della malattia e del continuo aumento dei casi riportati, la gestione dei pazienti con MIS-C è stata in gran parte basata sull’opinione degli esperti e sulla revisione della letteratura disponibile. Di fronte a una nuova malattia senza una cura provata, i vari protocolli di trattamento sono stati estrapolati dalla terapia della KD, dall’esperienza degli adulti con COVID-19 e da altri disturbi infiammatori sistemici nei bambini.

Alla luce della complessità della patologia e del coinvolgimento multiorgano, un team multidisciplinare, composto da cardiologi, reumatologi, intensivisti ed infettivologi, risulta di vitale importanza nella gestione dei pazienti con MIS-C.

Come descritto in precedenza, un’alta percentuale di pazienti con MIS-C si presenta in stato di shock e richiede il ricovero in terapia intensiva (60-90%) per fluidoterapia, terapia inotropa, ventilazione meccanica e, nei casi più gravi, supporto ECMO35. In tal caso, è raccomandabile seguire le linee guida per la rianimazione pediatrica52. Nei pazienti con sospetto o evidenza di disfunzione ventricolare, è opportuno somministrare boli di fluidi minori (10 mg/kg) con un’attenta valutazione dei segni di sovraccarico idrico tra uno e l’altro30. La terapia con ECMO deve essere considerata qualora il supporto medico fallisse.

Sulla base delle similarità della MIS-C con la KD35,53,54, sindrome da attivazione dei macrofagi5 e la sindrome da shock tossico55, gli schemi terapeutici più comuni sono in gran parte diretti a smorzare la risposta infiammatoria con immunomodulatori che hanno mostrato benefici in queste malattie, con tali farmaci spesso utilizzati in combinazione o in sequenza quando i trattamenti iniziali hanno fallito55,56.

La somministrazione di immunoglobuline per via endovenosa (IVIG) è l’approccio terapeutico più diffuso (70-100%). Nei pazienti con disfunzione miocardica è raccomandabile una lenta infusione per ridurre il rischio di sovraccarico di fluidi30.

L’uso dei corticosteroidi è meno frequente e meno coerente tra i vari studi e varia dal trattamento a bassi dosaggi a boli di metilprednisolone ad alte dosi30,35. Nella maggior parte dei casi il trattamento steroideo viene riservato ai pazienti più gravi, con comorbilità di base, che si presentano in stato di shock o in quelli con manifestazioni refrattarie alle IVIG. L’utilizzo di aspirina a dosaggi antinfiammatori è stato anche occasionalmente riportato6,14,46.

Farmaci biologici immunosoppressori, quali inibitori dell’IL-6 (tocilizumab), inibitori del recettore di IL-1 (anakinra) o inibitori del TNF-α (infliximab), sono stati utilizzati come terapia supplementare nel 4-6% dei casi, soprattutto in pazienti con malattia grave o critica, specialmente se non hanno risposto ai trattamenti di prima linea30.

Uno studio osservazionale su 614 pazienti, provenienti da 32 paesi, ha confrontato i tre più comuni approcci terapeutici: IVIG in monoterapia, IVIG in associazione a glucocorticoidi e glucocorticoidi in monoterapia. Gli outocome primari valutati erano la necessità di terapia inotropa e ventilazione meccanica e la riduzione della gravità della malattia entro il secondo giorno di degenza. L’analisi non ha rilevato differenze statisticamente significative per quanto riguarda gli outocome primari tra i tre gruppi di trattamento57.

I pazienti con MIS-C sono a rischio di complicanze trombotiche per molteplici cause, tra cui lo stato di ipercoagulabilità dovuto all’infiammazione, al danno endoteliale, alla stasi venosa da immobilizzazione, alla disfunzione ventricolare e ai possibili aneurismi coronarici. Per tale motivo è raccomandato l’avvio di terapia antiaggregante e/o anticoagulante. Il trattamento antiaggregante con aspirina è stato adottato frequentemente, soprattutto nei pazienti con presentazioni cliniche simili alla KD o in quelli con evidenza di coinvolgimento coronarico. La decisione sulla terapia anticoagulante è più delicata e deve essere basata su test di coagulazione, test viscoelastici e sulla presentazione clinica58,59. In particolare, l’anticoagulazione terapeutica può essere considerata in pazienti con alterazioni pro-trombotiche (ad esempio D-dimero ≥3 mg/ml), trombosi documentata, aritmie, disfunzione ventricolare moderata/severa con importante riduzione della frazione di eiezione o aneurismi coronarici giganti31.

Il ruolo delle terapie antivirali, come il remdesivir, nella gestione dei bambini con MIS-C è incerto. Le evidenze suggeriscono che la MIS-C rappresenti una complicazione post-infettiva piuttosto che un’infezione attiva; per tale motivo, la terapia antivirale può essere considerata in pazienti con manifestazioni gravi e con segni laboratoristici di infezione da SARS-CoV-2 in atto (RT-PCR positiva)60,61.

PROGNOSI

La prognosi della MIS-C è ad oggi incerta, rappresentando essa un’entità clinica relativamente nuova e mancando studi di follow-up a lungo termine. Come riportato in precedenza, il decorso della malattia può essere piuttosto grave, con molti pazienti che necessitano di cure intensive. La quasi totalità dei bambini sopravvive, ma sono stati riportati alcuni casi di decesso57,62-64.

La maggior parte dei pazienti con coinvolgimento cardiaco ha mostrato pieno recupero della funzione ventricolare, regressione degli aneurismi coronarici e risoluzione delle aritmie, anche se, in alcuni studi, fino al 20% dei pazienti affetti presentavano ancora una funzione sistolica ventricolare sinistra leggermente depressa al momento della dimissione57,64-66. Diversi studi hanno, inoltre, dimostrato alterazioni della funzionalità diastolica e riduzione dello strain ventricolare sinistro persistenti oltre le 3-4 settimane dall’esordio64,6.

Uno studio sul follow-up di 46 bambini con MIS-C ha mostrato che le sequele più comuni includevano debolezza muscolare, ridotta capacità di esercizio (presente in più di metà dei pazienti a 6 mesi), ansia e difficoltà emotive68.

Alla luce della paucità dei dati disponibili, sono necessari ulteriori studio di follow-up sistematico a lungo termine con un approccio standardizzato soprattutto per la valutazione del danno cardiaco residuo.

FOLLOW-UP CARDIOLOGICO

Un approccio standardizzato per il follow-up cardiologico è necessario per monitorare l’andamento del coinvolgimento cardiaco e gli eventuali esiti a medio e lungo termine nella MIS-C. L’evidenza, seppur sporadica, della comparsa di nuovi aneurismi coronarici nella fase di convalescenza della malattia, rende necessario un monitoraggio con ecocardiografie seriate anche nei pazienti che non presentano anomalie cardiache nella fase acuta14.

Nei pazienti con normale funzionalità sistolica e dimensione delle coronarie si raccomanda di ripetere un controllo ecocardiografico a 1-2 settimane dall’esordio per la valutazione delle arterie coronarie36,69. Per i pazienti con dilatazione coronarica già all’esordio, si consiglia di ripetere l’ecocardiogramma ogni 2-3 giorni fino a quando le dimensioni coronariche siano stabili e poi di adattare la frequenza del follow-up in base alla gravità della lesione come descritto nelle linee guida dell’American Heart Association per la KD69. Per i pazienti con disfunzione sistolica, ma con arterie coronarie indenni, è consigliabile ripetere l’ecocardiografia ad intervalli regolari per almeno 1-2 settimane. Una volta conclusa la fase acuta di malattia, è auspicabile eseguire un controllo cardiologico completo a 4-6 settimane dalla dimissione30. Durante la fase acuta di malattia è necessario un monitoraggio seriato con ECG, visto il rischio di sviluppare aritmie e blocco atrioventricolare. I pazienti con anomalie di conduzione dovrebbero essere monitorati con ECG Holter e trattati in modo appropriato30. La tomografia computerizzata cardiaca eseguita in fase acuta/subacuta può essere utile a fornire una valutazione accurata dell’anatomia delle arterie coronarie soprattutto nei pazienti con dilatazione aneurismatica o con finestre acustiche difficili.

Ad oggi, è ragionevole proseguire il follow-up cardiologico con ECG ed ecocardiografia per almeno 1 anno e comunque fino alla normalizzazione dei parametri valutati, dopo la diagnosi di MIS-C, in particolare nei pazienti che hanno avuto coinvolgimento cardiaco durante il periodo acuto/subacuto.

La RMC sebbene sia utile durante l’ospedalizzazione iniziale come descritto precedentemente, può presentare delle difficoltà di esecuzione legate allo stato emodinamico del paziente e logistiche secondarie alla disponibilità di questa metodica solo in centri specializzati. Viceversa, la RMC nel follow-up rappresenta un valido strumento diagnostico per valutare la normalizzazione della funzione ventricolare e delle caratteristiche del miocardio, tra cui l’edema e la presenza di fibrosi, in particolare nei soggetti che presentavano un rilievo patologico durante la fase acuta35. Tuttavia, non è possibile con i dati attuali definire un timing specifico per la sua esecuzione nel follow-up, sebbene le evidenze disponibili suggeriscano la sua esecuzione ad almeno 6-12 mesi di distanza dall’evento acuto.

Una problematica significativa in questi soggetti è quella della ripresa dell’attività sportiva, in particolare di tipo agonistico, dopo la guarigione. Infatti, è raccomandabile, sebbene non ci siano chiare evidenze a supporto, che tali soggetti mostrino un recupero completo della funzione cardiaca, anche subclinica, prima di poter riprendere l’attività fisica competitiva.

CONCLUSIONI

La sindrome infiammatoria multisistemica correlata al SARS-CoV-2 è una rara, ma grave patologia sistemica acuta caratterizzata da un’anomala risposta iperimmune che si scatena nei bambini e negli adolescenti precedentemente esposti al virus. Lo spiccato tropismo per il cuore è una delle caratteristiche peculiari della MIS-C, con manifestazioni che possono variare tra l’isolato incremento dei marker di necrosi miocardica allo scompenso cardiaco clinico pericoloso per la vita del paziente. L’interessamento del sistema cardiovascolare rappresenta, ad oggi, il fattore determinante per il decorso clinico e l’esito della malattia. L’ecocardiografia speckle tracking e la RMC hanno dimostrato di essere strumenti sensibili e specifici per la valutazione del coinvolgimento cardiaco precoce nei pazienti con MIS-C e nel loro successivo follow-up. Nonostante l’eccellente recupero clinico ed ecocardiografico a breve termine, quando la malattia viene adeguatamente trattata, è stato evidenziato un danno cardiaco subclinico residuo, il cui significato non è ancora stato chiarito e che necessita di monitoraggio a lungo termine per determinarne la completa reversibilità.

RIASSUNTO

Sebbene le manifestazioni acute del COVID-19 siano generalmente meno gravi nell’età pediatrica, sono numerosi i casi di una grave sindrome da iperinfiammazione sistemica che colpisce i bambini precedentemente esposti all’infezione da SARS-CoV-2, conosciuta con il nome di sindrome infiammatoria multisistemica (sindrome infiammatoria multisistemica del bambino, MIS-C). Le manifestazioni cardiovascolari nella MIS-C sono frequenti (34-82%) e includono disfunzione miocardica, dilatazione o aneurismi delle arterie coronarie, aritmie, anomalie della conduzione, pericardite e valvulite. I casi più gravi possono arrivare allo shock cardiogeno con necessità di ricovero in ambiente intensivo, supporto inotropo e talvolta anche meccanico al circolo. L’elevazione dei marcatori di necrosi miocardica, la disfunzione sistolica frequentemente transitoria del ventricolo sinistro e la presenza di alterazioni alla risonanza magnetica cardiaca, supportano l’ipotesi di una patogenesi post-virale immuno-mediata comparabile alla miocardite. Nonostante la MIS-C mostri un’eccellente sopravvivenza a breve termine, sono necessari ulteriori studi per dimostrare la completa reversibilità del danno cardiaco subclinico residuo.

Parole chiave. COVID-19; Sindrome infiammatoria multisistemica; Sindrome infiammatoria multisistemica del bambino.

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