Statement ANMCO: Acido urico e malattie cardiovascolari: evidenze e approccio terapeutico

Stefania Angela Di Fusco1, Lorenzo Castello1, Gaetano Marino1, Marco Flori2, Stefano Aquilani1, Carmine Riccio3, Federico Nardi4, Michele Massimo Gulizia5, Domenico Gabrielli6,7, Fabrizio Oliva8, Furio Colivicchi1

1U.O.C. Cardiologia Clinica e Riabilitativa, Presidio Ospedaliero San Filippo Neri - ASL Roma 1, Roma

2Cardiologia, Ospedale Santa Maria della Misericordia, Urbino

3Dipartimento di Cardiologia, Ospedale Santo Spirito, Casale Monferrato (AL)

4U.O.S.D. Follow-up del Paziente Post-Acuto, Dipartimento Cardio-Vascolare, AORN Sant’Anna e San Sebastiano, Caserta

5U.O.C. Cardiologia, Ospedale Garibaldi-Nesima, Azienda di Rilievo Nazionale e Alta Specializzazione “Garibaldi”, Catania

6U.O.C. Cardiologia, Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare, Azienda Ospedaliera San Camillo Forlanini, Roma

7Fondazione per il Tuo cuore - Heart Care Foundation, Firenze

8Unità di Cure Intensive Cardiologiche, Cardiologia 1-Emodinamica, Dipartimento Cardiotoracovascolare “A. De Gasperis”, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano

Pathophysiologic processes promoted by uric acid, including inflammation and oxidative stress, play a key role in the pathogenesis of several cardiovascular diseases. Furthermore, a number of epidemiological studies have shown an association between uric acid plasma levels and multiple cardiovascular risk factors. This ANMCO statement provides an update on available evidence regarding the association between elevated plasma uric acid levels and cardiovascular disease risk and the safety and efficacy of uric acid lowering agents (allopurinol and febuxostat) used in patients with urate crystal deposits. In addition, it summarizes practical indications for the use of these drugs in at-risk patients or in patients with cardiovascular disease.

Key words. Allopurinol; Cardiovascular disease; Febuxostat; Uric acid.

INTRODUZIONE

L’acido urico è il prodotto finale del catabolismo delle purine. Aumentati livelli plasmatici di acido urico possono essere conseguenza di un’aumentata produzione o ridotta escrezione. Dal punto di vista fisiopatologico, l’effetto più noto di un’iperuricemia persistente è il tipico accumulo di cristalli di urato a livello delle articolazioni con conseguente sviluppo della gotta, una condizione patologica i cui effetti erano già descritti dagli antichi padri della medicina (es. Ippocrate, V secolo a.C.). Aumentati livelli plasmatici di acido urico oltre a essere una possibile causa di artrite gottosa possono essere responsabili di nefro/urolitiasi. In aggiunta, processi fisiopatologici promossi dall’acido urico, quali l’infiammazione e lo stress ossidativo1, svolgono un ruolo importante anche nella patogenesi di molte malattie cardiovascolari2,3. Sebbene numerosi studi clinici abbiano documentato un’associazione tra elevati livelli plasmatici di acido urico e diversi fattori di rischio cardiovascolare, come ad esempio l’ipertensione arteriosa, l’obesità, la sindrome metabolica, le dislipidemie e la malattia renale cronica, gli studi epidemiologici che hanno valutato il potenziale impatto dell’iperuricemia sul rischio cardiovascolare hanno fornito risultati contrastanti4. In considerazione dell’elevata prevalenza della gotta e dell’iperuricemia nella popolazione adulta (rispettivamente 1-4%5 e fino al 20% nella popolazione statunitense6), prevalenza che è progressivamente aumentata nelle ultime decadi7, si ritiene importante fornire un aggiornamento in merito alle evidenze disponibili sull’associazione tra elevate concentrazioni plasmatiche di acido urico e rischio di malattia cardiovascolare e su efficacia e sicurezza degli agenti farmacologici impiegati per la riduzione dei livelli ematici di acido urico. Inoltre, il presente documento dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) sintetizza le attuali indicazioni all’utilizzo di allopurinolo e febuxostat per il trattamento dell’iperuricemia associata a manifestazioni cliniche da deposito di cristalli di urato, in accordo con le raccomandazioni delle linee guida internazionali e dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

ACIDO URICO E RISCHIO CARDIOVASCOLARE: MECCANISMI FISIOPATOLOGICI

La sintesi dell’acido urico è regolata dall’enzima xantina ossido-reduttasi (XOR) che converte l’ipoxantina in xantina e la xantina in acido urico (Figura 1).




La XOR esiste in due forme interconvertibili, la xantina deidrogenasi, che utilizza la nicotinammide adenina dinucleotide (NAD+) come accettore di elettroni, e la xantina ossidasi, che utilizza l’ossigeno molecolare come accettore di elettroni e porta dunque alla formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Per cui, quando l’attività della xantina ossidasi è aumentata con la formazione di acido urico vi è la concomitante produzione di ROS che, favorendo l’ossidazione lipidica e andando a ridurre la biodisponibilità di ossido nitrico, hanno un effetto deleterio sulla funzione endoteliale1. Inoltre, la XOR favorisce anche l’uptake del colesterolo legato alle lipoproteine a bassa densità da parte dei macrofagi contribuendo alla trasformazione degli stessi macrofagi in cellule schiumose, un processo cruciale nella patogenesi delle lesioni aterosclerotiche8 (Figura 2).




 In aggiunta, studi sperimentali hanno dimostrato che l’acido urico internalizzato nelle cellule endoteliali attraverso i trasportatori dell’acido urico determina disfunzione endoteliale1. Un’associazione tra livelli di acido urico e alterata funzione endoteliale, valutata attraverso differenti test in vivo, è stata riportata in diversi contesti clinici, come le donne in post-menopausa9, i pazienti con malattia renale cronica non diabetica10, gli individui ipertesi non trattati11. Un ulteriore potenziale meccanismo che è stato ipotizzato per spiegare l’associazione tra iperuricemia e malattie cardiovascolari è l’attivazione dell’inflammasoma indotta dai depositi di urato12.

D’altro canto, l’acido urico è noto essere anche un mediatore antiossidante. Studi epidemiologici hanno riportato una relazione con andamento a J o a U tra livelli di acido urico e malattie cardiovascolari, con un rischio cardiovascolare che è maggiore nelle popolazioni con livelli di acido urico particolarmente bassi o molto alti1,13. È stato anche ipotizzato che, in pazienti con malattie cardiovascolari, un incremento dell’acido urico possa essere considerato un meccanismo compensatorio all’aumentato stress ossidativo presente in queste condizioni1.

Di seguito vengono riportate alcune evidenze cliniche disponibili riguardo al rapporto tra l’uricemia e le principali patologie cardiovascolari.

Ipertensione arteriosa

Diversi studi hanno riportato una correlazione tra iperuricemia e vari fattori di rischio cardiovascolare, inclusa l’ipertensione arteriosa2. In un’ampia popolazione di individui (96 606 coreani) senza fattori di rischio né malattia cardiovascolare, elevati valori di uricemia sono risultati associati ad un aumentato rischio di ipertensione incidente14. Dall’analisi dei dati relativi a 1720 individui ipertesi e senza malattia cardiovascolare inclusi nel Progetto Ipertensione Umbria Monitoraggio Ambulatoriale, si è osservato che l’associazione tra livelli plasmatici di acido urico ed eventi cardiovascolari, morte cardiovascolare e morte per tutte le cause ha un andamento a J con incidenza di eventi più alta sia nel quartile con livelli plasmatici di acido urico più bassi che nel quartile con livelli più alti15. Una metanalisi, che ha studiato 55 607 pazienti con età media di 44 anni, ha dimostrato che il rischio di ipertensione incidente aumenta del 13% per ogni incremento di 1 mg/dl di uricemia16. L’effetto dell’uricemia sull’ipertensione sembra più evidente nei giovani e nel sesso femminile17.

Studi sperimentali suggeriscono che l’acido urico inibisce il rilascio di ossido nitrico dall’endotelio e attiva il sistema renina-angiotensina-aldosterone (RAAS) determinando così un effetto vasocostrittivo che può essere annullato dal trattamento con agenti che riducono i livelli plasmatici di acido urico. In una fase più avanzata l’acido urico internalizzato nelle cellule muscolari lisce vasali ne indurrebbe una risposta proliferativa, contribuendo all’aterogenesi. Globalmente, sia studi su modelli animali che studi clinici hanno mostrato che la presenza di iperuricemia precede lo sviluppo di ipertensione e, dopo aver corretto questa associazione per i molteplici fattori di rischio indipendenti, l’iperuricemia comporta un aumentato rischio relativo di sviluppare ipertensione1,18. Inoltre, un’analisi di randomizzazione mendeliana che ha studiato varianti genetiche di SLC2A9, un gene che codifica per una proteina trasportatore di acido urico e quindi implicata nell’omeostasi dell’uricemia, ha dimostrato che ogni riduzione di 0.44 mg/dl di acido urico sierico è associata ad una riduzione della pressione arteriosa sistolica rispettivamente di 2.2 o 1.5 mmHg a seconda se la dieta sia povera o ricca di sodio19.

Globalmente, la complessa interrelazione tra acido urico e fattori di rischio cardiovascolare ha generato un vivace dibattito in merito al rapporto causa-effetto e alla direzionalità dell’associazione osservata. Le linee guida della Società Europea di Cardiologia e della Società Europea di Ipertensione del 2018 includono l’acido urico tra i fattori che hanno un impatto sul rischio cardiovascolare dei pazienti ipertesi e raccomandano la valutazione dei livelli sierici di acido urico nell’ambito dello screening degli ipertesi20.

Coronaropatia

Numerosi studi suggeriscono che l’iperuricemia correla con il rischio di coronaropatia. Lo studio Rotterdam, condotto su pazienti senza storia di malattia vascolare, ha dimostrato che l’iperuricemia è associata ad un aumentato rischio di infarto miocardico ed ictus21. Una successiva metanalisi ha indicato che per ogni incremento di 1 mg/dl di uricemia, il rischio di coronaropatia e di mortalità per tutte le cause aumenta rispettivamente del 20% e 9%22.

Nella popolazione di giovani sani, l’iperuricemia sembra inoltre essere un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di aterosclerosi coronarica subclinica23.

Nei pazienti già affetti da coronaropatia, l’iperuricemia costituirebbe invece un marcatore di rischio di eventi avversi associandosi ad aumentata mortalità24. In un ampio studio su pazienti con stenosi coronariche critiche (≥75%), l’iperuricemia è risultata essere predittore indipendente di sviluppo di eventi cardiovascolari e di mortalità da tutte le cause25. L’iperuricemia, così come l’iperattività della XOR, è associata anche alla presenza di placche coronariche a maggiore contenuto lipidico considerate più vulnerabili26.

In pazienti con angina vasospastica e microvascolare, l’uricemia è risultata essere un marker di disfunzione endoteliale misurata con l’indice di iperemia reattiva27.

Un’analisi dei dati dello studio di registro italiano START (STable coronary Artery diseases RegisTry), condotto su pazienti con sindrome coronarica cronica, ha evidenziato che in questa popolazione di pazienti i valori di acido urico sierico più alto erano associati ad un maggior burden di malattia cardiovascolare28.

I dati disponibili fanno dunque emergere l’iperuricemia come una condizione associata ad aumentato rischio di malattia coronarica e ad una prognosi più sfavorevole in presenza di coronaropatia.

Scompenso cardiaco

L’iperuricemia è una condizione frequente nei pazienti con scompenso cardiaco. In una coorte di 1869 pazienti ricoverati per scompenso cardiaco, più della metà (56%) presentava elevati valori di uricemia (≥7.4 mg/dl)29.

Diversi studi hanno dimostrato che l’iperuricemia è associata a scompenso cardiaco incidente. Nello studio Framingham Offspring, l’incidenza di scompenso cardiaco era 6 volte maggiore nei soggetti con valori di uricemia nel quartile più alto (>6.3 mg/dl) rispetto a quelli con uricemia compresa nel quartile più basso (<3.4 mg/dl)30. Una successiva metanalisi ha dimostrato che, per ogni incremento di 1 mg/dl di uricemia, la probabilità di sviluppare scompenso cardiaco aumenta del 19% e tra i pazienti affetti da scompenso cardiaco la mortalità aumenta del 4%31. L’iperuricemia è associata anche ad una peggiore classe funzionale New York Heart Association, minore capacità di esercizio, aumentato consumo di ossigeno, disfunzione diastolica e cachessia32-34.

Sebbene non siano ancora definiti i meccanismi alla base dell’associazione tra iperuricemia e scompenso cardiaco, diversi fattori sembrano coinvolti: l’up-regulation della XOR, l’attivazione del RAAS e l’uso di diuretici che possono ridurre l’escrezione di acido urico35,36.

Fibrillazione atriale

Recenti studi hanno dimostrato una chiara associazione tra iperuricemia e rischio di fibrillazione atriale (FA)37. Tale associazione sembra essere più forte nel sesso femminile. Lo studio ARIC (Atherosclerosis Risk In Communities) ha mostrato che elevati valori di uricemia aumentavano il rischio di FA di 1.16 volte38, con un’associazione tra livelli di acido urico e FA più forte nelle donne e nelle popolazioni di origine africana subsahariana.

Il meccanismo patogenetico che lega l’uricemia alla FA non è del tutto chiaro. Tuttavia, è stato dimostrato che l’iperuricemia può avere un ruolo causale nel rimodellamento atriale, sia elettrico (con accorciamento del periodo refrattario atriale) che strutturale (con rallentamento della velocità di conduzione) e quindi favorire la creazione di circuiti di rientro39. Tale rimodellamento sembra essere mediato da flogosi, stress ossidativo, disfunzione endoteliale ed attivazione del RAAS.

RIDURRE IL RISCHIO CARDIOVASCOLARE CON GLI AGENTI CHE RIDUCONO I LIVELLI PLASMATICI DI ACIDO URICO

Sulla base delle considerevoli evidenze a favore di un’associazione tra iperuricemia e rischio cardiovascolare21,27,29,40,41, diversi studi clinici sono stati condotti con l’obiettivo di valutare l’impatto dei farmaci che riducono i livelli plasmatici di acido urico sul rischio cardiovascolare. Un’ampia mole di letteratura scientifica si è dedicata in particolar modo all’impatto di allopurinolo e febuxostat, entrambi farmaci che inibiscono la xantina ossidasi e quindi in grado di ridurre la produzione di acido urico e lo stress ossidativo.

Una relazione dose-risposta è stata riportata tra assunzione di allopurinolo 300 o 600 mg e miglioramento della funzione endoteliale, miglioramento ascrivibile alla riduzione dello stress ossidativo più che alla riduzione dei livelli di acido urico42. Contrastanti sono i risultati degli studi clinici che hanno valutato l’effetto dell’allopurinolo sul controllo dei valori pressori43 e sulla massa ventricolare sinistra44. Un recente studio randomizzato in aperto, che ha incluso 5937 pazienti con storia di cardiopatia ischemica senza iperuricemia sintomatica (non storia di gotta, valori medi di acido urico 5.8 mg/dl), non ha dimostrato benefici sull’endpoint primario composito di eventi avversi cardiovascolari maggiori (infarto e ictus non fatale, e morte cardiovascolare)45. In un ampio studio di coorte, che ha incluso 124 434 pazienti con gotta, l’allopurinolo confrontato con il benzbromarone, un agente uricosurico, è risultato associato ad un aumentato rischio di eventi avversi cardiovascolari46. È stato ipotizzato che il differente impatto dei due farmaci sugli eventi cardiovascolari possa essere attribuito ad alcuni effetti pleiotropici del benzbromarone, come l’interferenza con processi infiammatori e con canali ionici che mediano la vasocostrizione e il rimodellamento vascolare47.

Febuxostat, un inibitore selettivo della xantina ossidasi, di più recente introduzione nella pratica clinica, è risultato più efficace dell’allopurinolo nel ridurre i livelli plasmatici di acido urico48.

In un primo studio randomizzato in doppio cieco il febuxostat si è dimostrato non inferiore rispetto all’allopurinolo rispetto al tasso di eventi cardiovascolari ma associato ad un’aumentata mortalità globale e cardiovascolare49. Questo risultato non è stato confermato da successivi studi clinici. Lo studio randomizzato FAST (Febuxostat versus Allopurinol Streamlined Trial), condotto in aperto con aggiudicazione degli endpoint in cieco, non ha riportato un aumento del rischio di morte. Al contrario la proporzione di decessi nel gruppo trattato con febuxostat era inferiore rispetto al gruppo trattato con allopurinolo, differenza che non raggiungeva una significatività statistica50. Nello studio randomizzato FREED (Febuxostat for Cerebral and CaRdiorenovascular Events PrEvEntion StuDy), condotto in aperto con aggiudicazione degli endpoint in cieco, il febuxostat studiato in pazienti senza depositi di urato e titolato fino alla dose target di 40 mg (dosaggio inferiore rispetto a quello autorizzato dalla European Medicines Agency) ha determinato una significativa minore incidenza dell’endpoint composito di eventi cerebrali, cardiovascolari, renali, e mortalità globale51. In particolare, l’evento più frequente nel corso del follow-up è stato il peggioramento della funzione renale, per cui gli autori hanno concluso che il febuxostat determinava un rallentamento nella progressione del danno renale. Una metanalisi, che ha complessivamente incluso 16 studi clinici con un totale di 257 851 pazienti, ha evidenziato che il trattamento con febuxostat è associato ad un migliore outcome globale senza differenza statisticamente significativa in termini di mortalità cardiovascolare e per tutte le cause52. Un’ulteriore conferma della sicurezza del trattamento con febuxostat viene dal mondo reale. Un ampio studio osservazionale ha riportato che il trattamento con febuxostat, confrontato con allopurinolo, non era associato ad aumentato rischio cardiovascolare né aumentata mortalità in pazienti con gotta e con o senza malattia cardiovascolare53.

INDICAZIONI PRATICHE PER LA GESTIONE DEL RISCHIO CARDIOVASCOLARE

Sebbene il rischio cardiovascolare sembri aumentare progressivamente con l’aumento dell’uricemia, nella pratica clinica l’identificazione di valori soglia può essere utile per individuare i pazienti a più alto rischio. Nello studio osservazionale URRAH (Uric Acid Right for Heart Health), che ha incluso i dati di 22 714 individui, un valore >5.6 mg/dl è risultato associato ad un aumentato rischio di mortalità cardiovascolare54; si tratta di un livello inferiore rispetto al target terapeutico indicato dalle linee guida europee per la gestione della gotta (<6 mg/dl)55.

In considerazione dell’elevata prevalenza di comorbilità cardiovascolari, l’eventuale presenza di fattori di rischio cardiovascolare e malattie cardiovascolari dovrebbe essere ricercata in tutti pazienti con iperuricemia e viceversa.

Secondo le stesse linee guida europee, l’utilizzo di farmaci che riducono l’uricemia è indicato in tutti i pazienti con episodi gottosi ricorrenti (>2/anno), artropatia da urati o litiasi delle vie urinarie da deposito di urati. Un inizio precoce della terapia è indicato nei pazienti più giovani (<40 anni), con uricemia particolarmente elevata (>8 mg/dl) o con comorbilità cardiovascolari (ipertensione, malattia renale cronica, cardiopatia ischemica, scompenso cardiaco)55. Come sottolineato dalle ultime linee guida della European League Against Rheumatism (EULAR)55, rinviare l’inizio della terapia per l’iperuricemia esporrebbe i pazienti a persistenti elevati livelli di acido urico che possono essere dannosi sia a livello cardiovascolare che renale. Durante il trattamento farmacologico l’uricemia andrebbe controllata periodicamente e mantenuta al di sotto di 6 mg/dl. Un target terapeutico inferiore (<5 mg/dl) dovrebbe essere preso in considerazione per favorire la più rapida dissoluzione dei depositi di urato55.

Tutti i farmaci per la riduzione dell’acido urico andrebbero iniziati al dosaggio più basso e titolati fino al raggiungimento del target. Valori di acido urico <6 mg/dl dovrebbero essere mantenuti nel corso di tutta la vita.

In presenza di normale funzione renale in accordo con le linee guida internazionali55 e le indicazioni dell’AIFA56, l’allopurinolo è il farmaco di prima scelta, iniziando con una dose di 100 mg/die e, se necessario per il raggiungimento del target terapeutico, aumentando il dosaggio di 100 mg ogni 2-4 settimane (la dose media è 300 mg). In Tabella 1 sono riportati gli aggiustamenti della dose in base alla funzione renale.




Se i livelli di uricemia target non sono ottenuti con l’allopurinolo il farmaco dovrebbe essere sostituito con febuxostat o, in alternativa, con un agente uricosurico (Figura 3).




Sia febuxostat che i farmaci uricosurici sono indicati anche nel caso in cui il trattamento con allopurinolo non sia tollerato. In coerenza con queste indicazioni, in Italia la prescrizione di febuxostat a carico del Servizio Sanitario Nazionale è prevista per il “trattamento dell’iperuricemia cronica con anamnesi o presenza di tofi e/o di artrite gottosa in soggetti che non siano adeguatamente controllati con allopurinolo o siano ad esso intolleranti”56.

In termini di riduzione di acido urico sierico, una dose giornaliera di 40 mg di febuxostat, dosaggio non disponibile in Europa, è comparabile ad una dose di 300 mg di allopurinolo57 ottenendo una maggiore riduzione alle dosi terapeutiche raccomandate di 80 e 120 mg/die.

CONCLUSIONI

L’acido urico può attivare diversi meccanismi fisiopatologici che sono implicati anche nella patogenesi delle malattie cardiovascolari. Questo dato, insieme all’evidenza di un’associazione tra elevati livelli di acido urico e fattori di rischio/malattie cardiovascolari, fa ipotizzare un possibile ruolo causale dell’acido urico nella genesi/progressione delle malattie cardiovascolari. Ad oggi il trattamento farmacologico di aumentati livelli di acido urico è indicato solo in caso di presenza o storia di manifestazioni cliniche dell’iperuricemia. Dal punto di vista gestionale l’allopurinolo come farmaco di prima linea e il febuxostat come ulteriore opzione terapeutica rappresentano possibili interventi da prendere in considerazione precocemente in pazienti con fattori di rischio o malattie cardiovascolari.

RIASSUNTO

I processi fisiopatologici promossi dall’acido urico, quali l’infiammazione e lo stress ossidativo, svolgono un ruolo importante anche nella patogenesi di molte malattie cardiovascolari. Inoltre, numerosi studi epidemiologici hanno riportato un’associazione tra livelli plasmatici di acido urico e diversi fattori di rischio cardiovascolare. Il presente documento ANMCO fornisce un aggiornamento sulle evidenze disponibili sull’associazione tra elevate concentrazioni plasmatiche di acido urico e rischio di malattia cardiovascolare e su efficacia e sicurezza degli agenti farmacologici impiegati per la riduzione dei livelli ematici di acido urico (allopurinolo e febuxostat) in pazienti con depositi di urato. Vengono inoltre sintetizzate indicazioni pratiche in merito all’utilizzo dei farmaci che riducono l’acido urico plasmatico in pazienti a rischio o con malattia cardiovascolare.

Parole chiave. Acido urico; Allopurinolo; Febuxostat; Malattie cardiovascolari.

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